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I LUOGHI FANTASMA /3

In via Sicilia la casa dei film con le finestre socchiuse

Al Pinciano c’è un bell’edificio in abbandono che offre ogni giorno risvolti sinistri come se fosse visitato da un fantasma
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La casa dalle finestre che ridono è al civico 164 di via Sicilia. La palazzina che fa angolo con via Romagna offre ogni giorno risvolti sinistri: finestre con le persiane malconce, a volte aperte, a volte chiuse, a volte socchiuse, in un contesto d'abbandono, come se di notte l'edificio fosse visitato da un fantasma irascibile o da una setta officiante. Di regola il cancello, su cui troneggia in bianco il nome del costruttore, alla Orson Welles, è chiuso.

Lo è quasi sempre: qualche volta no. Ogni tanto, infatti, il luogo s'anima per i legittimi bisogni della società che lo ha rilevato circa un anno fa. Si fermano dei camion, escono attrezzi, si arredano le stanze impolverate. Per cosa? Un film. Due film. Piazzata in un contesto vagamente surreale, attaccata a una banca e a un palazzone del Ministero dell'Istruzione che è come se facessero a gara per espellerla dal contesto urbano, la casa dalle finestre che ridono viene affittata come "location" cinematografica.

Il vai e vieni di registi, direttori della fotografia, scenografi, truccatori, elettricisti e attori dura quel che serve. Sino a fine marzo c'è stata la troupe di Paolo Genovese per i ciak del suo ultimo " Il primo giorno della mia vita", iniziati il 18 gennaio. Mesi prima avevano girato pezzi della " Scuola cattolica", con Scamarcio, Trinca e Golino, incentrato sulla strage del Circeo. Due pellicole in uscita. Finita la pacchia delle riprese, a via Sicilia tutto torna come prima. Come il cocchio che torna zucca al rintocco della mezzanotte. Il custode, quando occorre, va ad aprire le finestre per far respirare gli ambienti, vuoti come una discoteca in piena pandemia. E la casa ricomincia a ridere.

Si cerca nuovo acquirente. Ma non si trova. E poi per farne cosa? Un'ambasciata? In teoria sono già tutte piazzate. Uffici? Sono 1.600 metri quadrati, di cui 1.000 abitabili, due piani, cantine gigantesche e lavatoio con tanto di oblò sul terrazzo. Ci potrebbe vivere la famiglia del Gattopardo, altro che uffici. La palazzina apparteneva a Venceslao Amici, l'ingegnere che nel 1915 cercò di proporre al parlamento una ferrovia per collegare Roma all'Adriatico (originariamente Rieti-Avezzano) e di sensibilizzare la politica alla prevenzione sismica, dopo il terremoto nella Marsica, e al rischio idrogeologico. Amici aveva realizzato un progetto per la valle del Salto (valledelsalto.it). Ma nessuno lo ascoltò, a cominciare dalla valutazione di nuovi criteri per l'edilizia.

L'uomo aveva sei figli che andavano al Tasso, a pochi metri dalla casa di via Sicilia. Era un visionario: "Difficile assecondarlo, era un precursore", ammette l'ingegnere Cesare Amici, che cura la memoria del profetico Venceslao e che proprio nella casa scoprì un clamoroso archivio (parte del quale si può leggere nel sito indicato).

Alla fine dell'800 il Pinciano era un quartiere in divenire, gran parte del quale giaceva all'ombra di Villa Borghese da una parte e del Ministero del Tesoro dall'altra. A decorare e circondare il luogo c'è un giardino ormai privato d'ogni vitalità. Sono più di cinque anni che in via Sicilia 164 non vive più nessuno (salvo spettri). E si vede. Se non fa tenerezza, fa spavento. Pur restando un luogo maestoso.

Maestoso come la magnolia che invecchia nell'angolo, incattivita dalle circostanze e con le foglie spiegazzate come tante camicie verde scuro mai stirate. Maestoso come la palma abbattuta anni or sono. Nel giardino dell'eden perduto, in un vaso, c'è stato un tempo in cui fiorivano anche le orchidee. E c'erano rose ovunque, rosse e gialle, le camelie, le primule. Quando gelò, un paio d'anni fa, tutta questa magnificenza dannunziana s'è completamente rinsecchita. Così, tanto per completare il quadro.