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I «mostri» di cemento finiranno in Adriatico

Le gigantesche torri assemblate nello storico bacino non sono destinate al Mose. L’Arsenale trasformato in cantiere per il rigassificatore di Rovigo. Ortalli di Italia Nostra: «Follia». In Soprintendenza nessuno sa nulla. Ma il Consorzio replica: «E’ tutto legittimo»

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I «mostri» di cemento in costruzione all’Arsenale non servono per il Mose, ma per il rigassificatore davanti a Rovigo. Lo precisa il Consorzio Venezia Nuova, dopo la pubblicazione sulla «Nuova» delle foto choc che ritraggono i quattro enormi pilastri dentro i bacini di carenaggio. Strutture «provvisorie», che saranno trasportate via mare a Rovigo. E attività che secondo il Consorzio «attengono alla cantieristica, come previsto dai Piani particolareggiati». Una precisazione che non allontana l’allarme. «E’ una mostruosità», commenta lo storico Gherardo Ortalli, consigliere nazionale di Italia Nostra.

A fare scandalo è l’uso «innovativo» dei bacini, i più importanti dell’Alto Adriatico, non più adibiti alla riparazione e costruzione delle navi come è stato da sempre, ma di strutture in calcestruzzo. Da qualche settimana, senza che Comune, Salvaguardia e Soprintendenza ne siano a conoscenza, è iniziata la costruzione dei pilastri, alti circa 40 metri e larghi 8. Strutture ciclopiche che svettano sulle merlature storiche dell’Arzanà cantato da Dante. Nel 2005 la parte Novissima dell’Arsenale è stata data in concessione per trent’anni alla Mantovani e al Consorzio Venezia Nuova per le attività del Mose. Adesso la Mantovani, che insieme alla Exxon sta costruendo il rigassificatore, ha deciso di utilizzare i Bacini per realizzare i pilastri. «Servono per il rigassificatore. Mi pare utile che un’opera del genere sia costruita in Italia e non all’estero, com’è stato fino a oggi», dice Marco Stradiotto, sottosegretario all’Economia del governo Prodi. «Non è importante a che cosa servano quelle torri», ribatte il professor Ortalli, «la cosa tragica è l’idea che l’Arsenale, che è uno dei posti più importanti del mondo, sia utilizzato come un qualsiasi capannone di periferia. L’ignoranza non è proibita, non tutti sono obbligati a conoscere la storia. Ma il danno sì». «Il fatto è», continua il professore, «che ormai questa città è in mano a interessi enormi, che spesso sono fuori controllo anche per le amministrazioni locali. E la commissione di Salvaguardia ormai non salvaguarda più nulla».

Stupore anche in municipio. Nessuno aveva visto gli enormi piloni e nemmeno il loro progetto. «Si tratta di un’area demaniale», dice il capo di gabinetto del sindaco Maurizio Calligaro, «se ci sono delle irregolarità interverranno gli organi di vigilanza, vigili urbani e Soprintendenza». In Soprintendenza del progetto dei piloni non c’è traccia. «Stiamo verificando», rispondono i tecnici. Stefano Boato, rappresentante del ministero dell’Ambiente in Salvaguardia, cade dalle nuvole. «Mai visto un progetto del genere. Quando hanno presentato il piano di recupero dell’area, approvato a maggioranza, si erano impegnati a rispettare la qualità del restauro e la qualità storica dell’Arsenale. Non so se i piloni di cemento siano compatibili con tutto questo».

Proteste arrivano anche dalla Municipalità. «L’Arsenale non può diventare il magazzino del Mose e del cemento», dice il presidente Enzo Castelli. E protesta anche l’opposizione. «Vigileremo perché la laguna sia rispettata», dice il capogruppo di An Pietro Bortoluzzi. Che chiede «chiarimenti» anche sul grande progetto delle barene artificiali in costruzione tra Murano e le Vignole. Un milione e mezzo di metri cubi di fanghi che saranno scaricati in un’area a lato del canale dei Marani. Lì però le barene non sono mai esistite e per contenere i fanghi si è pensato a una struttura a gradoni con pietre alla base. Due anni fa c’era stato un acceso dibattito in Salvaguardia sul progetto. L’idea è quella di scaricare lì un milione e mezzo di tonnellate di fanghi scvati dai fondali della vicina bocca di porto di Lido. Saranno versati dentro il nuovo invaso tramite un «oleodotto» appoggiato sul fondo. La Soprintendenza aveva posto allora alcune condizioni. Che si dimostrasse la preesistenza delle barene in quel luogo. Che i massi previsti per contenere i fanghi fossero «reversibili». E che le nuove burghe fossero usate «solo per consolidare tratti di laguna degradata». «Speriamo che queste condizioni siano davvero rispettate», dice Ortalli, «è necessario un maggiore controllo su queste trasformazioni. Invece si va avanti e si realizzano cose fino a ieri impensabili. Lo stupore vero è quello che ci sia ancora qualcuno che si stupisce e denuncia».

L’assemblea permanente No Mose annuncia inizitive. «Stiamo raccogliendo materiale», dice Stefano Fiorin, «e faremo una grande mostra su tutto questo».
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