8 settembre 2020 - 20:08

San Donato Milanese, la poesia extra-large (ma invisibile dalla strada) scritta dal giovane prof

Dario è nato nel 1992, insegna educazione fisica ed è conosciuto tra gli artisti di strada con lo pseudonimo di Mr Caos. Ha realizzato la sua opera da 11mila mq vicino a casa, sul muro della ferrovia. Si vede solo dai piani alti o con un drone

di Elisabetta Andreis

San Donato Milanese, la poesia extra-large (ma invisibile dalla strada) scritta dal giovane prof
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Una delle più «grandi» poesie al mondo si trova a San Donato Milanese. Più precisamente sulla sommità di un muro alto dieci metri che divide la periferica via Di Vittorio dal resto della cittadina dell’hinterland. A scriverla un docente di educazione fisica conosciuto tra gli artisti di strada con lo pseudonimo di Mr Caos e al secolo Dario, classe 1992. Da anni partecipa a festival internazionali e «pubblica» poesie en plein air armato di pennelli, rulli e vernice. A Milano ha lasciato il segno in via Dante, ad Affori e Porta Genova ma l’hanno chiamato per lavori anche ad Hong Kong, Londra, New York, Atlanta e Haiti. «All’estero le autorizzazioni per realizzare questo tipo di opere sono veloci da ottenere, lo svantaggio è che vengono cancellate e coperte dopo poco tempo», racconta. È nato e ancora abita in via Di Vittorio ed è a questa strada difficile che dedica la sua opera gigante (11.248 metri quadrati), cui ha dato il nome Viavai. «Quando andavo alle medie nessuno voleva venire a studiare da me, “la via”, così era chiamata, era conosciuta soltanto per lo spaccio, la microcriminalità e il degrado. Adesso è stata riqualificata ma resta una terra di confine da cui tutti se ne vogliono andare».

La poesia ha proprio i confini e le periferie come tema. È dipinta in rosso e incrocia una mastodontica scritta bianca che recita a sua volta «Vai via da questo viavai». «Ad andarsene dovrebbe essere il muro, costruito negli anni ’60 per insonorizzare la zona della ferrovia e diventato nel tempo una barriera anche sociale, un elemento-simbolo tristemente evocativo del quartiere-ghetto». La via Di Vittorio corre lunga e diritta per più di un chilometro, è chiusa da un lato e non ha neanche strade che la incrociano. Sui lati si affacciano palazzoni che accolgono novemila residenti, un terzo della popolazione totale di San Donato: «Per questo che da chi la abita viene considerata una specie di villaggio, con forte senso di appartenenza».

L’opera da terra non si vede: è fruibile nella sua interezza solo da quelle alte case popolari che circondano il muro oppure in via derivata, con le fotografie di un drone. «Nell’immaginario collettivo è un luogo senza alternative, da cui si può solo sperare di scappare. Sia mai che questa opera possa darle, almeno per un attimo, una luce diversa», è la speranza dell’autore. L’idea gli è venuta quasi due anni fa e l’autorizzazione di Ferrovie è arrivata presto, visto che il muro era completamente spoglio. Ci sono volute alcune settimane per realizzare l’opera più 340 litri di vernice bianca, dieci di rossa, dieci di nera. E poi rulli, estensori, pennelli. Dario si issava su, a dieci metri d’altezza, e lavorava.

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