Il 1905 fu un anno memorabile per la fisica e, in generale, per tutta la scienza. Albert Einstein fece pubblicare sulla prestigiosa rivista di fisica 'Annalen der Physics' tre articoli che, di lì a presto, sarebbero diventati immortali. In questi tre articoli, partendo da un conflitto fra la teoria di Newton sulla gravità e quella di Maxwell sull'elettromagnetismo rivoluzionava completamente i concetti di spazio, tempo, energia e massa. In particolare spazio e tempo (che Newton considerava assoluti) venivano presentati come concetti relativi; questo significa che osservatori che viaggiano a velocità diverse fra loro non concorderanno su misure di spazio (come la lunghezza di una barra) oppure di tempo (come l'intervallo di tempo fra due eventi). Era nata la Teoria della Relatività.
Questa prima versione fu chiamata Teoria della Relatività ristretta o Speciale poiché aveva una forte limitazione: essa non funziona in presenza di campi gravitazionali. Il passo successivo di Einstein fu quello di estendere la teoria per comprendere la gravità e il risultato comparve nel 1916 sotto il Nome di Teoria della Relatività Generale. In questa teoria la gravità viene vista sotto una luce completamente nuova: non è più una forza misteriosa (l'origine della quale aveva preoccupato non poco anche Newton) che attira i corpi secondo la nota legge bensì la manifestazione della curvatura dello spazio. In altre parole la massa dei corpi incurva lo spazio circostante cosicché i corpi che si trovano nelle vicinanze sono costretti a seguire una traiettoria curva non per l'esistenza di una forza ma poiché non possono fare altrimenti. 

Una conseguenza molto importante di questo nuovo modo di vedere la gravità è che anche la traiettoria dei raggi di luce che si trovano a passare in prossimità di un forte campo di gravità sarà incurvata. L'incurvamento dei raggi di luce fu osservato sperimentalmente per la prima volta nel 1919: durante la fase di totalità di un eclisse di Sole le posizioni delle stelle in prossimità del bordo del disco solare risultarono diverse dalle posizioni che le stesse stelle occupavano quando il Sole era lontano. Per la Teoria della Relatività generale questo fu il primo grande trionfo.


Nel 1929 Edwin P. Hubble, un astronomo che presto sarebbe diventato molto famoso, completando uno studio di alcune decine di galassie fra le più vicine si accorse di un fatto molto curioso: gli spettri di tutte le galassie mostravano righe spostate verso la parte rossa dello spettro; questo è il famoso effetto Doppler e lo spostamento delle righe verso il rosso implica una velocità di allontanamento. In altre parole tutte le galassie sembravano allontanarsi precipitosamente dalla nostra: più la galassia era lontana e maggiore era la velocità di allontanamento.
Ben lungi dall'essere un fuggi fuggi generale, questo fenomeno venne correttamente interpretato come la prova dell'espansione dell'universo. Questa scoperta fu un'altra brillante conferma per la teoria di Einstein; infatti tutti gli universi previsti dalla teoria sono universi in espansione.
 
LENTI GRAVITAZIONALI
Nel 1937 lo stesso Einstein, studiando le conseguenze dell'incurvamento dei raggi di luce provocato dalla gravità, arrivò ad ipotizzare che se la luce di una stella lontana, durante il suo viaggio di avvicinamento alla Terra, si fosse trovata a passare nelle vicinanze di una stella massiccia molto più vicina essa avrebbe potuto subire una deviazione causata dalla curvatura dello spazio provocata dalla stella vicina (analogamente a quello che succede alla luce delle stelle che si trovano in prossimità del bordo del disco solare).
In condizioni molto particolari di allineamento la luce della stella lontana avrebbe potuto subire una scissione in più parti dando quindi origine a immagini multiple (doppie, triple e addirittura quadruple); il fenomeno è quindi una specie di miraggio cosmico dovuto alla gravità e fu chiamato lente gravitazionale (la lente è ovviamente la stella intermedia). Fu però lo stesso Einstein a smorzare subito gli entusiasmi poiché si affrettò a concludere che un fenomeno del genere sarebbe stato troppo raro per potere essere osservato.
Agli inizi degli anni '60 Maarten Schmidt, un astronomo che lavorava all'osservatorio di Cambridge, scoprì una serie di sorgenti radio molto intense; di lì a poco di alcune di esse se ne scoprì la controparte ottica che appariva di aspetto stellare. Questi oggetti, molto particolari come vedremo, furono chiamati quasar, contrazione della frase inglese 'quasi stellar radio source' (sorgenti radio di aspetto pseudo stellare).
Il termine pseudo stellare è quanto mai appropriato; infatti questi oggetti possono essere di tutto fuorché stelle. La prima sorpresa venne dagli spettri: le righe in essi contenute erano del tutto sconosciute; poi qualcuno si accorse che le righe potevano coincidere con quelle note purché si ammettesse che erano enormemente spostate verso la parte rossa dello spettro. Lo spostamento era talmente forte che in un primo momento aveva reso irriconoscibili le righe stesse; abbiamo visto che un forte spostamento verso il rosso implica una forte velocità di allontanamento e quindi una grandissima distanza. I quasar sono, infatti, fra gli oggetti più lontani, e quindi più vecchi, dell'universo: si parla non più di milioni di anni luce ma di miliardi di anni luce; di conseguenza, per visibili a così grandi distanze, devono essere anche molto luminosi, più luminosi di intere galassie.
I rompicapi per gli astronomi aumentarono quando si scoprì che alcuni quasar erano soggetti a variazioni rapidissime di luminosità (brillamenti) poiché una rapida variazione di luminosità implica che il volume del quasar deve essere molto piccolo; di conseguenza la sorgente di energia deve essere fra le più potenti ed efficienti che si conoscano. L'ipotesi più accreditata è quella di buchi neri supermassicci che fagocitano quantità galattiche di materia.
Il 29 marzo 1980 si scoprì qualcosa di strano in una coppia di quasar già fotografati molti anni prima all'osservatorio di Monte Palomar: i due quasar oltre ad essere molto vicini (sono separati da soli 6 secondi d'arco) erano praticamente identici in tutto e per tutto; infatti essi mostravano la stessa luminosità e gli stessi spettri con identiche righe di emissione e di assorbimento caratterizzate dallo stesso spostamento verso il rosso (che indicava una velocità di allontanamento pari al 70% di quella della luce).
In un primo momento si pensò ad un quasar doppio; visto che esistono molti oggetti doppi (stelle, pulsar, ...) era abbastanza ragionevole pensare di trovarsi di fronte al primo quasar doppio. Però il fatto che i quasar fossero perfettamente identici implicava che anche la loro vita passata, cioè la loro storia evolutiva, doveva essere identica e ciò era abbastanza improbabile. Ma il problema più grosso era un altro: le righe di assorbimento degli spettri indicavano che la luce dei quasar aveva attraversato una nube di gas e polveri non troppo lontana dai quasar stessi; il fatto che le righe di assorbimento fossero anch'esse perfettamente identiche implicava che la nube doveva avere delle caratteristiche (composizione, forma, velocità, ...) del tutto insolite.
Qualcuno allora avanzò l'ipotesi che forse ci si trovava di fronte al primo caso di lente gravitazionale: in realtà il quasar era uno solo e la sua immagine era sdoppiata dalla curvatura dello spazio indotta da un oggetto, la lente, che si trovava lungo la congiungente quasar-Terra; la candidata più autorevole al ruolo di lente poteva essere una grossa galassia ellittica debolmente luminosa. Purtroppo, mentre si faceva strada l'ipotesi della lente gravitazionale, la coppia di quasar si era avvicinata troppo al Sole e le osservazioni dovettero essere sospese in attesa della loro ricomparsa nel cielo notturno.

La sosta, però, riguardava solamente gli astronomi tradizionali poiché i radioastronomi poterono continuare indisturbati il loro lavoro. In una eccezionale immagine radio, presa All'osservatorio VLA di Socorro nel Nuovo Messico), i due quasar furono separati nettamente; purtroppo nello spazio fra le due immagini non v'era traccia di alcuna galassia. In corrispondenza del quasar settentrionale erano, invece, presenti due 'macchie radio'. L'assenza della galassia che doveva fungere da lente non era un grosso problema poiché le galassie ellittiche di norma emettono molto poco nel campo delle onde radio. Ciò che preoccupava maggiormente i radioastronomi era la mancanza delle macchie radio in prossimità del quasar meridionale; infatti una lente avrebbe dovuto sdoppiare anche l'immagine delle macchie. Di conseguenza i radio astronomi abbandonarono l'ipotesi della lente in favore del quasar binario in netto contrasto con i loro colleghi che lavoravano nel campo della luce visibile.
A novembre la coppia di quasar ricomparve nuovamente nel cielo notturno e in una eccezionale immagine presa all'osservatorio sul Mauna Kea (isole Hawaii) in condizioni di visibilità veramente splendide anche nel campo ottico la coppia di quasar venne nettamente separata; l'immagine del quasar meridionale mostrava una leggera protuberanza verso l'alto. Grazie all'intervento del computer l'immagine del quasar settentrionale venne sottratta da quella del quasar meridionale e la debole luminosità che rimase si scoprì essere dovuta ad una debole galassia che si trovava circa a metà strada fra la terra e la coppia di quasar.
Finalmente si era scoperta la lente.
A questo punto un dubbio era legittimo; la teoria prevede che la lente si debba trovare a metà strada fra le due immagini: come mai l'immagine della galassia si trova così vicino al quasar meridionale?
Il motivo è molto semplice: la teoria prevede che la lente si debba trovare a metà strada solo se la lente stessa è di tipo puntiforme (per esempio un buco nero). Una galassia è invece un oggetto di tipo esteso e in questo caso la teoria prevede esattamente la configurazione osservata; anzi prevede qualcosa di più: l'immagine del quasar non è doppia ma tripla solo la posizione di due delle tre immagini è la stessa (il quasar meridionale). Questo modello spiega molto bene anche perché l'immagine delle famose macchie radio (che tanto avevano preoccupato i radioastronomi) non viene sdoppiata dalla lente: esse infatti si trovano troppo lontano dalla congiungente quasar-lente-terra e la loro immagine viene solamente spostata rispetto all posizione originale.

Questa è la storia della scoperta della prima lente gravitazionale. Mentre ancora si studiava questo caso si scoprì il primo quasar triplo; negli anni successivi si scoprirono i primi quasar quadrupli (configurazioni denominate 'croci di Einstein') e nel 1986 venne osservata per la prima volta la configurazione denominata 'anello di Einstein'; in quest'ultimo caso la luce proveniente da un quasar lontano oltre ad essere sdoppiata subisce una particolare deflessione che la porta ad assumere una configurazione ad anello.
Con la messa in orbita del telescopio spaziale le scoperte di lenti gravitazionali sono notevolmente aumentate e sta addirittura nascendo una nuova disciplina denominata 'ottica gravitazionale' poiché la teoria prevede anche che in condizioni speciali di allineamento le lenti possono comportarsi come veri e propri zoom cosmici permettendo di osservare lontanissimi oggetti altrimenti inosservabili.
Uno sviluppo molto interessante che riguarda questo tipo di ricerche è apparso su Scientific American; il fenomeno delle lenti gravitazionali potrebbe permetterci di calcolare la distanza del quasar con molta precisione. Il calcolo della distanza di oggetti così lontani come i quasar è molto importante; l'unico metodo che abbiamo a disposizione è quello basato sull'espansione dell'universo; abbiamo infatti visto che tutti gli oggetti mostrano velocità di recessione proporzionali alla loro distanza. Questa è la famosa legge di Hubble; però la costante di proporzionalità (che oltretutto ci fornisce il tasso di espansione dell'universo) non è conosciuta con precisione; in altre parole la legge ha bisogno di ulteriori calibrazioni, che sono possibili conoscendo per altra via le distanze in questione. Ecco quindi che metodi di calcolo di distanze di lontani oggetti astronomici alternativi sono, per gli astronomi, una vera benedizione.

Ma come è possibile il calcolo della distanza di un lontanissimo quasar che subisce il fenomeno della lente gravitazionale. Il metodo in teoria è molto semplice: la teoria matematica ci consente di costruire un modello in scala del fenomeno. In particolare è possibile conoscere la differenza di percorso della luce delle due immagini in percentuale rispetto alla distanza del quasar.
Abbiamo visto, però, che molti quasar mostrano rapidissime variazioni di luminosità; se il quasar in questione subisce anch'esso una rapida variazione di luminosità il brillamento verrà osservato nelle due immagini in tempi diversi poiché i percorsi sono differenti. Il ritardo temporale moltiplicato per la velocità della luce ci fornisce immediatamente la differenza di percorso da cui si risale immediatamente alla distanza del quasar.
Ecco quindi come il fenomeno delle lenti gravitazionali (che sembrava essere solamente una curiosità matematica) si sta rivelando un formidabile strumento per studiare zone più lontane del nostro universo.

Mappa esplicativa

LA PROVA SPERIMENTALE
Secondo le previsioni teoriche, un raggio di luce che fosse passato vicino al Sole si sarebbe piegato di appena 1,75 arcosecondi, pari all'angolo formato da un triangolo rettangolo alto un centimetro e mezzo e lungo tre chilometri. 
Sir Frank Watson Dyson, astronomo reale della Gran Bretagna, s'inventò un modo per risolvere il problema. Avrebbe approfittato dell'eclissi solare totale prevista per il 29 maggio 1919. La nostra stella, in quel momento, si sarebbe trovata dietro la Luna ma davanti all'ammasso stellare Hyades (davanti e dietro rispetto alla Terra, naturalmente). Dyson, dunque, intuì che la luce delle stelle sarebbe passata attraverso il campo gravitazionale del Sole prima di arrivare sulla Terra e sarebbe stata ben visibile a causa del buio provocato dall'eclissi. Il che avrebbe consentito una misura accurata delle posizioni stellari, che - se la teoria di Einstein era giusta - sarebbero dovute apparire spostate a causa della gravità.  L'esperimento fu condotto da Arthur Eddington. L'astronomo iniziò col misurare, all'inizio dell'anno, le posizioni vere delle stelle. Quindi si diresse verso l' isola di Principe, nel golfo di Guinea, da cui l'eclissi sarebbe stata visibile, per rivelare la luce stellare deformata dal campo gravitazionale del Sole. Per maggiore sicurezza, se il cielo sopra Principe fosse stato nuvoloso, Eddington inviò una seconda équipe di astronomi anche in Brasile. Entrambe le spedizioni furono fortunate. Il tempo fu sereno e gli scienziati ebbero a disposizione il doppio dei dati. Tornato in Inghilterra, Eddington scoprì che le previsioni di Einstein erano corrette e annunciò la scoperta il 19 novembre 1919.

CURIOSITA'
Il film l mio amico Einstein (Einstein and Eddington) è un film per la TV diretto da Philip Martin e scritto da Peter Moffat, che racconta lo scambio epistolare tra due illustri scienziati delXX secolo, che, sullo sfondo della "Grande Guerra", perseguono la verità scientifica trascendendo i confini nazionalistici. Einstein, il teorico tedesco, padre dellaTeoria della relatività generaleed Eddington, l'osservatore inglese, il primo a coglierne l'importanza e a dimostrarla, offrono al mondo una nuova visione del tempo e dellospazio.
Prodotto dalla Company Pictures per la BBC, in associazione con la HBO, è stato trasmesso per la prima volta sulla BBC Two il 22 novembre 2008. Le riprese del film si sono svolte a Cambridge(Inghilterra), in Croazia e in Ungheria.

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_mio_amico_Einstein
Ref: http://planet.racine.ra.it/testi/Dis/98-14b.htm
http://daily.wired.it/news/scienza/2013/05/29/einstein-eclissi-relativita-57289.html
Ultime modifiche: domenica, 29 gennaio 2017, 07:18