Nella mia attività professionale mi trovo spesso a parlare con proprietari che seguono un’alimentazione casalinga, a cotto o a crudo e che, su consiglio di altre persone, magari amici o utenti su Facebook, includono, oppure escludono, dall’alimentazione del proprio cane o gatto la “carne bianca” o la “carne rossa”, spesso senza un motivo preciso.

La suddivisione tra “carne bianca” e “carne rossa” è una suddivisione grossolana che, allo stato attuale delle cose e soprattutto nell’alimentazione animale, ha pochissimo senso (per non dire che non ha affatto senso), per cui è importante parlare non di “carni bianche” o “carni rosse” in modo generico, ma delle singole specie animali.

Può sembrare una precisazione da poco, ma spesso ho a che fare con frasi del tipo “il mio cane è intollerante alle carni bianche“, oppure “le carni rosse sono troppo pesanti“, indicazioni che hanno poco significato dal punto di vista medico, e che devono necessariamente essere approfondite. In questo articolo cerchiamo di capire perché questo sia importante, in quanto eliminare un intero gruppo di carni non solo può portare ad alcune carenze nutrizionali, ma può ridurre molto la variabilità della dieta, una delle componenti più importanti delle alimentazioni casalinghe di cani e gatti.

Ho parlato dell’argomento nel seguente video, che potete visualizzare; in alternativa è possibile continuare a leggere l’articolo con i diversi riferimenti scientifici.

 

Prima di iniziare a parlare delle differenze, tuttavia, è opportuno fare un appunto: esistono due classificazioni del colore delle carni, una di tipo gastronomico (cioè utile in cucina), e una di tipo nutrizionale.

In quella nutrizionale si parla unicamente di “carne bianca” e “carne rossa“, mentre in quella gastronomica si parla anche di “carne rosa” e “carne nera“, due definizioni estranee alla classificazione nutrizionale; in questo articolo faremo riferimento alla sola classificazione nutrizionale, tralasciando quella gastronomica che non ci interessa.

La definizione di “carne bianca” e “carne rossa”

Il problema delle “carni bianche” e delle “carni rosse” è un problema di fondo, cioè la mancanza di una definizione condivisa.  Faccio un esempio semplice che permette di capire quanto profondo sia il problema.

Pensate al vostro gruppo di amici, “inquadrandoli” mentalmente. Adesso pensate a quanti amici alti avete. Vi sarà venuta in mente la persona più alta, e poi altre che sono basse. La più bassa sicuramente non rientra tra gli “amici alti”, ma capire quanti “amici alti” avete è, per come ho posto la domanda, impossibile: se non definisco che cosa vuol dire “alto” (più di 170 centimetri? Più di 180?) non potete dare una risposta certa.

Questo è ciò che succede con le carni bianche e le carni rosse, perché non esiste una definizione accettata universalmente dal punto di vista nutrizionale, ed è per questo motivo che è molto difficile catalogarle, anche per il cane e per il gatto.

Le definizioni attualmente in uso sono due, contrastanti tra loro:

  • La prima definizione ce la da USDA (vedere la sezione Why is pork a “red” meat? del documento), il Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti, che definisce la carne rossa come “la carne che ha più mioglobina del pollo o del pesce”. Questa definizione, che parte dalla quantità di mioglobina, di cui parleremo tra poco, non è molto specifica: per esempio, perché un pollo proveniente da allevamento intensivo avrà meno mioglobina rispetto ad un gallo che vive all’aperto, come è possibile osservare anche visivamente. Secondo questa definizione fanno parte delle carni rosse il bovino, il suino, il maiale ma anche diversi avicoli, come il piccione e il fagiano, che hanno un quantitativo di mioglobina più alto rispetto al pollo e al pesce.
  • Un’altra definizione, più famosa perché è quella che definisce le carni rosse, nell’uomo, come potenzialmente cancerogene, ce la da la IARC, che definisce la Carne Rossa (pag. 2) come la carne di tutti i mammiferi, tra cui bovino, vitello, maiale, agnello e agnellone, cavallo e capra. Non vengono però definiti gli avicoli (quindi un piccione, che ha la carne molto scura, non deve essere considerata tra le carni rosse), e rimangono fuori anche alcuni mammiferi come il coniglio.

In mancanza di una definizione accettata universalmente, diventa praticamente impossibile capire quale carne sia bianca e quale sia rossa, e diventa quindi difficile includere, o escludere, le “carni rosse” dall’alimentazione del cane e del gatto. Necessariamente bisogna parlare di bovino, cavallo, pollo, tacchino, sempre se non vogliamo scendere in distinzioni ancora più specifiche.

Piccione

La carne di piccione entra nella classificazione di carne rossa con una delle due definizioni, ma ne rimane fuori con l’altra. E’ una carne rossa oppure no?

 

Perché alcune carni sono più chiare e altre più scure: il colore della carne

Al di là delle definizioni, cerchiamo di capire qualcosa di molto più pratico: cos’è che fornisce alla carne il suo colore, più o meno intenso? E questo porta ad una reale differenza nell’alimentazione del cane e del gatto?

A colorare la carne è la mioglobina, una proteina che si trova nelle cellule muscolari e che ha la funzione di trasporta ossigeno all’interno della cellula “rubandolo” ai globuli rossi, così come l’emoglobina, che invece è attaccata ai globuli rossi, lo trasporta a tutti gli organi tramite i vasi sanguigni. L’emoglobina e la mioglobina, nonostante i nomi simili, non sono la stessa cosa.

La mioglobina, quando è legata all’ossigeno (ossimioglobina) emette delle particolari onde elettromagnetiche (dello spettro della luce) che i nostri occhi vedono come rosso-violaceo. Poiché la mioglobina è il principale pigmento che colora la carne, una concentrazione più alta o più bassa rende il colore più o meno intenso. In cottura, per effetto del calore la mioglobina diventa metamioglobina e diventa marrone/bruna. Chiaramente, più ce n’è, più la variazione è evidente, per cui nel pollo (che ne ha poca) la carne cotta rimane bianca, mentre nel vitellone (che ne ha di più) il cambio di colore è evidente e la carne cotta diventa marrone.

Mioglobina

Il colore e la struttura chimica della mioglobina e della metamioglobina, che si forma in cottura per effetto del calore. Più mioglobina è contenuta all’interno della carne, più intenso sarà il suo colore.

La mioglobina non è distribuita equamente in tutte le cellule del muscolo: le cosiddette fibre rosse, che appaiono appunto più rosse, hanno più mioglobina rispetto alle fibre bianche, che ne hanno un contenuto minore. Ciò che, in teoria, fa il muscolo bianco o rosso è il rapporto tra questi due tipi di fibra.

Le differenze tra le due fibre non si limitano al contenuto in emoglobina, perché quello che varia è il metabolismo, il metodo di produzione di energia, di queste cellule. Tra le fibre bianche e le fibre rosse ci sono diverse differenze, di cui ricordiamo di seguito le più importanti:

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  • Le fibre bianche utilizzano per il loro metabolismo il glucosio, che prendono dal glicogeno, riserva che si trova nella cellula stessa. Per metabolizzare il glucosio, producendo acido lattico (che viene eliminato lentamente), non c’è bisogno dell’ossigeno, ed è per questo che la mioglobina (che lo trasporta) è poca; queste fibre sono adatte a sforzi rapidi ma di breve durata, ad esempio quelli del petto di pollo, che costituisce i muscoli che fanno muovere le ali (il pollo generalmente fa voli intensi, ma brevi nella durata).
  • Le fibre rosse, al contrario, sono quelle adatte a sforzi lunghi e costanti, magari per permettere a un animale di stare sempre in piedi o di respirare (un esempio tipico di muscolo contenente fibre rosse è il diaframma). In questo caso le fibre utilizzano come fonte energetica i grassi, e la reazione per essere portata a termine ha bisogno dell’ossigeno, motivo per cui c’è più mioglobina in queste fibre. Utilizzando i grassi come fonte metabolica, le cellule ne sono di per sé più ricche, di conseguenza una carne molto rossa è anche mediamente più grassa (al di là dei depositi extracellulari).

Cellule muscolari bianche intervallate da cellule rosse. E’ evidente la loro differenza. Il quantitativo totale di fibre bianche rispetto alle fibre rosse da il colore macroscopico della carne.

Questa differenza ci fa capire come, dal punto di vista del colore, non tutti i muscoli, quindi non tutti i “tagli” di carne, abbiano lo stesso colore: in un pollo che ha vissuto all’aperto la coscia è visivamente più rossa del petto perché questo animale vola poco (i muscoli del petto muovono le ali), ma cammina per la maggior parte della giornata; il cinghiale ha carne più scura del maiale che troviamo al supermercato, proveniente da allevamento intensivo (anche se sono la stessa specie, Sus scrofa) perché uno cammina molto, l’altro si muove pochissimo in allevamento intensivo e ha meno bisogno di ossigeno per i suoi muscoli. Il vitello ha la carne più chiara del toro a causa della diversa età. L’anatra e la quaglia, molto più movimentate del pollo, hanno carni più scure rispetto ad un vitello.

La differenza di colore tra due carni della stessa specie, Sus scrofa, è evidente paragonando un suino domestico ad un cinghiale selvatico.

Ma le carni rosse fanno male al cane e al gatto come all’uomo?

Uno dei motivi per cui si riduce il consumo della “carne rossa”, in senso generico, nella nostra alimentazione, è sono i problemi che può causare alla nostra salute. Per il cane e per il gatto le cose sono un po’ diverse, ma per capire perché nel cane e nel gatto sia poco utile distinguere tra le tipologie di carni in base al colore è utile capire perché spesso si parla di “carni bianche” e “carni rosse” in relazione alla salute umana.

La digeribilità

Nell’uomo si dice spesso che “le carni bianche sono più leggere” rispetto a quelle rosse. In realtà, questa distinzione non riguarda la carne bianca e rossa, quanto la differenza tra le carni avicole e le carni dei mammiferi, e riguarda non il colore della carne, bensì la digeribilità della carneparametro di cui abbiamo parlato nell’articolo dedicato.

Le carni degli avicoli sono in generale più digeribili rispetto a quelle dei mammiferi; questo accade a causa delle dimensioni minori delle fibre muscolari (anche se ad oggi non è ben chiaro se questo parametro influenzi o meno la qualità della carne). Si tratta di una distinzione che, tuttavia, riguarda il binomio uccelli/mammiferi, e non varia in base al colore della carne (un coniglio, carne chiara, ha dimensioni delle fibre muscolari maggiore rispetto ad un fagiano, carne scura).

Ad ogni modo, ad oggi nessuno studio ha mai mostrato una differenza di digeribilità delle diverse carni nel cane e nel gatto, probabilmente (ma non con certezza) perché il loro stomaco è più efficiente nella digestione della carne rispetto al nostro, o semplicemente perché nessuno ha pensato di fare uno studio di questo tipo.

Tuttavia, se necessitiamo di carne più digeribile, si può evitare la carne di mammifero (ripeto, mammifero, non carni rosse!). Un’alternativa semplice per aumentare la digeribilità della carne, in caso di necessità da patologie, è quella di rompere le fibre muscolari in modo meccanico, frullando la carne con il frullatore.

 

Il grasso della carne

Un altro motivo per cui nell’uomo si evitano le carni rosse è la presenza di un maggior quantitativo di grasso, nutriente che noi generalmente dobbiamo evitare nella nostra dieta.

In effetti le fibre muscolari rosse, a causa delle differenze metaboliche che abbiamo valutato prima, sono più grasse rispetto a quelle bianche, per cui la carne più ha un colore intenso (tolti i depositi adiposi), più tende ad essere grassa. Questo è un problema nell’uomo ma per gli animali può essere rischioso solamente quando si è a rischio di obesità, o in patologie che richiedano una diminuzione dei grassi nella dieta (come l’insufficienza pancreatica).

Sono però realtà particolari, mentre per la maggior parte dei cani il grasso non è un problema, anzi è la fonte energetica principale specialmente per le diete prive di carboidrati. Per un approfondimento sui grassi si può fare riferimento al video dedicato.

C’è inoltre da considerare che il grasso può essere disposto nelle carni rosse in modo diverso: esiste il grasso intermuscolare, che si trova tra i muscoli, e il grasso intramuscolare, che compone le strutture stesse del muscolo. E poi c’è il grasso esterno, il tessuto adiposo, che non fa parte della carne ma può essere presente nello stesso taglio. Ed è proprio il taglio a fare la differenza nella carne: ci sono tagli più grassi e tagli più magri nelle carni di colore rosso, esattamente come le carni di colore bianco possono essere più grasse anche delle carni di colori rosso se, per esempio, non vengono private della pelle.

Tutto rimane quindi relativo al taglio che abbiamo a disposizione, e alla specie animale da cui proviene; al solito, categorizzare le carni in “bianche” e “rosse” non ha un grande significato, anche dal punto di vista dei grassi.

Il rischio di neoplasie

L’ultimo, importante, motivo per cui nell’uomo le carni rosse (secondo la definizione IARC) devono essere limitate è il rischio di sviluppo di neoplasie.

Nell’uomo la IARC fa sapere che c’è un’evidenza limitata che l’aumento del consumo di carni rosse aumenti il rischio di cancro, mentre abbiamo la certezza che le carni lavorate (i salumi) lo causino.

Le correlazioni, però, nel cane e nel gatto non sono mai state evidenziate, e attualmente non ci sono fonti scientifiche che facciano supporre una condizione simile a quella che è stata riscontrata nell’uomo.

Unica eccezione è questo lavoro, datato 1998, che include il consumo del bovino o del suino, rispetto al pollo, tra i fattori di rischio per le neoplasie mammarie nei cani femmina; tuttavia, nello studio si valutava tra i fattori di rischio anche l’obesità, che può essere la causa principale dello sviluppo di queste neoplasie e che può essere legata al fatto che le carni di questi due animali sono più grasse rispetto alla carne di pollo, con cui sono state paragonate: ad oggi la letteratura scientifica non mostra evidenze (o anche ipotesi) secondo le quali le carni rosse possono essere correlate ad un maggior rischio di neoplasie nel cane e nel gatto.

E quindi, nessuna differenza?

Ad un’analisi attenta, alcune differenze tra il consumo di carni definite in modo generico “rosse” e in modo generico “bianche” si può trovare, come la leggera differenza di digeribilità o l’apporto calorico medio dei diversi tipi di carne; vale quindi la pena, quando scegliamo che cosa fornire al cane o al gatto, scegliere le carni da utilizzare con attenzione.

Questo però non giustifica frasi come “il mio cane è intollerante alle carni rosse” (al massimo alla carne bovina, o alla carne suina, e comunque… intollerante o allergico?), oppure “le carni rosse fanno male ai reni” (che non è vero), o ancora che “le carni bianche sono più leggere” (di cui non si capisce bene il significato: sono meno grasse? sono più digeribili?). Purtroppo, le soluzioni “semplici” in medicina sono approssimative, e questo può portare ad errori di valutazione che possono avere effetti anche negativi sulla salute dell’animale (ad esempio, una paura ingiustificata della carne rossa potrebbe portare qualche proprietario a sostituire le proteine della carne con dei legumi, che forniscono proteine di qualità nettamente più bassa ai nostri animali rispetto alla carne).

Nel cane e nel gatto le differenze tra carni bianche e carni rosse sono ancora più limitate rispetto a quelle che possiamo notare nell’uomo, e non è quindi giustificato, dal punto di vista nutrizionale, parlare di “carni bianche e rosse” in modo generico; in base alle specifiche patologie, è da preferire concentrarsi sulle specie animali di provenienza della carne, e se possibile anche sulle diverse qualità, sui diversi tagli, eventualmente sul metodo di allevamento, per fornire un’alimentazione che sia davvero su misura per il cane e per il gatto.

 

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