“Non mi stancherò mai di ripetere a vostra maestà che non si può immaginare un assedio a Torino senza aver preso Verrua”: così scriveva al re di Francia il duca di Vendôme. L’allusione è alla fortezza di Verrua Savoia, posta su un’altura dominante la confluenza di Po e Dora Baltea, di cui sopravvivono il dongione, tratti di cinta bastionata, di gallerie di mina e contromina e il Palazzo del Governatore, poi residenza dei marchesi d’Invrea, ultimi castellani.
Le vestigia della fortezza sabauda, oggi visitabili, si trovano su quella dorsale di colline diseguali, interrotte da tratti pianeggianti e ripe scoscese, che, costeggiando il Po, formano la parte più occidentale delle Colline di Casale.
Il territorio di Verrua – dal latino Verruca, protuberanza, a designare la guglia d’arenaria che, sino alla frana del 1957, sovrastava la Rocca – si compone così di lembi di pianura, modificati nei secoli dallo spostamento del letto fluviale che, nel primo Seicento, lambiva le pendici del poggio fortificato, e ondulazioni collinari, oggi rivestite di boschi e campi coltivi, ma un tempo punteggiate di vigne.
Nel 2003 un gruppo di soci, decisi a recuperare la tradizione viticola, fondò l’azienda Il Girapoggio e mise a dimora, su un preesistente impianto abbandonato, la Vigna Nuova, con filari disposti a girapoggio (cioè seguendo le curve di livello, in base ad una tecnica di sistemazione del terreno capace di garantire una maggiore tenuta a frane ed erosioni), composta per l’85% da Barbera e per il 15% da Merlot, da cui si ricava Il Girapoggio, vino dal colore rosso rubino e gradazione tra 13 e 13,5% rientrante nella Doc Collina Torinese Barbera. Vitigno autoctono del Piemonte, con presenze nell’Oltrepo pavese, sui colli piacentini, bolognesi e in Sardegna, forse corrispondente alla tipologia un tempo nota come grisa o grisola, ma privo di riscontri scritti sino al 1798, il Barbera si affermò sin dal primo Ottocento tra le varietà dominanti nel vigneto piemontese.
Tra le tipicità di Verrua risalta poi la fragola, parte edule della fragaria, in realtà per la botanica un falso frutto, cioè un ricettacolo fiorale la cui superficie è cosparsa di puntini gialli, gli acheni, i veri frutti. Già nota ai Greci, che ne riconducevano l’origine alle lacrime versate da Venere per la morte di Adone, e ai Romani, la fragola venne consumata in Europa sino ad oltre il Medioevo nella sua versione selvatica (la fragolina di bosco, fragaria vesca), diventando oggetto di sperimentazioni a partire dal Seicento, quando si realizzarono incroci tra le fragoline selvatiche e nuove specie venute dall’America. Nacquero così vari tipi di fragole grosse, tra cui quelle selezionate dal giardiniere di Luigi XIV, Jean de la Quintinie, per i giardini di Versailles, che si diffusero poi come specie coltivate nel Sette/Ottocento.
Diverse sono in Piemonte le zone rinomate per le fragole, presenti nelle varietà dana, cesena, marmolada, ma anche in cultivar autoctone come granda e bisalta nel Cuneese, la Fragola di Tortona, simile al lampone per colore e dimensioni, o le fragoline nere raccolte a San Mauro Torinese e Rivodora.
La quiete agreste di Verrua venne turbata in più occasioni dai fatti d’arme che coinvolsero il castrum, di cui si ha notizia già nel 999, quando un diploma imperiale confermò i diritti della Chiesa vercellese sul luogo, e che passò poi ai Savoia nel 1387, resistendo in seguito agli assalti dei marchesi del Monferrato. La posizione della fortezza, per lungo tempo al confine tra terre sabaude e monferrine, protesa verso la pianura in direzione del Milanese, spiega la rilevanza strategica del sito, causa dei vari assedi che subì nei secoli.
Infeudata nel 1500 a Renato di Savoia, detto il Gran Bastardo, figlio naturale del duca Filippo Senza Terra, Verrua venne ceduta nel 1534 dalla contessa Anna di Tenda, usufruttaria dei beni di Renato, ai fratelli Scaglia, biellesi, e nel 1561 eretta in contea.
Due furono i fatti bellici che ne determinarono la fama. Nel 1625, nel quadro della guerra dei Trent’anni e del conflitto per la Valtellina, contesa tra Spagna e lega franco-sabaudo-veneta, il duca di Feria, governatore spagnolo di Milano, per reagire all’invasione del Genovesato, decisa da Carlo Emanuele I di Savoia, assaltò la fortezza di Verrua, assediandola invano per 178 giorni. La resistenza delle forze sabaude suscitò gran clamore in tutta Europa.
Nel 1704/5, nel contesto della guerra di successione spagnola, apertasi alla morte di Carlo II, ultimo Asburgo Spagna, che aveva designato come successore Filippo d’Angiò, poi Filippo V, nipote di Luigi XIV, suscitando l’aggregarsi di un fronte anti-francese cui aderì Vittorio Amedeo II, il duca di Vendôme, nella sua marcia verso Torino, assediò Verrua.
I Sabaudi, asserragliati nella fortezza, attrezzata alla moderna, con fronti tenagliati, nel Seicento e aggiornata secondo le direttive del marchese di Vauban, resistettero sette mesi, obbligando i Francesi a posticipare l’assedio di Torino all’anno successivo, il 1706.
Paolo Barosso
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Traduzione in piemontese di Paolo Sirotto
7 risposte a “Verrua Savoia: vino, fragole e fortezza”
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Ma che bella la versione in piemontese! Complimenti 🙂
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Grazie Marco! Tutti i pezzi di Paolo sono tradotti in piemontese, ne trovi molti sul blog. Li hai visti tutti?
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Mi sto mettendo in pari un po’ per volta ^_^
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[…] Per maggiori informazioni sulla produzione alimentare e vinicola di Verrua e dintorni, clicca qui: Verrua Savoia, vino, fragole e fortezza […]
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Incollo un link sull’argomento, che potrebbe essere pure quello tradotto in piemontese
http://europadeipopoli.eu/Old_2009/Documenti/Verrua/Verrua.htm
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Grazie mille per il contributo, molto interessante e completo. Sarebbe senz’altro bello renderlo disponibile anche in piemontese!
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