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Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico Matteo Vagelli Un’eredità invisibile215? Al giorno d’oggi la cosiddetta historical epistemology si presenta come un campo in piena evoluzione. Oramai non si contano più i case studies che, a partire dagli anni ‘90, sono stati posti sotto questo termine ombrello. In ambito anglosassone, le applicazioni empiriche, spesso disparate, da parte di storici e filosofi della scienza di diversa formazione e orientamento, hanno largamente sopravanzato il momento teorico e riflessivo sull’uso di tale espressione. Ciò spiega almeno in parte l’insorgere di recenti interrogativi, anche critici, a proposito della natura, dei limiti e degli scopi di questo tipo d’indagine. Sorprendentemente, ancora pochi sono i tentativi di stabilizzare il campo dell’historical epistemology tramite un confronto a posteriori con l’épistémologie historique francese, intesa in senso ampio. Nelle sue pur differenti versioni teoriche e pratiche, lo “stile francese in storia della scienza” è infatti uno stile che è naturalmente sia epistemologico che storico (Canguilhem 1968, p. 63). Il confronto tra i due momenti dell’epistemologia storica, quello “classico” e quello “contemporaneo”, può essere fecondo se volto non tanto alla ricerca di riprese e continuità, di epigoni e precursori, ma se teso a valutare possibili convergenze su temi specifici. È in questa luce che vorrei proporre un’analisi comparata del concetto-base del realismo scientifico di Gaston Bachelard, quello di fenomenotecnica, e l’argomento sperimentale in favore del realismo per le entità teoriche non osservabili proposto da Ian Hacking a partire dagli anni ‘80. Nonostante né Bachelard né Hacking abbiano mai avocato l’espressione di epistemologia storica per caratterizzare i loro differenti assi di ricerca, infatti, è proprio in riferimento a questi ultimi che si sono definiti, rispettivamente, gli spazi concettuali dell’epistemologia storica classica (Lecourt 1969, 1972) e di quella contemporanea (Daston 1994, p. 283)216. Versioni precedenti di questo testo sono state presentate all’ENS di Parigi, nel quadro dell’Atelier Bachelard, e all’Università di Milano, per il Seminar of Historical Epistemology. Ringrazio gli organizzatori ed i partecipanti per le numerose domande ed osservazioni ricevute. 216 Per una panoramica sull’epistemologica storica, nella sua fase “classica” e in quella contemporanea, si vedano l’introduzione e i contributi contenuti in Braunstein-Moya Diez-Vagelli (in corso di pubblicazione). 215 121 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard Bachelard e il realismo tecnico Due sono le “metafisiche, naturali e convincenti, implicite e tenaci” che caratterizzano, con la loro opposizione, qualsiasi cultura scientifica secondo Bachelard: il realismo e il razionalismo (Bachelard 1934, p. 3). Più che riconciliare questi due estremi, l’intento della “filosofia scientifica” sviluppata da Bachelard è quello di riformulare i termini del dibattito. In che senso si può allora parlare di Bachelard come di un “realista scientifico”? Nel solco della critica di Brunschvicg all’idea di una dicotomia tra idee dello spirito e oggetti del mondo, Bachelard rigetta ogni realismo immediato, ingenuo, ogni cosismo 217 . Alla filosofia del dato, Bachelard oppone una filosofia del costruito, dove quest’ultimo è chiamato a rispondere ai dettami di quell’“oggettivismo sperimentale” che già Abel Rey opponeva al convenzionalismo e al nominalismo all’epoca dominanti. Rey prevedeva che l’empirismo e il razionalismo antichi sarebbero stati sintetizzati da un nuovo realismo caratterizzato dalla fede nella scienza sperimentale (Rey 1907, p. 592)218. Proprio questa mi sembra essere la direzione intrapresa da Bachelard. Formatosi all’interno del quadro della fisica newtoniana, Bachelard si trova, nel pieno della maturità, di fronte all’esplosione scientifica dei primi decenni del XX secolo, con il sorgere di tutta una nuova fisica. Questo momento di trasformazione radicale corrisponde, per Bachelard, all’emergenza di ciò che egli chiamerà il nuovo spirito scientifico (Bachelard 1938, p. 3). Bachelard può tracciare delle linee di divisione tra uno stato prescientifico (dall’antichità fino alla fine del XVIII secolo), uno scientifico (tra l’inizio del XIX e l’inizio del XX secolo) e il nuovo spirito scientifico (dal 1905 in poi) solamente in funzione della norma costituita dall’attualità scientifica. Infatti, il punto di vista di Bachelard è quello di un presente caratterizzato dal tramonto della meccanica classica e dall’emergenza della meccanica quantistica. La fisica subatomica segna sotto i suoi occhi il passaggio da un’ontologia delle sostanze a un’ontologia delle relazioni, il primato dell’invisibile sul visibile e del mutevole e del manipolabile sull’immutabile e l’eterno219. Come sottolineato ne Le nouvel esprit scientifique, l’analisi di un pezzo di cera da parte di uno scienziato contemporaneo non assomiglia affatto alla descrizione cartesiana nella seconda delle sue Meditazioni. Descartes si basa sull’esperienza percettiva immediata, osserva la cera “al naturale” e si concentra sulle impressioni dei sensi, mentre lo scienziato contemporaneo va ben al di là di questo, prendendo un campione di cera altamente purificato e manipolandolo attraverso dei test precisi e controllati, come ad esempio lo studio ai raggi X della composizione intramoPer Bachelard l’oggetto rimane “immanente all’idea”, «l’objet c’est la perspective des idées» (Bachelard 1927, p. 246). Si veda a questo proposito Chimisso 2008, p. 386. 218 Cfr. Redondi 1978, p. 94. 219 La microfisica introduce dei “suroggetti”, delle entità puramente relazionali e non sostanziali (Bachelard 1940, p. 139). 217 122 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico lecolare (Bachelard 1934, pp. 167-171). In questo senso, la scienza non è il “pleonasmo dell’esperienza” e non si dà continuità tra la percezione immediata e la spiegazione scientifica, la prima essendo piuttosto un ostacolo epistemologico che la seconda deve sorpassare. L’Essai sur la connaissance approchée – identificato da Canguilhem con l’irruzione di un nuovo stile epistemologico sulla scena filosofica francese220 – si presenta come un’elaborazione filosofica del concetto di approssimazione scientifica, che Bachelard osserva e analizza nelle scienze sperimentali e matematiche. In questo testo Bachelard si confronta con la dimensione dell’infinitamente piccolo e quindi con i limiti inevitabili della precisione. Nonostante ciò, Bachelard riconduce le questioni metafisiche sollevate dalla scienza ai principi operativi della metrologia: «ce qu’on mesure existe et on le connait dans la proportion où la mesure est prècise» (Bachelard 1927, pp. 52-53). Questa doppia affermazione, continua Bachelard, condensa tutta l’ontologia e tutta l’epistemologica della fisica moderna. Esempio concreto dei processi di approssimazione-rettificazione oggetto dell’interesse bachelardiano è la chimica, la quale dispiega continuamente tutta una serie di tecniche volte alla purificazione delle sostanze reagenti. Il risultato dell’applicazione di tali tecniche è la sintesi di prodotti provvisori, punto di partenza per elaborazioni ulteriori. Creando i suoi oggetti attraverso delle procedure sintetiche la chimica mostra un empirismo attivo, che rafforza la distinzione tra la «science naturelle» e la «science factice»: La science factice déborde nettement la science naturelle […] A réalisation nouvelle, pensée nouvelle. La création de corps chimiques à structure délicatement et progressivement variée doit fonder un empirisme rectifié […] On voit immédiatement que les qualités naturelles ne conduisent qu’à une classification provisoire et les qualités génétiques fournissent le véritable plan de pensée en fournissant le plan même de notre action créatrice (Bachelard 1932, p. 69-70)221. Il realismo scientifico di Bachelard prende allora la forma di una fenomenotecnica, vale a dire, di una produzione tecnico-strumentale di concetti scientifici. Bachelard utilizza il termine per la prima volta nel 1931-1932, nell’articolo “Noumène et microphysique”, per caratterizzare lo sforzo di costruzione matematica di una realtà noumenologica. Il noumeno kantiano diventa in questo contesto una struttura matematica soggiacente ai fenomeni. Appare così 220 Canguilhem 1957, p. 5: «…situer la position de M. Bachelard par sa relation à quelques autres ne doit pas détourner de l’essentiel, qui est de faire saisir à ceux qui n’ont pas vécu quel événement précisément a été l’apparition, en 1927, dans la sphère de la philosophie française, d’un style insolite, parce que pas du tout mondain, d’un style à la fois dru, carré et subtil, muri dans le travail solitaire, loin des modes et des modèles universitaires ou académiques, d’un style philosophique rural». 221 Cfr. Redondi 1978, p. 56, 186. 123 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard tutta la valenza polemica del concetto di fenomenotecnica, che oppone alla semplice descrizione dei fenomeni la considerazione epistemologica della loro produzione sperimentale: Nous pourrions donc dire que la Physique mathématique correspond alors à une nouménologie bien différente de la phénoménographie où prétend se cantonner l’empirisme scientifique. Cette nouménologie éclaire une phénoménotechnique par laquelle des phénomènes nouveaux sont, non pas simplement trouvés, mais inventés, mais construits de toutes pièces (Bachelard 1931, pp. 18-19). Verso la conclusione dell’articolo, Bachelard aggiunge, in maniera ancora più lapidaria: «La science atomique contemporaine est plus qu’une description de phénomènes, c’est une production de phénomènes» (Id. p. 24). Il tema della fenomenotecnica percorre i testi di Bachelard e si ritrova ne Le nouvel esprit scientifique: «dès qu’on passe de l’observation à l’expérimentation, le caractère polémique de la connaissance devient plus net encore. Alors il faut que le phénomène soit trié, filtré, épuré, coulé dans le moule des instruments, produit sur le plan des instruments [...] La véritable phénoménologie scientifique est donc bien essentiellement une phénoménotechnique» (Bachelard 1934, pp. 12-13). Già dalle sue prime occorrenze 222 il concetto di fenomenotecnica è inestricabilmente legato allo sforzo di strutturazione sintetica del reale da parte delle matematiche, di lì a poco, Bachelard sembra sottolineare la sua applicazione alla produzione tecnica e quindi sperimentale della scienza. L’idea guida, in questo contesto, è che la tecnologia, la realizzazione tecnica, è la vera chiave dell’oggettività223. Ne La dialectique de la durée Bachelard osserva che: Nous avons atteint en effet un niveau de la connaissance où les objets scientifiques sont ce que nous les faisons, ni plus ni moins. Nous avons la maîtrise de l’objectivité. L’histoire du phénomène de laboratoire est très exactement l’histoire de la mesure du phénomène. Le phénomène est contemporain de sa mesure. La causalité est en quelque sorte solidifiée par nos instruments. L’objectivité devient d’autant plus pure qu’elle cesse d’être passive pour devenir plus nettement active, qu’elle cesse d’être continue pour devenir plus clairement discontinue. Nous réalisons par degrés notre pensée théorique (Bachelard 1936, pp. 63-64). Questo passaggio condensa diversi punti interessanti, quali l’indicazione del laboratorio come luogo di realizzazione graduale del pensiero teorico e la messa in gioco di processi strumentali di “solidificazione della causalità” come metodo precipuo di tale realizzazione. È sempre di più la produzione delle particelle da parte Mi riferisco a “Noumène et Microphysique” ma anche a “Physique et Métaphysique”, testo di una conferenza tenuta da Bachelard nel 1932 (Bachelard 2016). 223 Cfr. Castelao-Lawless 1995, p. 51. 222 124 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico della fisica sperimentale a suscitare l’interesse di Bachelard: lo si vede ne L’activité rationaliste de la physique contemporaine, laddove gli atomi della chimica sono descritti come delle sostanze, mentre i “corpuscoli”, ipotesi della fisica, sono identificati con delle cause. Bachelard argomenta a questo proposito che «l’explication par la substance tend à céder le pas, même en chimie, à une explication par les causes». Les corpuscules les plus typiques: électron, proton, positon, neutron apparaissent tous dans une technique des phénomènes électriques. Les neutrons eux-mêmes, qui n’on pas de charge électrique, qui sont insensibles au champ électromagnétique, sont des produits indirects de techniques électriques […] Ces techniques électriques ne sont pas «naturelles». Elles n’appartiennent pas naturellement à l’esprit mécaniste, à l’home faber (Bachelard 1951, p. 91). Bachelard conclude che «di tutti i corpuscoli della fisica moderna non si può fare che uno studio fenomenotecnico». È dunque ragionevole parlare nel caso di Bachelard di un approccio “realista”, con delle precisazioni importanti: si tratta infatti di un «realismo tecnico» o di «seconda posizione» (Bachelard 1934, p. 6), un «realismo lavorato», ma nel quale il lavoro sperimentale è pur sempre «alle strette dipendenze di un razionalismo progressivo» (Bachelard 1951, p. 89). Hacking: dalla rappresentazione all’intervento Mi propongo adesso di passare ad un contesto filosofico radicalmente diverso, quello della filosofia della scienza anglo-sassone degli anni 1980. Durante il suo insegnamento a Stanford (1975-1982) Hacking pubblica uno dei suoi libri forse più conosciuti, divenuto una sorta di manuale di filosofia della scienza. Representing and Intervening. Introductory Topics in the Philosophy of Natural Science è diviso in due parti: la prima s’intitola “Rappresentare” e la seconda “Intervenire”. L’idea centrale del libro si può esprimere parafrasando il Marx delle Tesi su Feuerbach: «I filosofi della scienza, sembra dirci Hacking, si sono limitati ad interpretare il mondo in modi diversi, si tratta ora di considerare la nostra capacità di intervenire su di esso»224. Più che produrre un effetto di contrasto tra questi due poli dell’attività scientifica, Hacking tenta di mostrare le potenzialità derivanti dalla sottrazione dell’intervento all’impero della rappresentazione. In filosofia “l’arbitro”, ciò che decide le questioni, non è la nostra maniera di pensare, ma ciò che noi facciamo. È d’altronde Hacking stesso, senza dubbio con ironia piuttosto che per immodestia, a proporsi di essere, per l’antirealismo scientifico (sulle entità) ciò che Marx è stato per l’idealismo tedesco (Hacking 1983, p. 325). 224 125 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard Il “realismo scientifico” è definito da Hacking come l’affermazione dell’esistenza reale delle entità, degli stati, dei processi descritti dalle teorie che sono riconosciute come valide o corrette. L’antirealista, invece, non attribuisce alcuna validità ontologica alle entità implicate da una teoria: noi non scopriamo la costituzione interna delle cose, noi stipuliamo delle entità fittizie (come gli elettroni) che ci aiutano a predire i fenomeni che ci interessano. Per l’antirealismo le teorie sono quindi degli strumenti che possono tutt’al più essere utili, adatti, ma non veri in senso proprio. In modo interessante, Hacking distingue due livelli di realismo (e di antirealismo corrispondente): il realismo per le teorie scientifiche e il realismo per le entità teoriche. Prima di tutto, per “entità teorica” egli intende, in maniera ampia, ogni tipo di entità postulata dalle teorie, ma che è inosservabile per principio e non semplicemente per l’inadeguatezza dei nostri mezzi di osservazione. Se, da un lato, si può essere realisti sulle teorie ma anti-realisti rispetto alle entità225 , è viceversa possibile avere delle buone ragioni per credere nell’esistenza degli elettroni senza essere in possesso di una loro descrizione articolata plausibile. Hacking si dice antirealista per le teorie, ma realista sulle entità inosservabili: il suo argomento sperimentale non è quindi in favore del realismo in generale, ma del realismo per le entità. «Se può spruzzarli, allora sono reali» è ormai diventato lo slogan di un nuovo realismo scientifico, di ispirazione pragmatista. Con esso Hacking condensa la lezione filosofica tratta da un esperimento condotto a Stanford per determinare la carica elettrica di una particella più piccola dell’elettrone, il quark. Questo esperimento utilizza un procedimento già messo in pratica nella misurazione della carica dell’elettrone: al posto della goccia d’olio utilizzata da Millikan nel 1908, gli sperimentatori utilizzano una sfera di niobio caricata elettricamente per osservarne il movimento attraverso un campo magnetico. Hacking chiede agli sperimentatori: «In che modo si può cambiare la carica sulla sfera di niobio? “Bene; arrivati a quel punto”, mi diceva il mio amico “la spruzziamo con positroni per aumentarne la carica o con elettroni per diminuirne la carica”. Da quel giorno sono stato un realista scientifico. Per quanto mi riguarda, se tu puoi spruzzarli essi sono reali» (Hacking 1983, p. 28). Non sono i quark a fare di Hacking un realista, ma gli elettroni, o meglio, la maniera di trattarli, di manipolarli. Dal momento in cui è possibile spruzzare degli elettroni si è in possesso di una buona ragione (la più convincente, secondo Hacking) per sostenere la loro realtà. Il punto da sottolineare è che, per Hacking, questo tipo di manipolazioni si basa su delle capacità tecniche piuttosto che su di un quadro teorico vero o molto articolato. Ciò che Hacking chiama delle “generalizzazioni di basso livello” (low level generalizations) sono, in questo e in molti altri casi dello stesso tipo, più che sufficienti226. Questo ha delle conseguenze Per Bertrand Russell, ad esempio, “quark” non denota l’oggetto quark nel mondo, ma sostituisce una descrizione più lunga di una serie di fenomeni osservabili. 226 Rimane tuttavia difficile comprendere ciò che egli intenda esattamente con questa espressione: una possibilità è che gli sperimentatori devono almeno credere alla possibilità che delle entità 225 126 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico apparentemente paradossali, come il fatto, per esempio, che in astrofisica non si possa essere realisti, perché la possibilità di sperimentare è interdetta227. Quello che conta è, infatti, la possibilità di scoprire e agire su nessi causali: Il miglior tipo di evidenza in favore della realtà di un’entità postulata o inferita è che noi iniziamo a misurare o a comprendere i suoi poteri causali (causal powers). A sua volta, la migliore evidenza che noi abbiamo questo tipo di comprensione è il fatto che siamo in grado di concepire, partendo da zero, la costruzione di macchine che funzioneranno in maniera piuttosto affidabile, sfruttando questo nesso causale. È quindi l’ingegneria, e non la teorizzazione, la miglior prova in favore del realismo scientifico sulle entità (Hacking 1982, p. 170). Nell’argomento di Hacking la causalità gioca un ruolo centrale: ciò su cui si interviene sono dei meccanismi, delle concatenazioni causali228. Gli elettroni sono considerati reali nella misura in cui essi possono essere utilizzati come degli strumenti per provocare degli effetti analizzabili su altre parti del reale. Il lavoro sperimentale fornisce l’evidenza più forte a favore del realismo scientifico. Ciò non è dovuto al fatto che si sottopongano a controllo le ipotesi sulle entità. E’ dovuto al fatto che le entità che in linea di principio non possono essere «osservate» sono manipolate regolarmente per produrre nuovi fenomeni e per indagare altri aspetti della natura. […] Quanto più arriviamo a comprendere alcuni dei poteri causali degli elettroni, tanto più possiamo costruire dei dispositivi in grado di conseguire certi effetti conosciuti in altre parti della natura. Dal momento che possiamo usare l’elettrone per manipolare altre parti della natura in modo sistematico, l’elettrone non è più qualcosa di ipotetico, qualcosa che deve essere inferito. Ha smesso di essere teorico, ed è diventato sperimentale (Hacking 1983, p. 310). Questa posizione risuona in maniera interessante con l’idea bachelardiana secondo la quale un concetto non è propriamente scientifico se non nel momento in cui diviene tecnico229. Un confronto su questo punto con il “realismo tecnico” di Bachelard è perciò particolarmente istruttivo: «Un corpuscule, pris dans son rôle inosservabili esistano e che sia possibile agire su di esse in maniera causale. In altre occasioni Hacking sembra riferirsi al fatto che, se una teoria è spesso necessaria per costruire un apparato sperimentale, nessuna teoria in particolare è richiesta per il suo utilizzo. 227 Per una critica di questa conclusione dell’argomento sperimentale di Hacking si veda Shapere 1993. 228 Per Hacking le cause sono reali, mentre le regolarità naturali non lo sono. La sua è una concezione anti-positivistica e anti-humiana della causalità. Per un analogo richiamo alla misurazione si vedano i due passaggi già citati (Bachelard 1927, pp. 52-53; 1936, pp. 63-64). 229 Bachelard 1938, p. 61: «La science réalise ses objets, sans jamais les trouver tout faits. La phénoménotechnique étend la phénoménologie. Un concept est devenu scientifique dans la proportion où il est devenu technique, où il est accompagné d’une technique de réalisation». 127 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard physique, il est plutôt un moyen d’analyse qu’un objet pour la connaissance empirique. C’est un prétexte de pensée, ce n’est pas un monde à explorer» (G. Bachelard 1931, p. 13)230. Come già menzionato i corpuscoli della fisica non sono sostanze, ma delle cause, per il Bachelard de L’activité rationnelle de la physique contemporaine231. Ma il problema è comprendere la natura di queste cause: se per Hacking sembra chiaro che si tratti di cause fisiche, più difficile è comprendere esattamente cosa intenda Bachelard per delle cause di tipo matematico – Bachelard si limita a dire che una spiegazione in base alle cause sarebbe in questo senso una spiegazione in base alle «funzioni matematiche». Riportando, se non l’ontogenesi, quantomeno la giustificazione dell’esistenza delle entità teoriche sul piano della causalità fisica, Hacking compie del resto una mossa non meno problematica. Le critiche ricevute dall’argomento di Hacking in favore del realismo per le entità teoriche si possono in effetti ricondurre ad una obiezione fondamentale: il divario tra la teoria e l’esperienza non è così ampio come Hacking pensa232. Hacking è accusato di trascurare il momento teorico e di ridurre così la scienza all’ingegneria. Egli sostiene in effetti, senza possibilità di fraintendimento, che «l’esperimento ha una vita propria» (experimentation has a life of its own), indipendente dalla teoria (Hacking 1983, pp. 190, 196)233. Ciò sembra allontanarlo irrimediabilmente dalla posizione realista bachelardiana. Ritorno su Bachelard L’accostamento della filosofia dell’esperimento scientifico di Hacking ad alcune tesi bachelardiane non è inedito. Qualche menzione, più o meno dettagliata, si trova nell’articolo classico di Castelao-Lawless (1995), ma anche in Tjattas (1991), la cui assimilazione delle due posizioni di Bachelard e Hacking ha suscitato i distinguo di McArthur (2002). McArthur in particolare sostiene Bachelard non sia un realista in senso proprio e che un confronto tra il suo approccio e quello di Hacking si basa su di una confusione tra due maniere di “realizzare” che sono, Cfr. Bachelard 1951, pp. 76-77: l’elettrone non è un «petit corps» o «un fragment de substance» ma esso determina piuttosto «une zone d’influence qu’une zone d’existence. Ou, plus exactement, le corpuscule n’existe que dans les limites d’espace où il agit». 231 Supra, p. 124. 232 Per questa critica in particolare si veda Reiner-Pierson 1995 e Resnik 1994, p. 410. 233 Egli basa questa possibilità d’indipendenza sulla distinzione netta tra enunciati osservazionali e enunciati teorici, i primi regolati da una teoria correspondentista della verità e del significato, i secondi da una teoria di tipo verificazionista. Un esperimento scientifico, dal suo concepimento fino al report dei suoi risultati, sembra, secondo Hacking, potersi accontentare in larga parte del primo tipo di enunciati. Per un inquadramento della posizione bachelardiana a questo proposito si può fare riferimento a Gaukroger 1976, in particolare al § 4. 230 128 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico secondo lui, da mantenere ben distinte: la realizzazione matematico-concettuale e la realizzazione causale-fisica. Da questo punto di vista, Hacking riporterebbe indietro l’homo mathematicus allo spirito meccanista de l’homo faber, l’uomo del tatto, della manipolazione diretta del proprio ambiente (Bachelard 1934, p. 51)234. Più in generale si deve osservare non solo come, in Bachelard, gli strumenti siano delle “teorie materializzate”, ma come anche i fenomeni da essi prodotti portino inevitabilmente segni teorici (Id., p. 12). Ne L’activité rationaliste (dopo il passaggio già citato sulla necessità di uno studio fenomenotecnico delle particelle), Bachelard afferma che i fenomeni devono essere costituiti leggendo i loro caratteri in maniera indiretta, «avec une conscience toujours éveillée de l’interprétation instrumentale et théorique, sans que jamais l’esprit ne se divise en pensée expérimentale pure et théorie pure» (Bachelard 1951, p. 92)235. Da questo punto di vista - e contrariamente a quanto visto in Hacking - secondo Bachelard non sembra esserci nessuna differenza di principio tra la fisica e l’astrofisica, entrambe rifuggono spiegazioni di tipo pragmatista: Nous avons essayé d’établir l’échec du pragmatisme devant l’infiniment petit. C’est un échec de principe plus encore que de fait, car l’infiniment petit de l’acte ne peut, par définition, être analysé par l’acte. Nous sommes aussi incapables d’agir sur le microcosme que sur le système solaire: il faut contempler (Bachelard 1927, p. 279). Se è quindi vero che, per Bachelard, come anche per Hacking, nel caso del fotone, dell’elettrone o dell’atomo, bisogna parlare di “realizzazione” piuttosto che di realtà, secondo Bachelard, «c’est la théorie à faire les premiers pas»: «La réalisation expérimentale dépend au premier chef de nos modes d’appréhension intellectuelle»236. Hacking invece, quando si domanda « tra la teoria o l’esperienza, quale viene prima?» risponde senza esitare che « spesso è l’esperienza» (Hacking 2002, pp. 27-29). Castelao-Lawless sostiene invece che le matematiche sono delle tecniche nello stesso senso in cui gli strumenti sono l’incarnazione della tecnica, e che quindi non ha senso tracciare una distinzione radicale tra la mente scientifica istruita dalla matematica e quella istruita dall’esperimento di fisica (Castelao-Lawless, p. 51, cfr. Bachelard 1934, pp. 129-130). 235 «Ainsi, une expérience bien faite est toujours positive. Mais cette conclusion ne réhabilite pas la positivité absolue de l’expérience tout court, car une expérience ne peut être une expérience bien faite que si elle est complète, ce qui n’arrive que pour l’expérience précédée d’un projet bien étudié à partir d’une théorie achevée. Finalement les conditions expérimentales sont des conditions d’expérimentation» (Id., p. 9). Cfr. la dialettica tra strumenti e teorie, fra pensiero teorico e pensiero sperimentale espressa ne Le rationalisme appliqué (Bachelard 1949, p. 5) e l’analisi relativa di Castellana 1974, p. 111. 236 « Les phénomènes de la microphysique manquent de realistic appeal » (Id., p. 95). 234 129 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard Fenomeni e ragioni Potrebbe risultare sorprendente il fatto che, in un’intervista recente, Hacking abbia sottolineato la vicinanza della sua filosofia dell’esperimento con le idee bachelardiane di razionalismo applicato e di fenomenotecnica. Se non altro perché egli ha confermato di non aver conosciuto l’opera di Bachelard all’epoca di Representing and Intervening, e che la redazione di quel libro è il frutto di un «periodo molto anglofono della sua carriera»237. In un’altra occasione ha aggiunto qualche precisazione a questo proposito: Direi che la mia posizione è sorprendente simile a quella elaborata da Gaston Bachelard con il nome di “razionalismo applicato e materialismo tecnico” (Bachelard 1953). Nessun altro filosofo, né alcuno storico, ha studiato con tale costanza le realtà della vita sperimentale, né qualcuno è stato meno incline di lui a supporre che la mente non fosse importante (di qui il suo razionalismo applicato). Cinquant’anni fa Bachelard insegnava che nella scienza accadono delle rotture epistemologiche (per esempio, “l’effetto fotoelettrico rappresenta una discontinuità assoluta nella storia della scienza”). Nello stesso tempo, credeva nell’accumulazione scientifica e nella connaissance approchée. Ciò che accumuliamo sono tecniche sperimentali e stili di ragionamento. La filosofia della scienza di lingua inglese ha eccessivamente dibattuto la questione dell’accumulazione del sapere teoretico. Forse non si accumula. E allora? I fenomeni e i ragionamenti si accumulano (Hacking 2002, p. 67)238. In questo passaggio Hacking presenta un’idea cruciale: la scienza non progredisce attraverso l’accumulazione di teorie vere sul mondo, ma grazie alla produzione di un numero sempre crescente di fenomeni che si accumulano, continuando a esistere attraverso gli sconvolgimenti teorici, i cambiamenti di paradigma etc. L’idea che i fenomeni non si scoprono, ma che si creano, si producono e si stabilizzano, può sembrare scontata al giorno d’oggi. In realtà per poterla concepire bisogna aver superato una certa visione standard della sperimentazione come semplice test di un’ipotesi o della tecnologia come mera applicazione della teoria239. Il metodo ipotetico-deduttivo è ritenuto l’essenza della scienza: si fa una ipotesi o una congettura I, che può contenere dei riferimenti a delle entità teoriche, non Vagelli 2014, p. 262. Il testo da cui è stato tratto questo passaggio è stato originariamente pubblicato nel 1984 e scritto da Hacking durante il suo soggiorno a Bielefeld, in Germania (1982-1983). La percezione della vicinanza ad alcuni aspetti del pensiero bachelardiano deve essere quindi sopraggiunta ad Hacking immediatamente dopo la pubblicazione di Representing and Intervening. 239 È la concezione dell’esperimento come tribunale della teoria, condensata dall’espressione «la scienza propone, la natura dispone». Hacking la descrive così: «Rappresentiamo al fine di intervenire, e interveniamo alla luce delle rappresentazioni» (Hacking 1983, p. 37). 237 238 130 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico osservabili. Se ne deducono delle conseguenze osservabili, spesso nella forma di una proposizione condizionale: se le circostanze C si presentano allora il risultato R si presenta. È a questo punto che viene messo in pratica un esperimento atto a produrre le circostanze C e si osserva se R si produce a sua volta. Se ciò avviene, l’ipotesi è confermata, diremmo con Carnap, oppure corroborata, nel linguaggio di Popper (Hacking 2008, p. 113). Questa visione standard disconosce secondo Hacking gli aspetti più interessanti del lavoro sperimentale. In questo quadro la sperimentazione è ancillare rispetto alla teoria: secondo Popper lo sperimentatore non ha neanche il diritto di mettersi al lavoro, senza il teorico. Hacking invece – e qui diremmo in continuità con Bachelard – vede nella creazione dei fenomeni il contributo precipuo della scienza. Ma i fenomeni non sono i soli contributi della scienza che sopravvivono ai cambiamenti teorici e permettono alle discipline scientifiche di avanzare. Ci sono anche gli stili di ragionamento, che comprendono sia modi di argomentare, di scoprire, ma anche di intervenire nel mondo (styles of thinking and doing). Lo stile ipotetico-deduttivo non è che uno tra gli stili di pensiero che sono utilizzati dalle scienze240 . Quando la capacità di misurare e di stabilire relazioni sperimentali si unisce alla capacità di fare dei modelli ipotetici sul funzionamento di questi esperimenti nasce ciò che Hacking chiama lo “stile di laboratorio”, che investe l’insieme mutevole di interazioni tra l’uomo e il suo ambiente. La prima creazione di un effetto in un laboratorio è stata, secondo Hacking, la creazione del vuoto ad opera della pompa ad aria di Robert Boyle. Il vuoto, gli atomi ultra-freddi, l’effetto laser, hanno in comune di essere fenomeni fugaci (fleeting phenomena), che non si trovano in natura, ma la cui esistenza è legata a delle condizioni materiali molto specifiche, che non si realizzano normalmente che nei laboratori241. Il fatto che questi fenomeni siano «condotti all’esistenza» in momenti precisi non implica per Hacking che essi siano costituiti storicamente: dal momento della loro creazione in poi essi «restano fenomeni, qualsiasi cosa accada» (Hacking 202, p.67) 242 . Quest’aspetto della tecnoscienza messo a fuoco da Hacking lo si può trovare espresso in termini metaforici anche da Bachelard: On peut sans hésitation parler d’une création des phénomènes par l’homme. L’électron existait avant l’homme du vingtième siècle. Mais avant l’homme du Gli altri stili enumerati da Hacking sono la postulazione matematica e la dimostrazione assiomatica, l’attitudine sperimentale e le pratiche di misurazione, la formazione di ipotesi e di modelli analogici, l’analisi statistica e probabilistica e la spiegazione in termini di sviluppo genetico. 241 Per un inquadramento della filosofia del laboratorio di Hacking all’interno della teoria degli stili di ragionamento si veda Vagelli 2017. 242 La creazione dei fenomeni è alla base dell’autogiustificazione (self-vindication) delle scienze sperimentali e quindi della loro stabilità (su questo aspetto si veda Hacking 1991). 240 131 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard vingtième siècle, l’électron ne chantait pas. Or il chante dans la lampe aux trois électrodes. Cette réalisation phénoménologique s’est produite à un point précis de la maturité mathématique et technique. Il eût été vain de tenter une réalisation prématurée (Bachelard 1938, pp. 249). La teoria degli stili di ragionamento di Hacking e l’immagine risultante di una scienza “disunita” sembra allinearsi a quella che è l’aspirazione pluralista e regionalista dell’epistemologia bachelardiana, opposta al monismo metodologico tanto da ritenere la nozione stessa di “metodo scientifico generale” una nozione vuota (Bachelard 1934, p. 135). Non c’è un solo metodo ma dei metodi, specifici ad ogni scienza e ad ogni epoca determinata243. L’idea che siano le ragioni e i modi di ragionare ad accumularsi, piuttosto che le singole proposizioni o le singole teorie ritenute vere, è quindi un altro passo fatto da Hacking in uno spazio già aperto dalla riflessione bachelardiana. Come abbiamo visto quindi, la filosofia dell’esperimento di Hacking è al contempo sorprendentemente molto vicina e molto distante dal realismo scientifico di Bachelard. Quali conseguenze è possibile trarre da questa disamina, per il campo dell’epistemologia storica, inteso in senso ampio? Anzitutto, il fatto che l’arredamento ontologico del mondo non è dato una volta per tutte, ma che c’è una sedimentazione di fenomeni ed effetti che è uno dei risultati più permanenti dell’attività tecnoscientifica. La categoria stessa di “realismo” poi non è data per sempre, ma muta seguendo la dimensione storica del produrre scientifico. L’evoluzione tecnica imprime un ritmo distintivo al progresso della mentalità scientifica; analizzare le modalità di accesso all’esistenza dei fenomeni di laboratorio è quindi uno dei compiti dell’epistemologia storica delle scienze sperimentali. Verum factum est: il “vero” o, in questo caso, il “reale”, è il “fatto. La possibilità di stabilire lo statuto ontologico di un’entità qualsiasi coincide con la possibilità di esibire il processo concreto della sua realizzazione. Il confronto, qui solo abbozzato, tra Bachelard e Hacking, e, più in generale, l’analisi dei temi di filosofia dell’esperimento che attraversano il campo dell’epistemologia storica largamente intesa, meritano di essere approfonditi nell’ottica di una epistemologia comparata244. Tale esame renderà ancora più evidente come conoscere e rendere sempre più operativa la cassetta degli attrezzi bachelardiana resti un lavoro fondamentale se si vuole comprendere in quale senso si può parlare di epistemologia storica oggi, per Su questo aspetto si veda Lecourt 1969 p. 72. Per un esempio di analisi comparata si veda Leroux (2002) e il suo confronto tra l’epistemologia di Bachelard e quella del Circolo di Vienna. Mi propongo di confrontare, in uno studio separato, due esiti opposti della riappropriazione contemporanea di Bachelard e del concetto di fenomenotecnica, quelli realisitici di Hacking e quelli costruttivistici di Bruno Latour. 243 244 132 Bachelard, Hacking e il realismo tecnoscientifico esempio a proposito dei lavori di Hacking. Dopo tutto, Bachelard è tra noi, con un’eredità ancora troppo spesso invisibile245. Bibliografia Bachelard, G., 1927 Essai sur la connaissance approchée, Paris, J. Vrin [ed. 1969]. 1931 «Noumène et microphysique», in Recherches philosophiques, I, pp. 55-65. La numerazione seguita nel presente saggio è quella relativa alla ripubblicazione del testo di Bachelard in Etudes, G. Canguilhem (a cura di), Paris, J. Vrin, 1970. 1932 Le pluralisme cohérent de la chimie moderne, Paris, J. Vrin [ed. 1973]. 1934 Le nouvel esprit scientifique, Paris, PUF [ed. 1968]. 1936 La dialectique de la durée, Paris, PUF [ed. 1963]. 1938 La formation de l’esprit scientifique. 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Bringuier. 245 133 IL SENSO DELLA TECNICA - Saggi su Bachelard Castelao-Lawless, T., 1995 Phenomenotecnique in Historical Perspective. Its Origins and Implications for Philosophy of Science, in Philosophy of Science, Vol. 62, No. 1, pp. 44-59. . Castellana, M., 1974 Il surrazionalismo di Gaston Bachelard, in Il Protagora, Saggio 9, n. 91-92, Ed. Glaux. Chimisso, C., 2008 From phenomenology to phenomenotechnique: the role of early twentiethcentury physics in Gaston Bachelard’s philosophy, in Studies in History and Philosophy of Science, 39, pp. 384–392. Daston, L., 1994 Historical Epistemology, in Questions of Evidence. Proof, Practice, and Persuasion across the Disciplines, J. Chandler et al. (eds.), Chicago, The University of Chicago Press. Gaukroger, S.W., 1976 Bachelard and the problem of epistemological analysis, in Studies in History and Philosophy of Science, 7, pp. 189-244. 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