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Vita digitale, la sfida è salvare la creatività del Made in Italy

Cosa emerge dal terzo Rapporto del Censis sulla connettività la connessione a Internet per l’88% degli italiani è un diritto sociale

Massimiliano Cannata
2 minuti di lettura

Il dado è tratto. Viviamo “la rete” in una dimensione omeopatica, in una condizione “ibrida”, dentro e fuori, difficile fare la distinzione. Il terzo Rapporto sul valore della connettività in Italia realizzato dal Censis in collaborazione con Wind Tre, apre il sipario sulla “vita digitale”.

La connessione a Internet per l’88% degli italiani è ormai concepita come diritto sociale, al pari della sanità e della previdenza. Ne sono convinti l’84,1% dei giovani, il 90,5% degli adulti e l’88,5% degli anziani. In particolare per l’80,8% dei cittadini l’accesso alla rete dovrebbe essere gratuito. Per il 46,2% la copertura dei costi dovrebbe avvenire per mezzo di un contributo dei grandi generatori di traffico, come Google e Meta.

Un salto di qualità è, però, avvenuto rispetto alla prima fase della fiducia acritica. «L’esperienza del lockdown – spiega Giorgio De Rita, segretario generale del Censis e curatore della ricerca - ha innalzato il livello di consapevolezza degli italiani. La richiesta di connettività corre di pari passo con una attenzione sempre più alta ai rischi della rete, al bisogno di sicurezza, alla esigenza di porre un argine al fenomeno delle fake news. Si avverte la necessità di una narrazione diversa del progresso della tecno-scienza. Un dato può servire per appieno comprendere il mutato atteggiamento: quasi due terzi degli italiani vorrebbero una moratoria della ricerca sull’IA, una sorta di messa tra parentesi, un tempo di sospensione per capire meglio dove il mondo sta correndo».

«Credo sia uno studio prezioso perché fa vedere il profondo mutamento antropologico della nostra società», commenta Mario Morcellini docente emerito de La Sapienza, da anni attento osservatorio del fenomeno della povertà educativa. «Giusto parlare di diritto alla rete, ma non illudiamoci di digitalizzare un Paese senza fare sacrifici. Cambiano i linguaggi del sapere, la funzione della scuola si modifica, insieme all’identità dei maestri tradizionali, che non hanno più la stessa voce e autorevolezza nella società di Internet. Nostro dovere sarebbe quello di avviare investimenti importanti per superare questo nuovo analfabetismo, che riduce la competitività del sistema delle imprese, allontanando le migliori energie e i migliori talenti. Ci stiamo, invece, avvitando in una pericolosa selezione avversa, che appare evidente nel livello inadeguato delle nostre classi dirigenti».

Il progresso intanto corre, traguardando tappe fino a ieri inimmaginabili. Amit Sood, che dirige Google Arts & Culture ha reso noto che le 1300 pagine provenienti dai Codici di Leonardo da Vinci sono state passati al setaccio dall’intelligenza generativa. «Non sappiamo quale potrà essere il prossimo passo – è l’analisi di Davide Giribaldi, Information security Advisory, consulente globetrotter che segue la Governance dei rischi Cyber per molte imprese europee - Non dobbiamo illuderci di riprodurre il genio di Leonardo, né di replicare la capacità neuronale che è una prerogativa prettamente umana, piuttosto impegnarci a studiare la trama di connessioni che ha portato a intuizioni rimaste insuperate nella storia del pensiero. Per le nostre aziende sarebbe molto importante scandagliare queste esperienze d’avanguardia, che fanno da motore della creatività, che rimane uno dei fattori storicamente distintivi del made in Italy».

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