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Karol Karp Università “Niccolò Copernico” di Toruń Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous: un romanzo di consumo? Introduzione Nelle discussioni accademiche sulla produzione in lingua italiana di autori migranti appare il problema del valore letterario dei testi in oggetto (Gnisci 2003). Il presente saggio, dedicato all’analisi dell’appartenenza di genere dell’opera Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous, uno dei più conosciuti rappresentanti della letteratura della migrazione, vincitore del prestigioso premio Flaiano, aspira a essere un contributo a questo dibattito. È risaputo che il romanzo di consumo viene considerato uno degli elementi costitutivi della cosiddetta paraletteratura, la quale – come rileva Carlo Bordoni – indica “qualcosa che sta «accanto» alla letteratura e le somiglia moltissimo, ma che letteratura non è” (Bordoni 1999, 40). Lo studioso ne individua i tratti tipici, inerenti a tematica, tipologia dei protagonisti, costruzione dell’intreccio, che consentono di diferenziarla dalla letteratura tout court. Tali tratti riguardano l’iterazione, la serialità, la probabilità (Bordoni 1999, 44). 1. Iterazione L’opera di Lakhous, ambientata nella Roma del ventunesimo secolo, e più precisamente in un palazzo di piazza Vittorio in cui vivono numerose persone di origine straniera, si incentra sull’indagine per la morte di Lorenzo Manfredini alias Gladiatore, un uomo odiato da più inquilini. Lo scrittore costruisce personaggi identiicabili con tre ambiti: la commedia all’italiana (Comand 2010), la letteratura della migrazione, la letteratura gialla. 82 Karol Karp Quanto alla produzione in italiano dei migrant writers, il testo presenta due tipi di protagonisti che usualmente la popolano: quello di un autoctono e quello di uno straniero. Per tratteggiarne un quadro esemplare faremo ricorso alle igure di Benedetta Esposito e Parviz Mansoor Samadi, sottolineeremo il carattere delle loro reciproche relazioni e le rispettive maniere di percepire la realtà circostante. Nel caso della donna abbiamo a che fare con un riiuto totale dell’alterità incarnata dalle persone di origine non italiana. Nel suo immaginario la loro presenza nel paese, soprattutto quella illegale, sovente tipica di individui provenienti da zone povere e arretrate, non provoca che guai, per cui incolpa gli stranieri della disoccupazione che tormenta i suoi connazionali, li accusa di vari reati e li considera una razza peggiore; non nota dunque che gli aspetti negativi del loro arrivo in Italia. Tale atteggiamento è conforme alla deinizione di non-persone proposta da Alessandro Dal Lago. Lo studioso sostiene che “gli stranieri giuridicamente e socialmente illegittimi (migranti regolari, irregolari o clandestini, nomadi, profughi)” siano “le categorie più suscettibili di essere trattate come non-persone” (Dal Lago 1999, 213). Divengono cioè persone cui “vengono revocate – di fatto o di diritto, implicitamente o esplicitamente, nelle transazioni ordinarie o nel linguaggio pubblico – la qualiica di persona e le relative attribuzioni” (Dal Lago 1999, 213). Agli occhi di Benedetta Esposito gli immigrati non sono portatori di valori e sentimenti umani: sono soltanto un’immagine visiva, un corpo inerme che va respinto; diventano persone oggetto (Nussbaum 2014) che andrebbero eliminate dalla vita sociale. Parviz Mansoor Samadi, un profugo iraniano, ha diicoltà nel ritrovarsi nella società ospitante; si rivela un individuo smarrito che vive una crisi esistenziale. La soferenza provocata dalla perdita della famiglia e dalle umiliazioni subite nei rapporti con gli italiani rendono deplorevole la sua condizione. L’uomo accenna soprattutto ai problemi di natura socio-economica fronteggiati dagli immigrati ed esprime il suo disappunto verso l’ingiustizia cui sono sottoposti. Lasciare la terra natale di frequente è una necessità, l’unica speranza per trovare una vita migliore. La nuova realtà però, come nel caso di Parviz Mansoor Samadi, può dimostrarsi problematica, portatrice di una profonda delusione che suscita la volontà di rientrare nel paese d’origine. In Lakhous, come giustamente evidenza Nora Moll, sull’approccio verso la migrazione inluisce la condizione esistenziale di un dato protagonista (Moll 2011, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous… 83 240). Seguendo la tradizione della commedia all’italiana, lo scrittore costruisce personaggi i quali risentono di diversi cliché, di stereotipi sociali sugli immigrati e sugli stessi italiani […]; sono personaggi che nascono e crescono ritagliandosi da soli e per così dire con coscienza la propria identità, esibendo la propria fattezza spesso stereotipata e talvolta caricaturale attraverso la propria voce (Moll 2014, 185). La narrazione autodiegetica fa sì che i protagonisti siano in grado di svelare audacemente una parte considerevole della loro interiorità, per presentarsi come individui marginali, perdenti incoscientemente limitati dalle proprie convinzioni. Nella loro immagine conluiscono il comico relativo al comportamento, alla maniera di percepire e valutare la realtà, e il tragico, sinonimo della loro piccolezza, e anzi dell’arretratezza mentale e culturale. Riferendosi agli elementi del giallo rintracciabili nel testo, i critici (Fracassa 2012; Comberiati 2010a) rilevano i punti di convergenza con Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana, romanzo di Carlo Emilio Gadda originariamente pubblicato nel 1957. Sia in Gadda che in Lakhous appaiono personaggi tipizzati quali il commissario oppure i testimoni: un fatto completamente naturale, vista la trama incentrata su un’indagine. La loro presenza costituisce indubbiamente il legame più forte con la convenzione giallistica; occorre aggiungere però che, generalmente, il romanzo non conserva che pochi tratti distintivi del giallo. Da quanto detto risulta evidente che il criterio della ripetitività ha una struttura tridimensionale. In primo luogo si tratta di personaggi schematici, ben visibili in altri testi letterari pubblicati dai migrant writers, che presentano due visioni opposte inerenti all’arrivo e al soggiorno degli immigrati in Italia. In secondo luogo, attraverso il paralellismo con la tradizione della commedia all’italiana, vediamo igure grottesche oppure tragiche, immerse in un vuoto esistenziale senza la possibilità di cambiare la propria sorte. In terzo luogo ci inoltriamo nel mondo di coloro che sono coinvolti, per obbligo o per scelta, nell’indagine, e divengono così identiicabili con la poetica del giallo. Le loro testimonianze costituiscono una ricca fonte di informazioni di natura sociale e proprio ciò, come giustamente osserva Rosanna Morace, fa dell’ambiente il vero protagonista del romanzo (Morace 2012, 2). Così il lettore vi trova un’immagine veridica e colorata della vita all’italiana in una località 84 Karol Karp conlittuale, intrisa di stereotipi, pregiudizi e lamentele. Lo scrittore accenna in modo particolare al carattere multietnico della città di Roma, risultato di migrazioni di massa che la rendono un crogiolo di culture (Leek 2012, 75). Sebbene l’autore adotti una prospettiva micro, limitata a un solo luogo, le sue rilessioni risultano universali, in quanto la presenza degli immigrati provoca fenomeni simili in tutto l’Occidente. Il testo non solo parla degli antagonismi tipici delle relazioni tra l’autoctono e l’altro, ma dà anche la possibilità di percepire i rancori che gli italiani nutrono nei confronti di se stessi. Benedetta Esposito prova una generale delusione verso il proprio Paese che, a suo avviso, premia gli incompetenti e disprezza i meritevoli; riferendosi ad alcuni fatti della vita pubblica, presenta i suoi connazionali in tono ironico come un popolo propenso a tradire, disgregato, strano, ingiusto1. Sandro Dandini, “il proprietario del bar Dandini che si afaccia sui giardini di piazza Vittorio” (Lakhous 2014, 91), svela apertamente il suo disamore verso gli italiani del Nord. Li considera ossessionati dal potere, sempre desiderosi di costringere gli altri a eseguire i loro ordini. Al contempo egli si rivela invidioso dello status economico che possiedono, generalmente più alto di quello degli altri abitanti dell’Italia. Giustiicando la sua teoria, il protagonista si riferisce alla igura del professore Antonio Marini, un milanese che, giunto a Roma per insegnare all’università, “tratta gli inquilini del palazzo come i bambini dell’asilo o come appartenessero a una tribù zulù” (Lakhous 2014, 95)2. L’uomo non nasconde neanche la sua avversione verso i napoletani: 1 2 La protagonista cita il caso di Giulio Andreotti che, a suo parere, è stato ingiustamente accusato di aver avuto contatti con la maia. A suo avviso è impensabile che l’uomo sia stato un maioso, in quanto è una persona retta, una vittima evidente dell’incompetenza altrui. Benedetta non riesce dunque a capire come si possa incolpare tale politico. Un’altra cosa assurda le risulta la presenza in Parlamento di una donna come Cicciolina. “Poi abbiamo visto tutti dentro la televisione Giulio Andreotti sul banco degli imputati e quella poco di buono di Cicciolina sui banchi del parlamento. […] Se Andreotti se la faceva con la maia, questo vuole dire che ho votato per la maia e non me ne sono accorta? Questo vuole dire che la maia ha governato l’Italia per decenni? […] In che paese siamo? Che ine abbiamo fatto? Gesù, Giuseppe e Maria! Maronna mia, aiutace tu!” (Lakhous 2014, 39). Il professore svela alcuni pregiudizi e cliché che considera giusti. Essi concernono ad esempio gli abitanti di Roma, che chiama in modo peggiorativo una città del sud; ai suoi occhi i romani sono pigri, arretrati, propensi a lamentarsi. “La portiera napoletana, Sandro Dandini ed Elisabetta Fabiani sono simboli del sud con la loro Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous… 85 Io non sono razzista, però non sopporto i napoletani. Ho sperato dal profondo del cuore che non avesse niente a che fare con Napoli, perché non ho ancora dimenticato le botte che ho preso qualche anno fa dai tifosi del Napoli dopo un nostro pareggio in casa loro. Dico che non meritavano un giocatore come Maradona. Avete visto come è inita per il povero Diego? […] Se Maradona avesse giocato con la Roma sarebbe potuto diventare un uomo venerato come il papa. Io non provo imbarazzo nel dire: “Non mi ido del napoletano, neppure se fosse San Gennaro!” (Lakhous 2014, 92). 2. Serialità L’opera è suddivisa in undici capitoli intervallati da brevi note diaristiche intitolate “ululati”3. Sono degli episodi della vita di Ahmed Salmi, chiamato Amedeo, un immigrato ben immerso nella realtà italiana che tuttavia, vista la sua scomparsa improvvisa dopo il ritrovamento del cadavere del Gladiatore, viene sospettato dalla polizia di essere l’autore dell’omicidio. Ogni parte del libro è dedicata a una visione soggettiva di quanto avvenuto, delineata dai singoli protagonisti. Come nota Ugo Fracassa, “le voci non dialogano” (Fracassa 2012, 85). Appaiono piuttosto dei veri e propri monologhi, il cui contenuto è fortemente inluenzato 3 tristezza, le chiacchiere, il sottosviluppo, il pettegolezzo, la credenza, la superstizione. […] Posso citare il grande storico napoletano Giustino Fortunato, meridionale doc, il quale sostiene che il dramma del Mezzogiorno è l’incertezza del domani. Loro non piantano e non seminano, in poche parole non investono. Chi dorme non piglia pesci!” (Lakhous 2014, 75). Il titolo delle note diaristiche si riferisce al suono emesso dai lupi durante le notti di luna piena. Aferma l’autore: “Ci sono due tipi di ululato: quello del dolore e quello della felicità. Molti immigrati emarginati che abbracciano le loro bottiglie di vino e di birra nei giardini di piazza Vittorio non smettono di ululare tristemente, perché il morso della lupa è doloroso. Ogni tanto l’ululato è come il pianto. Invece io ululo di gioia, un’immensa gioia. Mi allatto dalla lupa insieme ai due orfanelli Romolo e Remo. Adoro la lupa, non posso fare a meno del suo latte” (Lakhous 2014, 117). Lo scrittore applica la tipologia dell’ululato alla propria condizione di straniero in una città dell’Occidente. A Roma, “allattato dalla lupa”, si è costruito una vita abbastanza felice, ha sposato un’italiana che l’ama, ha stretto amicizie. Al contempo si rende conto che la realtà romana costringe molti immigrati a ululare di tristezza. Gli ululati del protagonista sono dunque portatori anche di signiicati negativi. Varrà la pena di aggiungere che in essi esprime la soferenza legata ai ricordi del passato in terra natale, segnati da un forte dolore. 86 Karol Karp dalla condizione esistenziale di chi li pronuncia, dal suo modo di vedere e capire la realtà circostante. Come rileva Morace, ogni personaggio è “emblematicamente portatore di una diversa visione del mondo, dell’identità e dell’appartenenza nazionale, nonché di un suo modo di leggere e vivere l’Italia multietnica e concepire i rapporti con gli altri” (Morace 2012, 5). Benedetta Esposito non ritiene Amedeo colpevole in quanto, secondo la donna, l’autore del crimine deve essere uno degli immigrati e lui indubbiamente è italiano. La protagonista arriva a tale conclusione valutando soprattutto la sua competenza linguistica. Se il signor Amedeo è forestiero come dite voi, chi sarebbe l’italiano vero? Mi viene il dubbio anche di me stessa. Magari viene il giorno in cui si dirà che Benedetta Esposito è albanese o ilippina o pakistana. Chi vivrà vedrà! Amedeo parla l’italiano meglio di mio iglio Gennaro. Anzi meglio del professore all’università di Roma, Antonio Marini, che sta di casa al quarto piano (Lakhous 2014, 33). Il pensiero di Benedetta risulta conforme a quello di Sandro Dandini che, prendendo in considerazione la profonda conoscenza della storia e della topograia di Roma posseduta da Amedeo, è completamente sicuro delle sue origini italiane. Invece Mauro Bettarini, in quanto commissario, ne parla in riferimento ai risultati dell’indagine condotta, che in in dei conti attesta le origini algerine dell’uomo. Secondo il poliziotto ciò fa sì che la sua colpa sia più probabile. Come aferma Morace, dopo la scoperta della sua vera nazionalità è praticamente ritenuto colpevole (Morace 2012, 5). I tre esempi suddetti – e ciò caratterizza anche le altre testimonianze presenti nel romanzo – sebbene concernano la stessa storia, ne mettono in risalto sfumature diverse. Il fatto, come detto, dipende dalla condizione esistenziale dei singoli protagonisti. Benedetta Esposito percepisce la vicenda attraverso il prisma dei suoi pregiudizi nei confronti degli immigrati. Sandro Dandini impernia il suo giudizio sulle esperienze personali legate alla igura di Amedeo. Mauro Bettarini invece è incline a vederla nell’ottica della professione esercitata. Da un punto di vista strutturale ogni capitolo può essere considerato un quadro separato, il che consente all’autore di aggiungere nuove informazioni, arricchendo così il nucleo tematico centrale. Il messaggio trasmesso provoca pertanto nel lettore la speranza di inoltrarsi in modo completo nella problematica trattata. Lo vediamo attendere qualcosa di Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous… 87 sorprendente, ma al contempo sforzarsi di prevedere lo sviluppo della vicenda. Tali considerazioni illustrano perfettamente la concezione della serialità formulata da Bordoni, secondo cui “la stessa storia può essere suddivisa in più episodi, pubblicati e trasmessi in successione logica, tali da suscitare attesa (il classico «suspense») nel lettore o nello spettatore” (Bordoni 1999, 44). Di fatto Lakhous divide davvero la trama del romanzo in più racconti tematicamente compatti, che si completano e spingono a rilettere sulla percezione della igura di Amedeo. Sorge il quesito sul perché gli uni lo considerino italiano, e gli altri straniero. Il lettore si lascia coinvolgere nella ricerca e nella scoperta della vera appartenenza identitaria di Amedeo, che in dall’inizio si dimostra molto ambigua. Lo suggerisce già il doppio nome Amedeo/Ahmed, attraverso l’uso del quale, come a ragione osserva Daniele Comberiati, viene marcata la dicotomia “fra passato in Algeria e presente in Italia” (Comberiati 2010b, 225). Le opinioni dei protagonisti sulla sua identità, accompagnate da giustiicazioni precise, danno lo spunto per immergersi in rilessioni sulla nozione di italianità e per chiedersi chi sia l’italiano vero. Lo può essere uno straniero che, come Amedeo, padroneggia perfettamente la lingua e conosce a fondo la realtà italiana? Tenendo conto di quanto sostenuto dagli stessi italiani, pare giusto dare una risposta afermativa. Per Benedetta Esposito e Sandro Dandini è impensabile che Amedeo non sia uno di loro; sono totalmente convinti della sua identità italiana. La loro opinione è condivisa dal professore Antonio Marini che, esprimendola, identiica gli immigrati con gli italiani del sud. Amedeo è un immigrato! Per me non c’è diferenza tra gli immigrati e la gente del sud. Anche se non capisco il rapporto di Amedeo con il meridione. […] Quando la portiera mi ha detto che Amedeo è del sud non ci ho creduto, perché il suo modo di parlare, di salutare e di camminare assomiglia a quello dei lombardi, dei piemontesi. Non gli ho chiesto la sua origine. Queste cose riguardano la sua vita privata e io non ho il diritto di interferire. Una sola volta gli ho sentito dire: “Io sono del sud del sud”. Allora ho dedotto che Roma è del sud, e le città del sud d’Italia come Napoli, Potenza, Bari e Palermo sono l’estremo del sud! (Lakhous 2014, 75). Maria Grazia Negro osserva che nella letteratura italiana contemporanea conluiscono tre modalità di rappresentare lo straniero: “1) lo straniero 88 Karol Karp integrato nella società italiana; 2) lo straniero che entra ed esce dal mondo del lavoro ed è in via di integrazione; 3) lo straniero clandestino (l’irregolare, il delinquente/criminale, la prostituta) e quello soferente di psicopatologie causate dal processo migratorio”. A suo parere Amedeo si dimostra ben integrato nella società ospitante (Negro 2009, 18)4. Comunque, dalla sua prospettiva personale, determinare l’appartenenza identitaria di sicuro risulta problematico. Egli si rende conto dei sintomi dell’italianità che lo caratterizzano, ma al contempo non riesce a redimersi dai ricordi dolorosi del passato, che lo riportano al Paese d’origine. Ci troviamo di fronte a un elemento molto frequente nella letteratura della migrazione: un soggetto migrante immerso in un vuoto identitario, in quanto sospeso nel proprio mondo interiore tra due realtà, quella natale e quella italiana. Infatti ancora Negro deinisce doppia l’identità del protagonista (Negro 2009, 82). 3. Probabilità Con la costruzione particolare dell’intreccio il lettore rimane sempre più coinvolto nelle indagini fatte dai protagonisti. Ognuno di loro avanza varie ipotesi, ma esprime soprattutto il punto di vista personale sull’ipotesi difusa dalla polizia, secondo cui Amedeo è colpevole dell’omicidio. Abbiamo a che fare con un vero e proprio processo informativo che avviene nella mente del lettore e che ha un carattere ambiguo. Da un lato introduce una certa confusione, dall’altro diventa cruciale nella ricerca della verità che compie. Avendo a disposizione un’enorme quantità di informazioni, il lettore può selezionarle per valutarne il signiicato. Ad un certo punto l’innocenza di Amedeo risulta molto evidente: la attestano le testimonianze convincenti delle persone che lo conoscono. Ne emerge l’immagine di un uomo dal carattere retto che non sarebbe in grado di uccidere nessuno. Così nel romanzo viene ritrovato il terzo tratto distintivo della paraletteratura individuato da Bordoni: 4 Un altro esempio di straniero ben integrato nella società italiana, riscontrabile nei testi che appartengono alla letteratura della migrazione, è costituito dalla igura di Elton, il protagonista del romanzo Va e non torna di Ron Kubati (Kubati 2000). Si tratta di un giovane albanese che, giunto in Italia in cerca di una vita migliore, si dedica con impegno allo studio e al lavoro; riesce a stringere rapporti amichevoli con gli italiani ed a costruirsi uno spazio vitale in cui si sente a suo agio sebbene rimanga oltre i conini del paese natale (Burns 2002). Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous… 89 la probabilità, ossia la possibilità di indovinare facilmente come andrà a inire la storia (Bordoni 1999, 44). Va detto però che esso viene realizzato soltanto parzialmente. Sebbene non abbia diicoltà nel decifrare la verità sul personaggio di Amedeo, cioè sulla sua innocenza, il lettore non è comunque in grado di identiicare il vero omicida. Il suo volto viene scoperto nell’ultimo capitolo grazie a Bettarini. Il commissario fa capire che il Gladiatore è stato ucciso da Elisabetta Fabiani, una delle inquiline del palazzo, divorata dal desiderio di vendicarsi dell’uomo per il rapimento del suo cagnolino. Tale afermazione di sicuro provoca stupore. Occorre aggiungere che Bordoni, presentando la nozione di probabilità, evidenzia anche che nella produzione popolare è caratteristica la tendenza a concludere l’opera in modo sorprendente. Conclusioni Nel romanzo conluiscono più tecniche narrative. L’autore non segue fedelmente un modello ma, facendo ricorso a elementi tipici di diverse poetiche letterarie e – se addottiamo una prospettiva più ampia – artistiche, si rivela propenso a costruire un testo di natura ibrida. Abbiamo a che fare con una prosa transgenerica tanto frequente nella letteratura italiana contemporanea tout court. Dalle analisi condotte risulta chiaro che anche l’opera di Lakhous, in quanto portatrice di signiicati profondi, potrebbe essere vista come una sua parte. Vi campeggia un antropologismo particolare che mostra i membri della società italiana nel nuovo contesto migratorio del ventunesimo secolo. Il suo carattere multietnico fa sì che davanti al lettore siano tratteggiati due modi di percepire la realtà fra loro non troppo coerenti, quello di un italiano indigeno e quello di un immigrato, i quali costituiscono una ricca fonte di informazioni su problemi come l’identità, l’italianità, la migrazione. Prendendolo in considerazione, il collocarsi dell’opera entro la deinizione bordoniana di paraletteratura si presenta come un fattore d’importanza secondaria. Bibliograia Bordoni, Carlo 1999: Il romanzo di consumo. Editoria e letteratura di massa. Napoli: Liguori. 90 Karol Karp Burns, Jennifer 2002: Exile within Italy: Interactions between Past and Present “Homes” in Texts in Italian by Migrant Writers. Annuali d’Italianistica 20, 369–383. Comand, Maria Pia 2010: Commedia all’italiana. Milano: Il Castoro. Comberiati, Daniele 2010a: Lo sguardo obliquo. La tematica dell’emigrazione italiana nelle opere degli scrittori immigrati. Italies, Revue d’Études Italiennes 14. Comberiati, Daniele 2010b: La verità è nel fondo di un pozzo. La costruzione dell’inchiesta nei romanzi di Amara Lakhous. In: Monica Jansen, Yasmina Khamal (a cura di) 2010: Memoria in Noir. Un’indagine pluridisciplinare. Bruxelles: Peter Lang, 221–232. Dal Lago, Alessandro 1999: Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale. Milano: Feltrinelli. Fracassa, Ugo 2012: Patria e lettere: per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia. Roma: Perrone. Gadda, Carlo Emilio 2007: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Milano: Garzanti. Gnisci, Armando 2003: Creolizzare l’Europa. Roma: Meltemi. Kubati, Ron 2000: Va e non torna. Nardò: Besa. Lakhous, Amara 2014: Lo scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. Roma: Edizioni e/o. Leek, Joanna 2012: Dwa języki, dwie kultury uczniów – migrantów. Studia Neoilologiczne VIII (Prace naukowe Akademii imienia Jana Długosza w Częstochowie), 75–83. Moll, Nora 2011: Portata civile e rilessione sull’interculturalità nell’opera di due scrittori algerini in Italia: Amara Lakhous e Tahar Lamri. In: Felice Gambin (a cura di) 2011: Alle radici dell’Europa. Mori, giudei e zingari nei paesi del Mediterraneo occidentale. Firenze: Seid. Moll, Nora 2014: La narrativa di Amara Lakhous e i suoi intertesti. La rivista di Arablit IV (7–8), 177–187. Morace, Rosanna 2012: Scontro di civiltà in “un noir problematico”. Esperienze letterarie 2, 93–103. Negro, Maria Grazia 2009: Nuovo Immaginario Italiano. Italiani e stranieri a confronto nella letteratura italiana contemporanea. Roma: Sinnos. Nussbaum, Martha C. 2014: Persona oggetto. Trento: Erickson. Streszczenie Artykuł jest głosem w dyskusji na temat statusu dzieł włoskiej literatury migracyjnej wobec tak zwanej literatury kanonu i ma na celu uzyskanie odpowiedzi Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio di Amara Lakhous… 91 na następujące pytanie: czy powieść Amary Lakhousa należy identyikować z literaturą popularną? Narzędzie badawcze stanowi teoria Carla Bordoniego, według której utwór wpisujący się w poetykę literatury masowej, w odróżnieniu od utworu, który przynależy do literatury tout court, posiada trzy cechy dystynktywne: powtórzenie (rozumiane jako obecność elementów charakterystycznych dla innych poetyk), seryjność (podział na epizody dotyczące głównej historii, a ukazujące różne jej odcienie), prawdopodobieństwo (możliwość przewidzenia zakończenia historii).