UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FOGGIA
CATTEDRA DI LETTERATURA CRISTIANA ANTICA
AUCTORES NOSTRI
STUDI E TESTI DI LETTERATURA CRISTIANA ANTICA
14.2014
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Auctores Nostri, 14.2014, 337-354
elena zoCCa
La voce della dissidenza:
omiletica donatista fra testo, contesto e metatesto
La nostra conoscenza del donatismo deriva sostanzialmente dagli scritti
prodotti in occasione della controversia che oppose in Africa, fra IV e V s.,
due chiese rivali 1. Gli stessi nomi con cui i diversi schieramenti passarono
alla storia dipendono in certa misura da quel contesto polemico. Se infatti
entrambi rivendicarono per sé il titolo di cattolici, tale appellativo fu applicato quasi immediatamente dalle autorità romane a quanti si fossero mantenuti in comunione con il vescovo di Cartagine Ceciliano, mentre coloro
che ne avevano contestato l’elezione, contrapponendogli un nuovo vescovo
(Maggiorino), ben presto presero a chiamarsi, o forse ad essere chiamati, con
un nome coniato a partire dal loro più illustre capofila, Donato il grande 2.
1
La bibliograia sul donatismo è ormai sterminata, mi limito quindi a rimandare a
due sintesi particolarmente eicaci ed equilibrate: Ch. Pietri, L’échec de l’unité ’impériale’
en Afrique. La résistance donatiste (jusqu’en 361), e Id., Les diicultés du nouveau système en
Occident: la querelle donatiste (363-420), in Histoire du Christianisme, 2, Paris 1995, rispettivamente 229-248; 435-451; S. Lancel-J.S. Alexander, s.v. Donatistae, in C. Mayer (hrsg.),
Augustinus Lexicon, 2, Basel 1996, 606-638. Più di recente, per una rassegna articolata e
informata sulla storia degli studi, cfr. A. Rossi, ‘Muscae moriturae donatistae circumvolant’.
La costruzione di identità ’plurali’ nel cristianesimo dell’Africa Romana, Milano 2013, 16-83.
2
Per l’attribuzione pressoché immediata da parte dell’autorità romana del titolo di
’cattolici’ a quanti si fossero mantenuti in comunione con Ceciliano, cfr. le lettere di Costantino trasmesse da Ottatto di Milevi nell’Appendix della sua opera (cfr. documenti IX
e X: ed. Zwisa, CSEL 26 [1893], 212 e 215); per quanto riguarda, invece, l’iniziale rivendicazione donatista, cfr. il documento riportato in coll. c. Don. 3, 220 (si precisa che il primo
numero indica la giornata – prima, seconda o terza –; leggiamo il testo della Conferenza
del 411 nell’edizione bilingue latino-francese di S. Lancel, Actes de la conférence de Carthage
en 411, 1-4 [SC 194, 195, 224, 373], Paris 1972-1991, qui ed. Lancel 2, 1162) e Aug., epist. 88,
2. Per la derivazione del nome da Donato cfr. Opt. 3, 3, 17; Aug., c. Cresc. 2, 1, 1-3, 4 e coll.
c. Don. 2, 10. Le fonti non precisano chi per primo abbia coniato il nome: Ottato ritiene
che siano stati gli stessi donatisti, vedendo in ciò un ulteriore segno di divisione e arroganza (cfr. Opt. 3, 3) ed anche il grammatico Cresconio sembrerebbe accreditare l’ipotesi
di un’autodenominazione (cfr. c. Cresc. 2, 1, 2). Agostino, invece, dichiara di ignorarne
l’origine, limitandosi a testimoniare che era antico e comunemente impiegato (ibidem).
Sulla questione cfr. A.C. de Veer, Le nom de ’Donatiste’, in Oeuvres de Saint Augustin: Traités
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nonostante la diffusa venerazione per il personaggio 3, nelle fasi finali
della controversia l’appellativo fu vivacemente contestato dalla parte così
individuata 4, che probabilmente vi leggeva una pregiudiziale negativa, essendo allora comune nominare gruppi scismatici ed eretici proprio facendo
riferimento al loro iniziatore o comunque a chi maggiormente ne avesse
segnato l’identità 5. In ogni caso, i seguaci di Donato, pur non rinunciando a
rivendicare il titolo di cattolici 6, preferirono per lo più designare se stessi con
perifrasi, quali ecclesia veritatis oppure ecclesia quae persecutionem patitur non
quae facit 7; mentre in modo speculare e con evidente intenzione polemica
qualificavano i rivali con l’appellativo di ’mensuristi’ e ’cecilianisti’ 8.
Il dibattito scientifico svoltosi negli ultimi cinquanta/sessant’anni richiama in qualche modo questa antica battaglia sui nomi. Abbandonata
una supina aderenza al cosiddetto ’punto di vista dei vincitori’ 9, ci si è
anti-donatistes (BA 31), Paris 1968, 756-757; E. Lamirande, Désignations des Donatistes, in
Oeuvres de Saint Augustin: Traités anti-donatistes, 5 (BA 32), Paris 1965, 726-727; a. Pelttari,
Donatist Self-Identity and ‘The Church of The Truth’, «Augustinianum» 49 (2009), 359-369. In
generale su modi e signiicato di questa antica contesa sui nomi, cfr. E. Zocca, L’identità
cristiana nel dibattito fra Cattolici e Donatisti, «Annali di Storia dell’Esegesi» 21/1 (2004),
109-130; e più di recente V. Grossi, La discussione su ’Cattolica-Cattolico’ nelle tre sedute
della Conlatio carthaginensis del 411, «Augustinianum» 51/1 (2011), 101-122 (115-120), con
interessanti notazioni sulla rilevanza acquisita dalla denominazione in rapporto alla
deinizione giuridica delle parti.
3
Cfr. coll. c. Don. 2, 10; 3, 32; e l’esplicita testimonianza di Agostino: «per i donatisti,
ci dicono, Donato era come il vangelo» (c. Cresc. 2, 1, 2). Su Donato il Grande e la sua
identiicazione o meno con Donato di Casae Nigrae: A. Mandouze, s.v. Donatus 5, in Prosopographie chrétienne du Bas-Empire, 1: Prosopographie de l’Afrique Chrétienne (303-353),
Paris 1982 (d’ora in poi PCBE/A), 292-303.
4
Cfr. in part. le parole di Petiliano in coll. c. Don. 2, 10 (ed. Lancel 3, 928): Episcopos
nos veritatis Christi Domini nostri et dicimus et saepe actis publicis dictum est. Donatum autem
sanctae memoriae, martyrialis gloriae virum, praecessorem scilicet nostrum, ornamentum ecclesiae istius civitatis, loco suo meritoque veneramur.
5
Cfr. Aug., c. Cresc. 2, 1, 2; 2, 4.
6
Cfr. coll. c. Don.. 3, 22. 75-76. 91. Altre attestazioni in Passio Dativi 1; Acta purgationis
Felicis (CSEL 53, 303); Contra Fulgentium 18.
7
Cfr. coll. c. Don.. 3, 22, 251, 258; Aug., epist. 185, 2; Ad don. post coll. 16, 20; 17, 21; 31, 53;
ed ancora Contra Fulgentium 21. Su tale autodeinizione cfr. Pelttari, Donatist Self-Identity
cit. Con più speciico riguardo al rapporto fra donatisti e persecuzione in età post-costantiniana, cfr. anche C. Revel-Barrettau, La in des persécutions? Le tournant constantinien
vu par les donatistes, in B. Goldlust-F. Ploton-nicollet (edd.), Le païen, le chrétien, le profane.
Recherches sur l’Antiquité Tardive, préface de J.-M. Salamito, Paris 2009, 95-118.
8
Così nella Conferenza del 411: Donatistas nos appellandos esse credunt, cum si nominum
paternorum ratio vertitur, et ego eos dicere possum, immo palam aperteque designo mensuristas
et caecilianistas esse, eosdem traditores et persecutores nostros (coll. c. Don. 3, 30; ed. Lancel 3,
1004; cfr. anche nello stesso senso coll. c. Don. 3, 34; 3, 123; Aug., brevic. 3, 4, 5).
9
Fu W. Bauer (Rechtgläubigkeit und Ketzerei im ältesten Christentum, Tübingen 1934; tr.
ingl. Orthodoxy and Heresy in Earliest Christianity, edited by R.A. Kraft-G. Krodel, Philadelphia 1971) il primo a sensibilizzare gli studiosi contro le insidie del fare storia dal
punto di vista dei vincitori. M.A. Tilley (Donatist Martyr Stories. The Church in Conlict
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 339
impegnati nella ricerca di giudizi più equilibrati e scevri da preoccupazioni
confessionali. nell’ansia di adottare anche semplicemente sul piano delle
appellazioni un linguaggio ’politicamente corretto’, si è cercato di individuare termini corrispondenti ai desideri degli interessati o, forse più spesso,
di quella parte che era sembrata aver sopportato nel giudizio della storia
e degli storici il maggior peso d’una sconfitta religiosa e culturale. Ultimamente gli studiosi preferiscono perciò parlare di ’cecilianisti’ 10, da un lato, e
di ’chiesa dei martiri’ 11, ’chiesa della verità’ 12, ’cristiani d’Africa’ dall’altro.
Quest’ultima designazione è stata adottata in particolare da Brent Shaw
in un articolo del ‘92 13, ma poi sconfessata dallo stesso autore, il quale, nel
recente Sacred Violence 14, è tornato sui suoi passi, riconoscendo, contro una
linea interpretativa inaugurata da Frend 15 e Brisson 16, che la stessa tradizione teologica africana era largamente condivisa da entrambe le chiese e non
poteva quindi considerarsi appannaggio d’una sola di esse.
L’imposizione di un nome, o labelling (= etichettatura) come amano dire
gli antropologi 17, non è cosa irrilevante, comportando, nell’antichità come
nel presente, un’arrière-pensée intessuta di echi e influenze diverse; tuttavia
mi sembra sostanzialmente equilibrata e pragmaticamente condivisibile la
in Roman North Africa [Translated Texts for Historians 24], Liverpool 1996) ha in seguito
ripreso questo avvertimento applicandolo al donatismo (pp. VII-VIII). Poi è diventato
un leit-motiv degli studi sull’argomento.
10
Così, solo per citare qualche nome, B.D. Shaw, African Christianity: Disputes, Deinitions, and ’Donatists’, in M.R. Greenshields-T.A. Robinson (eds.), Orthodoxy and Heresy
in Religious Movements: Discipline and Dissent, Lewiston 1992, 5-34 (ora in Rulers, Nomads
and Christians in Roman North Africa, Aldershot-Brookield 1995, 11, 5-34); M.A. Tilley,
The Bible in Christian North Africa. The Donatist World, Minneapolis 1997; J.J. O’Donnell,
Augustine. A New Biography, new York 2005; Id., The Ruine of the Roman Empire, new
York 2008; P.I. Kaufman, Donatism Revisited: Moderates and Militants in Late Antique North
Africa, «Journal of Late Antiquity» 2/1 (2009), 131-142; J. Ebbeler, Disciplining Christians:
Correction and Community in Augustine’s Letters, Oxford-new York 2012.
11
Cfr. B. Kriegbaum, Kirche der Traditoren oder Kirche der Märtyrer? Die Vorgeschichte des
Donatismus, Innsbruck-Wien 1986.
12
Cfr. Pelttari, Donatist Self-Identity cit.
13
Shaw, African Christianity cit.
14
B.D. Shaw, Sacred Violence. African Christians and Sectarian Hatred in the Age of Augustine, Cambridge 2011; cfr. in part. per la discussione sulle denominazioni p. 5-6.
15
W.H.C. Frend, The Donatist Church. A Movement of Protest in Roman North Africa,
Oxford 1952. nella stessa prospettiva anche i molti studi successivi dello stesso autore
dedicati alla chiesa africana.
16
J.P. Brisson, Autonomisme et christianisme dans l’Afrique romaine de Septime Sévère à
l’invasion arabe, Paris 1958.
17
Particolarmente interessante in tal senso il numero monograico Names and Naming
in the Ancient World, «Studies in Religion» 33 (2004), soprattutto per l’ambito cronologico che qui interessa: T.S. de Bruyn, Naming Religious Groups in the Late Roman Empire,
147-156.
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posizione di Markus, il quale, in un suo intervento, non senza ironia, così
giustificava il mantenimento delle antiche denominazioni di ’cattolici’ e ’donatisti’: «I did, and continue to do so, simply as a matter of convenience,
using the terms within invisible quotation marks» 18. Le antiche denominazioni presentano, d’altro canto, il vantaggio di rendere immediatamente intellegibile, anche per il lettore distratto, l’identità delle parti in causa,
conservando comunque un saldo aggancio con la realtà storica: se infatti i
nostri ’dissidenti’, come oggi si preferisce dire 19, non fossero stati marcati
con un nome che ne dichiarava l’appartenenza scismatica, né in seguito
avessero subito un’omologazione con gli eretici 20, non si sarebbe prodotto
in Africa uno scontro secolare, né oggi staremmo ancora qui a discuterne.
Pertanto ci sia concesso mantenere anche in questo intervento la termino-
18
R.A. Markus, Africa and the Orbis Terrarum: the Theological Problem, in P.Y. Fux-J.M.
Roessli-O. Wermelinger (éds.), ‘Augustinus Afer’. Saint Augustin: africanité et universalité.
Actes du Colloque international, Alger-Annaba 1-7 avril 2001, 1, Fribourg 2003, 322 nota
3. Per una sintesi su questo annoso dibattito intorno ai nomi si veda da ultimo Rossi,
‘Muscae moriturae’ cit., 25-28.
19
Gli studiosi attuali avvertono con fastidio etichettature come ’scismatico’ o ’eretico’,
afermando l’impossibilità di utilizzare concetti elaborati in opposizione a quello di ’ortodossia’ e perciò iniciati da una precomprensione confessionale. Per questo preferiscono
in genere parlare di ’dissidenza’. M. Cozic (Intransigeance et ouverture dans le christianisme
antique. Brèves rélexions en guise d’introduction, in P.G. Delage [éd.], Les Pères de l’Église et
les dissidents. Dissidence, exclusion et réintégration dans les communautés chrétiennes des six
premiers siècles. Actes du IVe Colloque de La Rochelle 25-27 septembre 2009, Paris 2010,
5-6) osserva tuttavia che si tratta semplicemente di un pis-aller, una soluzione di comodo
di cui si coglie chiaramente l’insuicienza. Il concetto di dissidenza implica, infatti, l’idea
d’una minoranza contrapposta ad una maggioranza detentrice del potere, e beneicia
pertanto di una connotazione, almeno nella società contemporanea, nettamente positiva.
Dunque si tratterebbe semplicemente di sostituire un pre-giudizio ad un altro, senza
peraltro rispecchiare fedelmente il punto di vista dei diretti interessati, che si autocomprendevano per lo più come gli autentici rappresentanti dell’unica tradizione teologica
o vera chiesa.
20
Il donatismo in un primo tempo fu considerato uno scisma, e solo nel V s., con
l’editto di Onorio del 12 febbraio 405, venne uicialmente assimilato ad un’eresia, con
possibilità, quindi, di sottoporre i suoi seguaci alle stesse pene previste per gli eretici
(cfr. CTh 16, 5, 38; 16, 6, 3-5). La ricaduta sul piano pratico di tale ’mutazione’ rivestiva
conseguenze estremamente rilevanti, fornendo uno strumento potente alla coercizione
religiosa. Forse per questo i donatisti, che sempre avevano riiutato la caratterizzazione
di ’scismatici’, inine l’accettarono, considerandola un male minore rispetto alla la più
temibile accusa di eresia, e ciò fecero insistendo sulla professione di una medesima fede:
così Cresconio in Aug., c. Cresc. 2, 3, 4. Va detto comunque che le motivazioni teologiche del passaggio da ’scisma’ ad ’eresia’ rimasero piuttosto indeterminate: se infatti
la legislazione imperiale sembrava fondarlo essenzialmente sulla pratica del rebaptisma
(cfr. CTh 16, 5, 38; 6, 4-5; 11, 2), Agostino preferiva insistere sul fatto che il donatismo,
in origine un semplice scisma, si sarebbe successivamente trasformato in eresia a causa
della sua «inveterata ostinazione» (cfr. Aug., haer. 69, 1; nello stesso senso anche epist. 87,
4 e c. Cresc. 2, 9; sull’argomento cfr. C. Harrison, Augustine. Christian Truth and Fractured
Humanity, Oxford 2000, 150).
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logia tradizionale, ovviamente sine ira et studio e, come suggerisce Markus,
fra ideali virgolette.
Più significativa appare semmai un’altra questione, sempre sollevata
dalla ricerca attuale, che tocca lo stato delle fonti e la loro interpretazione.
Come si accennava, ricostruiamo la storia del donatismo prevalentemente sulla base di testimonianze fornite dagli autori cattolici, dunque necessariamente di parte. Fondandosi su un simile apparato documentario il
rischio di incorrere in letture tendenziose è oggettivamente alto, per questo
la bibliografia più recente, contestando duramente (e talvolta con qualche
carenza di prospettiva storica) gli studi prodotti nella prima metà del ‘900,
insiste sempre più spesso sulla necessità di adottare una «ermeneutica del
sospetto». Tuttavia questo nuovo orientamento, proposto per la prima volta
da Maureen Tilley in lavori non ineccepibili sul piano filologico 21, non sempre ha dato buoni frutti, lasciando talvolta emergere ipotesi interpretative
di segno opposto rispetto al passato, ma ugualmente condizionate sul piano
ideologico 22.
Più interessante sarebbe, invece, tentare sondaggi all’interno dei pochi
scritti donatisti conservati ed utilizzare i dati in tal modo ricavati come riscontro e verifica delle fonti controversistiche cattoliche, comunque imprescindibili per ricchezza ed ampiezza di informazione. In tal senso la sopravvissuta produzione omiletica donatista potrebbe costituire un banco di
prova particolarmente interessante, in quanto suscettibile di restituire senza
mediazioni, neppure nella trasmissione 23, l’ipsissima vox dei diretti protagonisti. Si potrebbe così inoltrare lo sguardo all’interno di una comunità
’dissidente’, marginalizzata dal potere imperiale e contestata dalla chiesa
ufficialmente riconosciuta 24.
L’unico, non irrilevante ostacolo rimane la scarsità dei testi giunti sino
a noi. Possiamo tuttavia ’amplificarne’ la voce grazie ad alcune notizie di
carattere generale che consentono di ricostruire lo sfondo in cui i predicatori
si mossero ed elaborarono le loro peculiari strategie comunicative.
Cfr. Tilley, Donatist Martyr Stories cit.; Eadem, The Bible in Christian North Africa cit.
Il suo metodo, soprattutto sotto l’aspetto ilologico, è stato aspramente criticato da F.
Dolbeau, La Passion des martyrs d’Abitina: remarques sur l’établissement du texte, «Analecta
Bollandiana» 121 (2003), 273-296 (276-277 e nota 19).
22
Tale impostazione metodologica costituisce, per esempio, il leit-motiv di un volume recentissimo: Rossi, ‘Muscae moriturae’ cit. Molto più documentato e ilologicamente
aidabile rispetto ad altri lavori di simile impostazione, questo studio applica sistematicamente e con vivace acribia critica l’ermeneutica del sospetto alle fonti cattoliche,
ma concede quasi altrettanto sistematicamente iducia a quelle donatiste. Ne derivano
letture interessanti ed originali, ma talvolta squilibrate e non del tutto convincenti.
23
Tranne un unico caso di cui si dirà più oltre.
24
Su tale legittimazione avvenuta sin dalla prima ora cfr. supra nota 2.
21
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1. Il contesto
In primo luogo è opportuno ricordare che la chiesa donatista deriva da
una bipartizione del cristianesimo africano, prodottasi solo agli albori del IV
secolo. Essa dunque, avendo condiviso con la chiesa rivale il lungo periodo
delle origini, presenta una strutturazione gerarchica identica, usi liturgici
simili e persino, per quanto si può ricostruire, una non diversa architettura
degli edifici di culto 25. Ciò significa che anche presso i donatisti, come presso i cattolici, l’omelia era tenuta generalmente dal vescovo 26. Considerato
che l’episcopato donatista fu per lungo tempo numericamente prevalente
rispetto al cattolico e scese ad una sostanziale parità solo verso gli inizi del
V secolo 27, possiamo dedurne che l’attività omiletica dovette essere intensa.
Inoltre, ormai sfatato il mito d’un donatismo confinato agli strati inferiori e meno acculturati della popolazione, possiamo anche ritenere che sia
stata mediamente di buon livello. Di sicuro, ci furono delle eccellenze. In
proposito abbiamo testimonianze esplicite e non sospette. Sono, infatti, gli
stessi avversari cattolici ad ammettere le qualità oratorie di parecchi loro
rivali. Agostino, per esempio, ricorda in più occasioni la fama conquistata
su questo fronte da Donato, del quale già prima Ottato aveva ammesso l’alta
formazione culturale, e ancora da Massimiano, Petiliano, Emerito 28. Dimostrando poi stima, o quantomeno riconoscimento dell’altrui competenza, nei
rapporti diretti intrattenuti con Vincenzo 29, Fortunio 30 e Cresconio 31.
25
Cfr. A. Evers, A Fine Line? Catholics and Donatists in Roman North Africa, in O.
Hekster-T. Kaizer (eds.), Frontiers in the Roman World. Proceedings of the Ninth Workshop
of the International network Impact of Empire, Durham 16-19 April 2009, Leiden-Boston
2011, 175-198.
26
Cfr. A. Olivar, La predicación cristiana antigua, Barcelona 1991, 528-532. L’unico tentativo d’una trattazione complessiva dell’attività omiletica svolta dai donatisti rimane
a tutt’oggi P. Monceaux, Histoire littéraire de l’Afrique chrétienne depuis les origines jusqu’à
l’invasion arabe, 6: Littérature donatiste au temps de Saint Augustin, Paris 1922, 329-401. La
coloritura retoricamente confessionale mostra inevitabilmente la traccia del tempo, cionondimeno lo studio si propone ancora come preziosa ed insostituibile fonte di notizie.
27
Cfr. Lacel 1 (Introduction), 107-190.
28
Per la testimonianza di Ottato, cfr. 3, 3, 20. Per Agostino: in euang. Ioh. 6, 20; 13, 5; in
psalm. 124, 5; c. Parm. 2, 7, 13; c. Petil. 1, 1, 1; 2, 23, 55; 2, 98, 226; 2, 101. 232; c. Cresc. 1, 2,
3; haer. 69; serm. 37, 3; epist. 87, 1. 10.
29
Cfr. Aug., epist. 93, 23.
30
Cfr. Aug., epist. 44, 1.
31
Cfr. c. Cresc. 1, 6, 8; 1, 13, 16; 1, 22, 27; 2, 12, 15. Sul rapporto fra Agostino e Cresconio ed in particolare sul riconoscimento della sua prepazione culturale nonché delle
sue capacità dialettiche, cfr. M. Marin, Forme della polemica agostiniana: contro Cresconio,
grammatico donatista, in Temi e forme della polemica in età cristiana (III-V secolo), a cura di M.
Marin-M. Veronese (Auctores nostri 9), Bari 2012, 507-541 (530-531).
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 343
Quando però si passa dai predicatori alle loro omelie, i toni della controparte cattolica si fanno meno irenici.
Questa la testimonianza di Ottato di Milevi:
«Voi che siete stati eletti per istruire il popolo sedendo sulla cattedra, intanto calunniate noi, che pure siamo vostri fratelli […] non c’è nessuno
fra di voi che non mescoli nei suoi sermoni invettive contro di noi, che
non ne pronunci una all’inizio ed un’altra alla fine. Cominciate l’omelia
con una lettura delle Scritture e la concludete con ingiurie contro di noi.
Proclamate il Vangelo ed accusate i vostri fratelli assenti. nei cuori dei
vostri ascoltatori versate odio, e a odiarci persuadete coloro che dovreste
istruire» 32.
nello stesso senso, ma con ulteriori e più concrete preoccupazioni, Possidio:
«(I donatisti) in preda all’ira dicevano cose dissennate e gridavano in
pubblico e in privato che Agostino seduceva e ingannava gli animi e sostenevano e proclamavano che lo si sarebbe dovuto uccidere come si fa
con un lupo in difesa del proprio gregge, e ancora che si doveva credere
fermamente che di sicuro si sarebbero potuti rimettere tutti i peccati a
coloro che fossero riusciti nell’impresa» 33.
Un’ermeneutica del sospetto qui sembra doverosa. non bisogna tuttavia
dimenticare il clima esasperato dei tempi, né la contemporanea propaganda
cattolica, che in molti casi non sarà stata, si può facilmente immaginare,
tanto più mite.
In ogni modo, Ottato e Possidio non si limitano ad informarci sulla fondamentale caratura polemica dell’omiletica donatista, ma aggiungono anche, quasi en passant, altre notizie significative per il nostro discorso.
Il primo dei due estratti segnala, infatti, ben due volte il ruolo rivestito
dal riferimento scritturistico – lectione dominica incipitis […] profertis euangelium –, un ruolo evidentemente così rilevante da non poter essere trascurato
neppure all’interno di una recriminazione tanto aspra. Mentre il contesto
del secondo passo descrive una interessante pratica dei fedeli donatisti, che
possiamo facilmente supporre condivisa dai loro omologhi cattolici:
Opt. 4, 5, 1. 2 (SC 413, 88-90).
Possid., vita Aug. 9, 4; per testo e traduzione si rinvia a Possidio, Vita di Agostino.
Catalogo di tutti i libri, sermoni e lettere del vescovo sant’Agostino, a cura di E. Zocca, Milano
2009, 173-175. Per la presenza dei donatisti durante la predicazione di Agostino si veda
anche Possid., vita Aug. 7, 3.
32
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«E come vescovo […] (Agostino) recandosi ovunque gli fosse richiesto,
con alacre sollecitudine predicava la parola dell’eterna salvezza. Soprattutto i donatisti che si trovavano nella stessa città di Ippona o in quella vicina riportavano le sue parole o loro estratti ai propri vescovi […] Quando
capitava che questi ultimi, dopo averle ascoltate, replicassero qualcosa,
o venivano confutati direttamente dai loro seguaci, oppure quella stessa
risposta veniva riportata al santo Agostino, il quale, dopo averne presa
conoscenza, pazientemente e pacatamente […] operava la salvezza degli
uomini» 34.
Depurato dalle amplificazioni retoriche e dai palesi intenti encomiastici,
il testo di Possidio restituisce con vivacità un quadretto di vita quotidiana
all’interno delle antiche città africane, spesso abitate da un doppio gregge
e un doppio pastore. L’andirivieni di fedeli fra l’uno e l’altro vescovo, era
favorito dalla vicinanza delle rispettive basiliche, dalla passione antica per
i discorsi e, non ultimo, dalla disponibilità, qui evidente, dei loro referenti.
Il dialogo che si svolgeva per lo più a distanza fra i leaders delle due chiese
rivali coinvolgeva dunque in prima persona i fedeli, che lungi dall’essere
pecorelle succubi ed arrendevoli, chiedevano spiegazioni ed esigevano risposte.
Già questi primi cenni consentono di intravvedere come ciascuna omelia
si ponesse in una relazione dinamica di intertestualità rispetto all’ipotesto
biblico, sicuramente ’assorbito’ e ’trasformato’, tanto per riproporre il linguaggio della Kristeva 35, per illustrare temi e realtà dell’universo donatista.
Ciò, come risulta evidente, induceva nel pubblico un ascolto attivo ed in
qualche modo creativo. Alcuni, infatti, riconoscendo elementi dei propri
codici culturali 36, l’enciclopedia di cui parla Eco nell’ambito della sua teoria
dell’interpretazione 37, attivavano un ulteriore rapporto di intertestualità fra
le proprie conosceze personali e quanto ascoltato, per cui, insoddisfatti o
incuriositi, si recavano da chi potesse appagare la loro sete esegetica. In tal
Cfr. Possid., vita Aug. 9, 1-2 (ed. Zocca, 173).
Cfr. J. Kristeva, Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, trad. it., Milano 1978 (cfr. in
particolare il saggio La parola, il dialogo e il romanzo, 119-143). Per una sintesi sul concetto
di intertestualità e la sua evoluzione, cfr. A. Bernardelli, Il concetto di intertestualità, in
La rete intertestuale. Percorsi tra testi, discorsi e immagini, a cura di A. Bernardelli, Perugia
2010, 9-62.
36
R. Barthes non vede un’opera, quale essa sia, come un «prodotto inito, chiuso,
ma in quanto produzione in corso, connessa ad altri testi, altri codici (è l’intertestualità), collegata alla società, alla Storia, non in modo determinista, ma citazionale» (cfr. R.
Barthes, Analisi testuale di un racconto di Edgar Allan Poe [1973], in L’avventura semiologica,
Torino 1991, 181; cfr. anche Id., Texte (Théorie du), in Encyclopedia Universalis, 15, Paris
1975, 1014-1015).
37
Cfr. U. Eco, Lector in fabula, Milano 1979.
34
35
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 345
modo si istituivano ulteriori relazioni intertestuali, risultando evidente che
Agostino, nel rispondere, ricorreva di nuovo al testo biblico, attualizzandolo
secondo le neccessità del momento. I fedeli, ancora una volta, riportavano
il discorso a chi per primo aveva suscitato il loro interesse e così si ricominciava il giro, in un processo ermeneutico virtualmente infinito 38.
Sembra questa un’ideale tela di fondo su cui proiettare la più specifica
analisi dei pochi sermoni superstiti.
2. I testi
Dell’omiletica donatista, come si diceva, non sono sopravvissuti che scarsi lacerti, per di più non tutti fruibili con uguale sicurezza o nella prospettiva che qui interessa. Passiamo quindi rapidamente in rassegna il poco che
rimane.
Il Sermone 360, conservato fra le omelie di Agostino ma pronunciato da
Massimino, vescovo donatista di Siniti, al momento del suo rientro nella
Cattolica (407), è di fatto un testo brevissimo. Probabilmente concordato
con l’Ipponate, esso presenta una sorta di realtà rovesciata rispetto agli altri
sermoni di cui dovremo occuparci e potrà dunque essere impiegato per
conferma o smentita di elementi lì rilevati, ma non costituisce certo terreno
d’elezione per conoscere la predicazione donatista 39.
Possibilità di utilizzazione simile ma problemi e perplessità diverse suscita poi la cosiddetta catechesi donatista di Vienna, una raccolta omiletica
contenente sessanta titoli, ventidue dei quali precedentemente inediti, scoperta da Francois Leroy in un manoscritto della biblioteca austriaca circa
vent’anni fa 40. Lo studioso ha ritenuto di potervi ravvisare una matrice donatista fondamentalmente per due ragioni: l’evidenza di un’unica mano
per l’intero corpus, e la sicura rivendicazione al movimento di almeno uno
dei sermoni presenti nella collezione, il serm. 39, ex Escorial 18, già a suo
tempo pubblicato fra gli scritti del Crisostomo latino e riproposto quindi in
edizione critica dallo stesso Leroy nel 1997 41.
38
D. Banon (La lettura ininita. Il midrash e le vie dell’interpretazione nella tradizione ebraica, Milano 2009), a proposito del procedimento midrashico, parla esplicitamente di una
«Ermeneutica della sollecitazione» e della possibilità in esso insita di far scaturire dalla
Scrittura «armoniche signiicanti», capaci di innescare un processo ermeneutico virtualmente ininito (cfr. soprattuto il cap. 8).
39
Su questo sermone cfr. F. Dolbeau, Par qui et dans quelles circonstances fut prononcé le
Sermon 360 d’Augustin?, «Revue Bénédectine» 105 (1995), 293-307.
40
Cfr. F.J. Leroy, Vingt-deux homélies africaines nouvelles attribuable à l’un des anonymes
du Chrysostome latin (PLS 4), «Revue Bénédectine» 104 (1994), 123-147.
41
Cfr. Id., L’homélie donatiste ignorée du Corpus Escorial, «Revue Bénédectine» 107
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ELEnA ZOCCA
Se fosse accertata definitivamente l’ipotesi avanzata, si tratterebbe di
una scoperta eccezionale. Permangono, tuttavia, alcuni dubbi e difficoltà
oggettive. In primo luogo, benché nel ’99 siano stati pubblicati in edizione
provvisoria i ventidue inediti 42, si attende ancora una complessiva edizione
critica dell’omiliario che renda conto, fra l’altro, di eventuali discrepanze
fra i sermoni già noti e le corrispondenti lezioni del manoscritto di Vienna. In secondo luogo, mancando uno studio introduttivo sufficientemente
dettagliato, non si comprende per quale ragione la polemica anticattolica
così evidente in uno solo dei sermoni, sembri negli altri sostanzialmente
obliterata 43.
Appare pertanto più prudente lasciare per ora anche questi sermoni sullo
sfondo e basare l’analisi solo sui testi pienamenti sicuri. Questi si riducono
in definitiva a tre.
In primo luogo, la cosiddetta Passio sancti Donati (BHL 2303b), un sermone pronunciato per celebrare le vittime dei disordini seguiti all’editto antidonatista del 316, vittime considerate martiri a tutti gli effetti. Abbandonata
ormai l’ipotesi di una collocazione alta, vicina agli eventi narrati, Francesco
Scorza Barcellona, nella sua importante sintesi sull’agiografia donatista,
propone di spostarne la datazione intorno alla metà del IV secolo 44. Alcuni
elementi interni, soprattutto un riferimento alla possibile qualificazione del
donatismo come eresia e l’aspra polemica contro l’attribuzione alla chiesa
rivale del titolo di cattolica, potrebbero però suggerire un ulteriore slittamento in avanti, oltre l’editto di Onorio del 405 o addirittura la Conferenza
cartaginese del 411 45.
Abbiamo poi il sermone In natali sanctorum Innocentium 46. Collocabile
approssimativamente nel medesimo torno di tempo, fra la metà del IV ed i
primi decenni del V secolo, esso fu pronunciato in occasione d’una festività
(1997), 250-262.
42
Cfr. Id., Les 22 inédits de la catéchèse donatiste de Vienne: une édition provisoire, «Recherches Augustiniennes» 31 (1999), 149-234.
43
Così almeno segnala Leroy nei tre articoli dedicati all’argomento e citati sopra.
44
Cfr. F. Scorza Barcellona, L’agiograia donatista, in M. Marin-C. Moreschini (edd.),
Africa Cristiana. Storia, religione, letteratura, Brescia 2002, 125-151 (145-148).
45
Cfr. pass. Donat. 3 (plebem sibi semper obsecutam ideoque a deo desertam catholicam vocans, ut de praeiudicio nominis qui ei communicare noluerunt haeretici dicerentur) e 12. Leggiamo il testo nell’edizione: F. Dolbeau, La ’Passio Sancti Donati’ (BHL 2303b). Une tentative
d’édition critique, in ’Memoriam sanctorum venerantes’. Miscellanea in onore di Mgr. Victor
Saxer, Città del Vaticano 1992, 251-267 (per il passo citato, 258). Su questo sermone, oltre
lo studio di F. Scorza Barcellona citato supra, si vedano le note esegetiche di E.R. Pose, A
proposito de las actas y pasiones donatistas, «Studi Storico Religiosi» 4 (1980), 59-75 (ora in
Id., Estudios sobre el Donatismo, Tyconio y Beato de Lièbana, Madrid 2008, 85-106 [102-105]).
In merito al passaggio del donatismo da ’scisma’ ad ’eresia’, cfr. supra nota 20.
46
Leggiamo il testo nell’edizione di A. Wilmart in PLS 1, 288-294.
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 347
che, secondo l’uso antico, manteneva uniti natale ed Epifania. Impostato
su toni più sommessi ed intimi rispetto al precedente, sfrutta comunque
i versetti matteani sulla strage degli innocenti per recuperare alla propria
comunità una prospettiva martiriale non dissimile rispetto a quella proposta
dalla Passio Donati 47.
Infine, il Sermone 39 (ex Escorial 18), l’unico testo inequivocabilmente
donatista presente nell’omiliario di Vienna. Relativamente breve, come del
resto tutti gli altri inclusi nel medesimo corpus, e ugualmente databile agli
inizi del V secolo, sviluppa con coloriture accese una lettura fortemente
attualizzante di Mt 7, 15-16. 20: Cavete a pseudoprophetis, qui veniunt ad vos in
vestitu ovium, intrinsecus autem sunt lupi rapaces. Ex fructibus eorum cognoscetis
eos 48.
Come si evince da queste prime informazioni, i sermoni presentano tutti
la propria chiesa con i tratti idealizzati d’una comunità perseguitata, e ciò
fanno ricorrendo alla Scrittura.
Entrando più nello specifico, possiamo constatare che la chiesa donatista, qui detta di Dio 49 e di Cristo 50, viene dipinta come una Pia mater che
La paternità del sermone fu originariamente attribuita ad Ottato di Milevi in virtù
dell’indicazione fornita dall’omiliario di Fleury-sur-Loire (cfr. A. Wilmart, Un sermon de
saint Optat pour la fête de Noël, «Revue des Sciences Religieuses» 2 [1922], 271-302; B. Capelle, Optat et Maximin, «Revue Bénédectine» 35 [1923], 24-26), ma ben presto contestata
con solidi fondamenti da A. Pincherle (Un sermone donatista attribuito a Ottato di Milevi,
«Bilychnis» 22 [1923], 134-135; cfr. anche Id., Due postille sul donatismo, «Ricerche Religiose» 18 [1947], 160-164 [161]), che ne rivendicò l’appartenza al donatismo (probabile
autore: Ottato di Thamugadi). Successivamente altri hanno confermato la matrice donatista, avanzando ulteriori attribuzioni d’autore: F. Scorza Barcellona (L’interpretazione dei
doni dei magi nel ‘Sermone’ natalizio di [Pseudo] Ottato di Milevi, «Studi Storico-Religiosi» 2
[1978], 129-140), ha proposto un possibile collegamento con Ticonio, e così più convintamente E. Romero Pose (Ticonio y el sermone ’In Natali sanctorum innocentium’ (Exeg. de
Matt. 2), «Gregorianum» 60 [1979], 513-544; ora in Id., Estudios sobre el Donatismo, 201235), rilevando una serie di interessanti e signiicativi paralleli con la sua esegesi. Inine
M. Tilley, nel già citato The Bible in Christian North Africa (86-92), utilizza senz’altro il nostro testo fra la documentazione interna al donatismo. In controtendenza M. Labrousse
(s.v. Optat de Milève, in Dictionnaire de spiritualité, ascétique et mystique, doctrine et histoire
11, Paris 1982, 826-827; e l’introduzione all’opera di Ottato in SC 412, 11) che mantiene
l’attribuzione ottaziana, ma non sembra conoscere la bibliograia successiva a Pincherle.
48
Leggiamo il testo nell’edizione di Leroy, L’homélie donatiste ignorée cit., 259-262. Sulla storia esegetica di questi versetti nell’ambito della polemica donatista cfr. E. Zocca,
Pecore e lupi rapaci: il dibattito intorno a Mt 7, 15-16 nel cristianesimo africano del IV/V s., in
’Humanitas’ e cristianesimo. Studi in onore di R. Osculati, a cura di A. Rotondo, Roma 2011,
115-124; per la fortuna dei medesimi versetti nel più ampio contesto della controversistica antiereticale cristiana, cfr. A. Le Boulluec, La notion d’hérésie dans la littérature grecque,
IIe-IIIe siècles, 1-2, Paris 1985, 25-26, 32, 37, 67-68, 175, 218, 220, 488, 500.
49
Cfr. pass. Donat. 9.
50
Cfr. pass. Donat. 7.
47
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proclama la fede patientissima dei suoi figli 51. Costoro, descritti con tratti
che riecheggiano Ps 31 (30), 6, Lc 23, 46 e Act 2, 23, ci sono proposti mentre,
nutriti di sacre letture, digiuni prolungati e preghiere continue, affidano le
proprie anime a Dio 52, tendendo verso di lui, nella prova, mani inermi 53. È,
anzi, proprio nella persecuzione che, provati come oro nella fornace (secondo Prv 17, 3 54), i fedeli manifestano la loro autentica appartenza. Gli omileti
ribadiscono infatti che veri servi di Dio possono considerarsi solo quanti patiscono quel che Cristo aveva patito, fatti oggetto dello stesso odio che aveva
afflitto il loro Signore, con citazione ad litteram di Jo 15, 20 (‘Non est’, inquit,
‘seruus maior domino suo; si me persecuti sunt, et uos persequentur’) 55, e Jo 15, 19
(Si de saeculo essetis, inquit, saeculum quod suum esset amaret; sed quia de saeculo
non estis, et ego elegi uos de saeculo, propterea odit uos saeculum) 56. nell’accettazione della sofferenza, calcando le orme di colui che li aveva preceduti,
solo costoro sarebbero stati contrassegnati dal sigillo «d’una leale milizia»
ed avrebbero potuto incamminarsi verso il regno dei cieli per la via rappresentata da Cristo stesso, secondo il dettato di Jo 14, 6: ‘Ego sum’, inquid, ‘Via,
veritas et vita, nemo venit ad patrem nisi per me’ 57. La persecuzione, indicata
come via coelorum, veritas evangelium, perpetua vita sanctorum 58, nel sermone
In natali Sanctorum Innocentium giunge addirittura a rivestire necessità teologica. L’anonimo autore, con un ragionamento complesso dall’andamento
circolare, istituisce infatti un parallelismo fra Cristo, homo deo mixtus, e la
chiesa suo corpo, deducendone un obbligo alla sequela che appare quasi
ontologicamente determinato 59. Proprio per questo, però, i cristiani (ma è
sempre sottinteso ’i veri cristiani’) non potranno che riuscire vittoriosi nella
lotta, poiché in loro, suo corpo, combatte Cristo stesso 60.
Dal momento che la prova presa in considerazione dai predicatori sembra riguardare non solo una battaglia in campo aperto ma anche e soprattutto una tentazione subdola e strisciante, nei testi emerge frequente il richiamo ad una condotta di vita illibata e all’osservanza dei precetti, presentati
Cfr. pass. Donat. 1.
Cfr. pass. Donat. 6.
53
Cfr. pass. Donat. 6.
54
Cfr. serm. sanct. innoc. 8, che cita ad litteram Prv 17, 3 (LXX) ‘Sicut’, inquid, ‘aurum in
furnace, sic electa corda apud dominum’.
55
Cfr. pass. Donat. 7.
56
Cfr. ancora pass. Donat. 7 e, nello stesso senso serm. sanct. innoc. 3 che riecheggia il
medesimo versetto giovanneo.
57
Cfr. serm. sanct. innoc. 3.
58
Cfr. serm. sanct. innoc. 3.
59
Cfr. serm. sanct. innoc. 1. 7. 14.
60
Cfr. serm. sanct. innoc. 6.
51
52
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 349
come victricia arma capaci di condurre indefettibilmente al premio finale 61.
La stessa richiesta etica è proposta, d’altro canto, come un’ulteriore forma
di sequela e identificazione con Cristo, articolata nei termini di Eph 5, 1-2:
‘Estote’, inquid, ‘imitatores dei tamquam filii dilectissimi, et ambulate in dilectione,
sicut et Christus dilexit vos et tradidit seipsum pro vobis oblationem et victimam
deo in odorem suavitatis’ 62. Ancora un esempio di quella circolarità di pensiero
cui sopra si accennava.
Ricompresi, dunque, nel novero dei giusti sofferenti, perseguitati dagli
iniqui sin dalle origini del mondo, secondo la prospettiva di Mt 23, 35 e Lc
11, 52 63, i fedeli sono ulteriormente rassicurati sulla tutela divina, grazie alla
citazione esplicita di brani tratti da Isaia e dai Salmi (Is 8, 9-10; 14, 22; 18, 7 e
Ps 91 [90], 11-12) 64, nonché sull’efficacia di una giustizia retributiva che non
li lascerà invendicati, con riecheggiamento di Apc 19, 2 65. A questo punto il
macarismo matteano sui perseguitati (Mt 5, 11) affiora quasi spontaneo sulle
labbra dei predicatori, mentre viene precisato con una certa insistenza che
possono correttamente dirsi ’beati’ quanti patiscono pro ecclesiae veritate 66.
Infine, importante sottolineare che in questi testi la persecuzione agisce
come una sorta di cartina di tornasole: da un lato manifesta, come si è visto, la ’vera chiesa’; ma dall’altro svela i sedicenti cristiani, che infamano il
nome di cui amano fregiarsi 67. Costoro vengono smascherati proprio dalla
crudeltà delle loro opere, che li dichiarano non seguaci di Cristo, ma emissari del Diavolo, suoi figli 68 e Anticristi 69. Qui i versetti di riferimento sono,
ovviamente, Mt 7, 15-16 e Mt 7, 20 70.
negli astuti corruttori che insidiano con la blandizie, si ammantano illegittimamente del nome cristiano 71 e mostrano una totale incoerenza fra parole ed azioni 72, devono riconoscersi vescovi e fedeli della chiesa rivale. La
gerarchia, in particolare, è presentata come portatrice di un attacco ipocrita
61
Per l’espressione arma victicia, cfr. pass. Donat. 2, per il richiamo ad una condotta
di via eticamente impegnata, cfr. ancora serm. sanct. innoc. 1. 8. 10. 11. 12. 13; serm 39, ll.
90-93.
62
Cfr. serm. sanct. innoc. 10.
63
Cfr. serm. sanct. innoc. 5.
64
Cfr. serm. sanct. innoc. 6. 7. 8.
65
Cfr. serm. sanct. innoc. 5.
66
Cfr. serm. sanct. innoc. 5-6. Per la riproposizione del macarismo matteano cfr. anche
serm. 39 (18), ll. 54-55.
67
Cfr. pass. Donat. 4; serm. sanct. innoc. 11; serm. 39, ll. 38-39.
68
Cfr. pass. Donat. 4. 6. 7.
69
Cfr. pass. Donat. 1; serm. 39, l. 60.
70
Cfr. pass. Donat. 1. 15; serm. 39, ll. 10-21. 74.
71
Cfr. pass. Donat. 1. 2. 3. 4. 7. 11; serm. 39, ll. 37. 57-59. 60.
72
Cfr. serm. 39, ll. 28-29. Cfr. anche implicitamente pass. Donat. 4.
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e mellifluo, ma non per questo meno esiziale, esplicitamente individuato
nella proposta di rientrare tutti in un’unica comunione: Christus, inquit, amator unitatis est; unitas igitur fiat 73. La richiesta è avvertita come un attentato
diabolico e perniciosamente contaminante nei confronti della purezza della
fede (fidei castitatem), al quale è necessario opporre un netto rifiuto. Con gli
esponenti della controparte, chiamati traditori 74, apostati 75 e novelli farisei 76,
non può esservi infatti nulla in comune, poiché: christianos uero cum traditoribus morari non licuit 77. Ed il discedite, la necessità della separazione, viene
ad esprimersi con i toni profetici di Is 52, 11 e 2 Cor 6, 16 78.
nonostante l’asprezza di queste ultime posizioni, si deve notare che la
chiesa rivale, cui il nome di Cattolica o è esplicitamente rifiutato o ellitticamente sottaciuto 79, solo di rado è presa di mira in modo esplicito. Essa
rimane per lo più sullo sfondo, come una presenza oscura e minacciosa,
armata d’una duplice insidia: da un lato la coercizione, esercitata con violenza dai rectores huius mundi et harum tenebrarum, secondo il dettato di Eph
6, 12 80; dall’altro, le lusinghe di una sicurezza mondana 81. Dei due rischi, il
più concretamente avvertito sembrerebbe essere il secondo, sicché uno dei
predicatori, attraverso l’ennesima allusione biblica, lascia echeggiare una
rassicurazione che ha tutta l’aria di un avvertimento: Et tamen lupi, vigilante
pastore, ouibus nocere non possunt 82.
Riprendendo ora i ventidue inediti della catechesi di Vienna 83, gli unici
disponibili in un’edizione basata sul manoscritto che riporta l’intero corpus, possiamo segnalare in essi la presenza di taluni fra i temi ora ricordati.
Affiorano, infatti, richiami piuttosto frequenti alla necessità di un’assoluta
coerenza fra nome e condotta cristiana 84, l’idea di una giustizia retributiva
commisurata all’impegno etico 85, alcune citazioni o riecheggiamenti scrittu-
73
Pass. Donat. 3. Cfr. anche 39, ll. 86-91.
Cfr. pass. Donat. 5. 6. 12; serm. 39, ll. 35. 64.
75
Cfr. pass. Donat. 12; serm. sanct. innoc. 13.
76
Pass. Donat. 6.
77
Serm. 39, l. 64.
78
Serm. 39, ll. 86-87. Cfr. in senso simile pass. Donat. 10.
79
Riiutato in pass. Donat. 3. 12. Taciuto negli altri due testi.
80
Cfr. pass. Donat. 5. Cfr. anche pass. Donat. 12; serm. sanct. innoc. 3.
81
Cfr. serm. sanct. innoc. 7.
82
Serm. 39, ll. 34-35.
83
Leggo i testi nell’edizione Leroy, Les 22 inédits cit., 160-225. Preciso che per i riferimenti verrà indicata ove presente la partizione in capitoli, mentre si daranno le linee
laddove manchi.
84
Cfr. serm. 27, 5; 28, 2. 6; 49, 2; 51, 1; 53, 3; 58, 1; 60, 6.
85
Cfr. serm. 19, ll. 101-107; 48, 1; 53, 4; 56, 1. 3; 58, 1; 60, 5.
74
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 351
ristici connessi con la sofferenza dei giusti 86, nonché la riproposizione di una
concezione binaria della realtà, nella quale si confrontano buoni e malvagi,
discendenti della casa di Israele e discendenti della casa di Giuda 87. Resta
tuttavia assente qualsiasi riferimento ad una chiesa rivale istituzionalmente
costituita e nominalmente individuata. Lo spunto polemico non compare
neppure quando vengono affrontati temi tipici del contrasto con i cattolici,
quali la condanna dell’odio fratricida 88, la messa in guardia contro attacchi
portati in tempo di pace 89, il rifiuto nei confronti dei ministri peccatori 90.
Si ha come l’impressione che il predicatore, pur così accesso nel serm. 39,
soggiaccia ad una autocensura di cui è difficile discernere contorni e motivazioni.
Forse una risposta potrebbe giungere dal confronto con i sermoni trasmessi in duplice versione, all’interno della raccolta e indipendentemente
da essa. Si tratta però di un lavoro filologicamente impegnativo e ancora
tutto da affrontare. In questa sede non sembra dunque possibile, neppure
a posteriori, utilizzare le ventidue omelie della raccolta Leroy, sebbene sia
parso opportuno, fare un controllo e dare un rapidissimo ragguaglio.
3. Metatesto e conclusioni
Tornando agli esiti dell’analisi condotta sui tre sermoni più affidabili,
abbiamo potuto constatare che, in tutti, la polemica nei confronti della chiesa
rivale è senz’altro presente, ma come indiretta e in tralice. In contesti omiletici ciò non stupisce, mantenendosi l’attenzione più orientata verso l’interno
che verso l’esterno della comunità. E di fatto nei nostri testi la preoccupazione dominante sembra senz’altro costituita dalla necessità di delimitare
in modo netto i confini identitari del gruppo, onde scoraggiare tentennamenti o, peggio ancora, diserzioni in favore della controparte cattolica. In
tale direzione, il ricorso alla Scrittura riveste una importanza fondamentale.
Il testo biblico viene, però, qui impiegato con strategie diverse rispetto ad
ambiti più dichiaratamente controversistici. Esso non si pone infatti, nella
stragrande maggioranza delle ricorrenze, come una istanza enunciativa in
Cfr. serm. 8, ll. 109-115; 14; 17; 20; 34, 2; 55, 3; 58, 2.
La distinzione fra casa di Giuda e casa di Israele è presentata dal serm. 49, 5, mentre
il serm. 56, 2-3 prospetta due serie parallele di nati da Dio e nati dal diavolo. Una visione
bipartita della realtà costituisce comunque il leit-motiv di tutti i sermoni esprimendosi,
non di rado anche a livello stilistico, nella presenza insistita di parallelismi e antitesi.
88
Cfr. serm. 55, 4.
89
Cfr. serm. 28, 2.
90
Cfr. serm. 56, 2.
86
87
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rapporto alla quale si situano la parola del predicatore 91 e quelle, per lo
più leggibili in filigrana, dell’avversario. Molto più spesso appare utilizzato quasi come un’esegesi della vicenda donatista, articolata nei modi di
un’elaborazione midrashica, sollecitata da un determinato evento o da una
specifica peculiarità del gruppo. La Scrittura, e quindi l’apparato citazionale
da essa dedotto, assolve allora la funzione di ’descrivere’ la chiesa donatista
come unica e vera, la sola legata a Cristo da un rapporto di assoluta coerenza
etica e ontologica.
Se, secondo la teoria di Gérard Genette, la relazione di metatestualità
raccoglie tutti i casi in cui un testo è fatto oggetto di una qualsiasi forma di
commento o interpretazione da parte di un altro testo, che viene così a costituirne il metatesto 92, nel nostro caso, e paradossalmente, il ruolo di commentario, di metatesto, risulta giocato dalla Scrittura. Questa la ragione per cui,
i sermoni di cui abbiamo qui discusso, pur richiamando versetti utilizzati
contemporaneamente dai cattolici, non lasciano emergere una contestazione
esplicita dell’ermeneutica proposta dalla chiesa rivale.
L’assenza di una presa di posizione apertis verbis, non esclude però una
polemica implicita, né l’introduzione di suggestioni e correttivi. Questi ultimi sono evidenti, solo per citare qualche caso, nell’articolata riproposizione
dei versetti matteani sui falsi profeti 93, nella ripresa delle parole di Paolo
sulla metamorfosi di Satana (2 Cor 11, 13-15) 94 o, last but non least, nella
tematica relativa a persecuzione e martirio, dove colpisce l’insistenza sulla
rivendicazione di una perfetta sequela martire-Cristo, nonché sulla sofferenza patita pro veritate 95. Risposta quasi indiretta, quest’ultima, alla rilettura
del martirio che andava allora elaborando Agostino, proprio in funzione
antidonatista 96.
91
Contrariamente a quanto avviene in altri casi studiati, cfr. H. Grelier, L’Écriture, un
ressort polémique dans le discours de controverse doctrinale, in L. Albert-L. nicolas, Polémique
et rhétorique. De l’Antiquité à nos jours, Bruxelles 2010, 135-151 (141).
92
Cfr. G. Genette, Palinsesti, trad. it., Torino 1997.
93
Per il fronte donatista cfr. pass. Donat. 1; 5; serm 39, ll. 10-21; 74 (e Petiliano in Aug.,
c. Petil. 2, 6, 12; 16, 36-17, 38); Fortunio in epist. 44, 2, 4); Per il fronte cattolico, cfr. Aug.,
serm. ABC, 34-39; c. Parm. 2, 10, 21; epist. 44, 2, 4; bapt. 1, 4, 5; 2, 7, 11-12; 6, 1, 1; c. Petil. 1,
19, 21-21, 23; 1, 24, 26-25, 27; 2, 16, 37; 2, 73, 164; 2, 78, 174; 3, 58, 70; c. Parm. 2, 10, 21; c.
Cresc. 4, 63, 77; in psalm. 149, 2 (per la bibliograia, cfr. supra nota 48).
94
Per il fronte donatista cfr. pass. Donat. 4 (e Petiliano in Aug., c. Petil. 2, 18, 40). Per il
fronte cattolico, cfr. Aug., c. Parm. 2, 4, 9; c. Petil. 2, 7, 15; 2, 18, 41.
95
Per l’insistenza sul pro veritate, cfr. in particolare serm. sanct. innoc. 5-6. Più in generale sulla identiicazione fra vicenda donatista e tematica del giusto perseguitato cfr.
pass. Donat. 6 e 9; serm. 39 (18), ll. 54-72 (cfr anche Petiliano, con esplicita citazione di Mt
23, 33-35, in Aug., c. Petil. 2, 15, 34-16, 36).
96
Sulla sentenza agostiniana martyr non facit poena sed causa e sulla teologia martiriale
che vi sottende cfr. W. Lazewsky, La sentenza agostiniana ’martyrem non facit poena sed
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LA VOCE DELLA DISSIDEnZA: OMILETICA DOnATISTA FRA TESTO, COnTESTO E METATESTO 353
Possiamo chiederci a questo punto quanti saranno rimasti perplessi sentendo citare, con esiti diversi, i medesimi passi.
Abbiamo letto prima la testimonianza di Possidio, possiamo riprendere
ora il sermone di Massimino di Siniti che avevamo lasciato da parte.
Il vescovo, prima scismatico e poi rientrato nella cattolica, richiamando
nella sua breve omelia una serie di immagini consuete per i predicatori
dell’uno e l’altro fronte, confessava di aver precedentemente consumato le
sue forze in una vigna straniera (aliena vinea), spendendo la sua fatica non
a vantaggio del Signore, ma del suo nemico. Blasfemo e persecutore, aveva
agito allora per ignoranza, ascoltando solo le parole della sua famiglia e
non quelle di profeti, patriarchi ed apostoli, benché nell’un campo come
nell’altro si leggessero le medesime Scritture (numquid non easdem Scrpturas
legebam, quas et nunc lego?). Poi, vinto dalla verità, come già Paolo, aveva
cessato d’essere predone e lupo, cieco di fronte alla ’sposa’. Riacquistata
la pace di Cristo, i suoi occhi si erano finalmente aperti e gli si era svelato
ciò che prima non aveva potuto riconoscere: Utraque testimonia aperta sunt
videntis, sed clausa caecis 97.
La Scrittura, posta fra gli uni e gli altri, non era stata per lui quell’istanza
autoritativa di cui si diceva, ma un testo ambiguo che, per poter essere correttamente decrittato, richiedeva una istanza ulteriore, capace di fornirne la
corretta interpretazione.
Come avrebbero potuto districarsi nella stessa difficoltà le masse dei fedeli e quei predicatori che si fossero sentiti confusi ed incerti?
causa’, Roma 1987; più in generale sul concetto di martirio in Agostino, cfr. J. Den Boeft,
’Martyres sunt, sed homines fuerunt’. Augustine on Martyrdom, in A.A.R. Bastiaensen-A.
Hilhorst-C.H. Kneepkens (éds.), ’Fructus centesimus’. Mélanges oferts à G.J.M. Bartelink,
Steenbrugge 1989, 115-124; É. Rebillard, ’In hora mortis’. Évolution de la pastorale chrétienne
de la mort aux IVe et Ve siècles dans l’Occident latin, Roma 1994; G. Lapointe, La célébration
des martyrs en Afrique d’après les sermons de saint Augustin, Montréal 1972; R.B. Eno, Saint
Augustin and the Saints, Villanova 1989; T.J. van Bavel, The Cult of the Martyrs in St. Augustine: Theology versus Popular Religion?, in Martyrium in Multidisciplinary Perspective.
Memorial Louis Reekmans, edited by M. Lamberigts-P. van Deun, Louvain 1995, 351-361;
C. Straw, s.v. Martirio, in A. Fitzgerald (ed.), Agostino. Dizionario enciclopedico, ed. it. a cura
di L. Alici-A. Pieretti, Roma 2007, 914-920.
97
Cfr. serm. 360 (nBA 34, 342-344). nel testo, ad esempio, si fa riferimento all’immagine della chiesa come ’sposa’, con riecheggiamneto del Cantico dei Cantici, un testo al
centro della rilessione ecclesiologica di donatisti e cattolici (basti pensare alla discussione portata sugli stessi versetti da Parmeniano, Ottato e Agostino; cfr. M. Cameron,
Augustine’s Use of the Song of Songs against the Donatists, in Augustine Biblical Exegete,
edited by F. van Fleteren-J.C. Schnaubelt, new York 2001, 99-127, con citazione delle
fonti di riferimento), nonché alla conversione di Paolo, testo commentato più volte da
Agostino proprio nel senso qui fatto proprio da Massimo di Siniti (cfr. Aug., serm. 175, 6,
7-8, 9; 279, 1-5; 299, 6; 299/B, 4-5; 299/C, e per alcuni aspetti parziali serm. 77, 2-3; 116, 7,
7; 137, 6, 6; 316, 4-5; 333, 3-4; 382, 4), ma richiamato anche da Petiliano nella sua lettera
(in Aug., c. Petil. 2, 20, 44; 2, 21, 47).
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Se ai fedeli rimaneva la soluzione che ci è sembrato di poter dedurre dal
testo di Possidio, difficilmente i predicatori avrebbero potuto seguirli sulla
medesima strada.
Le fonti consentono però di avanzare un’ulteriore ipotesi. La quasi totalità delle tematiche e proposte ermeneutiche sopra richiamate trovava riscontro nella Epistula ad presbyteros et diaconos di Petiliano, che noi conosciamo
attraverso la replica di Agostino e che è facilmente ricostruibile nel suo sviluppo originale espungendo dal secondo libro del Contra litteras Petiliani gli
interventi dell’Ipponate 98. Quel testo, scritto dal primate d’Africa di parte
donatista, ben avrebbe potuto funzionare come un vademecum per i predicatori meno abili o culturalmente più esitanti, sempre in cerca d’una fonte
autorevole, cui attingere per dare risposta ai quesiti dei loro vivaci fedeli.
Come che siano andati i fatti, è evidente che fra i due fronti si svolse un
articolato dibattito intorno alla Scrittura, nutrito da esigenze polemiche, ma
anche da un ascolto attivo e, ripetiamo, creativo da parte del pubblico. Ciò
produsse, come esito secondario e forse imprevisto, una sorta d’intertestualità vivente, con i fedeli nel ruolo di api operose che, volando di fiore in fiore,
impollinavano le omelie degli uni e degli altri, chiedendo a se stessi ed ai
loro pastori di comprendere meglio cosa rendesse le rispettive comunità,
comunque cristiane, così uguali e diverse.
98
Per un inquadramento generale dell’opera, cfr. l’Introduzione al testo in nBA 15/2
(1998), 7-16. Per cenni biograici su Petiliano, il suo ruolo nella polemica ed i temi principali della lettera, cfr. PCBE/A, 855-868; ed. Lancel 1, 221-238. Alcuni casi speciici sono
richiamati supra alle note 93-95.
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Sommario
M. Marin, Dell’intreccio fra polemica e omiletica nell’Occidente latino (IV-VI secolo) - M. SiMonetti, La polemica nella produzione omiletica latina fra IV e VI secolo
- G. Solaro, Discorsi e polemica in Tucidide - M. Cutino, Strategie argomentative
nell’omelia di Ambrogio di Milano sull’afare Callinico fra polemica antigiudaica
e teologia politica - D. laSSanDro, Tracce di predicazione nel De Nabuthae historia
di Ambrogio - C. Burini De lorenzi, Non te capiat haereticus (in Luc. 4, 26). Polemica
antieretica nell’Expositio in Lucam di Ambrogio - M.J. CreSpo loSaDa, El exordio
en la Homilía sobre el Génesis de Prisciliano de Avila: ¿tópico literario o polémica
antiherética? - M.l. ariano, La condanna dell’idolatria nell’omiletica dell’Italia
settentrionale di ine IV secolo - M.a. GaBrielli, La polemica antigiudaica di Zenone - S. Di FranCo, La polemica antigiudaica nei Sermones di Gaudenzio di Brescia - M.p. a. ariano, La polemica antipagana in Massimo di Torino - A. BaStit-C.
GuiGnarD, La polémique exégétique dans les Tractatus de Chromace d’Aquilée sur
Matthieu, en relation avec le commentaire des évangiles de Fortunatien, récemment redécouvert - M. VeroneSe, Iudaei credere noluerunt. La polemica di Cromazio
aduersus Iudaeos - B. ClauSi, Gerolamo polemista nei Tractatus in Marci evangelium
- A. Capone, Vim facere scripturae: spunti polemici nei Tractatus in psalmos
di Gerolamo - e. zoCCa, La voce della dissidenza: omiletica donatista fra testo,
contesto e metatesto - M. Marin, Ironia irrisione sarcasmo: forme della polemica
nell’omiletica agostiniana - o. Monno, L’idolatria nella polemica antipagana dei
Sermones di Agostino - V. loMiento, Le argomentazioni antipagane nei Discorsi di
Agostino sulla caduta di Roma - S. iSetta, Virtus invicta, si non sit caritas icta (Aug.,
serm. 303, 5, 4). La celebrazione del martire Lorenzo e la polemica contro i falsi
cristiani - G. Colantuono, Quid faciunt hirci in grege Dei? Parenetica, polemica e
storia sociale in Aug., serm. 47 - a. trinGali, … multos falsos deos non divisi colunt
(Aug., util. ieiun. 7, 9): un exemplum paradossale in Agostino - F.M. Catarinella,
La condanna delle Kalendae Ianuariae nell’omiletica latina tra IV e VI secolo. Con
un esempio di ‘catena’ - A.V. nazzaro, Contro giudei, pagani ed eretici. Reazione
religiosa e politica all’invasione dei Vandali ariani di Quoduultdeus vescovo di
Cartagine (V sec.) - C.C. BerarDi, La polemica di Cesario di Arles contro pratiche
magiche e sacrilega medicamenta - l. GiorDano, Posterior intrauit, qui prior uenerat
(Greg. M., in euang. 22, 5) - V. Sineri, Iacob gentilis populi igura (Greg. M., in Ezech.
1, 6, 3) - Goullet, Per Asclepium contemno sermones tuos: polémique et homilétique
dans la Passion de saint Babylas - p. ColaFranCeSCo, Martyres advocati: una rilettura
di ICUR VII 17765 - M. M. Marin, «Mi pare di sognare». Rileggendo Demetrio
Marin nel centenario della nascita - G. niGro, In memoriam: Mario Girardi (1. novembre 1948-15 Giugno 2015).
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