VISIONI DI UNA UTOPIA MODERNA
L’immagine della città nelle rappresentazioni delle Smart Cities e il ruolo del design per costruire scenari di
mondi futuri
Una nuova idea di città
Le nostre città stanno subendo un processo di radicali trasformazioni: secondo una previsione dell’Organizzazione
mondiale delle Nazioni Unite, la crescita della popolazione nelle aree urbane, è destinata ad aumentare
dall’odierno 50% a più del 70% [1]; contemporaneamente le risorse energetiche ed ambientali disponibili stanno
diminuendo e non saranno più in grado di soddisfare i bisogni dei cittadini, se si manterranno i ritmi e gli stili di
vita odierni.
Tutto ciò non implica inevitabilmente un progressivo andamento di decrescita, quanto più un nuovo modo di
concepire, costruire e vivere le nostre città: è necessario, dunque, modificare alcuni paradigmi e preconcetti insiti
tanto nelle amministrazioni quanto nei cittadini. La popolazione, infatti, ricopre un ruolo fondamentale in questo
processo di rinnovamento, poiché ne costituisce il motore, servendosi delle molteplici possibilità offerte dalle
nuove tecnologie. Le città devono necessariamente praticare nuove forme di sviluppo sociale ed economico se
vogliono crescere, altrimenti saranno condannate ad un lento ed inesorabile declino.
Charles Landry utilizzò il termine “creative city”, in risposta ai cambiamenti sociali ed economici in atto negli
spazi urbani, proponendo l’uso della creatività applicata per permettere alle persone di adattarsi al cambiamento e
proporre nuove idee e soluzioni ai problemi urbani; con questo termine Landry introduceva la necessità di un
pensiero laterale e di un processo creativo per migliorare diversi fenomeni urbani relativi al vivere lo spazio
metropolitano: abitare, lavorare, mangiare, spostarsi, divertirsi, socializzare, ma anche governare, amministrare,
partecipare alla vita pubblica, ai processi produttivi ed economici, devono essere considerate come parti
interconnesse, per una migliore e più “creativa” pianificazione urbana [2].
Maturato per circa un ventennio, oggi il concetto di città creativa è legato ad un altro termine che da qualche anno,
è entrato a fare parte del lessico di architetti, urbanisti, economisti, organizzatori di eventi, pubblicitari,
professionisti del marketing e del design: oggi tutti parlano di Smart Cities. Pur non essendoci, a tutt'oggi, una
definizione chiara e condivisa del termine, Smart City rappresenta il concetto secondo il quale le città possono
diventare più “intelligenti”, con l’aiuto delle nuove tecnologie disponibili, ottimizzando la gestione delle risorse
energetiche, migliorando i trasporti urbani e i rifiuti, garantendo innovativi e confortevoli spazi abitativi, di lavoro,
di istruzione, e preservando l’ambiente naturale, con l’obiettivo di aumentare la qualità della vita dei cittadini.
In analogia con il processo creativo di dominio del design, nell’evoluzione che tende a una Smart City, vi è la
necessità di considerare la creatività come una forma di pensiero applicato: i fenomeni urbani devono essere
osservati in una nuova ottica e da diversi punti di vista; le persone devono essere messe nella condizione di poter
esprimere il proprio potenziale creativo nel pensiero, nella pianificazione e nell’azione che riguardano il territorio
urbano. Il superamento di pregiudizi e preconcetti e un’attitudine mentale più aperta verso l’innovazione e i
cambiamenti, fanno in modo che le problematiche e i punti critici, possano essere considerati come sfide e
opportunità di miglioramento, attraverso la rappresentazione di uno scenario volto a un futuro desiderabile.
Vi è quindi la necessità di creare una visione olistica e complessiva dei processi e dei fenomeni urbani, per fare in
modo che la città del futuro si dimostri una Smart City tanto per i cittadini quanto per le amministrazioni.
A questo proposito, designer, progettisti e urbanisti sono chiamati a lavorare insieme per visualizzare gli scenari
della città del futuro, tenendo conto delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie, della necessità di favorire
nuovi processi partecipativi e decisionali, e dell’esigenza di utilizzare le risorse ambientali disponibili in un modo
migliore e più sostenibile. Il diffuso interesse verso una nuova e più intelligente pianificazione urbana, il cui
cambiamento deve essere guidato dai cittadini in primis, è dimostrato dalle crescenti richieste di visioni e di
scenari futuri, a cui designer e progettisti sono chiamati a rispondere. Un esempio rappresentativo è rintracciabile
nel progetto City 2.0, vincitore del premio TED: l’edizione 2012 ha visto vincitore, per la prima volta, non un
individuo, ma un’idea, più precisamente un’idea di città: City 2.0 è la visione di un futuro nel quale i cittadini di
tutto il mondo possono ispirarsi vicendevolmente attraverso la tecnologia e contribuire a costruire città più sicure,
più belle, più sane e più vivibili [3].
Il design della comunicazione assume in quest’ottica una posizione fondamentale per la creazione di visioni e
scenari, comunicando le diverse idee di città del futuro e interpretando il ruolo di mediatore, con il compito di
tradurre i linguaggi delle molteplici discipline, per renderli comprensibili agli altri attori del contesto urbano.
Per la creazione di scenari futuri alternativi, verosimili e comparabili, è necessario conoscere l’immaginario di
riferimento, utilizzato sia per produrre quelle stesse visioni, sia come base per interpretarle.
A questo proposito si propone nel seguente articolo, un’indagine circa le diverse interpretazioni del termine Smart
City nelle accezioni di creative city, digital city, eco city, in riferimento alle idee di città provenienti dalla cultura
architettonica, tecnologica, economica e sociale da cui esse derivano. In seguito è stata presa in considerazione
una case history di visioni rappresentative di alcune idee di città, analizzate tenendo conto dell’immaginario a cui
esse fanno riferimento, proveniente dal medium cinematografico e dalla cultura architettonica.
L’obiettivo di questa ricerca è quello di realizzare uno strumento destinato da una parte ai designer che si
occupano di realizzare visioni e scenari del futuro, dall’altro a tutti gli attori del contesto urbano che necessitano
di interpretare quelle visioni per pianificare ed attuare strategie di miglioramento e cooperazione, in un’ottica a
lungo termine.
Definizione del termine Smart City
Il concetto di Smart City rimane oggi ancora molto confuso: si intuiscono i limiti entro cui se ne parla, gli ambiti a
cui si fa riferimento (tecnologia, comunicazione, sostenibilità ambientale), gli obiettivi generali, ma il termine è
ancora legato a diverse interpretazioni.
L’origine esatta del binomio smart + city non è del tutto chiara: negli anni Novanta, in concomitanza con la
liberalizzazione delle telecomunicazioni e l’ascesa dei servizi Internet, l’uso del termine Smart City era frequente
per indicare la componente tecnologica e le infrastrutture presenti nei territori urbani, pensando che una città
possa essere definita smart implementando il suo settore tecnologico.
Dagli anni 2000 si è cominciato a parlare di città smart in riferimento non solo alla presenza e alla diffusione delle
tecnologie digitali, ma anche al ruolo del capitale sociale e umano: una città è smart quando i suoi cittadini sono in
grado di utilizzare le tecnologie per trarne un miglioramento della qualità della vita.
Una definizione di Smart city può essere dichiarata come un “territorio con un alto grado di innovazione,
caratterizzato dalla creatività della popolazione, da istituti in grado di generare conoscenza e da servizi digitali per
l’amministrazione” [4].
Inoltre, sono state individuate sei caratteristiche indispensabili perché una città possa essere definita Smart; essa
deve necessariamente: [5]
1) fare uso di una rete di infrastrutture per migliorare l’efficienza economica e politica, determinando uno
sviluppo sociale, culturale e urbano. Per infrastrutture si intendono servizi alle imprese, abitazioni, attività e
servizi per il tempo libero e tecnologie ICT (telefoni cellulari, satelliti GPS, reti di computer, servizi internet, ecommerce);
2) favorire un ambiente attrattivo per i nuovi business, con un’attenzione particolare allo sviluppo di nuove attività
imprenditoriali, volte a promuovere innovazione per lo sviluppo urbano;
3) avere particolare attenzione all’inclusione sociale, realizzando, cioè, uno sviluppo omogeneo nelle diversi parti
della città, periferiche e non;
4) porre l’accento sul ruolo delle industrie ad alta concentrazione di tecnologia e creatività in un’ottica di crescita
a lungo termine.
5) favorire la partecipazione attiva degli abitanti investendo nelle relazioni sociali e nel capitale umano ;
6) considerare la sostenibilità ambientale una componente strategica fondamentale utilizzando le risorse per
garantire uno sviluppo che sia sostenibile nel lungo termine.
La Commissione Europea nel rapporto Europe 2020, del 2010, fa riferimento al concetto di “Smartness”
includendo le strategie messe a punto dai governi locali dei vari stati, che devono cooperare per condividere
soluzioni strategiche a problemi comuni. In particolare il concetto di “smartness” viene applicato a tre obiettivi
prioritari:
- smart growth: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;
- sustainable growth: promuovere un uso più efficiente delle risorse e un’economia più competitiva e sostenibile;
- inclusive growth: supportare un alto livello di occupazione attraverso la coesione sociale e territoriale [6].
Il modello europeo che definisce una visione condivisa di Smart City, si basa su uno studio condotto nel 2007 dal
Centre of Regional Science del Politecnico di Vienna dal titolo “Smart cities – Ranking of European mediumsized cities” [7].
L’obiettivo dello studio è stato quello di applicare un metodo di classificazione del grado di smartness delle città
europee di media grandezza, stilando una classifica in base a sei caratteristiche fondamentali, misurabili attraverso
una serie di determinati fattori.
Lo studio, seppur ormai non più recentissimo, è stato importante poiché, da quel momento, si è potuto parlare di
Smart City non più seguendo un concetto astratto, ma prendendo in considerazione alcune caratteristiche ben
definite, permettendo di elaborare specifiche prospettive di sviluppo, mettendo a confronto tra loro le città
seguendo degli indicatori definiti e misurabili.
Il ruolo del design e lo strumento scenario
Per realizzare una Smart City non basta immaginare per i cittadini e tutti gli attori del contesto urbano, singole
infrastrutture e nuovi servizi, questi infatti se concepiti come eventi unici, rischiano di non essere efficaci oppure
irrealizzabili. Seppure la realizzazione di progetti volti a migliorare alcuni aspetti del vivere urbano in un’ottica di
sostenibilità, miglior gestione pubblica e qualità della vita dei cittadini, costituiscono dei passi necessari e
certamente rappresentano l’aspetto pratico del termine, questi devono necessariamente essere inseriti in una
visione complessiva di tutti i processi di sviluppo in atto nel territorio urbano, in grado di guidare e coordinare
tutte le iniziative (pubbliche e private) che portano alla realizzazione di una città smart.
Elaborare visioni e scenari del mondo futuro e in particolare sul futuro delle città è un’azione che lega l'uomo alla
possibilità di effettuare delle scelte e di rendersi artefice del proprio destino, permettendogli di partecipare alla
creazione di un futuro desiderabile.
L’attività di visioning, ovvero il processo mediante il quale una comunità, più o meno estesa, prefigura il futuro
che desidera e pianifica il processo per raggiungerlo, in riferimento alle Smart Cities, è evidente nei diversi
scenari ipotizzati e descritti da coloro che si fanno promotori e sostenitori del concetto; l’elaborazione di una
visione esplicita il cambiamento, lo rende comprensibile e comunicabile, aprendo al confronto tra diverse
alternative le quali devono essere rese, appunto, visibili attraverso forme di rappresentazione e comunicazione.
Lo scenario è uno degli strumenti di design più potenti per coinvolgere gli utenti rendendoli protagonisti anche
nella definizione degli stessi.
Tradizionalmente gli scenari e l’attività di visioning sono stati sviluppati nel campo dei Future Studies con
l’obiettivo di analizzare e valutare l’evoluzione di decisioni politiche e economiche, immaginando i risultati e le
conseguenze di esse nel futuro [8]. Dal punto di vista del design gli scenari non rappresentano la visione di un
unico ipotetico futuro, ma propongono una serie di visioni alternative comparabili tra loro, argomentate e
arricchite con proposte verosimili e potenzialmente operabili. Gli scenari proposti verranno interpretati dagli
utenti sulla base del loro immaginario di riferimento e sulla base degli immaginari utilizzati per produrre quelle
stesse visioni.
L’elaborazione di scenari ha dunque il compito di proiettare le problematiche di oggi verso opzioni possibili,
desiderate e probabili, attraverso strategie che hanno radici nel presente ma lasciano un ampio ventaglio di scelte
possibili nel futuro.
Nell’ambito delle Smart Cities, non solo si rende necessaria l’attività di elaborazione di scenari futuri possibili
attraverso la messa in pratica e l’evoluzione di azioni del presente, ma si sta verificando un’ attività di previsione
design-oriented, ovvero che esplora e propone diverse interpretazioni del concetto, sulla base di priorità e
immaginari di riferimento differenti.
Il designer, dunque, si assume il compito di comunicare l’idea di città, acquisendo tutte le informazioni
provenienti dalla fenomenologia urbana, dalla sociologia, dall’architettura, dall’urbanistica, dalla tecnologia, le
quali utilizzano strumenti e linguaggi differenti, traducendoli in una visione d’insieme che si dimostri
comprensibile tanto per i cittadini, quanto per i diversi stakeholders appartenenti alle molteplici discipline attive
nel territorio urbano. In questo senso il designer ricopre un ruolo di mediatore, necessario per comprendere i
linguaggi e innescare processi volti alla collaborazione, alla progettazione strategica, al dialogo costruttivo tra
individui portatori di interessi diversi; vi è dunque una dimensione etica nel lavoro svolto dal designer, che si
traduce nella responsabilità, sociale e politica, di creare immagini di mondi possibili e desiderabili, per un futuro
più sostenibile, più collaborativo e più innovativo.
L’audiovisivo, attraverso lo strumento del video-scenario, prende in prestito codici e linguaggi dalla tecnica
cinematografica, per costruire una narrazione all’interno della visione, traducendo così in maniera più efficace la
complessità di un’idea. Ma dal cinema, esso prende anche in prestito gli immaginari, intesi come archivi di segni
iconici e simbolici; è necessario, quindi, conoscere gli immaginari relativi all’oggetto della rappresentazione (in
questo caso la città) per orientare la cultura del progetto.
Lo scenario costituisce lo strumento attraverso il quale il designer dell'audiovisivo mette in atto il processo di
mediazione configurandosi come un artefatto comunicativo in grado di stimolare dialogo e far emergere diversi
punti di vista.
La competenza della mediazione valorizza la figura del designer della comunicazione, consentendogli l’abilità di
creare e portare all’attenzione futuri di città possibili e auspicabili, facilitando il dialogo tra i pianificatori e gli
attori delle diverse discipline, portando i linguaggi e gli strumenti del design thinking nella pianificazione urbana,
rendendola così creativa (nell’accezione del termine sostenuta da Charles Landry), sfruttando le sinergie e il
rapporto dialogico tra immaginario e scenario, per suggerire visioni di un futuro volto all’innovazione sociale, alla
sostenibilità, alla collaborazione e a valori positivi e migliorabili, tenendo conto, quindi, della responsabilità etica
di chi investe il ruolo di mediatore.
L'immaginario del futuro
Sul tema della città si sono sviluppate, nella storia dell’uomo, una serie di visioni sugli spazi urbani, sui modi di
viverli e di governarli che hanno portato spesso a scenari utopici o distopici rispetto all’idea stessa di città.
Da Tommaso Moro in poi, il termine utopia indica un luogo immaginario, un non-luogo, in cui si vedono
realizzati tutti i gli obiettivi desiderabili in una società ideale. Ma nel corso della storia lo stesso termine ha
acquisito un carattere puramente ottimistico, idealista e impossibile, fino ad approdare al suo esatto contrario
(distopia) in cui la società vede realizzati valori del tutto indesiderabili, attraverso scenari estremi e apocalittici.
Oltre ad innumerevoli riflessioni filosofiche, il concetto di utopia ha influenzato e affascinato le forme d’arte più
classiche come pittura e letteratura, ma anche quelle più moderne come l’architettura e il cinema; queste ultime si
sono influenzate a vicenda, elaborando scenari e visioni di futuro e creando quell’archivio di immagini, paesaggi,
concetti e simboli che sono entrati a fare parte della memoria e dell’immaginazione della collettività.
L’immaginario collettivo si può definire come quel campo d’indagine che si concentra sulle “mitologie e simboli
che sono il patrimonio genetico delle forme di rappresentazione e di comunicazione di un sistema sociale”[9].
Esso è inoltre caratterizzato dalla sua rappresentazione visiva, legata alla sovranità dell’immagine propria dei
linguaggi utilizzati dai media diffusi (fotografia, cinema, televisione, stampa illustrata, pubblicità) e portata ad uno
stadio successivo dalla cultura digitale e dai new media.
L’immaginario, inteso come archivio di forme, simboli ed estetiche relativo ad una raffigurazione mentale, è per
sua natura legato alla cultura dell’immagine che si è sostituita alle tradizionali pratiche della lingua orale e scritta.
L’arte cinematografica si è imposta come principale fonte di immagini che hanno man mano costituito
quell’archivio, influenzando di conseguenza anche i media successivi come televisione, pubblicità e tutte le
diverse forme della tecnica audiovisiva.
In relazione al tema della città, il cinema, con la sua particolare forma di rappresentazione, non solo è diventato un
valido supporto per comprendere e analizzare i fenomeni urbani, ma esso si è costituito anche come strumento per
la progettazione della città. Le immagini provenienti dalla cultura cinematografica hanno contribuito, più di ogni
altra forma di rappresentazione, a creare quell’immaginario collettivo che ha caratterizzato le diverse epoche
storiche.
Le ragioni di questa profonda influenza sono principalmente due: una è legata al linguaggio che il cinema utilizza
e di cui si compone, l’altra è di natura storica e sociale, in relazione al contesto in cui il cinema è nato e si è
sviluppato come medium.
La forma dell’arte cinematografica è principalmente una rappresentazione di immagini, le quali, supportate dalle
suggestioni delle inquadrature, del montaggio e dal sistema del sonoro (musiche, suoni, dialoghi), compongono
una narrazione. In aggiunta, il carattere di finzione del film permette una manipolazione del tempo e dello spazio
al di là del confine del contenuto diegetico, diversamente da come essi vengono percepiti nel quotidiano.
E’ dunque la natura stessa del linguaggio filmico che permette ad esso di inserire immagini nella mente degli
spettatori: la memoria si alimenta più facilmente attraverso figure e immagini rispetto alle descrizioni scritte e
maggiormente rispetto a quelle orali. Inoltre la presenza di una narrazione e dunque di una serie di nessi causali ed
effettuali, oltre a facilitare la comprensione delle rappresentazioni, contribuisce alla loro archiviazione
nell’immaginario mentale in modo più immediato rispetto ad altre forme artistiche prevalentemente visuali come
fotografia e pittura. Attraverso la narrazione, ogni immagine si collega ad un insieme di immagini, aumentando i
potenziali percettivi, sollecitando la sfera dell’immaginazione e andando a formare quella biblioteca di forme e
rappresentazioni che si sviluppano nella mente di ogni individuo. All’interno del patrimonio visivo dei singoli, si
inseriscono quelle immagini del film che sono state pensate e realizzate al di fuori della mente dello spettatore e
vanno a costituire le nuove regole dello spazio mentale della rappresentazione [10].
La seconda ragione per cui il cinema ha contribuito, più di ogni altra forma artistica e culturale, alla creazione
dell’immaginario mentale degli individui, è legata al contesto in cui esso è nato e si è sviluppato.
Il cinema è un’arte accessibile che, sin dagli esordi, ha attirato grandi masse di persone intente ad osservare lo
spettacolo che proponeva; il carattere collettivo è nella natura stessa del cinema, le cui immagini vengono fruite
dagli spettatori attraverso una proiezione di gruppo nella quale il singolo è immerso insieme ad altre persone che
condividono la stessa esperienza. Al contrario di altre forme artistiche che sono nate per una fruizione privata
come la fotografia, da cui il cinema deriva, quest’ultimo possiede sin dalle origini un aspetto sociale, dato sia dalle
condizioni fisiche e pratiche delle proiezioni, sia dalla condivisione della stessa esperienza visuale da parte di più
persone.
Il carattere collettivo e il linguaggio evocativo del cinema ha fatto in modo che esso assumesse un ruolo di rilievo
nel sagomare l’immaginario sociale, esercitando una forte influenza nella diffusione di modelli ideologici e
comportamentali.
In riferimento al tema della città si può notare un rapporto di connessione tra l’architettura ed il cinema, nel modo
in cui essi si siano influenzati vicendevolmente. Quello che si è sviluppato, nell’arte cinematografica, come genere
di fantascienza ha, da un lato, subìto le influenze di alcuni tipi di architettura per le scenografie relative alle città
del futuro, dall’altro si è imposto come anticipatore di tecnologie destinate a svilupparsi e diffondersi più tardi.
Un aspetto interessante si può notare nel fatto che la maggior parte delle persone considera “futuribili” alcune
architetture contemporanee non tanto perché riconosca in esse determinati valori o concetti particolarmente
innovativi, ma piuttosto perché associa quelle estetiche ai riferimenti visti nei film di fantascienza.
Lo stesso discorso vale per l’uso di alcune tecnologie: più che dell’utilità pratica o dell’effettiva innovazione
tecnologica, la collettività riconosce gli aspetti e gli usi celebrati nell’immagine filmica.
La fantascienza è un genere cinematografico che si rende promotore di valori positivi legati al progresso, con
l’intenzione di creare un clima di fiducia intorno alle innovazioni tecnologiche di cui anticipa usi e possibili
sviluppi: gli ambienti e gli oggetti assumono un ruolo di rilievo nelle immagini di questo genere, poiché
rappresentano i principali indicatori di un tempo futuro. Gli scenari anticipati dalla fantascienza nascono però da
una riflessione sul presente, attraverso i rapporti di causa ed effetto con la realtà che conosciamo e mettendo in
atto un processo di previsione e selezione di uno degli infiniti mondi possibili.
Di queste possibilità, talvolta, sono state messe in evidenza dall’immagine filmica, le patologie e le
contraddizioni, in particolare riguardo alle raffigurazioni delle città future di cui sono stati mostrati anche i punti
critici come l’inquinamento ambientale, la densità di popolazione, la sicurezza dei cittadini, l’uso e l’abuso del
potere da parte di governi e amministrazioni.
Questi scenari, restituiti alla collettività attraverso la finzione della narrazione, entrano a far parte
dell’immaginario degli individui e finiscono per diventare essi stessi d’ispirazione per la progettazione della realtà
concreta. Il legame tra attualità e immaginario del futuro, trova delle connessioni con le riflessioni poste dal
cinema sulla realtà contemporanea: è questo il modo in cui il cinema fa la realtà [11].
Oggi, il dibattito sullo sviluppo della città contemporanea in un ottica futura pone al centro l’elaborazione di una
visione che risponda a nuove domande e nuovi bisogni, accanto a quelli vecchi e consolidati: oltre alla necessità di
una città efficiente, funzionale, produttiva e accessibile, vi è la richiesta di bellezza, di fruibilità, di convivialità e
sostenibilità dello spazio urbano.
Accanto alle professionalità tradizionali della progettazione urbana, nascono nuove figure e collaborazioni e nasce
soprattutto l’esigenza di comunicare l’idea di città del futuro ai cittadini, i quali non sono più spettatori passivi, ma
partecipano attivamente, attraverso le loro esigenze, al processo creativo.
La visione del futuro si muove, quindi, sul confine tra due mondi: quello della realtà e quello dell’immaginario.
Idee di città
Facendo riferimento alle riflessioni e alle analisi pubblicate nel volume Idee di città: Riflettendo sul futuro di
Fabiola Fratini del 2000 [12] si possono individuare alcuni insiemi che costituiscono, nell’immaginario, le idee di
città: esse si presentano come visioni, scenari di futuro, ma rappresentano anche un’elaborazione dei fenomeni e
dei cambiamenti in atto nei territori urbani.
Portando avanti a un livello attuale il discorso di Fratini sui fenomeni urbani è possibile effettuare un parallelismo
tra le idee di città individuate dall’autrice e le diverse declinazioni del concetto di Smart City; il confronto può
essere effettuato sulla base dei seguenti parallelismi: la città padrona è la smart city, la metropoli intelligente; la
città tecnologica è rappresentata dalle connotazioni digital e wired city; la città dei cittadini diventa la creative
city, la città dei quartieri e delle smart communities; la città paesaggio, infine, la città la città sostenibile evocata
dai termini green city e eco city.
La città padrona e la Smart City
La città padrona è il luogo dove si concentrano il potere economico, le grandi quantità e le trasformazioni seguono
la logica della grande dimensione. Gli elementi caratteristici della città padrona sono quindi la grande dimensione,
il dualismo centro/periferia, la forza di attrazione per uomini e imprese e il concentramento del potere. Altrettanto
caratteristiche sono le problematiche che si riscontrano nelle grandi città: la disponibilità di abitazioni, l’uso di
enormi risorse energetiche e ambientali e soprattutto la congestione del traffico urbano di uomini e merci.
E’ da queste problematiche che prende avvio la riflessione sulle Smart Cities e sulla necessità di modificare alcuni
paradigmi della città padrona e della metropoli contemporanea. La metropoli costituisce una forza di attrazione
per la popolazione, dovuta anche al dualismo centro-periferia: la periferia è in qualche modo esclusa dalle grandi
opportunità che si presentano nella città e questo fa si che grandi quantità di uomini, merci e attività si spostino
ogni giorno verso il centro.
Alla città padrona è associata l’immagine di una città verticale, dove gli spostamenti si effettuano in cielo e non in
terra, dove l’altezza degli edifici e l’alta densità relegano gli abitanti a una dimensione di inferiorità.
Quest'immagine è stata utilizzata dall'architettura futurista e dalle visioni del movimento moderno per raccontare
un'idea di città fondata sul progresso, sull'innovazione e sull'attività di governo del territorio.
Oggi, che la città padrona si traduce nell'idea di città-impresa, molti progetti che riguardano le città intelligenti
investono la sfera imprenditoriale introducendo, sotto il nome di Smart City, quelle aree urbane che riqualificate
costituiranno un nuovo polo d’attrazione. E’ il caso di città europee come Barcellona, Londra, Milano ma anche di
molte città asiatiche, le quali, seguendo l’onda di un crescente sviluppo economico su scala mondiale,
costruiscono i nuovi centri imprenditoriali in vere e proprie metropoli futuristiche, dotate di tecnologie
d’avanguardia, architetture altissime e imponenti. (Fig.1)
1. Ludwig Hilberseimer, La città verticale, 1927 – 2. Mark Goerner, concept realizzato per il film Minority Report, 2002 – 3. Ericsson, scenario per Smart
City, 2011 – 4. Le Corbusier, Ville Radieuse, 1933 – 5. Ridley Scott, Blade Runner, 1982 . 6. IBM, Smarter Planet trailer, 2012 – 7. Kazimierz Podsadecki,
City Mill of Life, 1929 – 8. Hugh Ferris, The Metropolis of Tomorrow, 1929 – 9. Fritz Lang, Metropolis, 1927 – 10. IFEZ, Songdo U-city, 2012 – 11. Posytron,
brochure per Smart City Vision
La città della tecnologia e la Digital City
La città della tecnologia deriva dalle immagini delle utopie tecnologiche dei movimenti architettonici degli anni
Sessanta: agglomerazioni cellulari, città verticali, bio-tecture (acronimo di biologia e architetture) offrono una
varietà di risposte ai numerosi problemi urbani (densità abitativa, mobilità, organizzazione funzionale della città).
La nuova “società dei consumi” che prende avvio negli anni del boom economico, ha influenzato un tipo di
architettura denominata radicale la quale, spinta dalla fiducia nei confronti del futuro e dai nuovi progressi della
scienza e della tecnologia, mette in campo progetti dalle forme utopiche e visionarie, al limite tra la realtà e la
fantascienza.
Quello a cui gli utopisti non hanno pensato è che la vera innovazione tecnologica sta nella smaterializzazione,
nella velocità di circolazione delle informazioni e nel controllo dei flussi, in una dimensione digitale della realtà.
La città della tecnologia odierna più che modificare l’aspetto esteriore e fisico, l’hardware, è connotata da una
tecnologia invisibile, software, che interagisce con lo spazio fisico e con gli abitanti. Il concetto di Smart City è
passato da città digitale incentrata sulle infrastrutture tecnologiche, all’idea di una città secondo cui sia l’aspetto
hardware che il software debbano concorrere all’obiettivo finale di maggior benessere e miglior qualità della vita.
Per descrivere la città della tecnologia sono quindi necessarie due prospettive: la “tecnologia visibile” e la
“tecnologia invisibile”.
La tecnologia visibile si lega alle immagini delle città del sud-est asiatico che hanno avuto negli ultimi vent’anni
uno sviluppo urbano senza precedenti. Osservando le città asiatiche tornano in mente i temi di verticalità, alta
densità e serialità delle utopie degli anni Sessanta, ma con un’attenzione in più verso il tema della sostenibilità
ambientale e delle risorse energetiche: molte città asiatiche sono state ricostruite ex-novo utilizzando le ultime
innovazioni tecnologiche con la collaborazione partner internazionali come Cisco e IBM. Gli abitanti delle città
asiatiche vivono in palazzi-alveari di ultima generazione con sistemi integrati per l’apporto energetico e elettrico,
sensori per il monitoraggio degli eventi sismici e dell’inquinamento atmosferico.
La tecnologia invisibile è stata analizzata e descritta attraverso il rapporto tra innovazione e mura domestiche:
dapprima la tecnologia “invisibile” investiva quegli aspetti del vivere quotidiano all’interno della propria
abitazione, delegando alle macchine specifici compiti umani. Oggi il dibattito sulle Smart Cities ha portato la
tecnologia invisibile all’esterno delle mura domestiche: la città comunica con i cittadini, spesso servendosi di essi
come mezzi di comunicazione. Gli aspetti di innovazione riguardano l’inquinamento atmosferico, il traffico
automobilistico, il monitoraggio dell’apporto energetico, l’illuminazione urbana, i rifiuti, la mobilità sostenibile.
L’uso dei telefoni cellulari e dei computer attraverso le applicazioni dedicate al contesto urbano, permettono ai
cittadini non solo di inviare e ricevere informazioni in tempo reale, ma anche di condividere tra essi informazioni
e idee. Oggi i cittadini possono sottolineare problemi e criticità dello spazio urbano e far sentire la propria voce in
un modo certamente più semplice rispetto anche solo al decennio scorso; la tecnologia permette un dialogo
maggiore tra amministrazioni e cittadini con l’obiettivo di affrontare i problemi e generare soluzioni in modo
cooperativo. (Fig.2)
1. Ron Herron, Walking City, 1964 – 2. Peter Cook, Plug-in-City, 1964 – 3. Dynamid, Vision di Singapore Smart City, 2013 – 4. Steven Spielberg, Minority
Report, 2002 – 5. Lana e Andy Wachowski, Matrix Reloaded, 2003 6. IFEZ, Songdo U-city, 2012 – 7. Stanley Kubrick, 2001: odissea nello spazio, 1968 – 8.
IFEZ, Songdo U-city, 2012 – 9. Nokia, applicazione City Lens, 2012 – 10. Steven Spielberg, Minority Report, 2002 – 11. Zagato, PRT car, 2009 – 12. EXPO
2015 Smart Vision
La città dei cittadini e la Creative City
L’idea di città dei cittadini nasce in contrapposizione alla città padrona e alla città della tecnologia. Mentre la città
padrona era caratterizzata dalla grande dimensione e dalla quantità e la città della tecnologia era contraddistinta da
verticalità e serialità, la città dei cittadini entra nell’ottica della piccola dimensione e della qualità dell’abitare.
I principali obiettivi che la città dei cittadini si pone sono: migliorare la qualità dell’habitat urbano a livello locale,
dare una risposa ai bisogni degli abitanti, definire modelli di governo attenti alla partecipazione e garantire un
modello di città accessibile e interconnesso a scala superiore. La città dei cittadini corrisponde a una dimensione
fisica, sociale e politica dell’aspetto urbano.
Nella storia si sono susseguiti diversi piani di sviluppo urbano per ridimensionare le città, per intenderla come
un’interazione di elementi primari e spazi interconnessi in modo da rispondere alla grande dimensione e
all’ingovernabilità.
In particolare dall’Ottocento in poi, nel momento in cui nasce l’idea di città contemporanea, la crescita della città
si è prefigurata per insediamenti autonomi distanti dal nucleo urbano originale: gli esempi si possono riscontrare
nelle company town inglesi e americane o nei modelli di quartieri autonomi degli anni Cinquanta.
Alcuni criteri di fondo si possono riscontrare anche nell’idea di città dei cittadini; oggi questa stessa idea di città si
può intendere nell’accezione di Smart Communities o comunità creative.
Le comunità creative sono quei gruppi di persone, ben radicate in un determinato territorio, che promuovono e
mettono in pratica radicali innovazioni dei sistemi urbani, trovando risposte innovative ai problemi della vita di
tutti i giorni. Essi non sono “professionisti della creatività” nè appartengono a una particolare élite di persone,
delle comunità creative fanno parte individui capaci di condividere con altri le proprie visioni, di modificare
alcuni paradigmi sociali e di mettere in pratica quel “pensiero laterale” che è fondamento della creatività [13].
Le comunità creative non sono gruppi estranei al contesto cittadino, ma al contrario sono radicati nel territorio e
considerano la vicinanza fisica un valore per costituire una forza comune: in questo modo si vedono nascere in
diversi contesti urbani gruppi spontanei di persone che, ad esempio, acquistano prodotti alimentari da cascine e
fattorie vicine, dividendosi compiti, costi e naturalmente prodotti, favorendo ai cibi industriali del supermercato,
quelli naturali delle realtà locali; ci sono gruppi che si organizzano per il trasporto e l’accompagnamento dei
bambini a scuola; quelli che condividono spazi di lavoro, uffici e scrivanie, ma anche laboratori e officine (un
esempio molto diffuso sono le ciclofficine di quartiere dove si condividono strumenti e competenze per le
riparazioni delle biclette); si condividono anche spazi abitativi, ad esempio per la popolazione in età senile, in
modo da sopperire al problema della solitudine che spesso caratterizza la vita degli anziani, in particolare nelle
città. Tutte queste attività costituiscono un esempio di buone pratiche sempre più diffuse, soprattutto da quando la
crisi ha diminuito le risorse economiche dei cittadini, ma al di là del risparmio in termini di denaro, vi è un
notevole miglioramento della qualità della vita di tutti i giorni, un senso di appagamento e di soddisfazione
personale dato dalla qualità dell’esperienza, dal piacere delle relazioni, dal senso di appartenenza ad un gruppo
virtuoso. (Fig. 3)
1. Ebenezer Howard, Garden City, 1898 – 2. Ralph Steiner e Willard Van Dyke, The City, 1939 – 3. Squintopera, Future Cities, 2007 – 4. Ebenezer
Howard, Garden City, 1898 – 5. Halas & Batchelor, New Town, 1948 6. City 2.0, 2012 – 7. Quartiere De Kersentuin – Sustainable Housing and Living,
Eindhoven, Paesi Bassi – 8. Quartiere De Kersentuin – Sustainable Housing and Living, Eindhoven, Paesi Bassi – 9. IBM, Smarter Planet trailer, 2012 –
10. Toshiba, Symphonic Balance of Smart Community, 2011
La città paesaggio e la Eco-City
Nell’idea di città paesaggio, dove la natura ricopre un ruolo privilegiato, coesistono approcci legati in particolar modo
all’ecologia, ma anche aspetti bio-urbanistici, percettivo-visuali, formali, normativi, eco-tecnologici.
La città paesaggio è caratterizzata dai rapporti tra gli aspetti fisici e naturali, dall’attenzione all’uso delle risorse naturali
e alla salubrità dell’ambiente urbano che coinvolgono anche la morfologia urbana, contemplando come obiettivo
primario il benessere fisico del cittadino. In quest’ottica l’ambiente urbano deve essere in primo luogo un territorio sano
da abitare; la città paesaggio, insieme al perseguimento di attenzioni ecologiche, è la città dell’uomo.
Verso la metà del XX secolo fu introdotto il concetto di metabolismo urbano secondo cui il funzionamento della città è
simile a quello di un organismo biologico, seguendo il principio per cui materiali ed energie in entrata nella città devono
essere bilanciati alle emissioni e ai rifiuti in uscita dalla stessa. L’idea di paragonare le città ad organismi viventi pone
l’avvio al tema della sostenibilità come viene inteso oggi, rendendo necessarie politiche e provvedimenti locali per
preservare le risorse ambientali in modo da creare un equilibrio tra queste e i consumi urbani. La sensibilizzazione della
popolazione verso le tematiche ambientaliste si è affermata parallelamente all’emergere dell’ideologia ecologista nel
campo politico.
Europe 2020 è la strategia intrapresa nel 2010 dall’Unione Europea per tutti gli stati membri: si tratta di un programma
con obiettivi ben specifici di crescita sostenibile e maggiormente inclusiva, da svolgersi in dieci anni, entro il 2020 [6].
Inoltre, entro lo stesso anno, l’UE prevede la creazione di una rete di trenta smart cities le quali dovranno aver
intrapreso un percorso per ridurre al minimo l’impatto delle emissioni attraverso la realizzazione di sistemi edilizi e di
trasporto intelligenti e utilizzeranno al meglio le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sia per migliorare
l’efficienza energetica, sia per la formazione di nuove professionalità e posti di lavoro. Le città selezionate, oltre a
ricevere cospicui finanziamenti, saranno considerate ispiratrici di buone pratiche per le altre città europee.
Attualmente l’immagine dell’Eco city è legata a diversi scenari tra cui quella della città compatta, percorsa da trasporti
pubblici a zero emissioni e regolata da ampi spazi pedonali. L’elemento “verde” e “natura” viene inserito anche nei
progetti architettonici: si vedono così realizzati giardini verticali, orti botanici in cima a grattacieli, serre urbane abitate
da organismi lontanissimi dal proprio habitat naturale.
All’offerta di ambiente e di politiche urbane più sostenibili, si aggiungono diverse iniziative spontanee dei cittadini più
sensibili alle tematiche ecologiche con l’intento di raggiungere il medesimo scopo: riconciliare il rapporto tra
l’ambiente naturale e il territorio urbano. Questo rapporto è inteso non solo da un punto di vista funzionale in rapporto a
risorse ed energie, ma anche da una prospettiva estetica, legata appunto all’idea di città paesaggio.
Per effettuare una vera riconciliazione è necessaria una visione mirata e consapevole che comprende l’integrazione di
normative settoriali, l’educazione della cittadinanza, la diffusione di una cultura della sostenibilità e lo sviluppo di
figure professionali competenti.
1. Duvigneaud and Denayeyer-de Smet, Schema di funzionamento del Metabolismo urbano, 1977 – 2. ENVAC, funzionamento dei cestini utilizzati a
Almere, Paesi Bassi, 2008 – 3. Squintopera, Future Cities, 2007 – 4. Amsterdam Smart City, Klimatstraat, 2010 – 5. Squintopera, Future Cities, 2007 – 6.
Sant Cugat, Smart City – 7. Buckminster Fuller, Cupola per Manhattan, 1960 – 8. James Cameron, Avatar, 2009 – 9. Singapore, Solar Trees - 10.
Singapore, Cloud Forest (esterno) – 11. Singapore, Cloud Forest (interno) – 12. Milano, EXPO 2015 Smart Vision
Conclusioni
Gli scenari che oggi rappresentano le Smart Cities mettono in evidenza uno o più aspetti legati al concetto di
innovazione dello spazio urbano: alcuni si concentrano sul fattore economico e sull'attrazione per i nuovi business,
che si legano all'immagine della città padrona e della città verticale; è il caso della visione presentata da IBM per
l'iniziativa Smarter Planet [a] e degli scenari che introducono i nuovi quartieri economici della città di Songdo, in
Sud-Corea [b] e della città di Barcellona, in Spagna [c].
Nell'aspetto che lega la Smart City alla città della tecnologia, l'innovazione è mostrata attraverso l'uso di
dispositivi d'avanguardia che mostrano scenari futuribili di interazione tra l'uomo e la macchina: gli scenari che
rappresentano la città padrona introducono anche questo aspetto, ma sono soprattutto le imprese di servizi digitali
che presentano una visione del futuro legata alla tecnologia; lo scenario presentato dalla Microsoft [d] e quello
dell'azienda Telecom Italia [e] considerano il futuro secondo i princìpi della città della tecnologia, così come la
visione della futura area espositiva di Milano per EXPO 2015 [f].
Se le aziende prediligono una visione del futuro incentrata sull'aspetto economico e tecnologico dello spazio
metropolitano, le organizzazioni e i comuni delle città medie pongono l'accento sul capitale umano e sui cittadini:
il video che presenta il progetto City 2.0 [g] è accompagnato da una componente verbale dotata di un forte potere
espressivo e persuasivo, rivolgendosi direttamente allo spettatore e invitandolo a prendere parte attiva al processo
di cambiamento; lo scenario per la Smart City di Sant Cugat in Spagna [h], mostra gli effetti positivi della
tecnologia invisibile per la qualità di vita dei cittadini, mostrando lo scenario di una città che non cambia il suo
aspetto fisico in favore di un'immagine futuristica, ma presenta i benefici dell'innovazione per la comunità urbana.
La città paesaggio e la sostenibilità ambientale costituiscono dei valori fondamentali per la realizzazione di una
Smart City: la città di Amsterdam pone al centro della strategia per l'innovazione l'aspetto legato all'uso e
all'ottimizzazione di energie sostenibili [i]; anche lo scenario per la città di Sant Cugat si occupa di mostrare i
benefici per i cittadini derivanti da una migliore gestione dei rifiuti e dell'acqua pubblica.
Gli scenari presi in esame sono legati a un immaginario riferito a una specifica idea di città; solo in alcuni casi si
può riscontrare un accenno ad un'altra idea, ma l'immaginario di riferimento è quasi sempre uno solo.
Per realizzare una visione complessiva di tutti gli sviluppi in atto nelle città, in grado di guidare e coordinare le
iniziative pubbliche e private che portano a una città smart e mettere in atto quel processo di mediazione tra le
competenze e i linguaggi delle diverse discipline, compito del design e dell'attività di visioning, è necessario che
gli scenari comprendano tutti i valori legati alle diverse declinazioni del termine Smart City, cercando il giusto
equilibrio tra gli elementi d'innovazione e considerando i bisogni di diverse categorie di utenti.
La case history ragionata degli scenari presi in esame è visionabile sul canale Youtube creato dall'autrice
dell'articolo (www.youtube.com/user/smovenditti).
References
[1] United Nations Department of Economic and Social Affairs/Population Division;
World Urbanization Prospects: The 2011 Revision; New York: 2011.
[2] LANDRY, Charles - The Creative City, A Toolkit for Urban Innovators; London, Sterling: Earthscan, 2000; ISBN:
9781853836138.
[3] Per informazioni su City 2.0, visionare www.ted.com/pages/prizewinner_city2 e www.thecity2.org - City2.0 è un
marchio registrato di proprietà di Warren Schultheis.
[4] KOMNINOS, Nicos - Intelligent cities and globalisation of innovation network; Abingdon: Routledge, 2008, p. 267;
ISBN: 9780203894491.
[5] CARAGLIU, Andrea & DEL BO, Chiara & NIJKAMP, Peter - "Smart cities in Europe", Serie Research Memoranda
0048; VU University Amsterdam, Faculty of Economics, Business Administration and Econometrics, 2009.
[6] COMMISSIONE EUROPEA (comunicazione della commissione) - Europa 2020: una strategia per una crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva; Bruxelles, 2010; (http://ec.europa.eu).
[7] GIFFINGER, Rudolf; FERTNER, Christian; KRAMAR, Hans; KALASEK, Robert; PICHLER-MILANOVIC,
Nataša; MEIJERS, Evert - Smart cities. Ranking of European medium-sized cities, Final report; Centre of Regional
Science, Vienna UT, 2007; (www.smart-cities.eu/).
[8] PIREDDA, Francesca - Design della comunicazione audiovisiva, prefazione di GALBIATI, Marisa; Milano:
FrancoAngeli, 2008; ISBN: 9788846498694.
[9] ABRUZZESE, Alberto - L’intelligenza del mondo: fondamenti di storia e teoria dell'immaginario; Roma: Meltemi,
2001- p. 203; ISBN: 8883530713.
[10] GALBIATI, Marisa (a cura di) - Proiezioni urbane: la realtà dell’immaginario; Milano: Tranchida, 1989; ISBN:
8885685366.
[11] MORIN, Edgar - Il cinema o l’uomo immaginario, prefazione di CASETTI, Francesco;
Milano: Feltrinelli economica, 1982; ISBN: 9788807809729.
[12] FRATINI, Fabiola - Idee di città: riflettendo sul futuro; Milano: FrancoAngeli, 2000; ISBN: 8846427912.
[13] MERONI, Anna (a cura di): Creative communities. People inventing sustainable ways of living; Milano: Edizioni
POLI.design, 2007; ISBN: 9788887981892.
[a] http://www.ibm.com/smarterplanet
[b] http://www.fez.go.kr/en/incheon-fez.jsp
[c] http://www.22barcelona.com/
[d] http://www.microsoft.com/office/vision/
[e] http://www.timsmartcity.it/smartcity
[f] http://www.expo2015.org/
[g] http://www.thecity2.org/
[h] http://smartcity.santcugat.cat
[i] http://amsterdamsmartcity.com/