Napoli

Meloni a Caivano, oltre uno spot il nulla

Meloni a Caivano, oltre uno spot il nulla
(ansa)
Il commento
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La cronaca della visita di Giorgia Meloni al Parco Verde di Caivano ha il sapore di uno spot di Stato. C’è chi ha finto di non capire cosa intendesse don Patriciello quando ha detto che non serve il denaro. Ma il senso è chiaro: bisogna agire sulla qualità della vita individuale e collettiva nel suo complesso, assicurando dignità, lavoro, diritti e servizi oltre che sicurezza, in modo strutturale e duraturo. Un intervento in profondità. Non basta di per sé riaprire un centro sportivo, magari garantendolo contro il ritorno del degrado con la presenza delle Fiamme Gialle.

Lo stesso è per l’aumento di poliziotti e assistenti sociali. Non basta a disegnare un progetto politico di alto profilo, soprattutto se si rinviano a data futura e incerta progetti di recupero delle periferie e di rigenerazione urbana per miliardi. Un rinvio che ha suscitato la giusta protesta di tanti sindaci, soprattutto del Mezzogiorno. Le terribili violenze di Parco Verde segnalano il disfacimento del tessuto sociale in un ghetto di periferia.

Un punto di grave sofferenza. Ma è la stessa sofferenza che produce poi, nella centralissima piazza Municipio a Napoli, l’omicidio di un giovane musicista ad opera di un ragazzo appena 17 enne ma già assuefatto a una violenza di stile camorristico. Anche quel ragazzo è il prodotto di un tessuto sociale disgregato. Ed è ancora, in fondo, la stessa sofferenza che spinge un operaio a lasciare la propria terra per il lontano Piemonte. Voleva guadagnarsi da vivere, ha guadagnato la morte. Storie diverse che si legano insieme, e non ricevono vere risposte.

Eppure, le situazioni sono note, e i dati ormai certificati al di là di ogni dubbio. Da ultimo (luglio 2023) si segnala, ad esempio, la Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali per gli anni 2020-2022 della Corte dei conti. Leggiamo che la distribuzione della spesa sociale nel territorio è sperequata, laddove “la spesa per i servizi pubblici connessi con diritti sociali costituzionalmente tutelati deve almeno mostrare una tendenza alla convergenza territoriale.

Tuttavia, ciò non si registra con riferimento alla spesa sociale, né per l’offerta di trasporto pubblico locale”. Mentre la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) è “questione strategica e cruciale per assicurare l’equità dello sviluppo dell’intervento pubblico nel territorio”. La Corte stigmatizza la diseguale distribuzione territoriale della spesa pubblica, certificando il gravissimo ritardo del Mezzogiorno. È una conferma di quanto ha detto in altre occasioni, ed è una voce che si aggiunge a quelle di Bankitalia, Istat, Ufficio parlamentare di Bilancio, oltre che di prestigiosi enti di ricerca come Svimez e di un gran numero di studiosi ed esperti. Una lettura esaustiva si trova nelle memorie rese per le audizioni in tema di Autonomia differenziata presso la I Commissione affari costituzionali del Senato.

Ed è in questa diseguaglianza, di decine di miliardi, che trova la sua prima ragione il disfacimento del tessuto sociale che si traduce alla fine in violenze e omicidi. Cosa vediamo oltre lo spot governativo di Parco Verde? Nulla. Proprio sui Lep cala da ultimo il sipario. Non basta definirli nel senso di elencare in astratto cifre e percentuali per la prestazione di servizi. Se devono ridurre divari e diseguaglianze, i Lep costano, e non poco.

Bisogna dare di più a chi è in ritardo, senza togliere a chi sta meglio. Ma il ciclo economico è debole, la crescita è stentata e in via di rallentamento, e mancano le risorse necessarie. Giorgetti e la stessa Meloni ci hanno già detto che bisogna contenere al massimo le spese. Oltre al taglio già richiamato dei fondi Pnrr, sono in arrivo tagli su sanità e scuola. Si avvicina il ritorno del patto di stabilità, con i suoi vincoli sul bilancio. I Lep sono sempre di più un miraggio, o al più una conferma della spesa storica in danno del Sud. La destra al governo non ha alcun progetto di ampio respiro per il rilancio del Mezzogiorno come seconda locomotiva, nell’interesse di tutto il paese. Il nostro futuro non si trova in un premierato sbilenco, che non potrebbe rendere più autorevole un governo fragile per la competizione permanente tra i suoi componenti. Ancor meno si trova nell’Autonomia differenziata che spacca il paese, e che tuttavia Calderoli insiste di volere con l’inizio del 2024. Il ministro ci dice di essere disponibile, in via di emendamento, a un parziale riciclo del suo ddl AS 615. Non siamo d’accordo. Meglio la campana dell’indifferenziata.

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