Autore: Daniel De Lost

Daniel De Lost, alias Daniele Giusto. Le mie intense passioni sono la Letteratura Inglese e Americana,soprattutto la Fantasy Fiction. Il Cinema d'autore. "I'm nothing but a walking shadow."

I legami carnevaleschi

Kris Knight The Embrace 2017

Kris Knight – The Embrace (2017)

 

Cosa resta dopo il tuono

dell’euforia perversa,

travolta dal treno deragliato

senza meta

nei campi madidi di vetro?

 

Gusci vuoti

calpestati

ricalpestati

nel fango

come cuori;

 

Dall’opaco finestrino

la condensa dei sospiri soffocati

degli amanti rigettati

che si danno

che si dannano

offusca questi scorci campestri

dove il grano non germoglia

dove il breve sogno sorge e muore

al chiarore degli aleatori astri.

 

Cosa resta dopo l’ombra di polvere

che asciuga il sudore

dalle fronti ardenti

e umiliate?

Forse un plenilunio

ma gli amanti solitari

lo sopprimono,

costretti a crucciarsi

per la foglia svenata

che implode nella mela

posta in dono poi ripresa

a suon di bufera

dalla vita menzognera

come il primo bacio;

 

Cosa resterà

dei primi tempi?

Quella fiaba scritta

con lacrime pulite

rinnovate,

forse mai vissuta

se non nel labirinto cranico;

 

Il cigolio dell’altalena

risospinta all’infinito

dalla nausea;

e l’amante

vomita emozioni

fiumi epistolari stralciati

dalla risata mostruosa

del tempo travestito

da codarda indifferenza;

 

Ma questi legami carnevaleschi

si rinnovano

nell’abbaglio,

quell’inganno

che lame nascondono

in pupille

al primo sguardo

già remote;    

Daniel De Lost

11/02/2020

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dal Necronomicon

Piotr_Stachiewicz_-_Ukojenie

Piotr Stachiewicz – Ukojenie

[Each matin bell, the Baron saith,

Knells us back to a world of death.

Meglio allora non porgere le labbra

a quel latte di lutto

che calcifica in pozze ancestrali

reiterati pensieri illesi –

spettri stolidi –

mentre echi funerei

trasudano dall’autoinflitto carillon

come lacrime di giaietto…

 

(Strilla campana strilla

come nella vita morte sfavilla

pennellate d’artista

in ogni fibra che al sole

si colora si scolora)

 

… e così ci siamo arresi

al vivere supini

nell’angusto spazio

d’un marchingegno funerale,

docili bambini masnadieri

per disinnescarne le cattive corde

e di anestetico

soffrire

fino al rantolo reale.

These words Sir Leoline will say

Many a morn to his dying day!]

Samuel Taylor Coleridge

Daniel De Lost – 05/01/2018

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Exodus

henrik-uldalen-3 - Fissure

Henrik Aarrestad Uldalen – Fissure

 

Te ne andrai

nel soffio di vento anseatico

traumatico momento

che nell’oppio rivivrò

per sopire questi demoni ridenti

queste

cose latenti –

eppure così mutuo sollievo –

che

labbra uncinate

ghignano

rammentandomi i tuoi rosei contorni

ora tele di futuri

incerti

interrotti

demoliti;

e fuori imperversa la notte degli spiriti;

 

Te ne andrai

non so più dolermi

al sole dei detriti;

Sei esistito mai?

Forse, in lucernari impazziti

dove annegherò

per reprimere l’assenza delle labbra

abbracciato al grigiore delle nubi tua dimora

il cui boato ti reclama

soffia sulla nostra corta candela;

 

Te ne vai

la panchina è ora gelida;

sapessi la neve che è caduta

a sopprimere

a gelare

l’incanto

che così affranto brama

la sua restituzione;

 

Te ne vai

senza alcun brusio

eppure mi concedi

un valzer con gli spettri

e…

della fulminea notte dei piaceri…

fiori d’aria tra le mani

scricchiolii

silenzi;

Daniel De Lost – 29/10/2019

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Medea

mother-and-child-madonna-1908 Egon Schiele

Egon Schiele – Madonna (1908)

 

 

Solo seduto sulle spire d’abisso

Lupo loquace in lande silenti,

stritolo visioni, sorrisi sassi

rinchiuso con il fiato in una cava.

 

Aggrappato ai tuoi seni gonfi,

oh madre Solitudine,

opaca danzatrice nella notte,

mi nutro di luce sanguigna –

occhi spalancati sul mio cuore –

umida tenebra.

 

E muore il sonno, deragliato bohémien.

Vibrano i tormenti dai tuoi palmi, e tu,

mi ricopri di pugnali mentali,

di stramonio mi cospargi le narici.

 

Ti vizio con farfalle di seta,

le tramuti in zanna di basilisco endovenosa.

L’avvenire?

Neri levrieri in atre primavere.

 

 

Se fossimo di fiamma

arderemmo di bestialità.

 

 

A piedi nudi, scorticati

dai grovigli d’ossa

di cantori afoni (benigni doppelgänger)

arranchiamo in questa Mordor spodestata.

Mi nascondi al trapasso,

ai suoi sepolcri roventi,

per vedermi deambulare, afflitta compiaciuta,

in campi spopolati scolorati

da questo rito corvino nel capanno, ch’è pur sempre vita;

i cordami ben saldi tra le dita.

 

Tra gli aspri profumi della foschia,

Ecate cantante con le sue ancelle,

prepara cotture di globuli e cuori pulsanti

denudandosi delle incendiarie umane scempiaggini.

(Aneliti delitti).

Rumoreggia il decantato anatema dei mortali,

perenne quest di asservimenti stuccati

in ritratti di volte celesti.

 

Strimpellano stridendo i tuoi capelli,

(violoncelli in penombre di meandri)

prodigioso concerto d’archi tesi.

Ci guardiamo negli inferni,

noi canidi lesi.

 

I tuoi arpeggi sottili rimembranze

pulsano nei lobi temporali.

Un sospiro all’imbrunire,

sguardi caprini…

 

… e il vedere si sconta col patire.

 

Daniel De Lost – 03/04/2017

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Pantomime d’Ofelia

Ofelia - John Everett Millais (1851-52)

John Everett Millais – Ophelia (1851-52)

 

Passeggiando sulle lune,

così tiepido e assorto

in Abazia,

con la lingua rattrappita

dalle artiche correnti del dolore –

come chi ha metastasi di tenebra

dilatate ma taciute –

capto nell’oblio disperso

una proiezione astrale.

 

Quell’amante sfibrato,

sfinito

da una nudità che più non gli appartiene

un baluardo divorato dalle fiamme,

schiacciato

da abominevoli silenzi.

Un tempo che lenisce

da infingardo tessitore.

Cosa ne faremo

della nostra nudità?

Un tempo si bagnava d’indorata idolatria…

… ora si concede a surrogate entità.

 

Non vedevi la mia ombra

il Nazgûl ectoplasma

che a fatica serbavo in ogni muscolo

per cullare l’angosciata idea di nudità.

Ero io, l’orchidea di Rothschild,

fantomatica, condensata in patemi lesti

(Sturm und Drang)

forse artificio di megera. 

Alba dopo alba

sorgevano i petali perfetti,

ma una sola linfa sospirava

consacrandoli agli ultravioletti del tuo ghigno

sole mesmerico.    

Abbandonati al buio del tuo cipiglio

in un istante sfiorirono.

 

Vorrei sfiorare la tua essenza

in sogni catartici,

ma le nostre effigi sbiadiscono,

le molecole si scindono

perché divisione si tinge

di erotico tacere

fin da quando all’orizzonte

il guardo si voltò.

   

Una lacrima solitaria

scende piano,

come il tocco delicato

del pianista veterano,

inondando il canale

che quest’oggi sembra quasi

affluente dell’Ouse.

 

Quale destino, per l’amante logorato?

Una promenade sulle «fresche et dolci acque»;

sassolini melanconici in scarsea.

Moto ondoso di passione

sorriso di salsedine.

 

Ciò che lo allieta, or ora

quelle carezze boschive

di un San Michele ardente

che lo attende

oltre le nebbie

ai giorni propizi.

 

Anche traghettato di qua

dell’Acheronte lagunare,

amerà alla dannazione

quel corporeo sfavillare –

chimera nube ambrata panacea –

Il canto eterno dell’addio

sarà solo onirico cerimoniale.

 

Intanto

il re degli strumenti

risuona dagli abissi neroblù…

Daniel De Lost – 20/09/2017

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Adagio in re volver

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Fabrizio Cassetta – Man With Skull Gun and Suitcase (2009)

 

Ho rivoltelle nel cervello… tanto basta.

Pallottole di frassino,
come menadi furiose
fiamme ossidriche, crateri, nebulose
scrosciano nei lobi
(temporali magici).

Un liquido vermiglio rompe gli argini,
cauterizza voluttà di baci al piombo;
la corteccia si tramuta in fradiciume.

Desiderio altalenante di cessazione identità…
… annegamenti in putridume.

Immantinente
quella fata ebanina
con occhi di revolver salamandra
spunta dall’androne encefalitico.

Lei,
che mai trova pace,
non tace,
non rifugge gli accorati appelli
delle urla fra i detriti.

Già scricchiola il grilletto
da una mano di polvere.
Sinfonia sferragliante.
Una materia fredda assedia il teschio
(come cuspide su lingue languide)
avvolto in una nube che non so…
… forse mistura… retaggio di fantasmi e raziocinio.

Danzano proiettili
piroette di corvo nell’oscuro.

L’emicrania,
dono delle fate al nascituro,
si tinge di eternità
(come mani nel miele);
pozza d’acido sul pavimento.

Mi concedo alle lusinghe della notte,
carezza metallica sulla nuca
(l’ultima).

Una sindone adagiata
marmo afrodisiaco
una rosa sanguinaria
una prece.

Exeunt

Daniel De Lost – 16/09/2017

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Tristo mietitore

jede-nacht-besucht-uns-ein-traum-1900 Alfred Kubin

Alfred Kubin – Jede nacht besucht uns ein traum (1900)

Io m’aspetto il tristo mietitore

all’ombra del crepaccio,

in vetta all’ipogeo mormorante,

tra i dedali del Caveoso che s’annera

sulle orde di cani moreschi

invasori, negli abissi irrisolti

della cavalcata carnevalesca tra giardini di more

dove, moribonde,

come petali di coito cancerogeno

così avvolto in ammaraggi in latte d’asina, scaglie di tufo,

s’annidano le reminiscrescenze

sulla carne che già rantola,

sbuffi di sinistre brame…

… sepolture siberiane.

Come lampo che risplende nei non suoni

di un cosmo malamente malandrino,

il clangore della falce tra lucerne

polverizza i fotogrammi delle ondate nel pomario –

una grandine di ramaglie –

violatrice d’epidermidi consunte, strizzate fino all’osso

dagli affetti ricoperti di piumaggi carboniferi.

Il bozzolo-corazza dell’ingenuo frangiflutti,

la bestia perfetta e dannata

saggiatrice di ogni spezia licenziosa

in un singolo palato,

al primo acquoso temporale –

lo spettro scuro si dilata e si frammenta

tra le brulle alture che s’allietano

nei rovesci di bile nera, flutti biancastri di gaudio nel lenzuolo  –;

la crisalide dolcemente rammollisce,

sferzata da stridori di placente generate in reliquiari…

… il pendolo nel pozzo, che recide con chirurgica bontà

ansanti gole relative.

E sto lì,

tra le consunte cosce di un’amazzone adombrata;

dal buio d’una calle tutta crepe

spunta mesto tra le nebbie del nervino

un medico della peste,

ch’ora senza noie se la ingravida.

E l’involucro di arbitrari minutaggi

irretisce il nuovo replicante.

Al fondo dei prati taciturni

(il respiro dei cipressi)

io m’aspetto un blasfemo abito talare fluttuante;

l’ugola, una messa da requiem

nel canneto che sospira.

Eccolo che arranca, il replicante,

il vinto che ha goduto di tappe interstellari

s’accascia senza orbite

all’ombra del pino loricato.

La fine mormora,

l’autopsia trasuda insonne

strascichi di cartapesta,

nauseabondi lezzi di cera

nelle cigolanti fabbriche del Kansas

(sferragli di trivella riproducono, poi annientano… nell’esofago del buio).

Mentre tutto scurisce,

due pupille alogene nel nero

come onda d’urto nello spazio d’un trauma

illuminano il grembo marcescente dove noi illegittimi,

ciascuno con il suo ematoma

boccheggiamo in transizione…

… un naufragio, una benedizione,

l’atto proibito con il tristo mietitore.

Daniel De Lost – 28/08/2017

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Perchance Even us Like the Dark Things (Forse anche noi come le cose scure)

A poem by Vito Santoliquido…

Original Version

Henrik Aarrestad Uldalen - Abate

Henrik Aarrestad Uldalen – Abate

 

― Scrape, scratch the skin’s snow-white marble,
a lunge so clear towards blackness
up to the warm paste of gloom,
whence you discern it surfaces
glowing midnight blue through
the bituminous cloud that clots,
and below the stark scab of
pearly gleams bright moons
which my covetous eyes ingest
as the seaweeds do with the light

You pronounce me words of tin,
I dress them in spherical sleep
I roll them in my
tongue
an amber reverie

― I fear not the shadow
darkening veins on our hands, the full breath in pitch black’s throat
while motionless, beneath the blankets,
this lethargic paradise which are the things below this veil,
the things that in our (badlocked…)
velvet galaxy-shell
lose their shape, forgetting their
true name (assuming they have one).

*

(Perchance even us like the dark things,
like the wraiths …)

We stand steeped in a dark,
forbidden pool

my love

― abandoned islets along the fading Pacific,

greenish wrecks into the abyss
of fluctuating

life

*

Thus, like beacons across the flaming eventide
we gaze into the heavens’ silence
only to meet again

eternity upon eternity.

…translated by Daniel De Lost

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Bittersweet

Dorothea Tanning - Far From (1964).jpg

Dorothea Tanning – Far From (1964)

Canta e addormentami,
mio evanescente figlio d’Avalon.
Embrione sospinto
da impetuose raffiche nettuniane.
Bittersweet Bittersweet
Sussurri, nel tripudio di seta.
E la cute … sterminati sentieri di alabastro

Canta ancora, poi giaci con me
sugli ardenti ghiacciai di Svalbard.
Dissenniamoci, sballottati
da mulinelli di azzurrite
e poi, travolti
dal balzo delle driadi.

Canta e risvegliami
Bittersweet Bittersweet
L’alba sempiterna si ridesta
sulle sconfinate distese di voluttà.

Bittersweet Bittersweet
Orbite, come portali d’Infinito;
Membra, come voli galattici.

Ancora, in crescendo,
dalla vetta di labbra
regine tra le nevi
Bittersweet Bittersweet
Sopra di noi, la pungente Eärendil
sotto di noi, la benedetta Oscurità.

Daniel De Lost – 19/02/2017

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