Cosa resta dopo il tuono
dell’euforia perversa,
travolta dal treno deragliato
senza meta
nei campi madidi di vetro?
Gusci vuoti
calpestati
ricalpestati
nel fango
come cuori;
Dall’opaco finestrino
la condensa dei sospiri soffocati
degli amanti rigettati
che si danno
che si dannano
offusca questi scorci campestri
dove il grano non germoglia
dove il breve sogno sorge e muore
al chiarore degli aleatori astri.
Cosa resta dopo l’ombra di polvere
che asciuga il sudore
dalle fronti ardenti
e umiliate?
Forse un plenilunio
ma gli amanti solitari
lo sopprimono,
costretti a crucciarsi
per la foglia svenata
che implode nella mela
posta in dono poi ripresa
a suon di bufera
dalla vita menzognera
come il primo bacio;
Cosa resterà
dei primi tempi?
Quella fiaba scritta
con lacrime pulite
rinnovate,
forse mai vissuta
se non nel labirinto cranico;
Il cigolio dell’altalena
risospinta all’infinito
dalla nausea;
e l’amante
vomita emozioni
fiumi epistolari stralciati
dalla risata mostruosa
del tempo travestito
da codarda indifferenza;
Ma questi legami carnevaleschi
si rinnovano
nell’abbaglio,
quell’inganno
che lame nascondono
in pupille
al primo sguardo
già remote;
Daniel De Lost
11/02/2020
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