Stefano e Virgilio Mattei (16 aprile 1973)

Questo è il post che non avrei voluto scrivere.
La morte dei fratelli Stefano e Virgilio Mattei.
Ho rimandato queste righe per più di un anno.
A dir la verità anche quest’anno volevo scansare il compito: troppe piaghe aperte, troppi stupidi in giro, meglio la vita comoda che si ha pubblicando qualche foto di Capecelatro di cinquant’anni fa.
Eppure il dovere lo esige: sono quarantacinque anni, il 16 aprile si avvicina. E poi questo è un fatto che riguarda Primavalle. Anzi: il cuore di Primavalle, la borgata.
E così ho deciso.
A una condizione
E per tre motivi.

Fratelli Mattei

La condizione. Parlerò dei Mattei approssimandomi a loro solo a piccoli passi così come i Padri della Chiesa si avvicinavano alla morte: con circospezione, esplorandone le asperità più taglienti, assimilando per gradi i tratti sconfortanti, oscuri e terribili. Solo a questo prezzo, infatti, può accettarsi la tragedia e la morte.
Stavolta mostrerò, quindi, solo articoli del 17 aprile 1973: da Il Messaggero, Il Tempo, Paese Sera, L’Unità (dagli articoli sono stati tolte le immagini più crude).
I motivi sono vari, come detto.
Uno, quello più importante per me, è forse, per voi, incomprensibile. Quando Mario Mattei perse i suoi figli aveva praticamente la mia stessa età. Questa semplice rivelazione, avuta scorrendo i giornali d’epoca, mi ha travolto. Ho sempre pensato a Mario Mattei come a un vecchio signore, indurito dalla guerra, dalla vita e dalla lotta politica. E ora, nel 2018, me lo ritrovo coetaneo. In altri tempi, con diverse combinazioni della casualità, al di là di caratteri e gusti e pensieri, avremmo preso il caffè gomito a gomito a Pietro Maffi o a Clemente XI; un uomo comune alle soglie dei cinquanta, un primavallino, un tizio come me, un mezzo parente.

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Un altro motivo: occorre sempre affrontare la storia sino a coinvolgere le proprie convinzioni; sino a rifiutare ciò che si era sempre creduto giusto. A tale prezzo (ancora un prezzo da pagare!) si eviteranno mitizzazioni, incomprensioni e, finalmente, si vedrà faccia a faccia la verità. E la verità non risiede a destra a sinistra o in un punto equidistante fra la destra e la sinistra, ma oltre le apparenze storiche. Guardare ciò che si è stati e ciò che è stato da un punto di vista talmente lontano da essere irraggiungibile predispone a giudicare le cose con equità e senza preoccupazioni ideologiche. Con il sarcasmo che faceva dire al Filosofo: “Tutta qua la vita?“.

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E poi c’è l’ultimo motivo: di tutto il rumore e il furore di piombo degli anni Settanta ecco cosa è rimasto: cenere, e un mucchio di profittatori che hanno fatto carriera. Ne valeva la pena? No. Anche perché la politica, quella vera, dei fatti – casa scuola lavoro – venne annichilita e distrutta proprio in quegli anni. Rimase la politica politicante e i profittatori di cui sopra.
Quella stagione di sangue fu solo una escalation di vendette trasversali in cui ebbe a guadagnare solo il potere: sull’asfalto, infatti, ci restarono solo i poveracci. Volete un esempio? Ecco cosa scrissi a proposito di Mario Salvi:

L’anarchico Giovanni Marini, trent’anni, uccide il diciannovenne Carlo Falvella, studente e militante del FUAN, a Salerno, il 7 luglio 1972; Marini è condannato a nove anni per omicidio preterintenzionale nell’aprile 1976; il giorno dopo Mario Salvi protesta a via Arenula a favore di Marini; l’agente di custodia Domenico Velluto, ventotto anni, uccide il ventunenne Mario Salvi; l’anno dopo, l’8 luglio 1977, cinque anni e un giorno dopo la morte di Falvella, qualcuno fa fuoco su un gruppo seduto al ristorante: l’obiettivo è proprio Velluto, ma la vendetta fallisce: a cadere sotto il piombo è l’incolpevole amico dell’agente, Mauro Amato, di ventun anni”.

Falvella, Salvi, Amato. Dall’omicidio di Mario Salvi (6 aprile 1976, recentemente ricordato) si innestano e si dipartono i fili del destino di altre morti, inutili.
Ne valeva la pena?
No.

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Parlerò ancora di Stefano e Virgilio Mattei. Per ora basti questo.
A loro due, a Falvella, Salvi, Amato, a tutti, dedico questi versi di Thomas S. Eliot:

Muoviamo sopra l’albero in movimento,
nella luce sopra le foglie istoriate
e udiamo sul suolo bagnato,
là sotto, il veltro e il cinghiale
ripetere la trama di sempre
ma, riconciliati, fra le stelle

Oer il download del materiale cliccare sul link sottostante:

Rassegna giornali del 17 e 18 aprile 1973

(g.c.)

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