Il vicolo cieco di Renzi

Le elezioni regionali hanno infilato Matteo Renzi in un vicolo cieco dal quale può uscire o scendendo a patti con la sinistra interna, o riaprendo una trattativa con Silvio Berlusconi per un Governo di emergenza fondato sulla riesumazione della formula delle larghe intese, o puntando alle elezioni anticipate sperando di poter riprendere la marcia trionfale che lo aveva portato alla vittoria delle ultime Europee.

La perdita di fette di elettorato tradizionale non bilanciata da uno sfondamento a destra rivelatosi impossibile, ha di colpo messo nelle mani della sinistra interna la sorte del Governo. Renzi aveva pensato di disinnescare la mina che la minoranza ha pronta in Senato, dove i suoi voti sono determinanti, favorendo la formazione di un gruppo di nuovi “responsabili” guidato da Denis Verdini e formato da una serie di nuovi esuli di Forza Italia. Ma il voto regionale ha bloccato l’operazione. Farsi puntellare dai Verdini e dai Bondi, come ha rilevato con la consueta perfidia Massimo D’Alema, significherebbe per Renzi alienarsi definitivamente il consenso di quell’elettorato di sinistra che alle elezioni regionali si è astenuto o si è ribellato in segno di protesta per le politiche di destra del Presidente del Consiglio.

Per aggirare il problema qualcuno aveva ipotizzato la formazione di un gruppo di verdiniani senza la presenza ingombrante dello stesso Verdini. Ma l’operazione si è subito impantanata. Chi vi avesse partecipato non avrebbe avuto neppure la garanzia di una sorte simile a quella del promotore seminascosto. E, quindi, se Renzi vuole superare indenne le turbinose rapide del Senato non ha altra strada che piegare la testa e trattare da posizioni di debolezza con Roberto Speranza e con il redivivo D’Alema. L’unica alternativa a questa strada per lui particolarmente umiliante sarebbe la riapertura del dialogo con Berlusconi. Ma, sempre che il Cavaliere fosse disponibile (e l’aria che tira in un centrodestra tornato consapevole di essere alternativo alla sinistra non sembra delle migliori), anche un percorso del genere avrebbe come conseguenza naturale il drastico ridimensionamento del Premier oltre che lo stravolgimento della legge elettorale e della riforma istituzionale.

Per uscire da questa doppia morsa a Renzi non rimane che il ricorso alle elezioni anticipate. O, in alternativa, la minaccia di ricorso al voto nel tentativo di costringere sinistra interna e lo stesso Berlusconi, entrambi bisognosi di tempo per riorganizzare le forze, a trattare una sorta di armistizio in nome dell’emergenza per dare ancora un anno di vita alla legislatura ed allo stesso Governo.

Per Renzi non si tratta di una prospettiva esaltante. Ma l’unica realistica.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:22