La menzogna

Dare una definizione di menzogna non risulta affatto semplice: da tempo studiosi e filosofi, come in passato Platone, Niccolò Machiavelli e Thomas Hobbes, tentano di identificare il vero significato di questa parola e ancora oggi non se ne ha una definizione univoca, sebbene l’uomo sia quotidianamente  a contatto con essa.

    Per definire la bugia è necessario prima di tutto differenziare la finzione dalla menzogna: la maschera è finta, mentre la parrucca è falsa, poiché la maschera esibisce i segni del suo non essere vera, invece la parrucca vuole essere creduta per quello che non è. Ciò vuol dire che una cosa finta, a differenza di una bugia, non vuole mostrarsi per ciò che non è, cioè per qualcosa di vero. Rientrano, quindi, nella finzione la letteratura, le fiction televisive, la satira e il teatro. Nell’analizzare la menzogna è necessario prendere in considerazione non solo l’autore di una bugia ma anche il suo destinatario. Sarebbe curioso chiamare bugiardi gli attori: il loro pubblico, ovvero il destinatario, è d’accordo di lasciarsi ingannare per qualche tempo. Nella definizione di menzogna di Paul Ekman, noto psicologo e pioniere degli studi sulla comunicazione non verbale, una persona intende trarre in inganno un’altra deliberatamente, senza avvertire delle sue intenzioni e senza che il destinatario dell’inganno glielo abbia esplicitamente chiesto. La menzogna è anche diversa dall’errore: come affermato dallo psicologo italiano Luigi Anolli in Mentire (Bologna, Il Mulino, 2003), “nell’errore diciamo il falso per ignoranza, perché non conosciamo lo stato delle cose e, quindi, chi fa un’affermazione falsa, prima dice il falso senza esserne consapevole pensando di dire il vero e poi scopre il vero; invece, chi dice una menzogna, prima conosce il vero e poi dice il falso”. Perciò, per dire una menzogna, occorre che si realizzino tre condizioni:

a)     la falsità del contenuto di quanto è detto;

b)     la consapevolezza dell’autore di tale falsità;

c)     lintenzione di ingannare il destinatario in modo da fargli assumere false credenze sullo stato delle cose o da impedirgli di conoscere il vero.

    Secondo Ekman, ci sono due modi principali di mentire: dissimulare, ovvero nascondere delle informazioni senza aggiungere nulla di falso, e falsificare, quindi non solo tacere l’informazione ma presentare un’informazione falsa come se fosse vera. Anche il segreto potrebbe essere considerato una forma di dissimulazione: il segreto è una conoscenza che non si vuole far sapere a qualcuno perché ci si sente in diritto di occultarla. Questo diritto a detenere un segreto può riguardare ambiti della vita sociale (segreto di Stato e segreto professionale) e privata, come nel caso di un medico che è tenuto a mantenere la privacy sulla salute dei propri pazienti.

    Gli esperti del settore non sono d’accordo se considerare anche la dissimulazione una forma di menzogna. Tuttavia, secondo molti di loro, in quanto omissione di informazione, la dissimulazione è un inganno e quindi una menzogna a tutti gli effetti: Ekman afferma che “se il medico non dice al paziente che la sua malattia è incurabile, […] se il poliziotto non informa il sorvegliato speciale che c’è un microfono nascosto che registra la sua conversazione con l’avvocato, in tutti questi casi non vengono trasmesse informazioni false, ma ognuno di questi è un esempio che corrisponde alla mia definizione di menzogna”. In questi casi i destinatari non hanno chiesto di essere tratti in inganno, a meno che l’autore della menzogna sia stato preavvertito o autorizzato dalla controparte: se il paziente chiede al medico di non dirgli se il responso è sfavorevole, l’occultamento dell’informazione non è più una menzogna.

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