31 ottobre 2018 - 08:08

Milano, il Giardino delle Culture di via Morosini resta a secco di fondi: fine dei giochi ai piedi del murale

L’associazione che dal 2015 si prendeva cura dello spazio di 1200 metri quadrati, con il sostegno del Municipio 4, ha dato forfait e annunciato a malincuore che non riesce più a gestirlo, per problemi economici e burocratici

di Elisabetta Andreis

Il Giardino delle Culture di via Morosini (LaPresse) Il Giardino delle Culture di via Morosini (LaPresse)
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Il murale dell’artista Millo al Giardino delle Culture rimane solo. L’associazione che si prendeva cura dello spazio di 1200 metri quadrati tra le vie Morosini e Bezzecca ha dato forfait e annunciato a malincuore che non riesce più a gestirlo. Un passo indietro: dopo decenni di abbandono, nel 2015 gli abitanti del quartiere lo fecero rinascere, con il sostegno dell’ex assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris e dell’ex Consiglio di zona 4 che prese in comodato gratuito e gestione il luogo. Da allora 250 eventi, tutti gratuiti, organizzati facendo rete con le realtà del territorio — spettacoli teatrali, scambi di libri, mercatini, proiezioni di film, piccoli concerti. «Ogni volta era un impatto diverso, alle serate del cinema c’erano anche cento persone, tantissime venivano alle iniziative di Bachelite Clab o Pop corn BlogMazine», racconta Alberto Tavazzi dell’associazione non profit E’vento, che ha lavorato fianco a fianco con Paola Bassani del Teatro Mangiafuoco e Sebastiano Gravina, presidente del Comitato XXII Marzo.

Nel tempo sono arrivate direttamente dal sito Expo alcune panchine e si è radicata l’iniziativa «Qualibrì», l’unica libreria en plein air (anch’essa gratuita) per bambini, ideata da Cinzia D’Alessandro. A impreziosire il tutto, le opere d’arte di Millo realizzate sulle facciate dei due palazzi confinanti. L’ex Consiglio di zona sosteneva le iniziative, che facevano anche da collante tra le varie realtà della zona: studenti dello Ied, anziani, famiglie, ragazzi. «Abbiamo iniziato molto bene, eravamo un valore da conservare e valorizzare sempre di più. Poi con il cambio di giunta in Municipio e il cambio di regole amministrative abbiamo avuto delle difficoltà. Non siamo più stati una priorità per loro – raccontano Tavazzi e Bassani, senza polemiche ma scorati e dispiaciuti -. Il progetto era sperimentale, lo spazio non è un giardino ma un’area dismessa trasformata, e proprio perché sperimentazione e sfida l’amministrazione centrale, con cui abbiamo condiviso il progetto, avrebbe potuto continuare ad affiancarci e monitorare il percorso passo per passo facendo leva sui punti di forza e aiutandoci a superare gli ostacoli, anche burocratici. In fondo eravamo tutti volontari, mettevamo a disposizione il nostro tempo per la città».

Difficile responsabilizzare i cittadini, loro in parte ce l’avevano fatta, ma con il tempo era diventato difficile coordinarsi, «senza la regia e il supporto delle istituzioni». A maggio peraltro quasi tutto il Comitato 22 marzo si è chiamato fuori dall’organizzazione. Ancora, ci sono stati alcuni atti vandalici sui murales che forse richiederebbero telecamere e sorveglianza. A questo si aggiunge la lunghezza burocratica, «anche onerosa», spiega Gravina. Per ogni evento era necessaria la certificazione di un tecnico, con un piano preciso per la gestione della sicurezza. Una complessiva, annuale, sarebbe stata possibile ma avrebbe avuto un costo insostenibile per l’associazione, superiore ai mille euro. Su questo punto l’amministrazione forse potrebbe aiutare di più, «e lo diciamo per il futuro». Il Giardino delle culture per ora rimane vuoto. Potrebbero interessarsene le scuole del quartiere, ad esempio. «La speranza è che torni a riempirsi di attività e di persone», dicono scorati i promotori dell’associazione che dopo quattro anni di impegno, si allontana.

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