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«Basta speculare sul calzaturiero del Brenta»

Attacco Cna e Atv: troppi furbetti vendono come "made in" prodotti fatti dai cinesi

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VENEZIA. Basta con i "furbetti" della Riviera del Brenta che vendono il made in Italy fatto dai laboratori cinesi; basta con i margini da capogiro dei calzaturifici e delle grandi griffe della moda che stanno uccidendo il tesoro dell'imprenditoria locale e così la sua filiera produttiva.

«Perché nel 2010 delle 712 imprese operanti nel distretto della Riviera del Brenta ben 120 sono state costrette a chiudere, mentre altre 75, gestite da imprenditori cinesi, hanno proliferato senza sentire alcuna crisi? Perché malgrado questo disastro i volumi di calzature realizzati nel 2010 hanno superato i 22 milioni con un +10% sull'anno precedente? Chi ha fatto queste scarpe?». A chiederselo sono Cna Veneto e l'Associazione dei Terzisti Tomaifici Veneti (ATV). Il dato più preoccupante riguarda la chiusura di 120 aziende: 20 calzaturifici, 10 commerciali, 10 modellisti e 80 accessoristi. I terzisti e i tomaifici rimasti, molti dei quali hanno deciso di aderire alla nuova associazione Atv, denunciano gravi difficoltà.

A seguito dell'Incontro Programmatico d'Area, che si è svolto la scorsa settimana a Vigonovo coinvolgendo le autorità istituzionali, i sindacati e gli imprenditori del distretto calzaturiero, la polemica all'interno del tessuto imprenditoriale della scarpa veneta è sempre più accesa: «Come dice giustamente l'assessore alle attività produttive della Provincia di Venezia, Massimiliano Malaspina - dichiara Rosanna Toniazzo, presidente di Cna Federmoda Veneto - è ora che tutti giochino a carte scoperte. Chi ha favorito il proliferare di tutti questi laboratori cinesi, mentre le nostre aziende ora chiudono? È chiaro che c'è qualcuno che ciurla nel manico, ed è sconfortante sapere che spesso si tratta di coloro che dichiarano di rappresentare l'intera filiera della Riviera del Brenta».

«La qualità, con cui ci vendiamo all'estero, va a farsi benedire in onore ai profitti facili - tuona Federico Barison presidente dell'ATV - è intollerabile che i prodotti realizzati da laboratori cinesi che operano in maniera irregolare e in condizioni spesso disumane vadano a finire nelle boutique dell'alta moda di mezzo mondo a prezzi da capogiro».

L'alternativa ai cinesi, utilizzata spesso dai calzaturifici del Brenta è quella di importare i semilavorati dall'estero. «Accade così - conclude Toniazzo - che l'80% delle scarpe della Riviera, non viene realizzato dalla filiera artigiana regolare, ma da aziende operanti all'estero o imprese cinesi irregolari in Italia».

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