Parma

Poeti a Parma incontra Mauro De Maria. "La poesia è il ritmo involontario del respiro”

Poeti a Parma incontra Mauro De Maria. "La poesia è il ritmo involontario del respiro”
Appuntamento con la rubrica che dà voce a chi fa della scrittura uno strumento per mettere in crisi e rinnovare la lingua, il pensiero e il mondo, rischiando strade nuove
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"La vita oggi è un’educazione al tradimento di sé", scrive nel 1968 Hilde Domin in un testo che nel titolo pone una domanda ancora attuale: "A che scopo la poesia oggi". Nella società che si automatizza, risponde la scrittrice, “la lirica, questa forza contraria alla direzione indotta, è tanto più necessaria quanto più in pericolo".

Poeti a Parma, rubrica a cura di Lucia de Ioanna, presenta, ogni due settimane, un poeta che ha con la città un legame profondo, di origine o d’elezione, dando voce a chi fa della scrittura uno strumento per mettere in crisi e rinnovare la lingua, il pensiero e il mondo, rischiando strade nuove, in direzione contraria a quella indotta.

Questo sabato Poeti a Parma incontra Mauro De Maria.

Prima di tutto, cos’è per lei la poesia?

"A questa domanda potrei trovare diverse risposte - e forse nessuna davvero definitiva - ma per raffigurarla, dal mio punto di vista personale, potrei pensarla come il ritmo involontario del respiro ossia una necessità vitale anche inconscia".

Quando e in che modo è avvenuta la sua scoperta della poesia?

"È stato un interesse cresciuto gradualmente soprattutto dagli anni liceali; inoltre mio padre scriveva poesie e quindi ho vissuto una sorta di 'confidenza' familiare".

Ricorda a che età e in quale occasione ha scritto i primi versi?

"I primi abbozzi di versi, densi d’ingenuità come capita solitamente a quell’età, risalgono appunto agli anni del liceo; in epoca più precoce ho anche cominciato a dedicarmi alla musica studiando la chitarra e forse la ricerca del suono in poesia potrebbe essere stata in tal senso amplificata, anche se la musicalità del verso è un elemento imprescindibile per un testo poetico e quindi elemento fondamentale per chiunque vi si dedichi".

Quali letture hanno influenzato maggiormente la sua scrittura?

"Sicuramente la poesia italiana del novecento, in particolare Montale, ma non solo, e quella della grande tradizione trecentesca, Dante e Petrarca. Naturalmente tanti altri poeti hanno lasciato traccia e così la ricerca formale e stilistica di alcuni narratori".

Il libro che tiene sempre sul comodino?

"Il mio comodino è una sorta di piccola biblioteca; alcuni libri si danno il cambio, altri sono quasi sempre presenti: Dante e Petrarca, in linea con quanto detto, e dunque la Commedia e il Canzoniere".

Come nasce in lei l’ispirazione e poi come avviene il passaggio alla composizione?

"L’elemento primigenio può essere un semplice episodio quotidiano o un ricordo o altro su cui s’innesta una percezione emozionale potenziata dall’elaborazione ideativa o formale del testo. Se ne può cogliere un esempio metodologico nella poesia Volevi portarmi a Milano, qui proposta, dove a una reale architettura d’illusione prospettica si sovrappone la distanza apparente fra le figure ritratte in una fotografia e in cui lo scarto spaziale è correlato al diverso modo di computare le sillabe in poesia rispetto alla canonica scansione grammaticale".

C’è un legame tra i luoghi e i paesaggi della sua vita e la sua scrittura?

"Naturalmente i luoghi che sono stati oggetto d’un vissuto emotivo hanno lasciato sedimenti nella memoria, ma anche elementi naturali di per sé possono fornire spunti creativi".

Che tempi sono questi per la poesia?

"Se dovessi rispondere con un aforisma direi che la poesia crea il tempo e non ne è subordinata; in sostanza credo che sia sempre attuale, come forma espressiva insita e necessaria all’uomo".

Come giudica lo stato e il ruolo della critica letteraria oggi?

"Credo che la critica letteraria attuale, parallelamente alla poesia, sia tutto sommato molto vitale; diversi autori, alcuni anche poeti, tramite l’evidente amore per i versi sono in grado di offrire al lettore spunti di riflessione e di approfondimento molto interessanti. La critica, quando esercitata come analisi di elaborazione testuale e di visualizzazione epifanica d’intertestualità, o quando apre porte potenzialmente ignote anche all’autore diviene forma artistica a tutti gli effetti. Del resto chi scrive poesia esercita inscindibilmente anche una funzione autocritica nell’evoluzione creativa del testo, lavorandovi incessantemente per giungere a una forma il più possibile equilibrata; potrei citare in tal senso nobilissimi esempi che hanno attraversato la storia della nostra poesia come le canzoni autocommentate nel Convivio di Dante e Storia e cronistoria del Canzoniere di Saba".

Quale interlocutore o lettore immagina per i suoi versi?

"Chiunque, per passione consolidata o neonato interesse verso la poesia; passione che idealmente guida il lettore alla scoperta dei versi in sintonia col motto wildiano secondo cui 'l’arte non deve essere popolare, ma è il pubblico che deve diventare artistico'; parole al solito provocatorie, ma in realtà con funzione favorevolmente educativa e di crescita per chiunque si avvicini ai testi".

Che libro sceglie di regalare, a chi e perché?

"Domanda molto difficile perché in effetti la scelta è potenzialmente molto ampia e anche, appunto, funzione della persona. Per profondità ed al contempo leggerezza, eleganza stilistica e capacità di far affiorare l’emozione dalle acque che narra e dunque consono e necessario per chiunque scelgo Fondamenta degli incurabili di Iosif Brodskij".

Le poesie che seguono sono tratte da Gli orecchini, Book Editore, 2019

XVII

Ma non risentirai le mie parole

colarti nell’orecchio

come fluido vitale e non venefico

né io fiorirmi in bocca suono e senso

per farli scivolare

sulla tua schiena nuda

che premevi al mio cuore

continuando a ripetere “mi parli?”

E la stoffa pregiata dei versi

era la sola

che potesse rivestirti

come vivente epifania

del paradiso: tu e la poesia.

XXII

Volevi portarmi a Milano

davanti al finto coro del Bramante

a toccare con mano

lo spazio inesistente

fra il nulla del reale

e la divina dimensione

in cui certo ora sei

se respiri nel computo falsato

della metrica e sorridi con me

dentro un’immagine stampata

che simula fra noi una distanza

per mera illusione prospettica.

XXVII

Distinguere sogno e realtà

ne presuppone una distanza,

una sondabile diversità

ma insieme a te, ad occhi aperti o chiusi,

il mondo era a una sola dimensione

ed onnicomprensiva,

verbalmente racchiuso in una sillaba

se dico tu

che a fine verso computi

la metà in ombra

della coppia inscindibile che siamo

perché anche adesso scendendo nel sonno

al primo traspirare della pelle

ti sento dirmi piano nell’orecchio:

“stai dormendo”.

L'autore

Mauro De Maria è nato a Parma il 10 maggio del 1960. Ha pubblicato singole poesie in antologie e riviste e tre volumi di versi per i tipi di Book Editore: Trame e Orditi (2013), Beatritz (2017) e Gli Orecchini (2019).
Nel 2017 un profilo di Beatritz con testi e letture è apparso nel sito di RadioEmiliaRomagna e nel 2019 una scelta di alcune poesie ed un breve commento allo stesso libro è stato proposto in traduzione francese nella rivista Recours au poeme. Nel 2018 suoi testi sono entrati a far parte dell’antologia Testimonianze di voci poetiche - 22 poeti a Parma (Puntoacapo editrice). Ha collaborato a iniziative culturali divulgative e incontri con gli studenti in sede scolastica.