14 ottobre 2021 - 08:46

Metamorfosi Voghera dalla casalinga a «Concorsopoli», tra lo sceriffo e le chat razziste

L’inchiesta sui bandi truccati arriva dopo l’arresto del leghista Massimo Adriatici e lo scandalo in giunta. I «registi» Alpeggiani e Rocca

di Andrea Galli

Metamorfosi Voghera dalla casalinga a  «Concorsopoli», tra lo sceriffo e le chat razziste
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Così ossessiva da queste parti, la res publica, o meglio la volontà di farne un affare privato, da contaminare perfino i momenti di coppia se è vero che, alle 22.16 di una sera di dicembre, pioggia e sette gradi, intercettati senza saperlo Daniela Bruni e il compagno parlavano di quella cosa lì, del concorso (truccato) per assumere impiegati all’Asm, promossi scarsi concorrenti e spediti a casa meritevoli candidati. Lui: «La stro… è fuori?». Lei, componente della commissione esaminatrice: «La stro… è fuori! Era il nostro obiettivo». Bruni, 36 anni, è fra gli otto indagati (compresa la consigliera comunale di Forza Italia Laura Anselmi) dell’inchiesta della Procura di Pavia che ha coordinato le scoperte della Guardia di finanza: abuso d’ufficio, turbativa d’asta, falso ideologico...

Vien da dire che succede tutto a Voghera, quarantamila abitanti, discreta qualità della vita, assenza di problemi di sicurezza, un costante alto livello dei vertici delle forze dell’ordine. Eppure: l’assessore leghista Massimo Adriatici che a luglio ha ucciso un migrante, le chat razziste della sua giunta con poche parole e parecchi emoticon a riderci sopra, e adesso quest’altra storia che in fondo in fondo ci fa tornare all’autodichiarazione di Giovanni Alpeggiani, deceduto nel 2019, quando disse appunto di sé: «Io sono un puparo», nel senso che muoveva i burattini. Alpeggiani era un grande vecchio della politica pavese assieme a Giampiero Rocca, anch’egli venuto a mancare (l’anno scorso). Non è un caso che entrambi siano citati nelle 106 pagine dell’ordinanza del gip Luigi Riganti quali influenzatori delle manovre centrate sull’Asm, azienda di proprietà del Comune e base di potere occupandosi di igiene urbana, trasporti, depurazione, spurgo, parcheggi, onoranze funebri, farmacie.

Chi sta in Asm, insomma, controlla il territorio. Monica Sissinio, altra indagata, era presidente del Cda. Fra le intercettazioni, ecco questa, a suo modo simbolica e riassuntiva: «Allora, il programma nuovo in se stesso costa 240 mila euro più 190 o 185 ogni anno dei vari cosi che dobbiamo comprare... Io me lo sono fatto dividere in due anni in maniera tale che l’altro lo fatturiamo nell’altro anno... Loro mi hanno detto tenetevi il costo a 225, mi assumete questo qua e me lo date in distacco qua, poi nel frattempo faccio il concorso per uno che... lui entra perché stavolta il concorso glielo facciamo pennellato...». E avanti, in un’abbondanza di penosi insulti (quelli dichiarati nemici sono definiti «mongoloidi») e in una generale superbia per la quale il prossimo anche se ha ragione tiene torto. Sicché appare inevitabile ricordare le posizioni della sindaca e dei suoi assessori nei mesi antecedenti il proiettile sparato da Adriatici contro Youns El Boussettaoui, quando dalla Prefettura si ripeteva di stare attenti al leghista in quanto girava di ronda col colpo in canna. Invece la sindaca forse perché, come ripetono in Comune, Alpeggiani e Rocca sono stati sostituiti da nuovi registi, da nuovi «pupari», nulla fece.

D’altra parte, obietterà magari qualcuno a Voghera, il tempo scorre, la gente dimentica e personaggi come l’allora direttore generale dell’Asm Piero Magnaschi, che con la sua denuncia diede inizio all’inchiesta, vengono apostrofati in tal maniera, come da puntuale intercettazione: «Siete in mano a un cogl... che non ha un neurone».

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