#65. Profondo Rosso (1975)


Pronfondo Rosso

Profondo Rosso è un film del 1975 di Dario Argento. Segna il passaggio dalla fase thriller-giallo alla fase horror del regista e chiude il ciclo “zoonomico” del regista, iniziato con “L’Uccello dalle Piume di Cristallo” (1970), “Il Gatto a Nove Code” e “Quattro Mosche di Velluto Grigio” entrambi del 1971. Accompagnato dalle musiche dei Goblin, che collaboreranno con Argento in film come “Suspiria” (1977) e “Phenomena” (1985), il film riscosse una grandissimo successo in Italia. Tra i protagonisti la compagna di Dario Argento, Daria Nicolodi che lavorò con lui in tutte le produzioni nel decennio 1975-1985.

Anno: ITA 1975

Regia: Dario Argento

Sceneggiatura: Dario Argento, Bernardino Zapponi

Cast: David Hemmings, Daria Nicolodi, Gabriele Lavia, Giuliana Calandra, Clara Calamai, Macha Meril, Nicoletta Elmi

Durata: 127 minuti

Trama

Una filastrocca infantile fa da sfondo ad un omicidio del quale non vediamo nulla se non le scarpe di un personaggio misterioso.

Helga Ulmann è una sensitiva che durante una seduta di parapsicologia percepisce la presenza di un assassino che ha già colpito e colpirà di nuovo. Al rientro a casa, Helga viene uccisa dal killer alla finestra del proprio appartamento; la scena non sfugge al pianista Marc Daly, che vive nello stesso palazzo e si trova nella piazza antistante a parlare con l’amico alcolista Carlo. Marc sale nell’appartamento e guardando fuori dalla finestra vede una persona allontanarsi con un impermeabile nero. Sul posto arriva la giornalista Gianna Brezzi che decide di iniziare con Marc ad indagare. L’uomo è tormentato dal ricordo di un particolare visto nel corridoio dell’appartamento di Helga che è convinto sia decisivo nella risoluzione del caso.

La sera Marc è a suonare in casa propria quando sente dei rumori e vede l’ombra di una persona. Riesce a chiudersi dentro la stanza e a telefonare a Gianna ma l’assassino non demorde e lo minaccia di morte. Affacciatosi alla finestra il pianista vede di nuovo il personaggio in impermeabile allontanarsi dal palazzo.

Lo psichiatra Giordani è convinto che la nenia che il killer, ritenuto uno psicopatico, fa sentire alle proprie vittime sia un modo per rivivere una situazione traumatica del passato. L’uomo pensa che sia tutto collegato alla leggenda della villa del bambino urlante, raccontata in un libro di leggende. Marc ne contatta l’autrice che lo stesso giorno viene uccisa dal killer. Prima di morire la donna riesce a scrivere sul muro appannato il nome del killer che però svanisce quando il vapore svanisce. Giordani il giorno dopo si reca a casa della donna e aprendo l’acqua calda legge il nome sullo specchio.

Marc trova la villa che è disabitata ma sotto l’intonaco di una parete vede un affresco spaventoso con un bambino con un coltello in mano, un uomo ucciso e un albero di Natale sullo sfondo.

Giordani chiama Marc per svelargli l’identità dell’assassino ma prima di poterlo fare viene spaventato nel suo appartamento da un pupazzo meccanico, quindi viene aggredito dall’assassino. Marc viene a sapere da Gianna della morte di Giordani e decide di lasciare la città e partire con la donna. Prima di farlo ripensa alla villa e nota che una finestra è stata murata. Nella notte vi torna e scopre che c’è una una stanza segreta dove trova una mummia e l’albero di Natale che aveva visto nell’affresco.

Improvvisamente una persona gli arriva alle spalle e lo colpisce alla testa facendolo svenire. Al risveglio scopre che Gianna lo ha salvato e che la villa è stata data alle fiamme. I due si recano in una scuola dove tentano di chiamare la polizia; Gianna viene colpita dal killer e quando Marc scopre che l’assassino è Carlo, proprio l’amico lo raggiunge alle spalle puntandogli una pistola contro. Carlo, messo in fuga dalla polizia, scende in strada dove viene investito e ucciso.

Marc ripensa alla scena dell’omicidio di Helga e ricorda che Carlo era sulla strada e che quindi non poteva essere l’assassino; torna quindi nell’appartamento della donna e scopre che ciò che lo aveva colpito non era un quadro ma uno specchio dove aveva visto riflessa la figura dell’assassino che puntualmente gli si presenta alle spalle: è la mamma di Carlo, Marta. Anni prima, in preda ai suoi disturbi mentali, aveva accoltellato il marito, rimasto mummificato nella stanza, di fronte allo sconvolto figlio che si scopre essere la figura della quale si vedevano le scarpe nella prima scena.

Marta tenta quindi di uccidere Marc che scappa; durante l’aggressione, alla donna si incastra la collana nell’inferriata dell’ascensore; il pianista ne approfitta e manda l’ascensore al piano terra; la cabina inizia a muoversi assieme alla collana e Marta viene decapitata.

Commento (appassionato)

Non esiste essere umano che sappia cosa sia un cinema e un film che non abbia mai sentito parlare per un motivo o per l’altro di “Profondo Rosso”. Molti di loro però, nonostante il film sia assolutamente eccellente, lo ricorderanno soprattutto per l’immortale colonna sonora; che questo sia merito dei Goblin o demerito di Argento starà a voi giudicarlo.

Partiamo dai molti punti forti del film: i momenti chiave sono tutti iperdensi di tensione. In questo Argento non a caso è uno dei maestri italiani e mondiali. La sua scelta di inquadrature innovative, di campi lunghi o lunghissimi conferisce un’inquietudine tutta nuova che nei film precedenti non si era mai vista. Ne sono un esempio le scene nelle quali Marc cammina in una città insolitamente deserta che trasuda aria di irrealtà (ma non di illogicità); grande merito per questo va dato alla fotografia di Luigi Kuveiller. La sinistra atmosfera cittadina sarà ripresa e resa ancor più agorafobica nel film dalle tinte espressioniste “Suspiria”, ambientato in Germania.

Profondo Rosso 2

L’assassino in impermeabile scuro e guanti di pelle è invece un classico della filmografia thrilling, iniziata con “Sei Donne per l’Assassino” (1964) di Mario Bava, che Dario Argento emula e del quale è uno dei più celebri “figli” a livello artistico.

Torniamo alla colonna sonora; i Goblin per il film hanno partorito un pezzo che, assieme a Tubular Bells di Mike Oldfield (mooooolto somigliante) che fa da accompagnamento al capolavoro “L’Esorcista” di William Friedkin di due anni prima, è diventato una delle musiche più celebri di film horror. La musica con la sua ripetitività penetra nel cervello come una lama e rende i momenti di tensione dei momenti di terrore. Altra musica inquietante è la nenia bambinesca che sentiamo nella prima scena e in alcuni altri momenti del film.

“Profondo Rosso” è anche una storia di follia familiare. Marta, insana di mente, come scopriremo nelle sequenze finali, ha lasciato nella mente del figlio una cicatrice profondissima: lo vedremo dedicarsi all’alcol e avere comportamenti bizzarri e scostanti, la sua omosessualità, che si deduce dalla frequentazione del travestito Massimo Ricci e dalla sua gestualità quando parla con Marc, probabilmente ha proprio origine da una particolare educazione ricevuta dalla madre: lo vediamo infatti agghindato più come una bambola che come un bambino.

Relativamente al cast, pur apparendo il poche sequenze, Clara Calamai si conferma attrice di navigata esperienza. Argento la scelse per il suo volto espressivo e per la sua lunga assenza dalle scene, in modo da rendere il suo personaggio più sinistro. Anche il personaggio di Gianna, interpretato da Daria Nicolodi è degno di nota per essere assolutamente particolare nel panorama cinematografico del tempo: una donna forte, che coglie ogni occasione per sedurre e che vuole essere considerata alla pari degli uomini con i quali ama rivaleggiare.

Per quelli della mia generazione che sono cresciuti anche con film come Saw, la scena della bambola meccanica che spaventa Giordani sarà una sorta di deja-vu ma se considerate che si parla di un film di 40 anni fa, genera un’inquietudine che negli anni Settanta era poco meno che innovativa.

Profondo Rosso 5

Passiamo ai lati negativi: “Profondo Rosso” dura più di due ore; di per sé questo non è un punto a sfavore, ma realizzare un thriller che tenga incollati alla poltrona per 120 minuti non è semplice senza avere cali di tensione. Argento inciampa proprio in questo: alcune scene sono interminabili e portano a cali di tensione veramente imperdonabili in una pellicola che fa proprio della tensione nei momenti clou un punto a favore.

E’ un peccato mortale inoltre la presenza nella scena finale dell’orrendo effetto speciale della testa recisa dalla catenina. L’evidentissimo manichino gommoso toglie in un secondo tutta la tensione del momento e fa veramente ridere. Questo e altri espedienti simili in altri film mi ha fatto riconsiderare il nome di Carlo Rambaldi agli effetti speciali, dandomi lì impressione che abbia vissuto un po’ troppo di rendita dopo l’exploit di E.T. che una certa parte della critica ha usato come pretesto per rivalutare tutta la sua opera, anche precedente.

Scena imperdibile

Nonostante la presenza di moltissime scene nelle quali la tensione si taglia con il coltello, la scena più inquietante è quella finale nella quale Marc torna in casa di Helga e dopo aver percorso il lunghissimo corridoio si ritrova al cospetto di Marta.

Profondo Rosso 1

Sarà per la mia ossessione degli occhi, specie quelli completamente bianchi (qualcuno dei miei coetanei ricorderà come uno dei più grossi traumi la pubblicità progresso contro la droga che arrivò addirittura su Topolino, se avete la memoria corta, rinfrescatevela guardando Chi ti droga ti spegne) e degli specchi (Fulci con me si sarebbe divertito un mondo…), ma ho avuto palpitazioni e battito a mille per tutta la (fortunatamente per le mie coronarie, breve) scena, in attesa che accadesse qualcosa. Argento invece di usare il classico colpo di violino per l’apparizione improvvisa della donna, ce la fa vedere alle spalle di Marc. L’espediente lascia comunque intatta la tensione e porta anzi a urlare al protagonista perché si difenda dalla probabile aggressione della donna, inquietante già di per se con il suo volto bianco e lo sguardo da pazza.

Forse proprio per la mia ipersensibilità verso questi particolari devo ammettere che già nella scena del primo ingresso di Marc in casa di Helga avevo notato o meglio “sentito” qualcosa di strano durante la camminata nel corridoio, anche se non ero riuscito a spiegarmelo. Ci ha pensato il finale a dare ragione alle mie sensazioni.

Citazioni

La realtà e la fantasia spesso si confondono come un Cocktail di cui non riesci a distinguere i sapori.

Brindo a te, vergine stuprata!

In definitiva

+ Grande tensione nei momenti clou, colonna sonora memorabile

– Troppi momenti nei quali la tensione cala drasticamente, alcuni effetti speciali talmente finti che potevano essere tranquillamente risparmiati

Pur non essendo un fan sfegatato di Dario Argento, anche se nutro profonda stima per alcuni lavori da lui compiuti, devo ammettere che Profondo Rosso è decisamente uno delle sue opere migliori, nonostante in alcuni momenti si appesantisce parecchio. Amiate o no Argento è comunque un film assolutamente da vedere.

Valutazione

Regia 9
 Trama 9
Recitazione 8
Il giudizio di MoviesTavern (vale doppio!) 9
Voto complessivo 8.8