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Fiducia: come e quando decidiamo di averne – idee 194

A pensarci bene, tutto il nostro intricato sistema di relazioni personali, e tutto l’enormemente più intricato sistema di relazioni economiche e sociali in cui, volenti o nolenti, siamo immersi nell’intero corso delle nostre vite, si basano sulla fiducia.

ASPETTATIVE POSITIVE. Avere fiducia vuol dire essere decentemente certi che qualcosa o qualcuno, a prescindere dal nostro controllo, realizzerà nel futuro una nostra attuale aspettativa positiva, o che qualcosa o qualcuno abbia fatto o faccia adesso proprio ciò che in seguito sarà positivo per noi.
Tutto ciò si basa su pochi presupposti: che il qualcuno sia onesto, bendisposto e capace. Che il qualcosa sia funzionale, efficiente e non affetto da meccanismi avversi.

TUTTO CIÒ DI CUI CI FIDIAMO. Così, ci fidiamo di una prescrizione medica o del consiglio di una commessa (guardi, le sta benissimo!). Dell’orario dei treni (se no no ce ne staremmo lì, in stazione). Della banca in cui abbiamo aperto un conto corrente, o del cliente che si impegna a pagarci 60 giorni data fattura.
Ci fidiamo del ristoratore che ci propone un piatto esotico. Dello sconosciuto camionista di tir che guida accanto a noi in autostrada. E dello sconosciuto ingegnere che ha progettato il ponte su cui stiamo per passare. Del politico che votiamo, delle sue promesse e delle sue valutazioni.
Ci fidiamo della società di e-commerce che ci spedirà proprio quello per cui abbiamo già pagato. Del figlio che ci assicura che tornerà a casa non più tardi dell’una di notte (no, dai, mi faccio una birra e torno), e dell’amore della nostra vita che giura di non tradirci mai. Di Wikipedia. O del blog che proclama di dirci tutte le verità che altri tacciono.

AL RIPARO DAI RISCHI. La fiducia è un’emozione. Uno stato d’animo complesso, per produrre il quale si combinano istinto e ragionamento, calcolo e intuizione, attesa e speranza, esperienze del passato (e anche del remoto passato infantile) e anticipazioni sul futuro. Quando abbiamo fiducia, ci sentiamo sereni, tranquilli e accettabilmente al riparo dai rischi.

FIDUCIOSI O SFIDUCIATI. Come tutte le emozioni, la fiducia che abbiamo è connessa con il nostro temperamento e il nostro carattere. E questo vuol dire che persone diverse, nella medesima situazione, potranno sentirsi diversamente fiduciose, diffidenti o sfiduciate.
È il nostro grado di fiducia ciò che ci motiva a fare (o a non fare) certe scelte e a compiere (o non compiere) certe azioni, e determina le nostre interazioni con gli altri e i nostri comportamenti.

PREDISPOSTI ALLA FIDUCIA. Qualche volta ci fidiamo sul serio. Qualche volta, ci tocca fare  come se ci fidassimo perché non abbiamo alternative migliori: per esempio, per riuscire a chiedere un favore dobbiamo sentirci fiduciosi di poterlo ottenere. Qualche volta siamo fiduciosi a ragion veduta, e qualche altra del tutto a caso.
Sta di fatto che siamo neurologicamente predisposti a provare fiducia (il vero fondamento dell’attitudine a cooperare su cui si fonda la nostra vita sociale) e che quando proviamo fiducia il nostro cervello ci ricompensa e ci regala una gratificante sensazione soggettiva di benessere.

PARALISI DA SFIDUCIA. La totale assenza di fiducia è, prima ancora che distruttiva, paralizzante. L’unica via d’uscita dalla paralisi e dall’ansia a cui ci espone l’essere totalmente sfiduciati è spesso la più pericolosa: riporre nuova fiducia nel primo truffatore, mago, stregone, imbonitore che passa di lì, e che sa però farci quel sorriso che ci allarga nuovamente il cuore, quella promessa che ci fa intravedere un possibile futuro migliore. proprio nel momento in cui ne abbiamo sommamente bisogno.

VICINI ED EMPATICI. Ed eccoci al punto: nei confronti di chi e di che cosa siamo propensi a provare fiducia? I fattori in assoluto più importanti sono due: vicinanza ed empatia. Ci fidiamo più facilmente di chi o di ciò che sentiamo vicino, ben disposto nei nostri confronti, accudente, capace di capirci. In sostanza, ci fidiamo in primo luogo come un bambino piccolo può fidarsi  della sua brava mamma.

COMPRENSIBILI. In secondo luogo, tendiamo a fidarci di chi (e di ciò che) ci parla in modo comprensibile e coinvolgente, specie quando spiega argomenti di cui capiamo poco o nulla. In sostanza, tendiamo a fidarci come un ragazzino può dar retta a una sua brava maestra.

ONESTI E E AUTENTICI. 
In terzo luogo, tendiamo a fidarci di chi ci appare onesto,  autentico e trasparente. In sostanza, ci fidiamo come da adulti ci fideremmo di un vero amico. Una interessante conseguenza di tutto ciò è che dare fiducia significa anche rendersi aperti e vulnerabili come può esserlo un bambino o un ragazzino, o un adulto quando è in compagnia di un vero amico. L’altra conseguenza è che ogni tradimento della fiducia è una ferita vera, e assai dolorosa.

SFIDUCIA NELLE ISTITUZIONI. Perché in questo elenco di fattori che favoriscono la fiducia non ci sono competenza e affidabilità? Ovvio: quasi sempre non abbiamo né l’occasione, né il tempo, né gli strumenti necessari per verificarle. A farlo per noi dovrebbero essere le istituzioni, che però risultano carenti sui tre punti che ho appena elencato. Risultato: delle istituzioni tendiamo a fidarci sempre meno.

LA ROULETTE. Così, nella roulette dell’attribuire fiducia ci ritroviamo a puntare sempre più spesso sulle componenti istintuali e intuitive, a scapito di quelle di calcolo e di ragionamento. Con ciò, rischiando maggiormente di ritrovarci delusi, feriti, e ancora più propensi a dar retta al primo imbonitore che passa.

RICOSTRUIRE LA FIDUCIA. D’altra parte, se un’istituzione, un partito, un’azienda (o un singolo individuo) volesse ricostruire la fiducia appannata o perduta, non potrebbe far altro che ricominciare dai fattori elencati. Sono semplici da capire, ma per nulla facili da praticare. E sì, ci vuole comunque un sacco di pazienza, di dedizione e di tempo: riguadagnarsi fiducia è mille volte più complicato che guadagnarsela una prima volta.

Le immagini che illustrano questo articolo sono della fotografa tedesca Anja Weiske. Qui il suo blog. Qui un articolo  che parla del suo lavoro.
Ti è piaciuto questo articolo? Potresti dare un’occhiata agli altri 193 raccolti nella sezione Idee. Questo articolo esce anche su internazionale.it.

7 risposte

  1. Lo scenario odierno è caratterizzato dalla sfiducia. Uno degli effetti collaterali è non attribuire più valore alle competenze. In passato si riconosceva la propria incompetenza e si poneva la fiducia delegando chi aveva la competenza.
    Il m5s non ha sdoganato l’incompetenza, ha semplicemente cavalcato la frustrazione della fiducia tradita in chi avrebbe dovuto avere competenza (un esempio per tutti, i crack non di una ma di più banche).

  2. Credo ci sia una imprecisione nella descrizione del primo elemento fondamentale per la fiducia, o almeno manca una conclusione secondo me molto importante: il bisogno di empatia significa che chi vuole ispirarci fiducia deve dimostrarci di condividere la nostra visione del mondo, confermare quello in cui crediamo già, dimostrarci insomma di capire il nostro punto di vista, e quindi i nostri bisogni.
    Solo così in un secondo momento, quando ci darà ulteriori informazioni sul mondo, o la soluzione ai nostri problemi, potremo sapere che sta parlando proprio del nostro mondo, e che i problemi che si propone di risolvere sono proprio i nostri

    Ne discutevo ieri sera con un amico: se diciamo di avere un disagio o un problema ci è molto più utile e vicino chi ci confermerà l’esistenza di quel disagio, prima di proporci la sua ricetta per risolverlo, piuttosto di chi negherà da subito le nostre percezioni e, implicitamente, la nostra stessa identità.

    Chi ci nega la nostra visione invece sta implicitamente dichiarando che il problema che si propone di risolvere siamo noi, e che noi, qualsiasi cosa diciamo, siamo sbagliati quasi per assunto – che è un ottimo modo per risultare molto simpatici, oppure per diventare responsabili della comunicazione del PD.

    1. e mi rispondo per aggiungere un paio di ulteriori elementi. Ovviamente posso parlare solo per me stessa.
      La sfiducia non mi sembra paralizzante, neanche quando è totale, anzi. Mi mette in stato di allerta, sulla difensiva; mi spinge ad alzare le difese e ad abbassare le soglie di tolleranza, per essere più pronta a riconoscere l’avvicinarsi di un altro attacco, e a reagire adeguatamente per minimizzare il danno. E mi aumenta i bias. Per questo, secondo me, è molto più facile conquistare che riconquistare la fiducia. Nei confronti del nuovo guru di turno, siamo più scevri da bias, pronti a dargli una chance.
      https://www.youtube.com/watch?v=3O42D_MDJoI
      Non ci ho riflettuto abbastanza, ma mi sembra che ci siano almeno due tipi di fiducia, che chiamerei positiva e neutra. La fiducia positiva è quella che induce ad avere aspettative positive, “dall’altro mi verrà del bene”, che è alla base delle interazioni strette, con partner, familiari e amici, dai quali ci aspettiamo accettazione, comprensione e supporto; quella neutra è quella che induce a non avere aspettative negative, “dall’altro non mi verrà del male”, che è alla base del contratto sociale, con vicini, colleghi, istituzioni, dai quali ci aspettiamo correttezza, rispetto delle regole, interesse al bene comune. ??

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