La Scarzuola: città ideale di Tomaso Buzzi

La Scarzuola è una località dell’Umbria, nel Comune di Montegabbione, in provincia di Terni, ben nota per un antico convento dove, avrebbe dimorato San Francesco. Il nome del sito è legato al Poverello di Assisi che, secondo la legenda, nel 1218, vi avrebbe costruito una capanna, adoperando la Scarza, un’umile pianta palustre. Il Santo, inoltre, vi avrebbe piantato una  rosa e un alloro e, per miracolo, in quel luogo, sarebbe sgorgata una sorgente. Successivamente, i conti di Marsciano vi fecero edificare un convento e una chiesa che divenne il recesso delle sepolture di famiglia. Il complesso fu affidato ai Frati Minori, che vi rimasero fino alla fine Settecento.

Nel dicembre del 1957 l’architetto milanese Tomaso Buzzi acquistò l’intera proprietà, col fine di trasformarla in una sorta di città ideale che fosse unna rappresentazione allegorica della vita e dei suoi significati, adottando modalità espressive simboliche ed ermetiche. I lavori proseguirono per circa vent’anni e s’incentrarono soprattutto nella valletta posta dietro al convento. Qui Tomaso Buzzi fece edificare una monumentale scenografia, definita “un’antologia in pietra”. Ispirandosi a Villa Adriana, a Villa d’Este, alle dimore magnatizie del Palladio, all’Acropoli di Atene, al Parco dei Mostri di Bormarzo, l’architetto progettò e fece realizzare complessi edifici, addossati e incastonati l’uno su l’altro, grazie a passaggi labirintici. Sono teatri, scalinate, camminamenti a spirale, anfiteatri, colonnati, torri, tutti riuniti in una visionaria scenografia.

L’asse verticale è rappresentato dalla statua scheletrica del Pegaso, alla cui sinistra si articola il teatro delle api e il labirinto musicale e, alla destra, l’Acropoli. Una contraddittoria relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra la semplicità ieratica dell’antico convento e le complesse costruzioni, sovraccariche di simboli e segreti, con riferimenti e citazioni ad antiche divinità pagane e al Cristianesimo. Nelle pagine di pietra di Buzzi il percorso iniziatico è evidente e si dipana fra richiami, echi e ricordi delle Ville di Plinio, della Hypnerotomachia Poliphili del Colonna, di archetipi ancestrali. Evidente è pure il continuo confronto con l’inconscio, secondo i modelli esegetici di Carl Gustav Jung. Così il visitatore, se debitamente guidato, potrà confrontarsi con i diversi aspetti della psiche e acquisire una maggiore consapevolezza di sé, in un metaforico percorso di rinascita che, portandolo prima a visitare i più profondi recessi del super-ego quindi, attraverso il superamento di prove che implicano successive acquisizioni coscienziali, lo condurranno alla conquista dell'Acropoli, simbolo della piena realizzazione del sé.

Lo stile, che meglio incarna il lavoro del Buzzi è il neo-manierismo, da lui identificato con l’uso di scale di ogni dimensione, appendici di membrature architettoniche, creature dalle fattezze mostruose, volute sproporzioni, affastellamento di edifici, tutti elementi in grado di costituire una dimensione dedalica che approda a un certo surrealismo, evocativo, antropomorfico, geometrico, astronomico, misterioso e magico. Colpisce uno specchio d’acqua dove si riflettono capovolti dei simboli dell’arte libero-muratoria; sembra quasi che l’intento del Buzzi sia quella di creare un’immagine di una realtà capovolta della concezione prospettiva lineare, affinché l'uomo lasci spazio a un’illuminazione giunta dall’alto.

Solo così egli riuscirà a varcare il confine tra il “Visibile e l’Invisibile”, permettendo il contatto fra immanente e trascendente, che si riflettono l’uno nell’altro per chi ha occhi desiderosi di vedere.

Alla morte di Buzzi, nel 1981, la Scarzuola non era stata completata ma, grazie agli schizzi lasciati dall’ideatore all’erede, Marco Solari, l’opera volutamente incompiuta venne terminata, perché in ogni vissuto vi è sempre un tratto di strada imprevedibile, una storia che non può necessariamente essere scritta da una sola mano. 

Aggiornato il 23 aprile 2021 alle ore 12:18