Riflettersi nell’altro per riflettere su di sè: mettere in luce l’ombra per aprirsi al cambiamento

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La citazione sopra esprime uno dei concetti junghiani a mio parere più affascinanti nel percorso di conoscenza di se stessi, la proiezione. Cosa significa?
L’altro è per noi come uno specchio, che può farci capire qualcosa in più su noi stessi.
Pensiamoci un attimo…   anche se fossimo dei bravi contorsionisti, il viso sarebbe l’unica parte del nostro corpo che non potremmo guardare se non attraverso una superficie riflettente… questa superficie riflettente a volte sono proprio le altre persone, in particolare coloro che hanno su di noi una “fascinazione”. Il termine “fascinazione” non è da intendersi nella terminologia junghiana solo nella sua accezione positiva.

Cercherò di spiegarmi meglio.

Quando alcune caratteristiche, aspetti, comportamenti di una persona ci piacciono molto, quegli aspetti sono in realtà parti che ci appartengono, che dentro di noi sono già presenti come un seme che aspetta di essere innaffiato per poter sbocciare, ma che non osiamo esprimere o in cui non osiamo credere.

Allo stesso modo ciò che negli altri non ci piace o addirittura detestiamo, è anch’esso una parte di noi che non tolleriamo o che non possiamo far emergere. Se ad esempio sono una persona che tende a mettere sempre gli altri al primo posto dimenticandomi di me stesso, potrei avere a che fare con persone che giudico egoiste… ma in realtà quella persona forse mi sta mostrando un mio “lato-ombra” e il giudizio che io do a me stesso le rare volte in cui mi metto al primo posto.

Le ragioni come sempre sono varie e diverse per ognuno ma riconducibili per tutti alla propria storia personale, l’educazione ricevuta, il contesto di vita, le esperienze vissute… il punto è che proprio quegli aspetti che nell’altro non possiamo tollerare o ammiriamo ci parlano di noi, ma dentro di noi li rifiutiamo poichè sono in contrasto con i nostri principi coscienti.
Come dice Jung “nel cammino della vita non facciamo che reincontrare frammenti di noi sotto mille travestimenti”.

L’altro punto focale è che per quanto si cerchi di escluderli, questi aspetti che possiamo definire come la nostra “ombra”, sono comunque parte della nostra personalità, e quindi inconsapevolmente andiamo ad incontrare proprio quelle persone che ci possono far crescere e conoscere di più questi aspetti. Eh si, siamo proprio noi a “scegliere” chi incontrare sul nostro cammino: è un po’ come quando si decide di voler comprare qualcosa e si inizia a vederlo ovunque, certamente non è l’oggetto che è triplicato per magia, ma siamo noi che convogliamo la nostra attenzione inconscia in quella direzione. Allo stesso modo se nella vita ci capitano determinate situazioni o persone ricorrenti, anziché pensare “capitano tutte a me, trovo sempre le stesse persone deludenti” una domanda da porsi potrebbe essere: “Cosa dice di me questa situazione? Cosa dice di me la caratteristica di questa persona?”
Un valido aiuto per innescare questo cambiamento è la meditazione.

In che modo?
Una delle qualità base della meditazione è osservare senza giudicare. Essere testimoni amorevoli di tutto ciò che sorge dentro di noi, non rifiutare o biasimare nulla, lasciare emergere ciò che emerge! Questo non significa accettare passivamente, ma anzi aprirsi al nuovo, allo sconosciuto, osservarlo, capirlo, poi casomai cambiarlo e integrarlo nella propria persona. Ma senza averne prima la consapevolezza questo non si può fare.
Una prospettiva interessante, che può aiutarci a vivere le relazioni con gli altri in un modo nuovo, meno giudicante e con più rispetto e accoglienza dell’altro e di noi stessi.