La decisione più.. Semplice (?!).

“Prima di giudicare un uomo, cammina per tre lune nelle sue scarpe”. (Proverbio pellerossa)

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Una coppia che si lascia; una persona che si suicida; un marito che tradisce la moglie (o viceversa); una ragazza che si droga; una persona depressa.
Una mamma che decide di interrompere la sua gravidanza.

A volte viene spontaneo puntare il dito, giudicare le decisioni degli altri, chiedersi come sono arrivati a questo punto, sputare sentenze sul loro conto. Ci sono situazioni che crediamo di conoscere, sulle quali avere un’opinione sembra ovvio e naturale, perché sembra che chi è arrivato a una certa decisione, sia arrivato lì perché, semplicemente, ha preso la strada più veloce, si è lasciato andare ed è stato sciocco ed egoista.

Una di queste situazioni è, senza dubbio, quella di una madre, di un genitore, che, per un motivo o per l’altro decide di non voler portare avanti la propria gravidanza; decide, cioè, di fermare la vita della creatura che porta in grembo.
Per molte persone questa è una decisione deprecabile, la scelta più semplice per mettersi al riparo da altre difficoltà, quella che permette di non prendersi responsabilità.

Si giudica, così.
A volte con le parole: “non meriti di essere una madre”.
A volte con i gesti: un’occhiataccia.
A volte con il silenzio: non so nemmeno cosa dire.

Di fronte ad ogni ITG o, peggio ancora, ad ogni IVG, questo è l’atteggiamento che viene più spontaneo.
Questo è il mondo che una mamma ed un papà, già provati da una decisione così difficile, si trovano a dover fronteggiare.
Soli, contro tutti. Soli contro tutto e tutti.

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Forse sarebbe più giusto e più utile chiedersi cosa sia successo, cosa abbia spinto quei genitori ad una decisione tanto drastica. Forse sarebbe più umano chiedersi se quei genitori non stiano già soffrendo in modo incommensurabile, senza il bisogno di ulteriori rimproveri. Forse sarebbe più realistico chiedersi se quei genitori non debbano già convivere con un enorme senso di colpa e con l’assenza di quel bambino, che nessuno permette loro di esprimere (perché, d’altronde, “te la sei voluta”).

Questa, in effetti, come tante altre scelte apparentemente vergognose e riprovevoli, la maggior parte delle volte non è in realtà una scelta semplice, non è un lavarsene le mani, ma è frutto di un’intensa e sofferta decisione. Una decisione che cambia la vita per sempre e che per sempre lascia un segno. Una decisione che è a tutti gli effetti una decisione da genitore: ci si prende la responsabilità di soffrire, di essere sviliti, di essere malvisti, pur di evitare una sofferenza o un malessere al proprio bambino.
È una di quelle scelte difficili che tutti i genitori devono prendere, pur senza sapere a priori quali saranno i risultati, quali saranno gli effetti; pur senza sapere (e senza poterlo scoprire mai) quale sarebbe la decisione migliore.

Con tutto questo, chiaramente, non voglio dire che l’aborto sia la scelta migliore, quella da fare in ogni caso, quella sempre più saggia.
Voglio dire che i giudizi affrettati, invece, non sono mai una scelta saggia, non sono mai d’aiuto e, in ogni caso, non cambiano le cose.

E questo vale per tutte le situazioni: i giudizi feriscono chi li riceve, non danno alcun sostegno e non permettono a chi li formula di capire meglio la situazione, di conoscere altri punti di vista.
È molto meglio dare ascolto, dare un abbraccio, dare comprensione.

Dott.ssa Giulia Schena