Dedicato ai miei maestri di traduzione e scrittura, ai miei professori di filologia e glottologia e a tutti gli artigiani della parola.
Maestro, insegnante, professore, artigiano, ‘mastro’…
In arabo tre parole esprimono il concetto di maestro. Hanno origine diversa e si applicano ad ambiti diversi dell’insegnamento. In tutti e tre i casi, però, sono legate a figure che conoscono e dominano una disciplina, un mestiere, un’arte al punto da poterla trasmettere: “esperti della materia” che diventano guide per altri .
مُعَلِّم
muˁallim (n.m.), femm. مُعَلِّمة muˁallima: maestro; insegnante; padrone di bottega
Il termine muˁallim deriva dalla radice ع ل م ˁ-l-m, che contiene l’idea generale di conoscenza e sapere.
Letteralmente significa maestro e può essere usato anche per rivolgersi a un docente, ad esempio un insegnante di scuola primaria, ma è molto comune per interpellare un artigiano – come in italiano la parola mastro.
Con l’espressione !يا مُعَلَّم, yā muˁallim! ci si rivolge a un cameriere.
Altre parole per cameriere:
- il termine standard نَادِل nādil (n.m.), usato in letteratura;
- il francesismo جَرْسُون garsōn (n.m.), colloquiale e regionale.
مُدَرِّس
mudarris (n.m), femm. مُدَرِّسَة mudarrisa: docente; insegnante; maestro; professore
La parola mudarris è usata per riferirsi a un insegnante e deriva dalla radice د ر س d-r-s, che veicola il campo semantico dello studio.
Un sostantivo a prefisso مُـ mu- [la lettera م mīm a inizio parola vocalizzata in ـُ ḍamma (u breve)] è il participio attivo di un verbo e indica colui che compie l’azione, quindi spesso un nome di mestiere:
مُتَرْجِم mutarǧim, “traduttore, interprete” [lett. “colui che traduce, interpreta”]
⇒ participio attivo del verbo tarǧama, “tradurre, interpretare”
أُسْتَاذ
ˀustāḏ, (n.m.), femm. أُسْتَاذَة ˀustāḏa: professore, maestro, insegnante; mastro
Derivato dal persiano استاد ostâd (“maestro; mastro”), il termine ˀustāḏ si usa per rivolgersi a un professore, con l’espressione !يَا أُسْتَاذ, yā ˀustāḏ!
Ustād (anche Usthad, Ustāth) è un titolo onorifico usato in Medio Oriente, Asia meridionale e Sudest asiatico e in molte lingue del mondo islamico (arabo, persiano, urdu, punjabi, pashto, turco, curdo).
Il titolo, preposto al nome proprio, era utilizzato storicamente per rivolgersi a insegnanti e artisti stimati, in particolare musicisti, con il significato di maestro.
In persiano e nei Paesi di lingua araba si usa come titolo accademico per un professore universitario.
La particella vocativa يَا yā
La particella vocativa يَا yā (categoria grammaticale حَرْف ḥarf) si usa in interiezioni ed espressioni per interpellare o rivolgersi a qualcuno. È preposta al nome di persona, al nome comune o al pronome e si traduce con “O/Ehi… “, anche se spesso in italiano il vocativo non è marcato.
Il nominale che segue viene considerato determinato.
!يَا يُوسُف yā Yūsuf!, “Giuseppe!”
!يَا قَلْبي yā qalb-ī!, “cuore mio!”
!يَا هٰذَا yā hāḏā!, “ehi tu!” (lett. ‘ehi questo!’, masch.)
L’espressione !يَا حَبِيبِي yā ḥabīb-ī!, “amico mio!” traduce anche “caro, amore”, “caro mio, amico, ehi tu” e, in tono ironico e sarcastico, “vecchio mio”.
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Fonti
- Corso di arabo contemporaneo. Lingua standard – Livelli A1-B2, © Hoepli 2010
- il dizionario di Arabo di Eros Baldissera, © Zanichelli 2014
- Dizionario italiano De Mauro, © Internazionale
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Immagine tratta da: Arabic-English Dictionary. The Hans Wehr Dictionary Of Modern Written Arabic (pdf, p.15), Edited by J.M. Cowan, © Spoken Languages Services, 1976, Internet Archive Community Texts
Altri appunti:
“Famiglie di parole”: radice, أَصْل, e schema, وَزْن