CHI ERANO I PIETISTI

la Stampa, 10-9-1938

Proviamo a leggere interamente l’articolo “Pietismo fuori posto” pubblicato sul quotidiano “la Stampa” il sabato 10 settembre 1938. Poi chiudiamo gli occhi e immaginiamoci questo articolo scritto in un post di qualche blog militante o qualche pagina di Facebook del 2018, 80 anni dopo.
Cavoli, è uguale.
Cambia solo la parola: quelli che nel 1938 venivano con disprezzo e irrisione chiamati “pietisti”, oggi vengono chiamati “buonisti”. Ma la sostanza non cambia. Lo scopo della propaganda è far apparire il comportamento “giusto” come un comportamento debole, colpevole, vigliacco, traditore, omissivo nella difesa dei nostri interessi e della nostra sicurezza.
Quella che veniva pubblicata su un quotidiano nazionale nel 1938, “Anno XVI dell’era fascista”, è la stessa aggressione verbale che si legge oggi in ogni pagina internet popolata da rancorosi italiani irrazionalmente inferociti contro altre persone.
Era l’anno delle Leggi Razziali, il 1938.
Questo il testo originale dell’articolo, che si può leggere anche nell’immagine qui sopra tratta dall’archivio de “la Stampa”:

PIETISMO FUORI POSTO

Ci giunge l’eco di intenerimenti compassionevoli e sentimentali sulla sorte dei «poveri ebrei ». Non fra il popolo che lavora e che sa ben distinguere fra sofferenze vere e sofferenze nostalgiche; il sintomo si nota, soprattutto, in certa borghesia intellettualoide che ha succhiato le superficialità insidiose e corruttrici della cultura cosmopolita giudaica e che non sa darsi pace della necessità di rinunciare a simili deformanti abbandoni e di sentire il brusco ma sano richiamo alle origini.

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Con tali complici, gli ebrei organizzano l’ennesima speculazione a loro profitto, e non sarà l’ultima ove vi si prestino gli ingenui «goym».
E’ la speculazione sulla bontà, sul cuore degli italiani: non si tocca mai invano tale cordai Ebbene, una volta tanto, bisogna mettere le cose a posto e non lasciarsi avvolgere dalle suppliche inspirate a presunti sensi di carità e di amore. Non è cinismo, non è crudeltà la nostra: è cosciente preoccupazione de’ superiori interessi nazionali, affatto disgiunta da una cristiana comprensione delle vicende umane.

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In primo luogo non esiste un problema degli ebrei in Italia, come problema di miseria. Tutt’altro; i margini sono opimi, tali da affrontare incognite di anni e, per molti ebrei, anche di generazioni, prima che siano consumate le ricchezze accumulate; di certo nessun ebreo boccheggerà di fame nelle poche settimane che ci separano dalle decisioni finali del Gran Consiglio. Non esiste alcun vero caso pietoso da alleviare; non esisterà nemmeno dopo le decisioni del Gran Consiglio.

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Però, bisognerà Intenderci sul valore e sulla latitudine del cosidetto caso pietoso. Ad ascoltare certa gente, basterebbe che un ebreo sia costretto a lasciare una sua attività perchè si determini subito il caso pietoso. E caso pietoso dovrebbe essere quello di un giudeo straniero, che, giunto fra noi senza un soldo, non potrà ripartire coi milioni guadagnati alle spalle del nostro popolo e del nostro lavoro! Noi la pietà non è dabbenaggine; la nostra pietà cristiana potrà estendersi, per gli ebrei, al di là della stessa pietà che ci guida nell’alleviare le sofferenze di tanti nostri fratelli italiani, ma non oltre certi limiti.

La Stampa, 10-9-1938

Dunque l’uso della parola “buonista” non è una invenzione dei giorni nostri, ma semplicemente la ripetizione di qualcosa che era già stata inventata 80 anni fa.
Se ne parla in vari articoli.
Giacomo Papi, su “ilpost”, scriveva lunedì 27-2-2017, in un articolo intitolato “La parola buonismo”, queste parole:

“L’antecedente storico e linguistico diretto, quasi letterale, è il termine «pietismo», utilizzato dopo il 1938 contro chi spendesse qualche parola in favore degli ebrei vessati dalle leggi razziali. Fu un termine diffuso, di uso comune nel discorso pubblico, con cui si impediva ogni pietà ed esitazione. Ancora nel 1948 nell’Enciclopedia Treccani alla voce «Fascismo» si legge: «È altresì noto come il “pietismo” filosemitico fosse anche nei ranghi del partito, e fin nelle sommità (Balbo, per esempio), largamente diffuso». Anche durante il fascismo, una virtù, la pietà, l’essere pietosi, fu distorta e ribaltata in un vizio e in una debolezza, in modo da assolversi preventivamente da ogni colpa, per esempio quella di rastrellare e mandare a morire gli ebrei italiani.”

Molto interessante anche l’articolo di Mauro Munafò, intitolato “Invece di difendere gli ebrei caro pietista coi soldi, perché non pensi ai poveri italiani?”, pubblicato il 9-7-2018 su Espresso.Repubblica. E’ da leggere!
La similitudine con la frase “buonista col Rolex” è lampante.
E’ necessario fare una seria riflessione su dove stiamo andando, e fare una proiezione su cosa sta succedendo e cosa succederà nei prossimi mesi o anni.
Ormai il ritorno al fascismo è nei fatti. E più le persone sono fasciste, più si ostinano a negare l’evidenza del ritorno al fascismo, precipitandosi a dire che “il fascismo non esiste più”, e che “fascisti sono i buonisti del PD, con le loro idee pericolose che ci fanno paura”.
Niente è più pericoloso di un popolo ignorante, ignaro di cosa sta facendo, istigato alla rabbia e ispirato da sentimenti irrazionali di paura.
L’Italia è in pericolo.

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