Di chi è la colpa, Alessandro Piperno

A proposito dell’ultimo, bellissimo libro di Alessandro Piperno, Di chi è la colpa, leggerete un po’ ovunque che è un romanzo sulla colpa – ma dai – e sull’impostura, sul fingere di essere chi non si è. Lo afferma Piperno stesso nelle interviste e del resto non è nulla di nuovo rispetto ai suoi lavori precedenti.

Ma, sulla base di alcuni aspetti come il semi autobiografismo (Piperno ammette di avere modellato alcuni tratti del protagonista su se stesso), la narrazione in prima persona di fatti lontani nel tempo e il finale – soprattutto il finale –, trovo più intrigante la lettura metaletteraria di questo romanzo. Una lettura metatestuale imperniata sull’“uccisione della musa”.

Da qui in avanti SPOILERo senza ritegno perciò, come al solito, lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.

Il piano metaletterario è legittimato innanzitutto dal fatto che la madre e la cugina Francesca hanno introdotto il protagonista all’amore per le lettere: cioè le due donne sono, in buona sostanza, la personificazione della scrittura. Scrittura, però, sfuggente ai limiti del sadico. La madre viene a mancare molto presto dopo essersi fatta conoscere poco (giusto un pomeriggio davanti a un gelato). La cugina Francesca si è data in una fugace notte d’amore in terra straniera e poi più nulla: addirittura è andata a vivere in Israele, ben oltre l’Irraggiungibile.

Il protagonista vive la sua vita agognandole entrambe: per quanto riguarda la prima, il romanzo si presenta nella finzione proprio come il tentativo di delinearne il profilo nella nebbia dei ricordi; la seconda è semplicemente idealizzata e attesa per decenni.

Per la precisione è attesa fino alle ultime 3 pagine del libro, nelle quali un bruciante faccia a faccia stacca la spina alle fantasie del protagonista. È significativo che Francesca annichilisca il bramoso cugino non solo da un punto di vista sentimentale ed esistenziale («ho cose più importanti cui pensare, vivo in Israele io»), ma anche da quello letterario, dicendogli che ha una scrittura troppo manierata e artefatta.

Questo scontro è la mortificazione totale del protagonista, lo rade al suolo. Ma allo stesso tempo è anche la sua liberazione da ogni aspettativa. Per questa ragione parlo di uccisione della musa: non perché ci sia un uccisore ma perché c’è da parte dell’autore Piperno una rinuncia alla musa – molto ironica e autoironica – che suona come un’emancipazione e una remissione: basta con questa ricerca fantomatica di approvazione! Basta con queste catene. Basta con questo soffocante senso di inadeguatezza nei confronti dei grandi irraggiungibili maestri della letteratura!

Ed effettivamente in alcune interviste il Nostro ha definito la propria scrittura più libera rispetto a un tempo. È vero che il romanzo è pervaso da una mirabile leggiadria affabulatoria ma non si dovrebbe scordare che in teoria la voce narrante è quella del protagonista manierato, che difatti si lascia andare a lirismi come questo che a suo tempo mi sono salvata nel telefono trovandolo delizioso.

Quindi Piperno ci è o ci fa? Come ogni scrittore che si rispetti ci prende un po’ in giro, un po’ si dà e un po’ si nasconde, un po’ ci dice la verità e un po’ ci racconta bugie. Proprio come si diceva all’inizio: Di chi è la colpa è un romanzo sull’impostura.
Quant’è bravo.

Pubblicato da Fedefunk

Per lavoro scrivo di viaggi, nel tempo libero viaggio con i film

Lascia un commento