Gregorio Preti risarcito. Il caravaggismo apparente e cento nuove tracce di ricerca (1).

di Massimo PULINI

Il caravaggismo apparente di Gregorio Preti. Cento nuove tracce di ricerca

Atto primo

È divenuta proverbiale la laconica definizione del tracciato esistenziale di Mattia Preti contenuta in un saggio di Roberto Longhi del 1913 uscito su ‘La Voce’, nel quale, dopo aver tracciato il profilo artistico del cavalier calabrese scrisse:

“…Ora, un po’ di biografia di cronologia di documenti. Nacque nel 1613 e morì nel 1699[1].

Forse non vi era modo più sprezzante e al contempo più incisivo per attestare la scelta di una critica figurativa pura, che intendeva mettere al vertice di ogni argomento estetico le opere. Secondo il grande critico quelle dovevano essere elevate a testi documentari, a prove inoppugnabili del valore o del disvalore di un artista. L’occasione scelta, il tema di Mattia Preti e dell’innesto tra naturalismo caravaggesco e ariosità barocca, era dunque esemplare di per sé, anche in assenza di ulteriori elementi processuali.

Gregorio Preti, Autoritratto ( in Gregorio e Mattia Preti, Allegoria dei Cinque Sensi; particolare dopo il restauro)

La stessa cosa sarebbe suonata tuttavia in modo molto diverso se al posto di Mattia ci fosse stato suo fratello Gregorio. Se non attraverso documenti archivistici il percorso stilistico di questi, per esser minimamente compreso, va almeno incorniciato in un orientamento geografico e cronologico che ne restituisca la formazione, il carattere e le inclinazioni professionali. Se giudicassimo Gregorio Preti solo dalle sue opere andremmo quasi certamente incontro a un fatale equivoco, perché saremmo spinti, per consuetudine storiografica, a leggere uno stile di livello inferiore come atto conseguente, confondendo così la successione dei fatti. Il solo sapere che Gregorio era nato dieci anni prima di Mattia (Gregorio ‘del Prete’ nasce a Taverna nel 1603 e muore a Roma nel 1672), fa mutare lo scenario in cui si compiono le azioni e costringe a uno sforzo di relazione più complesso del puro confronto agonistico tra le opere.

Certamente anche i dipinti di Gregorio hanno una propria eloquenza, ma ritengo possano leggersi meglio alla luce di un diverso modo di concepire la vita, precisamente la vita, oltreché l’arte. Rispetto al fratello, minore di età e indiscutibilmente maggiore di talento, Gregorio dimostra nelle sue invenzioni di privilegiare l’uso di formule fisiche che ricorrono, innestandosi a una struttura compositiva solo in apparenza poggiata sul naturalismo. Si registra in realtà la persistenza di un pensiero ispirato a una formazione di maniera e non è di certo sufficiente uno sfondo scuro o qualche ombra marcata a restituire dimensione caravaggesca alla sua pittura.

Rapidità esecutiva e attitudine al mestiere, disponibilità di adattamento alle tematiche più varie e forse anche a compensi non sempre elevati, sono ciò che ci restituisce la mole di opere prodotta e il riemergere copioso di queste dai territori meno immaginabili della penisola ci invita a uno sforzo di considerazione. In questi ultimi due decenni, tanto è recente il succedersi delle ricerche che hanno segnato la nuova nascita del pittore[2], si sono potute recuperare alla conoscenza decine di pale d’altare e tele da cavalletto, un’intera serie di apostoli e scene da taverna che spingerebbero all’idea di un singolare tipo d’artista girovago. Verrebbe quasi da immaginarselo nel mettere in sacco un collaudato repertorio di storie e figure, per compiere il ‘giro delle sette chiese’ al fine di sbarcare il lunario.

Ma a dire il vero i documenti attestano una stanzialità romana difficile da eludere [3] e la capillarità di committenze che sta emergendo dalle Marche all’Emilia, dal Lazio al Piemonte, dalla Toscana all’Umbria, dalla Puglia alla Campania, senza escludere nemmeno la Corsica, va resa compatibile con il ritmo di presenze estratto dagli archivi dell’Urbe. Il suo stesso impegno organizzativo, per l’Accademia di San Luca e per la congregazione dei Virtuosi del Pantheon, è registrato in una messe di annotazioni che almeno una o due volte all’anno certificano “Gregorio de Preti pittore” a Roma.

Discorso a parte riguarda Taverna, la patria calabrese, che si può dire conservi un’antologia di tutti i periodi creativi di Gregorio, fatto che trova piena giustificazione nei mai recisi rapporti coi tanti conterranei che frequentavano Roma, dove l’artista è registrato almeno dal 1624, dall’età di ventuno anni.

Alcuni di questi rapporti furono talmente amicali da essere definiti ‘amorevoli’[4], anche entro la fredda compilazione di atti burocratici. Le fonti ci riportano frammenti di una sensibile personalità e quando intorno al 1630 il fratello lo raggiunse in Tevere, sappiamo che, come ci informa Padre Sebastiano Resta[5]:

…per tirarlo avanti e mantenerlo alla pittura esso (Gregorio), si mise a lavorar per bottegari, che allora erano ricchi e facevano lavorare, onde lavorò per il coloraro Nasini alla Sapienza”.

Quel “mantenerlo alla pittura” significava allora coprire il pagamento di una retta perché Mattia potesse andare al seguito di un bravo maestro e, dopo essersi informato sulle botteghe romane dei classicisti e dei caravaggeschi, quell’insegnante di certo va identificato in Guercino, come attesta senza equivoco il De Dominicis[6] che parla di un periodo passato in Emilia, vale a dire a Cento di Ferrara.

1. Gregorio Preti, Madonna col Bambino Maddalena e San Francesco, Taverna, chiesa di San Domenico

Rimane invece ancora più incerta la formazione di Gregorio stesso, che forse era avvenuta in forma contraddittoria, se il De Vecchi elenca lo Spagnoletto (Jusepe De Ribera) e Domenichino (Domenico Zampieri) come i suoi due maestri.

È immaginabile che il nome del Ribera sia stato avanzato senza troppo fondamento, nell’intento di cercare un capofila meridionale del caravaggismo, mentre il riferimento al bolognese Domenichino, che per tutti gli anni Venti teneva bottega e scuola a Roma, potrebbe risultare credibile, anche in ordine agli orientamenti espressivi della prima stagione di Gregorio Preti.

La pala della chiesa di San Domenico a Taverna, con la Madonna col Bambino, Santa Maria Maddalena e San Francesco (Foto 1), compiuta a Roma intorno al 1632, è esemplare in tal senso e declina, per una destinazione periferica, un tenerissimo verbo classicista che Domenico Zampieri professava e insegnava da tempo. La fortuna pedagogica del bolognese, forse ancora più rilevante delle sue opere, trovava solidità teorica nell’eredità carraccesca e nel pensiero di una misura aulica coniugata al sentimento.

Rimasero suggestionati dal magistero di Domenichino molti artisti nati nei primi anni del XVII secolo e giunti a Roma da varie parti d’Europa.

Da Giambattista Salvi (Sassoferrato 1609 – Roma 1685) a Giandomenico Cerrini (Perugia, 1609 – Roma, 1681), da Michele Desubleo (Maubeuge, 1601 – Parma, 1676) a Raynaud Levieux (Nîmes 1613 – Roma 1699), da Luigi Gentile (Bruxelles 1606 – 1667) e, più indirettamente, a Lorenzo Greuter (Roma 1620 – 1668), ma il gruppo qui elencato e incompleto, seppe diramare quel fiume ideale di pensiero in un fertile delta barocco.

Può allora tornare utile presentare alcune attribuzioni a Gregorio Preti per quadri appartenenti a una fase giovanile, pienamente collegata a quel clima, arcadico nel racconto e classicista nello stile.

2. Gregorio Preti, Apollo e le muse, già New York, Sotheby 30 gennaio 1998 (come scuola genovese del XVII secolo)

Il 30 gennaio 1998 transitava alla Sotheby’s di New York una vasta tela che sin dal tema si iscriveva a quel partito artistico, anche se venne allora interpretata come opera di anonimo genovese del Seicento. Ritengo possa invece irrobustire la prima stagione del nostro artista della Taverna calabrese, una fase conosciuta attraverso poche unità di lavori, ma collocabile sul finire degli anni Venti o poco dopo. L’opera raffigura un Apollo musico circondato dalle nove muse (Foto 2), e denota la conoscenza di altre interpretazioni dell’allegoria mitologica, con fraseggi compositivi ben articolati e una dose di grazia che lascia immaginare uno stile consolidato e fluido.

Viene alla mente l’analoga scena trattata dal Gramatica (già presso Voena+Robilant), che rappresenta un’altra forma ossimorica nel rapporto tra ideale e naturale. Altre due tele inedite si collocano nel medesimo frangente operativo e si trovavano nel mercato antiquario cesenate senza alcuna indicazione, ma provenienti da una importante famiglia del territorio.

4. Gregorio Preti, Angelica e Medoro, già Cesena, collezione privata (come anonimo)
3. Gregorio Preti, La toletta di Venere, già Cesena, collezione privata (come anonimo)

Una Toletta di Venere (Foto 3) posta a pendant di un’Angelica e Medoro (Foto 4), e in questa coppia la narrazione erotica lascia il passo a una classicità quasi timida, discreta, priva di un vero aggetto fisico e contenuta in un disegno che chiude in sé le forme. Vedendo opere di questa specie, dominate da una luce diffusa, è difficile immaginare la successiva svolta notturna, così come la ridotta consistenza dei corpi non prelude ad alcun naturalismo carnale.  

5. Gregorio Preti, Sant’Orsola, Pesaro, Musei Civici (come Antonio Gherardi)

Associo al gruppo di precoci novità anche un Busto di Sant’Orsola (Foto 5) del Museo Civico di Pesaro, che pur manifestando una matrice ‘gregoriana’ dimostra un livello oggettivamente più raffinato, che forse già usufruisce della presenza in bottega di Mattia.

Ritengo vada inoltre ascritto a Gregorio, con non più di marginali aggiunte del fratello, il grande dipinto col Trionfo d’Amore (Foto 6 e particolari) di collezione privata, che John Spike aveva assegnato al Preti più famoso[7].

Lo so, non risulta molto divertente e nemmeno sempre utile, trasferire dal catalogo di Mattia a quello di Gregorio le opere più stanche e rustiche della fase in nero, l’abitudine ormai consolidata è infatti quella di spostare le redazioni di più sciatta stesura, ma non è questo l’esempio e trovo invece fondamentale un chiarimento che dia distinzione una volta per tutte alla prima vocazione espressiva del fratello maggiore, precisandone l’ascendenza manierista e l’appartenenza a una sensibile parte del classicismo.

6. Gregorio Preti, Trionfo di Amore, Collezione privata, particolare (come Mattia Preti)
6. Gregorio Preti, Trionfo di Amore, Collezione privata; particolare (come Mattia Preti)
6. Gregorio Preti, Trionfo di Amore, Collezione privata; generale (come Mattia Preti)

È il caso di una Raccolta della Manna, passata sul mercato antiquario come opera di Mattia il 27 febbraio 2007 (Foto 7), o di un’Offerta a Venere di collezione privata (Foto 8), tutte prove che vanno considerate invenzioni di Gregorio.

7. Gregorio Preti, Raccolta della manna, già mercato antiquario 27 febbraio 2006 (come Mattia Preti)
8. Gregorio Preti con aiuto di Mattia, Offerta a Venere, Collezione privata.

Lo stesso Mattia venne catturato inizialmente da quelle narrazioni arcadiche e nella bottega del fratello collaborò a certi intrattenimenti idilliaci, ma ne espresse alcuni anche in autonomia creativa come prova il Baccanale del Museo di Tours. Siamo tenuti ad immaginare però che la regia di queste ambientazioni aperte e luminose fosse affidata a Gregorio in qualità di capo-bottega, anche se sarà arduo separare, alla nostra distanza, il grano dalla crusca.

Per queste opere viene alla mente la risposta che i tre Carracci (Agostino, Annibale e Ludovico), diedero a chi chiedeva loro di distinguere le parti degli affreschi di palazzo Fava a Bologna: “li abbiamo fatti Noi[8].

Restano dipinti ancora in bilico come un Abramo e i tre angeli, passato a Londra, presso la Sotheby’s il 10 luglio 2014, come opera di anonimo napoletano del XVII secolo) (Foto 9), ma col tempo la ricerca restituirà a Gregorio un ruolo più ampio.

9. Gregorio Preti, Abramo e i tre angeli, già Londra, Sotheby’s 10 luglio 2014 (come anonimo napoletano del XVII secolo)

Tornando al suo teatro pittorico e tentando una sintesi di giudizio, nel percorso stilistico di Gregorio è possibile registrare una stagione ispirata alla grazia e una caratterizzata dalla maschera. La prima, intrisa di danza e ‘buona maniera’ è di ispirazione bolognese e coincide col tempo in cui l’artista non si era ancora posto il pensiero di un ‘aggiornamento’, mentre la seconda, quella in apparenza caravaggesca, ha il sapore di una scelta non intimamente compresa.

Ho il sospetto che il suo primo mondo estetico fosse più sincero e che la facciata da caravaggista sia stata indossata da Gregorio in modo approssimativo, senza mai tanta verità e forse senza nemmeno troppa convinzione. Con l’andare del tempo i primi risultati positivi del fratello minore, che diedero a questi immediata fama e successo economico, spinsero Gregorio ad una virata di campo della bottega.

È questo, per tornare a dar ragione a Longhi, a trasparire nettamente dalle sue opere tarde, che fanno maniera spiccia della componente naturale. Maschere dall’espressione semplificata sono i tanti volti ad occhi sgranati, in qualche caso prossimi al vacuo e comunque lontani dal definire un individuo e la sua specifica umanità.

Ritengo tuttavia si setacci qualcosa di sincero anche tra le figure che affiorano dall’ombra e forse appartengono a una fase intermedia alcuni componimenti di felice affettuosità, come i Cinque sensi battuti a New York nel 2000 (Foto 10)

10. Gregorio Preti, I Cinque Sensi, già New York, mercato antiquario 27 gennaio 2000

e uno Sposalizio mistico di Santa Caterina (Foto 11),

11. Gregorio Preti, Sposalizio mistico di Santa Caterina, , già Londra, Christie’s South Kensington 6 luglio 2005 (come anonimo bolognese del XVII secolo)

che qui propongo dopo il suo passaggio sul mercato antiquario come opera di scuola bolognese, accostandolo a un Presepe romagnolo (Foto 12), che ha pubblicato Tommaso Borgogelli, ma che in autonomia anche io avevo riferito a Gregorio[9].

12. Gregorio Preti, Adorazione dei pastori, Modigliana (FC), Chiesa di San Domenico

L’Adorazione dei pastori di Modigliana, così filiforme e discreta nel sentimento, aderisce alla poetica degli affetti che innerva varie correnti del classicismo romano, da Domenichino a Pietro da Cortona.

Un altro acuto ricercatore, Giuseppe Porzio, ha reso nota una importante pala d’altare raffigurante la Presentazione al Tempio, (Foto 13) conservata nel Museo Civico di Viterbo, togliendola con coraggio dal catalogo di Antiveduto Gramatica dove era stata inserita dal Longhi[10].

13. Gregorio Preti, Presentazione al Tempio, Viterbo, Museo Civico (particolare) (attribuzione di Giuseppe Porzio)

Sono tutti testi pittorici nei quali l’autore sembra passare prima dal sentimento che dalla forma, innestando ai suoi canoni una poetica degli affetti che ha dignità propria, ancora lontana dal fratello e pure dallo spirito dei caravaggeschi.

Ci saranno altri momenti ibridati anche nella piena maturità e certe richieste tematiche faranno tornare a galla l’originaria matrice di maniera. L’Allegoria per la famiglia Pamphilj (Foto 14) è uno di questi esempi nei quali la componente decorativa prevale sul chiaroscuro e il racconto si dispiega inserendo anche uno sguardo profondo e una prospettiva di veduta cittadina.

14. Gregorio Preti, Allegoria della famiglia Pamphilj, Bastia (Corsica), Museo (l’attribuzione è di Giuseppe Porzio).

Con queste considerazioni non intendo di certo annullare l’interesse verso la fase in nero dell’artista, così come non vanno sottaciuti alcuni apici compositivi di grande suggestione quali il San Sebastiano curato da Irene di Las Cabannes (Foto 15) o il David che trascina la testa di Golia, già al County Museum di Los Angeles (Foto 16) che sanno superare, per suggestione e sentimento, molte opere ben più organiche al caravaggismo.

 15. Gregorio Preti, San Sebastiano curato, Las Cabannes (Francia), Chiesa di San Marziale (attribuzione di Roberto Contini)

Luigi Spezzaferro, con non poche ragioni, si era espresso in modo tranciante e categorico sulle qualità di Gregorio e nel contribuire alla prima mostra intestata a questi, si sfilò nettamente dal coro celebrativo[11].

La mia posizione cerca tuttavia di operare un distinguo tra ‘genuinità’ e ‘mestiere’, provando a evidenziare come il suo naturalismo sia più di facciata che di sostanza. Attraverso questo caso emblematico si può anche sostenere che il caravaggismo, pur essendo anch’esso basato sul teatro, mal sopporti un eccessivo grado di finzione, mentre la scena arcadica, dichiarandosi favolistica ‘a priori’ sia una ideale prosecuzione del manierismo e trovi armonia proprio nel fingere. È forse per questa ragione che apprezzo maggiormente la fase del ‘classicismo in chiaro’ di Gregorio. Cionondimeno anche il suo ‘manierismo in ombra’ ha un proprio carattere e riesce a distinguersi nitidamente dai partigiani del Merisi, sicché, in questi anni, ho potuto agevolmente riconoscere una ingente mole di opere inedite che presento ora quasi in forma di repertorio. Le dimensioni di tale raccolta mi spingono a non dilungarmi in descrizioni che rischierebbero il prolisso e la sterilità, anche se ognuno dei dipinti avrebbe meritato specifica analisi. Mi limito a mettere in nota, là dove mi è possibile, i dati tecnici, l’ubicazione delle pitture e la precedente classificazione[12]. Forse ancor più di qualsiasi commento credo infatti sia eloquente, circa la propensione operativa di Gregorio, proprio la vastità corsiva e la natura dinamica della sua pittura.

Tanto ci racconta di lui anche la disseminazione delle opere nel territorio della nostra penisola al punto che se ne potrebbe fare davvero una cartina costellata di bandierine rosse. Analoga riflessione si può compiere sul ventaglio di nomi, errati ma significativi, che le opere portavano prima del riconoscimento. Se la generica definizione di scuola piemontese, genovese, emiliana, romagnola, marchigiana, napoletana o abruzzese può derivare dalla collocazione, stupiscono le assegnazioni più mirate che andavano da Lorenzo Pasinelli a Pietro Paolini, da Jusepe de Ribera a Andrea Vaccaro, da Girolamo Troppa a Pasqualino Rossi, da Leonello Spada a Benedetto Gennari, vale a dire un impensabile trasformismo degli stili.

16. Gregorio Preti, David con la testa di Golia, Già Los Angeles County Museum (attribuzione di Tommaso Borgogelli)

Volti ovali, nasi allungati e occhi smarriti, talvolta al limite dell’attonito, riecheggiano in queste tele e raccontano un processo creativo che non presuppone l’utilizzo di modelli in posa, di individui che sostavano in bottega per venir ritratti.

Quello di Gregorio Preti è un processo quasi essenzialmente mnemonico, è il ricordo del corpo a prevalere sul dato naturale, così gli attori delle sue scene assumono fisionomie sommarie che risultano spesso enfatizzate mentre in altri casi appaiono impoverite di quegli affetti che avevano sostenuto la prima stagione creativa. Resta sul palco della pittura la maschera recitativa, sostenuta da una sintesi formale, che sembra puntare al minimo dispendio di cura, quasi fosse un atteggiamento da decoratore parietale applicato alle opere da cavalletto.

Di certo, nel lungo arco professionale, viene affrontato da Gregorio tutto il ventaglio tematico del caravaggismo, dall’Incredulità di San Tommaso alla Decollazione del Battista, dal racconto della Passione di Cristo alla Negazione di Pietro, dai Concerti in taverna alle Allegorie dei Cinque sensi, dalla Cena in Emmaus alla Resurrezione di Lazzaro vale a dire quanto di più notturno poteva offrire l’iconografia riformata, ma resta innegabile il carattere corsivo e sommario di quella adesione, un atteggiamento quasi antitetico allo scandaglio ottico dei caravaggeschi.

Sarà la straordinaria progressione creativa di Mattia a dare a Gregorio un riverbero indiretto e fors’anche una fortuna parallela di committenze che veicolerà la sua espansione geografica.

Gran parte degli inediti che rendo noto è stata individuata nel corso di lunghi anni di ricerca e nello scandaglio di cataloghi d’aste e archivi museali, ma anche delle schedature dei beni ecclesiastici, che in particolare hanno consolidato il pensiero di una bottega di Gregorio versatile e dinamica, capace di farsi strada anche in province remote per offrire i propri servigi artistici alle più varie categorie sociali.

Vi si possono trovare risultati di alterna qualità e magari periodizzazioni che in futuro potranno essere meglio definite, ma questo prismatico corpus attributivo, che contiene anche gemme di limpida invenzione, credo restituisca soprattutto un pittore dalla multiforme versatilità e dall’irrefrenabile spirito fabbrile.

Sul finire di questo saggio e a chiusura delle oltre settanta nuove opere mostrate in questa prima parte, ho posto tre dipinti che serviranno da cerniera verso il secondo atto della mia indagine sull’artista calabrese. I busti di un Salvator Mundi e di una Vergine in preghiera, ma anche di un San Giacomo Minore e Sant’Andrea, appaiati tra loro, serviranno da ponte ad altre inedite serie di Apostoli che intendo presentare nel seguito di questa fortunata ricerca. Credo infatti sia nell’intimità ispirata dai primi seguaci di Cristo, espressa in forma di ritratti ideali, che Gregorio Preti ha saputo elevare le sue doti migliori.

Massimo PULINI  Montiano, 18 gennaio 2023

17. Gregorio Preti, Incredulità di San Tommaso, San Cipriano di Serra Riccò, Monastero dell’Annunciazione (come anonimo meridionale)
18. Gregorio Preti, Angelo di Tobiolo, già Parigi, mercato antiquario 25 giugno 2019 (come Ribera)
 19. Gregorio Preti, Sant’Agostino e Sant’Ambrogio, Diocesi di Massa Carrara Pontremoli (come ambito italiano)
20. Gregorio Preti, Erminia e Tancredi, già Milano, Finarte 17 dicembre 2001 (come Lorenzo Pasinelli)
21. Gregorio Preti, Maddalena in meditazione, Parigi asta Millon, Parigi, 8 dicembre 2020 con giusta attribuzione.
22. Gregorio Preti, Ester e Assuero, già mercato antiquario 30 gennaio 2020 (come scuola italiana del XVII secolo)
23. Gregorio Preti, Il tributo della moneta, già Castelfranco Veneto, Galleria Cecchetto e Prior (come Mattia Preti)
24. Gregorio Preti, Salomé con la testa del Battista, già Mercato antiquario 24 ottobre 2019 (l’attribuzione è di Yuri Primarosa).
25. Gregorio Preti, Negazione di Pietro, già Genova Cambi aste, 17 maggio 2017 (l’attribuzione è di Francesco Gatta).
26. Gregorio Preti, Ecce Homo, Reading (GB), Museum, Town Hall (come anonimo romano)
27. Gregorio Preti, Cristo affida il calice a San Giovanni Evangelista, Quimper (Fr), Finistère, Vescovado
28. Gregorio Preti (con ridipinture), Cena in Emmaus, già Milano, Christies 22 maggio 2007 (come anonimo napoletano).
29. Gregorio Preti, Elia nutrito dal corvo, Palasca, Corsica, parrocchiale (come anonimo napoletano).
30.Gregorio Preti, Sacrificio di Jefte, Reggio Emilia, Musei Civici (l’attribuzine è di Alessio Bartolucci)
31. Gregorio Preti, San Liborio, Sabina Poggio Mirteto, Diocesi (come bottega romana marattesca)
32. Gregorio Preti, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, Fonte Avellana, Monastero (come anonimo caravaggesco)
33. Gregorio Preti, San Girolamo, già Londra, mercato antiquario (come scuola di Ribera)
34. Gregorio Preti, San Giovenale e san Nestore,Leonessa, Chiesa di San Carlo  (come ambito dell’Italia Centrale).
35. Gregorio Preti, Il pentimento di Pietro, San Benedetto del Tronto, Diocesi (come ambito marchigiano)
36. Gregorio Preti, Santa Caterina d’Alessandria, già mercato antiquario 29 ottobre 2010 (come Andrea Vaccaro)
37. Gregorio Preti, Sant’Elena e il ritrovamento della vera Croce, Terni, Museo Diocesano (come Girolamo Troppa)
38. Gregorio Preti, San Sisto, San Francesco e San Giovanni Battista, Cauro (Corsica), Parrocchiale di Sainte Barbe (come anonimo)
39. Gregorio Preti, Istituzione dell’eucarestia, Saliceto, Parrocchia di San Lorenzo (l’attribuzione è di Giuseppe Porzio)
40. Gregorio Preti, Lavanda dei piedi, Saliceto, Parrocchia di San Lorenzo ((l’attribuzione è di Giuseppe Porzio).

41. Gregorio Preti, Lavanda dei piedi, Già Genova Aste Cambi 15 giugno 2022 (come scuola italiana del XVII secolo).
42. Gregorio Preti, Martirio di Santo Stefano, già Madrid, Aste Ansorena, dicembre 2021 (come scuola napoletana).
43. Gregorio Preti, Gesù tra i dottori, collezione privata (come anonimo, altra versione Londra, National Gallery).
44. Gregorio Preti, Fuga in Egitto, (in fase di restauro) Collezione privata (come anonimo)
45. Gregorio Preti, Santo Stefano e altro Santo, già Londra, mercato antiquario 17 ottobre 1997 (come Pacecco de Rosa).
46. Gregorio Preti, Vestizione di san Carlo Borromeo, già Parigi, Artcurial 20 gennaio 2016 (come Pasqualino Rossi).
47. Gregorio Preti, Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Carlo Borromeo e Antonio da Padova, Cerveteri, Chiesa di San Michele (l’attribuzione è di Yuri Primarosa).
48. Gregorio Preti, San Giovanni evangelista a Patmos, L’Aquila, Diocesi (come ambito aquilano).

 

49. Gregorio Preti, Trionfo di David, già Londra, Sotheby’s 7 febbraio 1979 n. 63 (come Pacecco de Rosa)
50. Gregorio Preti e bottega, Trionfo di David, Oslo, collezione privata (come anonimo napoletano)
51. Gregorio Preti, Lot e le figlie, Villeneuve (CH), collezione privata (come anonimo italiano del XVII secolo).
52. Gregorio Preti, Ecce Homo, Roma, collezione privata (come anonimo reniano).
53. Gregorio Preti, Sant’Andrea, Cesena, collezione privata (come anonimo).
54. Gregorio Preti, San Francesco, già Vienna, Dototheum 10 dicembre 2015 (come anonimo napoletano del XVII secolo).
55. Gregorio Preti, Testa virile, già Parigi aste Drouot 17 giugno 2015 (come Beinaschi).

56. Gregorio Preti, Ragazzo con vassoio di frutta, Mercato antiquario 16 settembre 2018 (come school of Caravaggio).
57. Gregorio Preti, Anfiminio e Anapia, collezione privata (come Mattia Preti).
58. Gregorio Preti, Susanna e i vecchioni, Madrid collezione privata (l’attribuzione è di Gianni Papi).
59. Gregorio Preti, Susanna e i vecchioni, già Parigi, Drouot 28 marzo 2001 (come anonimo).
60. Gregorio Preti, San Sebastiano, già mercato antiquario 19 gennaio 2009 (come Mattia Preti).
61. Gregorio Preti, San Sebastiano, già Milano, Finarte 12 giugno 2001 (come seguito di Caravaggio).
62. Gregorio Preti, Martirio di San Bartolomeo, già mercato antiquario 12 dicembre 2019, (come scuola italiana del XVII secolo).
63. Gregorio Preti, Gregorio Preti, Pietà e dolenti, già Genova, aste Cambi 23 novembre 2022 (come artista meridionale del XVII secolo).
64.Gregorio Preti, Santa martire, già mercato antiquario 13 dicembre 2002 (come Francesco Guarino).
65. Gregorio Preti, Erminia, Philadelphia collezione privata (come Mattia Preti)
66. Gregorio Preti, Busto di giovane donna con moneta in mano, Columbus, Ohio, Museum of Art (come Mattia Preti).
67. Gregorio Preti, Giuditta con la testa di Oloferne, già mercato antiquario 10 maggio 2022 (come scuola bolognese del XVII secolo).
68. Gregorio Preti, Due fanciulli piangenti, Roma, Semenzato, 2 dicembre ’99 (come anonimo).
69. Gregorio Preti, Salomé con la testa del Battista, già Parigi, Thierry de Maigret 29 giugno 2011 (come Leonello Spada).
70. Gregorio Preti, Negazione di Pietro, già Parigi, Drouot 12 giugno 2012 (come Leonello Spada).
71. Gregorio Preti, La guarigione dell’idropico, Milano, Itineris 20 dicembre 2018 (come scuola emiliana del XVII secolo).
72. Gregorio Preti, Tributo della moneta, Milano, Itineris 20 dicembre 2018 (come scuola emiliana del XVII secolo).
73. Gregorio Preti, Salvator Mundi, Parma, Galleria Nazionale (come anonimo).
74. Gregorio Preti, Vergine in preghiera,, già mercato antiquario 24-25 giugno 2017 62 x 50 (come anonimo italiano del XVII secolo).
75. Gregorio Preti, San Giacomo minore e San Filippo, Diocesi di Manfredonia Vieste San Giovanni Rotondo (come anonimo meridionale del XVII secolo).

NOTE

[1] Roberto Longhi, Mattia Preti (Critica figurativa pura), in “La Voce”, V (1913), n. 41, pp. 1171-1175.
[1] Si può affermare che la rinascita dell’artista sia coincisa con la monografia di John Spike (Gregorio Preti, i dipinti, i documenti, 2003) e la mostra “Gregorio Preti, calabrese (1603-1672). Un problema aperto” a cura di Rossella Vodret e Giorgio Leone, Cosenza 2004, p. 114. Le meritorie iniziative hanno dato un forte impulso alle ricerche di vari altri studiosi e per quel che riguarda la mostra di Cosenza, oltre all’impostazione documentaria data dai due curatori, si avvalse di numerosi contributi, che qui elenco sommariamente rimandando ai loro saggi in catalogo: Claudio Strinati, Giuseppe Valentino, Massimo Pomponi, Raffaella Morselli, Maurizio Marini, Dalma Frascarelli, Laura Testa, Luigi Spezzaferro, Sandro Corradini, Emilia Spina, Monica Turco, Giovanni Aita e Caterina Bagnato. Alla monografia di Spike e al pool della mostra cosentina si deve un consistente recupero della figura di Gregorio.
[3] Nato nel 1603 a Taverna in Calabria Gregorio Preti, chiamato spesso negli atti “Gregorio del Prete”, è documentato dal 1624 fino al 1672 a Roma con una fitta cadenza di atti che ne testimoniano la presenza e l’impegno in associazioni artistiche di alto livello, come l’Accademia di San Luca e i Virtuosi del Pantheon. Cionondimeno vanno messi in conto dei viaggi di lavoro che possono comodamente iscriversi entro questi punti fermi romani.
[4] Nel regesto documentario pubblicato nel catalogo della mostra cosentina del 2004, alla data 1668, vi è il “processetto per l’accertamento dello stato libero del pittore Gregorio Preti e della sua futura sposa Santa Duchetti” dove i due testimoni di Gregorio, entrambi di Taverna, parlano di rapporti di amicizia ‘amorevoli’ (op. cit 2004, p.99).
[5] Sulle testimonianze di Padre Sebastiano Resta vedi B. De Dominicis, Vite de Pittori, Scultorined Architetti Napoletani, 3 vol. Napoli 1742-45, p. 315; e G. Nicodemi, Le Note di Sebastiano Resta ad un esemplare dell’Abbecedario pittorico di P.A. Orlandi, in “Studi storici in memoria di Mons. Angelo Mercati”, Milano 1956, p. 265.
[6]  Vedi Notizie della vita del Cavaliere Fra Mattia Preti scritte da Bernardo de’ Dominici in Vite dei pittori, scultori, ed architetti napoletani, Napoli, 1742 dove si ricavano molte informazioni importanti anche per Gregorio e soprattutto si chiarisce che il maestro principale di Mattia Preti fu Guercino (scelgo dunque di pubblicare in questa nota un ampio stralcio di quella biografia): ”sentendo che Gregorio suo fratello avea grido di buon Pittore a Roma, ed invitato ad andare colà dal medesimo, che ricordavasi della di lui abilità nel disegno, senza curar punto delle preghiere della madre, quasi fuggiasco partì dalla patria, accompagnandosi con alcuni mercatanti di seta, e dopo brieve dimora in Napoli, a Roma si condusse. Giunto in quell’alma città, fu amorevolmente accolto da Gregorio, e quindi incaminato ne severi studi di Filosofia, e di Matematica, e specialmente di Prospettiva e di Architettura, e confortato alla lettura delle Sacre e Profane Istorie, in ciascuna delle quali facoltà egli eccellente divenne. Ma perché (come abbiam detto) il genio di Mattia era inclinato al disegno, ei volle soprattutto che il fratello lo istruisse nelle buone regole di esso, e fra poco spazio di tempo si trovò molto innanzi, non ostante le difficoltà, sicchè ormai con franchezza maneggiava il matitatojo, quindi fiorendo in Roma vari incomparabili maestri, lumi della pittura, s’ingegnò Mattia di veder tutti operare, prendendo domestichezze coi loro Discepoli. Gareggiò poi con gli Accademici di S. Luca, bravi disegnatori, e con lo stimolo della emulazione divenne eccellente nel maneggiar la matita, e nel disegno massimamente, poichè col comodo dell’ignudo, esposto nella mentovata Accademia, ei venne a fare acquisto dei perfetti contorni, e dell’intelligenza dei muscoli; la quale nondimeno egli stesso dicea aver più che altrove appresa nella incomparabile Galleria Farnese, dipinta dal grande Annibal Caracci, e nelle opere del Divin Raffaello nelle stanze del Vaticano. Aggiunse a questo studio quello della Notomia per ben intendere il vero sito e ‘l componimento delle ossa, e la struttura de tendini, e de’ nervi, al quale fine diessi con molta riflessione a disegnare l’Ercole Farnese, statua più di tutte opportuna al genio per lo risentimento del muscoli, e per la grandezza de contorni. Venivan però spesso interrotti questi studj dal suo genio inclinatissimo al giuoco della spada; sicchè lasciando il toccalapis, cercava col fioretto segnalarsi nelle cavalleresche Accademie, nelle quali somma lode riportava; quindi siccome era ugualmente invaghito della scherma e della pittura, così cercava ugualmente di conoscere tanto i gran Pittori, quanto i gran Maestri di quella, affinchè in ciascheduna delle due facoltà potesse apprendere la desiderata perfezione. Vivea intanto Gregorio molto amato da cittadini, e pregiato da nobili romani per le sue buone qualità, e per esser veramente buon Pittore, a segno tale che una volta dicesi essere stato eletto Principe della Accademia di S. Luca. Lo amavano, e proteggeano fra gli altri il Cardinale Rospigliosi, e D. Paolo Borghese Principe di Rossano, e gli avevano ottenuto dal Papa l’onore del Cavalierato delle lancie spezzate. Approfittandosi egli adunque della benevolenza del Cardinale, gli raccomandò Mattia, affinchè questi rispettando la protezione d’un tal Personaggio, fusse più circospetto e non così di facile si lasciasse tra sportare da certi impeti, che sogliono accompagnare i professori della scherma, e come infatti era qualche volta accaduto. Riuscì secondo il desiderio il saggio consiglio di Gregorio, imperocchè essendo Mattia di bellissimo e nobile aspetto ed alto della persona, buon parlatore, e bastantemente ammaestrato nei buoni studj; non contento quel Porporato de favori ch’egli largamente gli dispensava, lo introdusse anche nella grazia di D. Olimpia Aldobrandini, Principessa di Rossano, Vedova di D. Paolo Borghese (già protettore di Gregorio Preti siccome è detto) nipote del Duca di Parma, e pronipote di Clemente Ottavo; onde Mattia di bando alle giovanili azioni, ed incominciò ad essere prudente, ed assai diverso di quel di prima. Grande era in Roma l’autorità di D. Olimpia, sì per il nobilissimo sangue da cui ella traeva origine, e sì per la stima che di lei faceva il Pontefice Urbano Ottavo; laonde non fu a lei difficile lo introdurre Mattia nella buona grazia del Papa, il quale pren dendolo a cuore, come prender solea tutti gli uomini ingegnosi, ed eruditi, dichiarollo come il fratello Cavaliere delle Lancie spezzate, e per compiacerlo creò Vescovo di Sutri e di Lodi il nominato D. Marcello Anania prima di lui precettore. Intanto Mattia non contento de fraterni precetti intorno alle difficoltà dell’arti della Pittura, cercava consigli, ed ammaestramenti de migliori Maestri di essa, com’ eran Guido Reni, Domenichino, Lanfranco, ed il Cortona, dimoranti in quel tempo in Roma; ma più di tutto venerava egli l’incomparabile Domenichino, da cui con somma affabilità veniva istrutto nelle buone regole della Pittura; come egli stesso affermava: benchè egli osservasse frequentemente le opere del Cavalier Lanfranco, invaghito sommamente di quel grazioso operare, delle maestose pieghe de panni, e delle grandi invenzioni, e magnificenze di quel gran Maestro, veracissimo imitatore della Correggesca maniera. La stessa copia de valenti uomini faceva sì che Mattia stesse lungamente perplesso, e irresoluto in quale scuola dovesse perfezionare i suoi studj, e benchè la gran fama di Guido Reni lo facesse pensare a trasferirsi in Bologna, ove quel grande Arteice dimorava, contuttociò non sapea determinare la par tenza, considerando che Guido in Roma, poco e da pochi si era lasciato trattare, o sia per una certa sua naturale ritiratezza, che da alcuni veniva chiamata rusticità, e da altri alterezza. Tra questo mentre fu esposto nella Basilica di S. Pietro il quadro della Santa Petronilla dipinto da Guercin da Cento, che non solo rapì l’animo di Mattia e del fratello Gregorio, ma di tutti i Pittori che si trovavano in Roma, e di chiunque lo vide; imperciocchè comparve questo quadro dipinto con tale forza di lumi, ed ombre, con tinta così fresca di carnagione, con sì eccellente, e corretto disegno ed ammirabile componimento, che empì di stupore, non che di maraviglia anche i Professori di prima riga, tanto essi rimasero incantati ed attoniti a quella nuova maniera, ed a quella magìa di colori non più veduta: talchè il Cavalier Lanfranco (Pittore quanto insigne, altrettanto audace non che ardito) ebbe a dire, che quel solo quadro bastava ad atterrir più Pittori. In somma di altra opera in quel tempo non parlavano i Professori, che di questa di Gio: Francesco Barbieri,e parea che d’ogni altra dimenticati si fussero. Rimase adunque ancor’ egli sorpreso il nostro Mattia, e talmente ingombra la sua mente di quella maniera di colorire, che senza frapporvi altro indugio partì per la volta di Cento, invaghito fuor di modo di farsi scolare di così gran Maestro, accompagnato con lettere commendatizie di D. Olimpia, e del Cardinal Rospigliosi al Cardinal Legato di Bologna. In questa città egli trovò il Guercino, e fattogli palese il suo desiderio, aggiuntevi le raccomandazioni del Legato Apostolico, fu ricevuto, ed accolto da quel virtuoso con segni di molta stima, e di amorevolezza, non ostante ch’ egli fusse restìo in accettar discepoli, essendo amico della quiete, e della ritiratezza. S’inganna adunque il Baldinucci nelle notizie dei Professori del disegno allorchè il crede scolare del Cavalier Lanfranco, come altresì il Padre Orlandi nel suo Abecedario Pittorico, dappoichè chi queste cose scrive, l’ha intese dalla medesima bocca del Commendator Mattia, trovandosi in Malta l’anno 1698 con Raimondo de Dominici suo Padre; come ancora molti avvenimenti della sua vita, ed opere da lui dipinte in varie parti; oltre che la maniera stessa lo attesta per Discepolo del Guercino.” (queste riportate sono uno stralcio dall’opuscolo pubblicato a Malta nel 1864 di quella Vita di Mattia Preti scritta dal De Dominicis, le intere pagine 9-12).
[7] J. T. Spike, Mattia Preti, catalogo ragionato dei dipinti, 1999, p. 374.
[8] C.C. Malvasia, Felsina Pittrice, vite dei pittori bolognesi, tomo I. 1678.
[9] Alla vigilia del saggio di Tommaso Borgogelli, Gregorio Preti: una nuova pala romana e altre aggiunte al suo catalogo, (apparso in Bollettino d’Arte nn. 33-34, 2017 pp. 145-154 nota 22), mi ero confrontato con lo studioso marchigiano sull’indipendente attribuzione del dipinto di Modigliana, come lui stesso riporta nelle note,
[10] Giuseppe Porzio “Per una rivalutazione di Gregorio Preti” in Art Italies, n. 18, 2012, pp. 39-45
[11] Luigi Spezzaferro, Per Gregorio Preti: qualche riflessione e alcune ipotesi, in “Gregorio Preti, calabrese (1603-1672). Un problema aperto” a cura di Rossella Vodret e Giorgio Leone, Cosenza 2004, pp. 89-94.
[12] Dati tecnici di tutte le opere pubblicate: (foto 1) Gregorio Preti, Madonna col Bambino, Maddalena e San Francesco, Taverna, chiesa di San Domenico. Olio su tela, cm. 247 x 168. L’opera è documentata a Gregorio con una datazione intorno al 1632, pubblicata varie volte rimando alla scheda di Giuseppe Valentino nel catalogo della mostra “Gregorio Preti, calabrese (1603-1672). Un problema aperto” a cura di Rossella Vodret e Giorgio Leone, Cosenza 2004, p. 114.
(foto 13) Gregorio Preti, Presentazione al Tempio, Viterbo, Museo Civico 2 Il dipinto è stato restituito a Gregorio da Giuseppe Porzio in “Per una rivalutazione di Gregorio Preti” Art Italies, n. 18, 2012, pp. 39-45.
(foto 14) Gregorio Preti, Allegoria della famiglia Pamphilj, Bastia (Corsica), Museo. L’opera venne eseguita tra il 1645 e il 1655.. Anche questo è stato restituito da Giuseppe Porzio nel medesimo testo citato per l’opera precedente.
(foto 15) Gregorio Preti, San Sebastiano curato da Irene, Les Cabannes (Francia), Chiesa di San Marziale, attribuito oralmente da Roberto Contini è stato pubblicato da Tommaso Borgogelli in “Gregorio Preti, le Marche e un nuovo sguardo verso un pittore in ombra”, saggio nel catalogo della mostra “La Luce e i silenzi: Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche”, Fabriano 2019.
(foto 16) Gregorio Preti, David con la testa di Golia, Già Los Angeles County Museum. Il David (olio su tela, cm 145,4 x 114,3), con un riferimento a Vaccaro, è stato venduto dal museo americano in un’asta Sotheby’s, a New York, il 30 gennaio 2014, lotto 252. L’attribuzione a Gregorio Preti è di Tommaso Borgogelli in “Tre dipinti giovanili di Gregorio Preti, una Giuditta con la testa di Oloferne e una sottrazione ad Andrea Vaccaro” in “Barocco in chiaroscuro”, a cura di A. Cosma, Y. Primarosa, Officina Libraria 2020, pp. 92-103.
(foto 17) Gregorio Preti, Incredulità di San Tommaso, San Cipriano di Serra Riccò, Monastero dell’Annunciazione e dell’Incarnazione, pubblicato come anonimo meridionale da Valentina Fiore, vedi “Ordini religiosi femminili tra Genova, Milano e Napoli: relazioni, artisti e committenti” In “Napoli, Genova, Milano. Scambi artistici e culturali tra città legate alla Spagna (1610-1640)”, Atti del convegno di studi, Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 13-14 settembre 2018 e Genova, Palazzo Balbi Cattaneo, 15 settembre 2018 a cura di Lauro Magnani, Alessandro Morandotti, Daniele Sanguineti, Gelsomina Spione, Laura Stagno.
(Foto 18) Gregorio Preti, Angelo di Tobiolo, già Parigi, mercato antiquario 25 giugno 2019 (come Jusepe de Ribera), olio su tela, cm. 82,5 x 72.
(Foto 19) Gregorio Preti, Sant’Agostino e Sant’Ambrogio, Diocesi di Massa Carrara Pontremoli (come ambito italiano), olio su tela, cm. 130 x 90.
(Foto 20) Gregorio Preti, Erminia e Tancredi, già Milano, Finarte, 17 dicembre 2001 (come Lorenzo Pasinelli), olio su tela, cm. 96 x 134.
(Foto 21) Gregorio Preti, Maddalena in meditazione, già mercato antiquario 3 giugno 2010 (come scuola bolognese del XVII secolo), olio su tela, cm. 73 x 95. Tommaso Borgogelli, che ringrazio, mi segnala che l’opera è transitata sotto il nome di Gregorio Preti all’asta Millon, Parigi, 8 dicembre 2020, n. 26.
(Foto 22) Gregorio Preti, Ester e Assuero, già mercato antiquario 30 gennaio 2020 (come scuola italiana del XVII secolo) olio su tela, cm. 106 x 132
(foto 23) Gregorio Preti, Il tributo della moneta, già Castelfranco Veneto, Galleria Cecchetto e Prior, come opera di Mattia Preti. Misure non rilevate.
(foto 24) Gregorio Preti, Salomé con la testa del Battista, olio su tela, cm. 90 x 132, già Mercato antiquario 24 ottobre 2019 (come scuola bolognese). L’opera denota una sintesi formale molto prossima alle tre tele giovanili pubblicate da Tommaso Borgogelli vedi qui le annotazioni alla foto 16. Attribuito da Yuri Primarosa nel suo saggio su Gregorio Preti in “Barocco in chiaroscuro. Persistenze e rielaborazioni del caravaggismo nell’arte del Seicento. Roma, Napoli, Venezia 1630-1680”, 2020.
(foto 25) Gregorio Preti, Negazione di Pietro, olio su tela, cm. 98 x 130, già Genova Cambi aste, 17 maggio 2017 (come opera di Mattia Preti). Attribuito a Gregorio da Francesco Gatta nel suo saggio su Galanino in “Barocco in chiaroscuro….” Op. cit 2020.
(foto 26) Gregorio Preti, Ecce Homo, olio su tela, cm. 94 x 155. Reading (GB), Museum, Town Hall (come anonimo romano).
(foto 27) Gregorio Preti, Cristo affida il calice a San Giovanni Evangelista, Quimper (Fr), Finistère, Vescovado olio su tela, cm. 118,5 x 146.
(foto 28) Gregorio Preti, Cena in Emmaus, già Milano, Christies 22 maggio 2007 (come anonimo napoletano)
Olio su tela, cm. 97 x 134.
(foto 29) Gregorio Preti, Elia nutrito dal corvo, Palasca, Corsica, parrocchiale (come opera di anonimo napoletano e soggetto interpretato come Giobbe).
(foto 30) Gregorio Preti, Sacrificio di Jefte, Reggio Emilia, Musei Civici (come anonimo meridionale), olio su tela, cm. 147 x 110. Sempre Tommaso Borgogelli mi segnala che Alessio Bartolucci ha scritto un saggio monografico sul dipinto in Taccuini d’Arte 2021
(foto 31) Gregorio Preti, San Liborio, Sabina Poggio Mirteto, Diocesi (come bottega romana marattesca), olio su tela, cm. 138 x 63.
(foto 32) Gregorio Preti, San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, Fonte Avellana, Monastero (come anonimo caravaggesco), misure non rilevate.
(foto 33) Gregorio Preti, San Girolamo, già Londra, mercato antiquario 2020 (come scuola di Ribera).
(foto 34) Gregorio Preti, San Giovenale e san Nestore, Leonessa, chiesa di San Carlo (come ambito dell’Italia Centrale) olio su tela, cm. 225 x 140.
(foto 35) Gregorio Preti, Il pentimento di Pietro, San Benedetto del Tronto, Diocesi (come ambito marchigiano), olio su tela, cm. 200 x 120.
(foto 36) Gregorio Preti, Santa Caterina d’Alessandria, già mercato antiquario 29 ottobre 2010 (come Andrea Vaccaro), olio su tela, cm. 133 x 98
(foto 37) Gregorio Preti, Sant’Elena e il ritrovamento della vera Croce, Terni, Museo Diocesano (come Girolamo Troppa), olio su tela, cm. 268 x 194.
(foto 38) Gregorio Preti, San Sisto, San Francesco e San Giovanni Battista, Cauro (Corsica), Parrocchiale di Sainte Barbe (come anonimo italiano), olio su tela, cm. 230 x 130.
(foto 39) Gregorio Preti, Istituzione dell’eucarestia, Saliceto, Parrocchia di San Lorenzo (come anonimo caravaggesco piemontese), olio su tela, cm. 200 x 220.
(foto 40) Gregorio Preti, Lavanda dei piedi, Saliceto, Parrocchia di San Lorenzo (come anonimo caravaggesco piemontese), olio su tela 200 x 220. I due dipinti vennero attribuiti a Gregorio da Giuseppe Porzio, op. cit. 2012 pp. 39-45.
(foto 41) Gregorio Preti, Lavanda dei piedi, Già Genova Aste Cambi 15 giugno 2022 (come scuola italiana del XVII secolo) olio su tela, cm. 208 x 229.
(foto 42) Gregorio Preti, Martirio di Santo Stefano, già Madrid, Aste Ansorena, dicembre 2021 (come scuola napoletana) olio su tela, cm. 98 x 131.
(foto 43) Gregorio Preti, Gesù tra i dottori, collezione privata è la variante di una composizione già nota e conservata a Londra, presso la National Gallery.
(foto 44) Gregorio Preti, Fuga in Egitto, Collezione privata (come anonimo) la foto, di scarsa definizione, mi è stata presentata da un collezionista durante la fase di restauro del dipinto
(foto 45) Gregorio Preti, Santo Stefano e Santo, già Londra, mercato antiquario 17 ottobre 1997 (come Pacecco de Rosa).
(foto 46) Gregorio Preti, Vestizione di san Carlo Borromeo, già Parigi, Artcurial 20 gennaio 2016 (come Pasqualino Rossi) olio su tela, cm. 171 x 120.
(foto 47) Gregorio Preti, Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Carlo Borromeo e Antonio da Padova, Cerveteri, Chiesa di San Michele. Conosco il dipinto attraverso la foto presente nell’archivio della fondazione Zeri dove è classificato come di anonimo romano del XVII secolo. Misure non rilevate. Borgogelli mi segnala che l’opera è stata riferita a Gregorio Preti da Yuri Primarosa nel suo saggio inserito in “Barocco in Chiaroscuro……” op. cit 2020
(foto 48) Gregorio Preti, San Giovanni Evangelista a Patmos, olio su tela, cm. 154 x 102, L’Aquila, Diocesi (come ambito aquilano). Il dipinto è datato 1659 e riporta la seguente iscrizione col nome del committente: “Horatius Ciarullus / hoc opus fieri fecit / ann. Sal. MDCLIX”.
(foto 49) Gregorio Preti, Trionfo di David, già Londra, Sotheby’s 7 febbraio 1979 n. 63 (come Pacecco de Rosa), olio su tela, cm. 122 x 247.
(foto 50) Gregorio Preti, Trionfo di David, Oslo, collezione privata (come anonimo napoletano). Olio su tela, cm. 166 x 119. La foto in bianco e nero dell’opera si trova inserita nell’archivio della Fondazione Zeri come di anonimo napoletano scheda n. 52218.
(foto 51) Gregorio Preti, Lot e le figlie, Villeneuve (CH), collezione privata. La foto del dipinto è presente nell’archivio della Fondazione Zeri come di anonimo (scheda n. 51659). Non vi sono riportate le misure. L’opera è stilisticamente associabile al Trionfo di David di Oslo, vedi nota precedente.
(foto 52) Gregorio Preti, Ecce Homo, Roma, collezione Paolo Bassi (come anonimo reniano), olio su rame, cm. 21,8 x 16,5.
(foto 53) Gregorio Preti, Sant’Andrea, Cesena, collezione privata, olio su tavola, cm. 38 x 21 (come anonimo)
(foto 54) Gregorio Preti, San Francesco, già Vienna, Dototheum 10 dicembre 2015 (come anonimo napoletano del XVII secolo). Olio su tela, cm. 67 x 50,5.
(foto 55) Gregorio Preti, Testa virile, già Parigi aste Drouot (asta Tableaux, sculptures ed dessins anciens….), 17 giugno 2015 (come Giambattista Beinaschi). Olio su tela, cm. 61 x 49,5.
(foto 56) Gregorio Preti, Ragazzo con vassoio di frutta, già Mercato antiquario 16 settembre 2018, olio su tela, cm.  98,5 x 77 (come school of Caravaggio) transitato in precedenza anche il 21 febbraio 2016. Ritengo che questo bel dipinto possa aprire una nuova pista di ricerca tematica ed espressiva.
(foto 57) Gregorio Preti, Anfiminio e Anapia, collezione privata (come Mattia Preti) olio su tela, cm. 200 x 147.
(foto 58) Gregorio Preti, Susanna e i vecchioni, Madrid collezione privata (come Benedetto Gennari in Perez Sanchez, Pintura Italiana del siglo XVII en Espana, 1965 p. 137) ma attribuito a Gregorio da Gianni Papi nel suo saggio in “Il trionfo dei sensi. Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti”, catalogo della mostra a cura di Alessandro Cosma e Yuri Primarosa, Roma 2019.
(foto 59) Gregorio Preti, Susanna e i vecchioni, già Parigi, Drouot 28 marzo 2001, olio su tela, cm. 96 x 130 (come anonimo italiano).
(foto 60) Gregorio Preti, San Sebastiano curato da Irene, già mercato antiquario 19 gennaio 2009 (come Mattia Preti)
(foto 61) Gregorio Preti, San Sebastiano, già Milano, Finarte 12 giugno 2001 (come seguito di Caravaggio), olio su tela, 98,5 x 75.
(foto 62) Gregorio Preti, Martirio di San Bartolomeo, già mercato antiquario 12 dicembre 2019, (come scuola italiana del XVII secolo) olio su tela, cm. 95×72.
(foto 63) Gregorio Preti, Pietà e dolenti, già Genova, aste Cambi 23 novembre 2022 (come artista meridionale del XVII secolo), olio su tela, cm. 50 x 65.
(foto 64) Gregorio Preti, Santa martire, già mercato antiquario 13 dicembre 2002 (come Francesco Guarino). Olio su tela, cm. 72 x 57,5.
(foto 65) Gregorio Preti, Erminia, Philadelphia collezione privata (come Mattia Preti)
(foto 66) Gregorio Preti, Busto di giovane donna con moneta in mano, Columbus, Ohio, Museum of Art (come Mattia Preti)
(foto 67) Gregorio Preti, Giuditta con la testa di Oloferne, già mercato antiquario 10 maggio 2022 (come scuola bolognese del XVII secolo), olio su tela, cm. 134,5 x 98.
(foto 68) Gregorio Preti, Due fanciulli piangenti, Roma, Semenzato, 2 dicembre 99, olio su tela, cm. 98 x 130.
(foto 69) Gregorio Preti, Salomé con la testa del Battista, già Parigi, Thierry de Maigret 29 giugno 2011 (come Leonello Spada), olio su tela, cm. 103 x 131.
(foto 70) Gregorio Preti, Negazione di Pietro, già Parigi, Drouot 12 giugno 2012, olio su tela, cm. 98 x 134 come opera di Leonello Spada.
(foto 71) Gregorio Preti, Guarigione dell’idropico, Milano, Itineris 20 dicembre 2018 (come scuola emiliana del XVII secolo), olio su tela, cm. 95 x 132 provenienti da una importante collezione di Parma. In coppia col seguente.
(foto 72). Gregorio Preti, Tributo della moneta, Milano, Itineris 20 dicembre 2018 (come scuola emiliana del XVII secolo), olio su tela, cm. 95 x 132 provenienti da una importante collezione di Parma. In coppia col precedente.
(foto 73) Gregorio Preti, Salvator Mundi, Parma, Galleria Nazionale inv-0887- (come anonimo napoletano), cm. 68 x 52 dono della famiglia Dalla Rosa Prati del 1851.
(foto 74) Gregorio Preti, Vergine in preghiera, già mercato antiquario 24-25 giugno 2017, olio su tela 64 x 52 (come anonimo italiano del XVII secolo).
(foto 75) Gregorio Preti, San Giacomo minore e San Filippo, Diocesi di Manfredonia Vieste San Giovanni Rotondo (come anonimo meridionale del XVII secolo), olio su tela, cm. 100 x 138.
Ringrazio infine Tommaso Borgogelli per avermi segnalato alcune pubblicazioni che non conoscevo.