Kali, simbolo del pranayama

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Nel post di oggi spiegherò la simbologia dei deva vedici, come sono raffigurati nell’iconografia indiana e cosa rappresenta la murti (forma) con la quale sono stati rappresentati. Ogni particolare di queste raffigurazioni racconta dei processi interiori della pratica yogica, con riferimenti al pranayama e ai suoi effetti sulla mente dello yogi. Oggi prenderò in esame la dea Kali e come viene rappresentata nel Bengala orientale, India,  dove ho effettuato la mia formazione nella pratica del pranayama e della meditazione. Spero che questi elementi poco conosciuti in occidente, siano per tutti voi uno stimolo per approfondire la vostra ricerca dello yoga.

Kali è una dea considerata un aspetto di Durga, la manifestazione potente della Madre Divina, la Shakti come viene chiamata nella tradizione yogica. E’ lei che ha ucciso il dèmone Raktabij, che rappresenta la moltitudine dei desideri egoici. Questi desideri terreni distolgono il praticante dal seguire il sentiero del Dharma.

Yogicamente parlando Kali è l’Energia Primordiale femminile. Rappresenta lo stato cinetico del Prana dal quale scaturisce tutta la creazione. L’individuo ordinario considera la conoscenza mondana essere la vera conoscenza. Per questa ragione Kali è raffigurata di color nero perché, nel suo primo stadio di manifestazione, la conoscenza mondana non ebbe evoluzione dalla creazione.

La sua lunga lingua protratta in fuori simboleggia il Kechari mudra, utilizzato nelle pratiche superiori del pranayama. La roncola brandita nella sua mano destra e la testa mozzata nella sua mano sinistra, simboleggiano l’ego reciso (testa, mente) del praticante yoga, l’annullamento dell’ignoranza (Avidya) e l’entrata nel regno della Conoscenza (Vidya). Con l’ardente pratica del pranayama uno yogi ottiene elevati stati di coscienza e quindi raggiunge l’onniscienza, come  molti Guru e Rishi autorealizzati.

La ghirlanda di 108 teste che porta al collo indica le 108 propensioni demoniache dell’ego umano. Queste scaturiscono dallo stato agitato del prana (Kinetic state) e impediscono al praticante il distacco dal mondo sensoriale. Ma quando il Prana è reso quieto con la pratica del pranayama, le attività di queste propensioni demoniache cessano: l’estinguersi di queste attività è per l’ego sinonimo di distruzione.

Kali inoltre è raffigurata mentre decapita con la sua roncola i 108 demoni. Questa decapitazione dell’ignoranza è necessaria affinché lo yogi sia purificato e ottenga la conoscenza dell’anima. I piedi di Kali indicano il respiro che si muove nelle due nadi Ida e Pingala. Quando i suoi due piedi diventano uno simbolizzano uno stadio del pranayama: il flusso respiratorio dello yogi continua nello Sushumna, il sottile canale energetico all’interno della spina dorsale.

Grazie alla pratica regolare e determinata (tapas), lo yogi si eleva oltre lo Sushumna fondendosi con l’Assoluto: in questo momento i piedi di Kali diventano evanescenti alla vista del praticante. Kali è raffigurata con un piede che poggia sul petto del Signore Shiva e con l’altro piede che poggia sulla Sua coscia, simboli della sua natura duale.

Il piede sul petto di Shiva indica la quiete silenziosa del Samadhi, mentre il piede sulla coscia indica il dinamismo energetico. Kali sopra Shiva simbolizza l’unione del dinamismo energetico e della quiete meditativa. Il dinamismo del Prana agitato trasformato nella quiete silenziosa e, al suo opposto, il dinamismo creativo che nasce dalla quiete profonda ottenuta con la pratica yogica.

4 pensieri su “Kali, simbolo del pranayama

  1. È bellissimo, Aldo, questo post.
    Dà un senso a immagini che altrimenti ci sembrerebbero solo un bell’esotismo.
    Invece così capiamo che ci appartengono, ci rappresentano, e al tempo stesso sono una mappa e un’ispirazione per le nostre meditazioni.
    Ancora molti altri post così!

    Luisa

    • Cara Luisa le immagini rappresentate dai Rishi da secoli sono, per dire, il “Bignami” di un manuale d’istruzioni per lo yoga ampiamente dettagliato. Riassumono per concetti, simbologia e analogia molti processi interni che hanno luogo quando si pratica una sadhana. E tu comprendi, vero? 😉

  2. Veramente sorprendente scoprire come un aspetto dell’energia divina cosi’ dinamico e apparentemente un po’inquietante per noi occidentali,possa essere legato simbolicamente e realmente, attraverso il respiro ,alla nostra pratica quotidiana .Mi associo a Luisa Aldo, scrivi ancora su questo argomento! Giò

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