I tempi dell’Architettura: gli stili, le strutture e le trasformazioni tra convergenza e sincretismo

di Francesco MONTUORI

MODERNITA’  VS  ECLETTISMO

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

Fra il 1868 ed il 1873 Sir George Gilbert Scott fu incaricato della realizzazione dei nuovi uffici del Governo inglese a Whitehall, Londra. Il progetto originale, con cui aveva partecipato al concorso, era in stile gotico. Il gotico sostenne Scott è lo stile più adatto perché il suo “grande principio è decorare la costruzione”. E aggiungeva:

“non era nelle mie intenzioni di seguire lo stile gotico italiano, le mie preferenze andavano di più al gotico francese”.

Ma il primo ministro Lord Palmerston aveva una profonda avversione per gli stili medioevali e scartò tutti i risultati della gara. Alla fine tuttavia Gilbert Scott tanto brigò che ottenne l’incarico del nuovo edificio. Egli tuttavia non fu capace di dissuadere le autorità dalle loro preferenze per il Rinascimento italiano; nella disputa fra lo stile gotico e quello palladiano Lord Palmerston insistette per lo stile “italiano”. Scott modificò la facciata del suo palazzo e la ridisegnò “nello stile bizantino dei primi palazzi veneziani”. Invano, perché il primo ministro desiderava “il comune italiano” e lo avrebbe ottenuto. Sir George decise di ingoiare l’amara pillola; acquistò qualche costoso libro di architettura italiana e si mise vigorosamente a lavorare “per creare una facciata italiana di bella linea”.

La commedia ebbe un lieto fine e gli uffici del governo inglese furono realizzati.

Il Settecento e l’Antico

Era una commedia che ebbe inizio nel Settecento; fu infatti allora che si affermò la riscoperta dell’antichità. Un ruolo di grande rilievo ebbero il Grand Tour, la visita delle antichità di Roma, la complessità dello scenario di Napoli, la faticosa passeggiata sulla cima del Vesuvio; quindi i ritrovamenti di Pompei ed  Ercolano ed in particolare le pitture a fresco ivi rinvenute, le più antiche di questo genere; infine  la rivelazione improvvisa di Paestum, che pur da sempre era lì sotto gli occhi di tutti.

Il tema del rapporto fra il Settecento e l’antico si aprì su molti versanti; come scrive Anna Ottani Gavina investì antiquari, eruditi, collezionisti, mercanti; e ancora viaggiatori, philosophes ed artisti”. L’antichità ritrovata acquista una nuova determinante valenza, antichità come futuro. Il passato come mito rassicurante e positivo, la sua autorità per potersi orientare, la sua conoscenza e manipolazione entro il flusso di un nuovo processo creativo.

Il neoclassicismo si affermò essenzialmente nell’equivoco consapevole dell’ imitazione dell’antico. Joachim Winckelmann, in Avvertimenti sul modo di osservare le opere di Arte Antica, lo teorizzò:

“L’opposto del pensiero indipendente è per me la copia, non l’imitazione: per la prima intendo il servire servilmente; per mezzo della seconda la cosa imitata, se è fatta con intendimento, può assumere quasi un’altra natura e divenire originale”.

Egli sostenne teoricamente che la persistenza delle forme classiche è motivata dalle leggi eterne della bellezza che fu dei greci e dei romani. Le forma classiche rappresentarono in arte una sorta di legittimità. La riscoperta dell’antico ebbe per Winckelmann un profondo valore sociale: serve ad inculcare le virtù civili perché permette di ricordare i nobili esempi della storia greca e romana. L’antico divenne il motore di ogni moderno processo educativo e verrà dunque inteso come un sistema oggettivo di forme in cui identificarsi.

Il neoclassicismo ebbe un grande successo. Si diffuse nelle capitali europee (fig. 2),

fig. 2 Berlino, Altes Museum di Schinkel. 1923

in Russia, negli Stati Uniti, in America Latina; servì come stile per la realizzazione delle nuove città nelle colonie dell’Amarica latina. Non solo si affermò come la maggiore corrente figurativa fino alla fine dell’Ottocento ma ad esso si affiancarono nuove maniere quali il neogotico, il neo rinascimento, il neo barocco, il neo romanico. Tutti gli stili saranno ugualmente legittimi; il dibattito semmai si aprì sulla convenienza di uno stile o di un altro, sulla loro rispondenza a finalità ideologiche e rappresentative. Così la preminenza degli architetti inglesi come progettisti di chiese gotiche, storicamente plausibili, fu generalmente riconosciuta poichè le forme gotiche, che si elevano verso il cielo, sono le uniche reali forme cristiane; il neo barocco invece fu lo stile prevalente dei palazzi del potere pubblico.

L’antico fu in realtà manipolato perché entrasse a far parte della modernità. Attraverso l’utilizzo delle forma antiche il linguaggio decorativo si fece più ricco ed espressivo. Ruskin potrà sentenziare che l’ornamento è la principale parte dell’architettura”. Esso imprime in un edificio “certi caratteri venerabili o belli, ma altrimenti non necessari”.

La riscoperta dell’antichità divenne la malattia dell’architettura del XIX secolo; permetterà il consumo accelerato della cultura, favorì la febbre divorante degli stili, l’adorazione feticistica delle civiltà del passato, l’intercambiabilità di tutti i revival.

Nelle grandi capitali europee.

Il neoclassicismo, per il suo risvolto ideologico e rappresentativo, diviene lo stile delle architetture rappresentative delle capitali europee e d’oltreoceano. Alcuni esempi: la Casa Bianca di Washington, L’Opera di Parigi, il Palazzo di Giustizia di Roma (fig.3).

fig. 3 Roma, il Palazzo di Giustizia di Calderini. 1889

La sua consacrazione coinciderà, non a caso, con la trasformazione dei centri urbani di Parigi, di Vienna, di Madrid, di San Pietroburgo.

Il Ring di Vienna, fu voluto dall’imperatore Francesco Giuseppe, per trasformare la città in una moderna capitale imperiale (fig. 4).

fig. 4 Vienna, il Ring. 1858

Esso venne costruito nel terreno che si era liberato fra la città medioevale e la periferia barocca. Il sistema anulare in parte destinato a parco, in parte offerto all’edilizia privata, fu essenzialmente completato con prestigiosi edifici pubblici realizzati secondo lo stile neoclassico arricchito dall’ornamentazione gotica e rinascimentale: il Parlamento, la Borsa, l’Accademia di Belle Arti, il Municipio, l’Università, il Teatro di corte (fig. 5)

fig. 5 Vienna, il Burgtheater. 1748

e diversi palazzi privati costituiranno una grande cintura edilizia, uno spazio pubblico unitario, il più grandioso d’Europa.

Edmund de Waal, nel romanzo Un eredità di avorio e di ambra, descrive con efficacia il Palais abitato dagli Ephrussi, banchieri ebrei di Odessa, costruito  dalla ricchissima famiglia sul Ring viennese. Sul basamento costituito da due piani più bassi, poderosamente bugnato, si ergono due piani di mattoni rosati e un quinto piano in pietra (fig. 6).

fig. 6 Vienna, il Palais Ephrussi. 1881

Il Palais sfoggia paraste corinzie e colonne doriche, urne ed architravi, torrette angolari; una fila di cariatidi sorreggono la copertura: massicce fanciulle greche con le tuniche che scivolano dalle spalle, tredici sul lato lungo rivolto verso la Schottengasse, sei sulla facciata principale che si affaccia sul Ring; sembrano ragazze mollemente addossate al muro durante una festa da ballo non riuscita. E poi l’oro: profusione di dorature sui capitelli e sui balconi.

Ornamento e delitto 

 “Questi palazzi rinascimentali e barocchi non sono neppure fatti con il materiale con cui sembrano costruiti.” “Ora vorrebbero sembrare di pietra, come i palazzi romani o toscani, ora di stucco, come le costruzioni barocche dell’antico centro storico viennese. Non sono né l’una né l’altra cosa: i loro dettagli ornamentali, le loro mensole, le loro ghirlande di fiori, i cartocci e i dentelli, sono tutti in cemento ed appiccicati sui muri dei palazzi !”

 “Compito dell’artista sarebbe stato quello di trovare un nuovo linguaggio formale per il nuovo materiale. Altrimenti è tutto una copia …. Non vergogniamoci di essere uomini del diciannovesimo secolo e non coltiviamo quindi l’ambizione di vivere in una casa che è l’espressione architettonica di un’epoca precedente! Dobbiamo esprimere il vero stile del nostro tempo….uno stile architettonico che possiamo trasmettere ai posteri con la coscienza tranquilla a cui anche in futuro ci si possa riferire con orgoglio”.  

Così Adolf Loos rifletteva nel luglio del 1898 passeggiando lungo il Ring viennese. Aggiungerà in seguito nel suo famoso saggio Ornamento e delitto: “l’evoluzione della civiltà è sinonimo dell’eliminazione dell’ornamento dagli oggetti che usiamo, dalle case che abitiamo. Abbiamo superato l’ornamento, con fatica ci siamo liberati dall’ornamento”… “L’uomo moderno, che celebra l’ornamento come espressione dell’esuberanza artistica di epoche passate, riconoscerà immediatamente l’aspetto forzato, tortuoso e malato dell’ornamento moderno.”

Ed ad Ulk, critico viennese che si era fatto beffe di “Ornamento e delitto” replicherà:

“Caro Ulk! E io ti dico che verrà il giorno in cui l’arredamento di una cella carceraria ad opera del tappezziere di corte Schulze o dal professor Van de Velde sarà considerato un inasprimento della pena!”

Promuovere questo rigoroso indirizzo moderno significò, per Loos, rinunciare al successo professionale, vivere in un’amara solitudine, porsi in contrasto con le correnti figurative dell’epoca.

Quando nel 1904 fu incaricato della realizzazione della Villa Karma a Montreux (fig. 7)

fig. 7 Adolph Loos, Villa Karma a Montreux. 1904-06

ricorda

“Il mio stupore quando fui invitato a presentarmi alla polizia: l’edificio era troppo semplice, dove erano andati a finire gli ornamenti? La mia timida obiezione, che anche il lago, quando è calmo e piatto è assolutamente privo di ornamenti….non giovò a nulla.”

Eppure più di ogni altro Loos amava profondamente l’architettura romana e ricordava a tutti i suoi critici che “l’architetto è un muratore che ha studiato il latino”. Realizzerà il suo primo capolavoro, la casa Steiner alla periferia di Vienna, solo nel 1910: volumi di muratura liscia, piani netti intonacati di bianco in cui vengono ritagliate finestre e  altre aperture; una copertina, apparentemente banale, per indicare l’attacco della copertura (fig. 8).

fig. 8 Adolph Loos, Casa Steiner, periferia di Vienna. 1910

Una semplice realtà tridimensionale, un cubo cavo al cui interno si incastrano ambienti di varie altezze a livelli sfalsati uniti da scale. Una libertà altimetrica che Loos si concede all’interno delle sue abitazioni; ce ne accorgiamo visitando  la casa Muller dove ogni ambiente ha un’altezza opportuna, non di più e non di meno, in modo che si possa controllare il suo carattere spaziale, senza subordinarlo alla corrispondenza con gli ambienti contigui (fig. 9).

fig. 9 Adolph Loos, casa Muller a Praga. 1930

Un procedimento compositivo che Loos teorizzerà con il nome di Raumplan, il piano dello spazio individuale.

Alla sua scomparsa, avvenuta a Vienna nel 1933 Edoardo Persico ne tracciò, su Casabella; un commosso ritratto:

“Il suo compito era di predicare nel deserto, di corrodere, di agitare e di sognare….L’apostolo che lottò con tutte le sue forze contro le inflazioni dell’ornamento rimase isolato come una specie di Diogene moderno.”

La poetica della scuola viennese raggiunse il limite della rottura nei confronti del mito rassicurante dell’antico, preparando il terreno al razionalismo architettonico. Sarà la pittura, che non ha bisogno di committenze e gode di maggior libertà, a portare a più estreme conseguenze il progetto moderno

Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte.

 Nel 1886 George Seurat, un impressionista anomalo, scelse l’isolotto della Grande Jatte, sulla Senna, presso Neully, come luogo per ambientare il suo secondo dipinto (fig. 10).

fig. 10 George Seurat, La domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte. 1886, Art Institute of Chicago, Chicago

Seurat lavora, di proposito, sulla materia tematica degli impressionisti: una giornata di sole e di vacanza sulle sponde della Senna. La riva è frequentata come in un giorno di festa. Sottolinea Argan “Nessuna nota colta sul vivo, nessuna sensazione improvvisa, nessun divertimento anedottico. Lo spazio è un piano, la composizione è costruita sulle orizzontali e sulle verticali, i corpi e le loro ombre formano angoli retti”.

Tutti gli attori di questa scena sono rivolti verso il fiume; le figure sono pietrificate, manichini geometrizzati disposti sul parterre erboso come pedine su una scacchiera; si muovono in avanti quasi fossero trasportati da un tapis roulant o per l’azione di una orologeria interna, lungo rotaie invisibili che corrono parallele alla cornice del quadro. Sembra di ascoltare il tic-tac dei loro movimenti; una barca prende il vento di poppa ma il fiume non è increspato, anzi riflette la luce del sole. L’eliminazione deliberata dell’atmosfera è tanto più notevole considerato che Seurat militava nel movimento impressionista. Gli impressionisti dipingevano creando un effetto atmosferico di fusione, convinti così di rappresentare il mondo. Seurat aveva sviluppato una strana nuova tecnica a mosaico che fu soprannominato puntinismo; volle spingere all’estremo il principio scientifico su cui si fonda la dissoluzione della superficie. Come la luce non è naturale ma solo regolare, anche le forme che la luce prende immedesimandosi con le cose devono essere regolari quindi geometriche. I corpi solidi, in questo spazio-luce, sono forme geometriche astratte, curve, cilindriche, coniche. Hanno uno sviluppo volumetrico a cui non corrisponde un peso; sono fatte dello stesso pulviscolo multicolore che pervade lo spazio.

Seurat riduce lo spazio empirico degli impressionisti alla logica geometrica di uno spazio teorico. Condensando queste macchie di colore in piccole solide unità, distrugge l’effetto impressionista e lo sostituisce con un effetto irreale di rigidità ieratica. Questa gente in gita domenicale sono parte di una società di manichini e di automi.

Presentato all’esposizione degli impressionisti del 1886 la Grande Jatte dovette sembrare uno scherzo; fu una rivelazione improvvisa della futilità della civiltà moderna.  Venne accolto con sdegno e riprovazione.

Non compresero che il vero soggetto del quadro stava nel suo astratto schema strutturale.

Ancor prima di Mondrian, Seurat aveva dimostrato che un’ opera d’arte, una pittura, un architettura, rappresenta principalmente se stessa.

Francesco MONTUORI     Roma  12 gnnaio 2020