Cézanne

Che cosa cerca Cezanne e in cosa si distingue dagli impressionisti?

Cezanne era interessato principalmente all’eternità, ovvero al fatto che un momento doveva essere durevole, non effimero, come invece lo rappresentavano gli impressionisti. Egli, inoltre, fa uso della prospettiva circolare; Cezanne sostiene anche che tutto possa essere ridotto alle forme essenziale di sfera, cilindro e cono. Sostiene inoltre che sia un inganno che un oggetto abbia 3 punti di vista; secondo lui un oggetto ha 6 punti di vista e lui, lavorando in serie, rappresenta un oggetto secondo ognuno di questi punti. Inoltre un’altra delle sue caratteristiche è la sintesi della forma: egli dall’inizio della sua carriera fino alla fine ha cercato di sintetizzare sempre il più possibile ciò che rappresentava; un esempio è la Montagna di Saint Victoire che lui ha prodotto in serie fino a sintetizzarne colore e forma. In Cezanne lo studio della realtà avviene attraverso l’uso del colore; una scelta cromatica che non rinnega la lucentezza chiaroscurale degli Impressionisti ma allo stesso tempo non la ricerca. Sono le strutture della natura ad essere in primo piano veicolo personale e diretto dell’emozione del mondo. Il pittore infatti, non desidera dipingere il mondo, ma l’essenza stessa di esso, attraverso una realtà noumenica che si rappresenta attraverso il ponderamento del pensiero. Il colore ha un duplice scopo nella composizione artistica che è di attrazione e respingenza ottica, a seconda dell’uso delle tonalità; è una pittura a strati di colore quella di Cezanne, non più quella dei piccoli tocchi propria della tecnica impressionista, ma a pettine, lentissima, minuziosa da rendere l’opera più simile ad una scultura. Quello di Cézanne è pertanto un connubio di Classicismo e Impressionismo in cui l’evoluzione e la ricerca di una propria espressività si trasla nella ricerca dell’essenza del mondo. Una nuova visione del reale che raccoglie gli insegnamenti classici, avvicinandolo alla maniacalità del puntinismo senza però abbracciarne la scientificità. Una ricerca poetica dell’emozione che eleva per strati successivi di colore e anima.

Cos’è la prospettiva circolare?

Cezanne fa uso della prospettiva circolare: è quel principio per cui l’artista osserva l’oggetto da varie angolazioni e in più tempi; é quindi una prospettiva pluridirezionata e pluritemporale. I volumi, quindi, in Cézanne si ricollegano alle forme essenziali di sfera, cilindro e cono in una prospettiva circolare nella quale l’artista squaderna gli oggetti nella loro nuova occupazione dello spazio, una sorta di visione binoculare, unita ad un particolare uso del colore e della luce. L’illuminazione infatti, non arriva da fonti esterne, ma viene irradiata dagli oggetti stessi.

Analisi dell’opera: La montagna di saint Victoire

Note tecniche:

La montagna Sainte-Victoire è una serie di dipinti ad olio su tela realizzati dal pittore francese Paul Cézanne. L’opera raffigura il Sainte-Victoire, massiccio calcareo nella valle nei pressi di Aix-en-Provence, luogo molto familiare all’autore fin dall’infanzia. Questa versione è quella realizzata tra il 1890 e il 1895 e misura 55 x 65 cm; ora si trova alla Scottish National Gallery.

Contesto:

Cézanne lavorerà a questo “motivo” per oltre vent’anni, realizzando diversi acquarelli e molti dipinti ad olio. La ricerca di sintesi si fa ancora più forte nella serie di dipinti dedicati alla montagna di Sainte-Victoire realizzati durante l’ultima fase dell’attività dell’artista. Il desiderio di rendere la sua arte il più possibile espressione naturale e concreta spinge il pittore ad affermare: “Il colore è biologico, è vivente, è il solo a far viventi le cose”, e ancora “Per dipingere bene un paesaggio devo scoprire prima le sue caratteristiche geologiche”. Si direbbe che il senso dell’arte di Cézanne consista in un incessante tentativo di portare alla luce ciò che in natura è immutabile, eterno, per riconoscere come riflesso nell’occhio che lo contempla la medesima divina proprietà; è lui stesso a svelarcelo:” Ora, la natura, per noi uomini, è più profonda che in superficie, e da ciò la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce, rappresentate dai rossi e dai gialli, una somma sufficiente di colori azzurrati per far sentire l’aria”. Questo nesso tra percezione, rappresentazione e conoscenza è alla base della dissoluzione della forma che verrà poi operata dalle avanguardie novecentesche, in particolar modo dal cubismo: lo spazio della pittura non è più dell’occhio ma dell’intelletto. Cézanne dipinse molte volte La montagna di Sainte-Victoire; la osservò sempre dalla stessa angolazione, ma variò il modo di rappresentare il paesaggio. Mentre in un primo momento Cézanne aveva trattato il soggetto in maniera figurativa, successivamente esso si riduce a forme sempre meno nitide e definite e sempre più astratte.

Descrizione:

Cézanne ha costruito il paesaggio attraverso l’accostamento di toni freddi con toni più caldi. La pianura si estende in basso fino ai piedi della montagna. Si impegnò nel recuperare la forma attraverso una ricerca di progressiva semplificazione della figura. In questo dipinto i volumi sono scomposti e abbiamo tasselli cromatici che messi accanto costruiscono l’immagine. Cézanne utilizzò, oltre che pennelli, anche spatole per creare campiture di colore più nette e geometriche. Il monte, infine, è interamente dipinto di azzurro, blu lumeggiati con il bianco; questo è inoltre dipinto dello stesso azzurro con macchie bianche del cielo. In primo piano abbiamo un albero spoglio con dei rami e anch’esso è dipinto degli stessi colori di monte e cielo. Nella pianura notiamo prima dei cespugli e poi, sotto la montagna, una serie di casette molto sintetizzate in colore e forma. Il monte, nonostante abbia gli stessi colori del cielo, si distingue grazie ad un contorno tracciato leggermente di un colore più scuro (cosa che accade anche per i rami in primo piano che sono tracciati con del blu scuro) e, inoltre, notiamo sul monte qualche screziatura marrone. I colori prevalenti sono sicuramente il blu/azzurro e il bianco; abbiamo poi però l’accostamento del marrone e di un po’ di giallo della pianura. Se notiamo ci accorgiamo che è anche presente del verde sia in pianura, per i cespugli, e sia all’estrema sinistra del dipinto dove sono attaccati i rami. La profondità è descritta attraverso la prospettiva di grandezza che riduce le dimensioni delle forme in profondità. Inoltre agisce la disposizione delle forme lontane verso l’alto del dipinto. Si coglie anche l’utilizzo della prospettiva aerea che rende più azzurre le parti in lontananza come la Montagna Sainte-Victoire.

L’artista:

Paul Cézanne nasce a Aix-en-Provence il 19 gennaio 1839 e muore il 22 ottobre 1906; è stato un pittore francese e uno dei più importanti del post-impressionismo. La carriera scolastica di Cézanne ebbe inizio tra 1844 e il 1849 nella natia Aix: nella medesima città iniziò gli studi superiori, dapprima presso la scuola Saint-Joseph e poi, a partire dal 1852, in seno al collegio Bourbon, un liceo classico rigorosamente tradizionalista. Fu qui che Cézanne strinse amicizia con Jean Baptiste Baille, futuro ingegnere, e con Émile Zola, destinato a diventare uno degli interpreti più sensibili e conosciuti della letteratura francese dell’Ottocento. I tre erano collettivamente conosciuti come gli Inseparables e trascorrevano le proprie giornate passeggiando nelle assolate campagne di Tholonet, Chateau-Noir, Bibemus, sollazzando alle falde della montagna Sainte-Victorie, nuotando nel fiume Arc. Particolarmente intensa fu l’amicizia con Zola: celebre, in tal senso, rimane l’episodio in cui il futuro letterato, nel corso di una lite, non esitò a prendere le difese di Cézanne, giungendo persino ai pugni. Zola nel febbraio del 1858 lasciò Aix alla volta di Parigi e quest’improvvisa partenza dell’amico lasciò un vuoto indelebile nell’animo di Cézanne: la corrispondenza epistolare tra i due, fittissima di versi, acquerelli, disegni e persino di giuramenti di sempiterna amicizia, racconta anche della progressiva conversione di Cézanne ai pennelli. I disegni risalenti a questi mesi di solitudine denotano un certo attaccamento agli stilemi accademici, applicati senza velleità rivoluzionarie o innovatrici, eppur certamente notevoli nella qualità del tratto grafico. Cézanne maturò rapidamente il desiderio di trasferirsi in quella che era la vera capitale dell’arte e della vita nell’Ottocento: Parigi. Il padre, ovviamente, progettava di allocare il figlio presso una banca e di fargli seguire corsi di diritto, ritenendo con risoluto disprezzo il mestiere da pittore poco redditizio e incompatibile con la decorosità della sua vita borghese. Anche Zola, ben conscio dell’indole indecisa di Cézanne, premeva affinché quest’ultimo si affrettasse a prendere una decisione tra i pennelli e la toga giudiziaria. Il trasferimento a Parigi con la madre e la sorella Maria fu pertanto inevitabile e riuscì persino a farsi assegnare un modesto mensile. Assidue furono le sue visite al Louvre e al Salon, dove poteva ammirare rispettivamente i capolavori di Caravaggio, Tiziano, Rubens, Michelangelo e Velázquez e le più moderne tendenze dell’arte contemporanea. Sempre sollecitato da Zola, poi, Cézanne iniziò a seguire i corsi dell’Académie Suisse, istituto formativo frequentato da una generosissima quantità di aspiranti pittori che qui cercavano modelli da ingaggiare per poco prezzo. Qui Paul strinse amicizia con Édouard Manet, Claude Monet e Camille Pissarro, araldi di un nuovo modo di fare pittura che si distaccava nettamente dagli accademismi imperanti in quegli anni. Cézanne si fece bloccare dalle proprie insicurezze e non riuscì a inserirsi nel tessuto sociale-artistico della capitale: emblematico, in tal senso, l’episodio in cui distrusse un ritratto di Zola sul quale aveva lavorato a lungo ma che comunque riteneva indegno di esistere. Neppure la domanda di ammissione all’École des Beaux Arts ebbe buon esito. Louis-Auguste, comprendendo l’insofferenza del figlio verso il proprio mestiere, accettò di inviarlo per una seconda volta a Parigi e gli concesse persino un assegno mensile di centoventicinque franchi a condizione di vederlo dietro i banchi dell’École des Beaux Arts. Cézanne, rimproverato dai giudici dell’École per il suo stile poco ligio alla tradizione accademica, fallì l’esame una seconda volta. Nulla, però, poteva fermarlo ora: insofferente alle gretterie messe in essere dall’establishment artistico francese dell’epoca continuò a frequentare i corsi dell’Académie Suisse, mostrando un sincero interesse per le nuove teorie artistiche proposte da Delacroix e Courbet. Cézanne faticò a familiarizzare con i suoi altri condiscepoli per via della sua eccentricità, palese nel suo accento provenzale particolarmente intenso, nel suo modo di vestirsi sciatto, nel suo carattere tumultuoso ma diffidente ed estremamente fragile. I continui insuccessi, tanto alle mostre degli impressionisti quanto presso i Salons ufficiali, che continuavano a respingere regolarmente le opere che Cézanne si ostinava ad inviare, lo portarono a un periodo di isolamento, aggravato anche dai contrasti con il padre. Cézanne fu stimolato ad informare un personale orientamento stilistico indipendente dall’Impressionismo grazie a Camille Pissarro, alle dipendenze del quale egli si pose negli anni 1870. In seguito al prezioso discepolato con il Pissarro (egli disse infatti: «Pissarro era come un padre per me … quasi come il buon Dio») Cézanne eliminò il nero, l’ocra e il terra di Siena dalla sua tavolozza e rinunciò alla linea di contorno, divenendo una volta e per tutte un osservatore della natura attento e premuroso, quasi ostinato.

Paragone:

Paul Cézanne, La Montagna Sainte-Victoire, 1902-1904, olio su tela, 73 x 91.9 cm. Philadelphia, Museum of Art. Dallo studio dell’artista l’opera passò dal 1907 al 1936 nella collezione di Ambroise Vollard che acquistò l’opera direttamente dall’artista. Il dipinto andò poi a Paul Rosenberg e venne venduto alla città di Philadelphia dalla collezione George W. Elkins il 7 luglio 1936.

La pianura si estende in basso fino ai piedi della Montagna Sainte-Victoire. In primo piano una fila di alberi e cespugli coprono parzialmente il borgo, Si intravedono, infatti, piccole case dai tetti spioventi. Sull’orizzonte si alza lo sperone del monte rivolto verso destra, a differenza della prima opera dove il monte non è rappresentato con quello sperone. Il primo piano è occupato da una fascia di vegetazione colorata di grigio e nero, colori per niente presenti nella prima opera; si osservano poi abitazioni e natura alternati con verde brillante e ocra. Questi due colori creano un contrasto di temperatura che movimenta la pianura fino al monte. La prospettiva aerea induce un cambiamento dei toni in profondità; i colori diventano meno saturi fino al grigio ai piedi della Montagna Sainte-Victoire. Il monte infine è interamente dipinto di azzurro, blu lumeggiati con il bianco, come anche la versione del 1890-95, anche se possiamo notare che i colori della prima opera sono più chiari rispetto a quelli di questa versione. L’inquadratura del dipinto ha formato orizzontale e sottolinea l’estensione del paesaggio antistante la montagna. La composizione è organizzata per fasce orizzontali. Dal primo piano si susseguono gli alberi, le case in primo piano e altre abitazioni in lontananza, a differenza della prima opera nella quale le case possono distinguersi soltanto ai piedi della montagna, e non in primo piano, dove invece abbiamo i rami spogli a sinistra non presenti in questo dipinto. La montagna crea un triangolo compositivo puntato verso destra.

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