Ti racconto le Marche – L’enigma metafisico di Corridonia (MC)

Arrivo a Corridonia in un pomeriggio d’autunno e decido di prendermi del tempo per fare quello che da troppo tempo rimando: scoprirla per conoscerla.

Come ogni cittadina marchigiana, anche Corridonia si fregia di una storia millenaria che assume ora il volto della romana Pausolae, ora quello della medievale Montolomo fino all’attuale denominazione di Corridonia.

Città in continua trasformazione, omogenea ed eclettica allo stesso tempo, Corridonia mi accoglie attraverso il tipico impianto urbanistico di impronta medievale con strade e vicoli che salgono e che si intersecano all’interno di un perimetro ben definito dalla cinta muraria.

Abbandonata la rumorosa e trafficata circonvallazione entro nel cuore della città vecchia per carpirne qualche segreto, per ascoltare l’impercettibile sussurro delle pietre che custodiscono gelosamente l’anima del luogo.

La linea spezzata della cinta muraria, vera frattura tra passato e presente,  sembra una ferita ancora aperta con i suoi moderni varchi d’ingresso che sembrano essere veri ossimori architettonici nel contesto urbano che è rifugio protetto.

Varcata Porta Santa Croce, che si erge isolata dal resto delle mura come un’impavida sentinella, entro nell’antico quartiere di Cerqueto e, dopo pochi metri, incontro un secondo baluardo di difesa dato dalla storica porta di San Pietro.

Percorrendo e perdendomi tra stradine e vicoli, arrivo all’imponente chiesa di S. Pietro, Paolo e Donato e da lì proseguo la mia salita accompagnata da imponenti edifici che costeggiano, con fierezza, la strada principale ostentando  la loro austera eleganza. I segni del tempo che si moltiplicano sulle loro facciate ordinatamente allineate lungo le vie cittadine, adombrano l’eterna parabola dello splendore e del decadimento dei loro proprietari e frugando con lo sguardo tra cornicioni, ghiere e capricciosi fregi, mi accorgo di una piccola e raffinata monofora che fa capolino da una parete e che, oggi, resta l’ultima concreta testimonianza dell’antica e ormai scomparsa chiesa di San Salvatore.

Corridonia

Il colore caldo del mattoncino, tipico delle cittadine marchigiane, si tinge di una sfumatura rosata verso il tramonto ed è l’ora migliore per farsi cullare da quel bagliore antico che sa di lumi, di camini accesi, di torce pellegrine.

Distrattamente proseguo ancora per un po’ fino alla piazza centrale e, persa in una fantasia di architetture, di colori, di suoni dell’antica Montolmo, mi accorgo di essere appena entrata in un luogo senza tempo dove le ombre si imprimono nette sulle superfici lisce del travertino per comporre geometrici e nitidi effetti chiaroscurali.

Scalo con lo sguardo i profili affilati delle sagome per arrivare agli edifici a cui appartengono ed osservo che, quest’ultimi, sono privi di qualsiasi frivolezza ornamentale. Imponenti, magniloquenti, monumentali, classici e avvolti in un silenzio assordante, tali costruzioni sembrano nuove fortezze invalicabili e misteriose.

Come un coup de théatre, dal centro della piazza emerge una figura con le braccia levate al cielo ed è l’unico elemento che spezza l’autoritaria immobilità della costruzione intorno. Mi avvicino e vedo il gigante di bronzo ritratto nel suo ultimo frammento di vita, colpito da un fuoco nemico: è il grande Filippo Corridoni da cui la cittadina prende il nome sostituendolo a quello più antico e poetico di Montolmo.

Mi giro, mi guardo intorno e sento un senso di spaesamento che d’un tratto mi proietta dalla realtà concreta e vigorosa della città medievale all’irrealtà di uno spazio sospeso e in perenne attesa. Chissà se è proprio Corridoni, illustre concittadino, l’ospite ideale che la città attende?

Al momento tutto è vibrante assenza: portici vuoti, porte e finestre chiuse, balconi deserti.

Incrocio qualche locale che frettolosamente l’attraversa mentre alcuni bambini iniziano a giocare con la palla facendo risuonare l’eco delle loro voci lungo le pareti laterali del portico che puntualmente le respinge come se nessuno dovesse turbare la loro calma.

Corridonia

L’antica piazza castello di Corridonia, sventrata, trasformata, riprogettata secondo un impianto razionalista e con un intento celebrativo, è disabitata dall’uomo ma popolata da frammenti di archi, portici, muri, fontane che diventano quinte teatrali dove l’attesa si alterna al mistero.

Corridonia

Il buio ha inghiottito le ultime luci del giorno, è ora di rientrare e mi avvio percorrendo le ombre lunghe e quasi evanescenti dell’enigma.

Cosa dire di più questa cittadina se non invitarvi a visitarla?…. Se siete abbastanza curiosi e amate scoprire aneddoti, tradizioni e leggende, sarò ben lieta di essere la vostra Guida! Vi aspetto!

Le foto sono state tratte da corridonia.altervista.org


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Mi chiamo Daniela, abito nelle Marche e precisamente a Macerata e lavoro come guida e accompagnatrice turistica da 25 anni. Svolgo la professione di guida turistica principalmente da Ancona fino ad Ascoli Piceno passando per piccoli ed incantevoli borghi dell’entroterra e adoro condurre i visitatori nel cuore autentico delle Marche svelando loro suggestivi ed infiniti angoli sconosciuti delle Marche “… ove per poco il cor  non si spaura”.
Amo narrare la bellezza della mia terra in modo insolito con letture e piccole teatralizzazioni affinché i visitatori conservino il ricordo di un viaggio che è vera esperienza. Se desiderate, dunque, conoscere meglio questo piccolo angolo di mondo, non esitate a contattarmi!

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