Elena Colombo e l’infanzia spezzata,
un segno di Memoria per la scuola

Elena Colombo ha dieci anni e mezzo quando i tedeschi la catturano a Forno Canavese, l’8 dicembre 1943, insieme al padre Alessandro e alla mamma Wanda Debora Foa. Incarcerati prima alle Nuove di Torino e poi a San Vittore, i genitori sono deportati ad Auschwitz alla fine di gennaio del ’44. All’arrivo Wanda Debora è subito assassinata, Alessandro invece sopravvive fino a novembre: poi anche lui è ucciso.
Elena invece – “per motivi che forse non riusciremo mai a chiarire” racconta Fabrizio Rondolino, nipote del fratello di Alessandro – non segue subito la loro sorte ma viene affidata a una famiglia amica (di cui resta ospite per tre mesi). Il 9 marzo le SS la trasferiscono al Charitas, un istituto laico che accoglie l’infanzia abbandonata, per poi mandarla a Fossoli. Da lì sarà condotta ad Auschwitz, il 5 aprile. Il giorno prima Elena scrive una cartolina a Bianca, una sua amica del cuore, divenuta nel frattempo staffetta partigiana: “Devo darti una notizia meravigliosa! Oggi mi hanno annunciato che finalmente potrò raggiungere i miei genitori! Andrò anch’io nel campo tedesco dove lavorano e così li potrò rivedere e stare con loro. Non c’è bisogno che tu mandi pacchi, non preoccuparti più per me. Sono tanto felice! Parto domani per la Germania”. L’ultima sua lettera e l’ultima sua traccia di vita: in lager, infatti, sarà subito annientata. Si tratta dell’unico caso documentato nella Shoah italiana di una bambina che ha dovuto affrontare da sola la deportazione, il campo di concentramento, il trasporto nel vagone piombato, la selezione all’arrivo, la camera a gas.
Sono anni che Rondolino lavora su questa storia. L’ha raccontata in molti contesti: prima in una docu-serie storica incentrata sulle pietre d’inciampo che ricordano i Colombo a Torino, poi in un cortometraggio per ragazzi trasmesso dalla Rai per il 27 gennaio, prossimamente in un libro che sta completando in queste settimane. Ma soprattutto è diventata un patrimonio “vivo” per le nuove generazioni. Una ulteriore conferma, negli scorsi giorni, con l’intitolazione a suo nome della scuola del Comune della provincia torinese in cui perse la libertà e gli affetti. Una cerimonia toccante che ha visto la partecipazione della dirigenza scolastica, delle istituzioni, degli studenti. E persino di una sua ex compagna di classe venuta a renderle omaggio.
La storia di Elena Colombo era stata evocata di recente anche dal presidente del Meis Dario Disegni durante un incontro con le scuole di Ferrara sul tema “Il sorriso strappato. Bambini nella bufera”. Questo il suo messaggio ai giovani: “Spero che la tragedia di Elena e di tutti i bambini della Shoah contribuisca a farvi crescere come cittadini consapevoli, impegnati a difendere i valori dell’uguaglianza, della giustizia e della libertà, scritti nella nostra Costituzione, nata dalla Resistenza al nazifascismo”.