RIPENSARE
LE IMMAGINI
A CURA DI GIUSEPPE DI GIACOMO
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•
•
RIPENSARE
LE IMMAGINI
A cura di
Giuseppe Di Giacomo
MLMESrS
Filosofie
\I presente volume viene pubb licato con il contri buto del M URST (fondi di Ateneo
2003. イ ・セ ー ッ ョ ウ。 「ゥャ ・@ dell a ri cerca pro r. G iuseppe Di G iacomo) - Uni versità d egli Stud i
di Roma ULa Sapienza", Dipartimento di Studi fil osofi ci cd epistemo logici.
© 2009 _ MIMESIS EDILION I (Mil ano - Udine)
Coll ana: Fi losofi e n. 70
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E-ma;/: in ro. mim @111im-c. nel
In copertina: Joscph Kosuth . alle
(I//(/
T hree ella;rs, 1965- 1966.
iNDICE
I NTRODUZIONE
di CiI/seppe Di Giacomo
p.
XI
p.
3
p.
23
p.
39
p.
59
p.
77
p.
93
p.
III
I.
STORJA E TEMPORALlTÀ DELLE IMMAG INI
I.
LA SOG LIA DEL SILENZIO. Asy W ARBURG
E L'EPISTEMOLOGIA DELL"IMMAGINE
di Claudia Cieri
2.
I MMAG INI E TEMPORALlTÀ IN H ENRI BERGSON
di Stefania Mariani
3. W ALTER
BENJAM1 N: lMMAGINI DIALETTICHE
E SC I-I EMAT1$MO STORICO
di Hansmichael Hohenegger
4.
L' IMMAG INE A PARTIRE DALL' ASSENZA DJ IMMAG INE
di Carla SlIbrizi
5.
LA DISSOLUZIONE DELLE IMMAG INI.
A STRAZIONE PITrQR1CA E LI NGUAGG IO
di Massimo Carboni
II.
ORIG INI E FORME DELLE IMMAGIN I
6.
ALL 'ORIG INE DEL PENSIERO : IMMAGIN I. ALLUCINAZIONI
PR IMARIE, PERCEZIONI ENDOPSICH ICHE, PROTQFANTAS IE
di Simo1/Q Argentieri
7. L' IMf..MGI NE
di
TOlli(1
E LE EMOZIONI. EROS, DOLORE E PENSA BILlTÀ
CC/Ilcrini
'W
8.
I MMAGINE. ESPRESS IONE E MARG INALlTÀ.
IL CONTR m UTO DI H ANS P RINZII ORN
di Fiorella Bassall
9.
p.
119
p.
133
p.
15 1
p.
167
p.
183
p.
20 1
p.
2 13
p.
229
p.
245
p.
26 1
p.
277
MITO E IMMAG INE NELLA RIFLESSIONE DI JEAN- PI ERRE
VER NANT E DI H ANS B LUMENBERG
di AlI,onio Valenthli
IO.
L ' lNTENZIONALlTÀ ALL 'OPERA: L UDWIG WITIGENSTEIN ,
R1 ClI ARD WOLLlI EIM E P AUL KLEE
di Luca Marche";
Il . I VOLTI DELLA MASCHERA.
METAMORFOS I E TR AVESTIM ENTO
NEL PROCESSO O[ AUTORAPPRESENTAZIONE
di Micol Porti
II I.
SPAZIALlTÀ E DIVENIRE DELLE IMMAG INI
12.
L' IMMAGINE E LA CR ISI DELLA FORMA:
VERSO LA DEMATERIALIZZAZIONE DELL' ART E.
L' ESPER IENZA DEL NOVECENTO
di Dario Evo/a
13.
"PiÙ SIM ILE A UNA NUVOLA Cil E A UNA ROCCIA":
BILL V IOLA E LE IMMAGINI COME organisセ
G i@
V I VENTI
di Silvia BO/dilli.
14.
"N EL Q UA DRO" , LA GRA NDE DIM ENS IONE
NELL' E SPRESS IONISMO ASTRA1TO
di Claudio Zal1lb ianchi
15.
I MMAGINI DI CITTÀ . G EOG RAFIE INTERIORI,
DI GIORGIO DE
CI li RICO ALBERTO
SAVINIO. DIMITR1S PIKION IS
di Michela Sali toro
16.
P ER UN' IMM AG INE V ISSUTA DELL'ARCI IITETrURA
di lッイ
・ L セッ@
Gasparrini
IV.
SUON I. PAROLE E IMM AG INI
17.
EKPJ-IRAS IS MODERNA E MEDIAZIONE ICON ICA
18.
TRA PAROLA E lMM ,\G 1NE : RAGIONI TRANSUNGU1ST1ClIE
di Giollfranco Rubino
DELL' AVANGUA RD IA
di Giorgio Patri: ;
•
19.
L'Hvl f\'IAG INE DELL' AUTORE. LA rORMA DEL ROMANZO
di Cilllial/o BallislOl1
20.
p.
29 1
p.
31 1
jl.
327
jl.
343
p.
367
SCUr\RDI AL LIMITE. I L TEMA DELLA SOGLIA NEL PENSIERO
LElTERARIO DI TIIOMAS B ERN II ARD E DJ ERNST BLOCII
di Micaela Wlilli
2 i.
R APPRESENTAZIONE E IMMAGINE MUSICALE
di Alfol/so Ottobre
22.
I L SUONO I NTERM INAB ILE E LA SUA IMMAGINE.
SAGGIO su
lGebiセaQs
ゥ G | QP@
NEL M OSES UNI) AIWN
DI AR NOLD SC I IÙNB ERG
di Leollardo DiSfa.W)
CONS IDERAZION I CONCLUS IVE
23.
LA QUESTIONE DELL' IMMAG I NE NELLA RIFLESSIONE
ESTETICA DEL NOVECENTO
di Giuseppe Di Giacomo
39
HANSMICHAEL HOHENEGGER
W ALTER BENJAMIN: IMMAGINI DIALETTICHE
E SCHEMATISMO STORICO
Trovare la misura della novità storica, cioè di qualcosa che ha in sé il
futuro, non si può fare se non anticipando il futuro , ma ciò non sembra
possibile se non assimilandolo al passato. Il futuro , infatti, sfugge ad ogni
immagine. Come scrive Paul Valéry: «L'avenir, par définition, n'a point
d'image. L'histoire lui donne les moyens d'etre pensé»'. Le immagini del
passato non solo rendono pensabile il futuro , ma anche agiscono su di esso.
La storia fornisce all'immaginazione storica
une table de situations et des catastrophes, une gallerie d'ancètres, un formulaire d'actes, d'expressions, d'attitudes, de décisions offerts à notre instabilité et à no tre incertitude, pour nous aider à devenir 2.
È proprio l'incertezza e l'imbarazzo di fronte a una situazione nuova,
che richiederebbe pensieri e azioni originali, ad impedire che si agisca originalmente: «la pensée hésitante tend à se rapprocher de l'automatisme»
e per questo «l' histoire alimente l'histoire>>3. Luigi XVI non sarebbe probabilmente morto sul patibolo senza l'esempio di Carlo I, e se Napoleone
non fosse stato «amateur passionné de lectures historiques» e non avesse
meditato a fondo il passaggio dalla repubblica romana all'impero basato
sulla forza militare, non si sarebbe incoronato imperatore. Valéry individua
nitidamente il ruolo dell ' immaginazione storica, ma ritiene che essa sia
soprattutto fonte di illusioni ed errori. «L' usage politique de l'histoire» è
fallace e catastrofico perché l'immaginazione storica si vale di similitudini tratte dal passato che non tengono conto se non superficialmente degli
elementi quantitativi e in cui non si valuta oggettivamente l'importanza dei
fatti nelle mutate condizioni storiche. L' immaginazione storico-politica si
2
3
P. Valéry, Regard sur le monde aetuei et autres essais, Gallimard, Paris, 1945 ,
Aval1t-propos ( 1931 1 con il titolo Regard SUI" le monde actllel), p. 14.
lvi , pp. 14- 15.
l vi, p. 15.
2Q
40
Ripensare le ill/magini
serve «de termes impurs, de notions variables, de métaphores illusoires»,
e per questo manca alla testa politica «une représentation satisfaisante et
méthodique du moment»4.
Affinché si dia un uso politico razionale della storia per stabilire l'ordine
sociale, la storia dovrebbe diventare una scienza come la fisica. L' immaginazione resa metodica e disciplinata condurrebbe allora a una profezia non
troppo diversa da un calcolo probabilistico ben condotto. Questa istanza di
ordine non è però utilitaristica, è una reazione viscerale dell ' intelligenza
antipolitica di Valéri. Sebbene nella maggior parte dei suoi non numerosi
«scritti quasi politici» tale esigenza sia esposta con una buona dose di scetticismo (la storia non potrà essere mai una scienza), nel saggio L'idée de
dictature, che servÌ nel 1934 come prefazione a un libro su Salazar, dopo
aver lamentato nel sistema abituale della politica un'incapacità a dominare la contingenza, una mancanza di preci sione, uno sperpero di forze,
caos, fluttuazioni e défaillances, Valéry individua, finalmente, nell ' idea
dittatoriale la rappresentazione soddi sfacente e metodica, l' unico modello
intelligibile della politica 6 • Il dittatore, platonico tyran intelligent, è, come
l' arti sta, un ' urgenza dello spirito di fronte al di sordine e all'irrazionalità.
Esso, infatti ,
imagine nécessarieme nt, il souhaite instinctivement l' interventi o n la plus
prompte de l'autorité d ' une seule tete, car ce n'est que dans une te te seule
que la correspondance nette des perceptions, des notions, des réac tions et des
déci sions est concevable, peu! s'organiser e t tendre à imposer aux ehoses des
co nditions et des arrangements inte llig ibles [corsivo mioF.
Valéry parla proprio di choses, invece che di " uomini ", "sudditi " o "cittadini "; inevitabilmente, infatti, «toute politique tend à traiter les hommes
4
5
6
7
Ivi, p. 19.
<de le confesse: le spectacle de l'u nivers politique me sou lève le coeUD>. L' uni ca
invocazione di fron te al pericolo rappresentato dalla «nécessité politique d'exploiter tout ce qu i est dans l' homm e de plus bas dans l'ordre psychique» è quella di G.
Meredith: «More Brain, o Lord .. . », in P. Valéry Leftre sur la sociéré des esprirs, in
P. Valéry, Petits rextes a!ltour de la politique [1933J, in P. Valéry, (Euvres , editi on
établie et annotée par Jean Hyti er, Gallimarcl, Paris, (1957- 1960), vo I. l, ( 1957) p.
1142.
«On voit qu ' il suffit c1e penser à la vie c1 ' ensemble cles hommes et de la considérer
comme c1cvant s' organiscr sur un moclèle intellig ible pour que l'idée dictatoriale
soit conçuc» in P. VaJéry. L'idée de dielalure, prcfazione a llibro di A . Fcrro, Sala:ar. Le PortI/gal el son chef, Grasset, Paris. 1934, in P. Va léry. Regard sur le monde
aetuel. cit. , p. 74.
lvi, pp. 70-7 1.
Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico
41
comme des choses. [ ... J l'esprit ne peut, quand il s'occupe des "hommes",
que les reduire à des etres en état de figurer dans ses combinaisons»8.
L'extreme simplification de formules è un elemento essenziale di questa
estetica dell' arte dittatoriale 9, ma il genio del dittatore si mostrerà, ancora
più che nello stabilire tale aritmetica politica, nel non togliere agli "uomini" tutta l' iniziativa «pour que l'oeuvre que l'esprit poursuit ne souffre pas
d'excès de soumission et d' inertie chez ses agents»lO.
Si possono interpretare queste parole come le conseguenze estreme e paradossali di uno scetticismo non filosofico ll , e non si deve forse prenderle
troppo alla lettera. Esse permettono tuttavia, anche riportate così sommariamente, di mettere in evidenza la relazione tra politica e immaginazione
storica, ovvero la forza politica delle immagini storiche, un problema centrale nel pensiero di Walter Benjamin.
Come si sa, Benjamin ammirava molto Valéry e dedicò, nel 193] , per
i 60 anni del poeta francese, un breve studio in cui metteva in luce sia la
radicalità dell'indagine di un'intelligenza che indaga se stessa, sia la concezione della poésie pure che è quasi dialettica nel suo sapersi giocare tra
le "idee" e la "voce". Gli editori delle opere di Benjamin esagerano però,
forse, a dire che solo Proust e Kafka suscitano in lui pari entusiasmo l2 •
Trovano poi difficile, infatti, giustificare come nel lungo saggio del 1934
dedicato alla posizione nella società degli scrittori francesi contemporanei,
Benjamin segnali i limiti della concezione politica di Valéry. Benjamin conosceva il prologo del] 931 dell'antologia politica di Valéry (Regard sur le
monde actuel), avendolo citato nel suo primo studio. Già in quell'occasione Benjamin aveva suggerito che la poetica di Valéry è sotto il segno dei
due mondi formali della matematica e del mare, simboli della fuga dall a
società J3 . Nel seco ndo saggio pubblicato nei primi mesi del 1934, Benja8
9
Ivi, p. 72.
«II y a de l'arti ste dans le dictaleur, et de l'es th étique dans ses conceptions»; iv i,
p.72.
10
II
12
13
Ivi, p. 73.
Nella nota alla traduzione italiana del suo libro Eupalino, Valéry si dichiara
«lutt 'altro che filo so fo» e dice che «forse egli [l'Autore, cioè Valéry che parla in
terza persona] non stima possibile un va lo re universale della conoscenza, e pensa
che una filosofia è opera essenzialmente vo lon taria, cioè personale all 'estremo».
P. Valéry, El/palino o l'architetto, tI'. il a cura di R. Contu, Padova, 1991, (Lanciano, 1932), p. XIII.
W. Benjamin, Gesammelle Schriften, hrsg. vo n R. Ticdcmann, H. Schwcppenhauser, Suhrkamp, Frankl'urt a./M., 1974- 1989; d 'ora in poi GS ILI , p. 11 43 .
Cfr. anche l'abbozzo di questo sagg io, riportato in nota dagli editori, GS 11.1 , p.
I 145. 11 mare è certamente una dell e déités incol1feslables di Valéry, e corrispo nd e
42
Ripensare le immagini
min non cita la prefazione allibro su Salazar, che, essendo stata pubblicata
quello stesso anno, forse non fece in tempo a leggere; ma, dopo aver di
nuovo messo in evidenza l' «indiscutibile qualità della sua produzione», il
suo essere «colui che più di ogni altro ha pensato a fondo la tecnica della
letteratura»14, Benjamin sottolinea come il tentativo di passare dalla pianificazione artistica alla pianificazione della società umana non fosse riuscito
a Valéry. Il processo metodico messo in atto dall'arte fa sì che l'uomo (si
tratta esemplarmente di Monsieur Teste, Everyman estetico) possa varcare
la soglia storica e diventare un individuo armonico autosufficiente il quale,
una volta trasformato in tecnico e specialista, è pronto a inserirsi al proprio
posto in una grande pianificazione.
La soglia non è stata varcata; l'intelletto rimane un intelletto privato, e questo è il malinconico segreto del signor Teste. Due, tre decenni prima Lautréamont aveva scritto: "La poesia deve essere fatta da tutti. Non da uno soI0"15.
Più avanti Benjamin ripete che Valéry «non ha avuto la forza di chiarirsi la contraddizione che sussiste tra la sua tecnica e la società alla quale
la mette a disposizione» 16. È piuttosto in Gide che Benjamin vede colui
che ha saputo mettersi sulla strada della soluzione d.el problema. Almeno
in questa fase della sua vita, Benjamin assume come modello teoretico
del rapporto arte-vita quello rappresentato da Lautréamont e Gide, due
anticipatori del surrealismo secondo lo stesso Benjamin. Non è questa
l'occasione per considerazioni storiografiche sul rapporto tra Valéry e
14
15
16
analogicamente alla filosofia. Sebbene non sappia rispondere filosoficamente «<je
n'ai pas l'honneur d'elre philosophe ... »). Valéry, dice che basta che egli si ponga
la domanda di come possano nascere pensieri filosofici «que mon esprit aussitòt
ne me transporte au bord de quelque mer merveilleusement éclairée». P. Valéry,
lnspirations méditerranéennes, in P. VaJéry, (Euvres cit., voI. 1, p. 1093. Un'altra
deità è il sole che fornisce all'umanità il modello "d'une puissance transcendante, d'un maltre unique». Significativamente il sole ha anche. secondo Valéry. un
ruolo fondamentale nelle scienze: producendo ombre ha permesso e suggerito
la geometria proietti va (p. 1095). Il sole introduce dunque <<l' idée d'une toutepuissance suréminente, J'idée d'ordre et d'tmité générale de la nature» (ibidem).
Valéry sconsiglia, lui ne ha fatto la penosa esperienza, di fissare il sole, phénomène souverain (p. 1094). Forse, con le sue brevi considerazioni sulla politica, egli
voleva sconsigliare di indagare anche 1'origine della sovranità politica.
GS II.2, p. 792.
GS n.2, p. 794.
GS 11.2, p. 802.
WaLter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico
43
Benjamin l7 , né in generale è utile, per la comprensione del pensiero di un
autore, pronunciare un giudizio sulle sue predilezioni politiche. Per un
verso rimane comunque vero che Valéry ha posto con assoluto rigore e
onestà le contraddizioni del poeta e del pensatore, anche nella sua concezione della politica e della storia, con risultati formali notevolissimi, per
altro verso, a un giudizio sulla concezione politica personale di Valéry, si
potrebbe facilmente opporre la sua serena e coraggiosa dignità di fronte
agli avvenimenti politici del nazismo. Se qui lo si è chiamato in causa è
perché le contraddizioni che incarna possono servire per porre la questione dell'immaginazione storico-politica, cioè la questione, benjaminiana,
della dimensione pubblica e mediatamente politica dell'immagine artistica come esemplare schema della immagine dialettica. Non sarebbe strano
se Benjamin avesse avuto, rispetto a questi temi, anche Valéry come uno
dei suoi referenti; egli ha spesso scelto di dialogare con pensatori con cui
aveva affinità profonde, ma su cui, su punti cruciali, era in radicale opposizione. Basti pensare all'assai controverso e perciò assai frainteso rapporto
di Benjamin con il pensiero di Cari Schmitt. D'altronde, perfino nella sua
concezione del tiranno artista, Valéry conserva pur sempre un'aspirazione
a un luogo sottratto all'incantamento dell'esistente, all'automatismo che
condanna alla ripetizione insensata. In questo luogo, creazione, libertà,
intelligenza saranno però possibili solo solipsisticamente l8 . La metafisica
semplificata che è alla base di tale impostazione non potrà dire molto della
vita storica delle immagini, né della bellezza sottratta alla strumentalità
]7
18
Riguardo alla fortuna di Valéry sarebbe, però, interessante valutare il fatto che Th.
W. Adorno ha in lui uno dei suoi autori di riferimento, lo considera non solo poeta
davvero moderno, ma anche vero filosofo. Di fronte alla proposizione di Valéry:
«Ciò che non può essere stabilito è nulla. Ciò che è stabilito è morto», arriva a dire
che «Se qualcosa può ancora pretendere il nome di Iìlosofia, allora è questo tipo
di antitesi», Th.W. Adorno, Noten zur Literatur, in Th.W. Adorno, Gesammelte
Schriften, hrsg. von R. Tiedemann, unter Mitw. von G. Adorno. Wiss. Buchges. ,
Darmstadt, 1998, Bd. XI, p. 177. Le poche obiezioni che Adorno muove al conservatore Valéry sono sempre superate da giustificazioni recise. La negazione di
una dimensione pubblica e storica dell' arte che pure Adorno trova in Valéry è
vista come un esempio di autentica dialettica. L'art pour L'art è. nella perfezione
della poésie pure, superamento del formalismo, l'assenza di concezione pubblica
e comunitaria è vista come eminentemente dialettica. L'artista nella sua cura della
forma, sparisce nel lavoro, in tal modo sta in luogo, è Statthalter, del soggetto sociale: «L'arte che grazie alla concezione di Valéry tornasse a se stessa supererebbe
la stessa arte e si compirebbe nel vivere giusto degli uomini ». Ivi, p. 126.
«Il [le tyran intelligent] demeure seule volonté Iibre, seule pensée intégrale, seuI
possesseur de la plénitude de l'action, seuI etre jouissant de toutes les proprietés
et prérogatives de l'esprit [ ... ]», in P. Valéry, L'idée de dictature, cit., p. 75 .
Ri"ellJare te ill/magi" j
ideo log ica, né de ll a mi surazio ne utopica de ll a contingenza ne lla storia.
Benj amin tenta un a metafi sica criti ca c he di a co nto di tutto CiÒ19 .
Negli scritli preparatori a Su l cOI/ celio di storia , Walter Benjamin descri ve l'uso po litico della sto ria qu ando no n c 'è la capacità di predire il
presente 20 :
Chi va a fru ga re ne l passato come in un ri posti glio di esempi e di analogie, no n ha la benché minima idea di quanto, in un dala attimo, dipe nda
dall a lo ro attua li zzazio ne 21•
I termini dc i prob lema so no più o meno que lli posti da Valéry: la sco mpostezza de ll ' uso po litico de lle immag ini è indice di mancanza di coscie nza stori ca, cioè assenza di immag inaz ione politica melodi ca. C iò che
preocc upa Be njamin no n sono. però, le conseguenze di sordin ate di questo difetto. l' esigenza non è que lla di stabilire regole oggetti ve scientifi che dell"uso dell'immaginazione che possano fo rnire alla politica i term ini
esalti per stabilire un ordine sociale razionale o esteti camente armonico.
Non è l' ord ine la sua ossessio ne, Be njamin parl a anzi de l di so rd ine come
«spazio immaginati vo tBildrauml de ll a rammemorazio ne I Eillgellell kell I
19
20
21
Pe r gli editori dell e GS. la critica di Benjamin a Valéry nel saggio del 1934 ( non
ha un grande ー ・ウッIセ@
perché il pen siero centrale de ll a «lcucrari aazio ne cii tutti i
rapport i soc iali» non conta, a lo ro giudi zio. Ira le idee più forti di Benjamin . GS
Il . 1, p. 802. L'espressione ( Literarisierung der l ・ 「 ・ ョ ウカ・ イィ エゥ ャエ ョゥ ウ」セI@
compare. non
ne i sagg i su Valéry, ma nel saggio ma rcatamcnle comuni sta del 1934, S ull'autore
cOllie prod uITore; GS 11.2, p. 688. Il fatto che Bcnj allli n es itasse a fa rlo leggere all' rllni co Sc holem (G S Ll .3 . p. 146 1) no n ne fa ce rto un lesto su c ui basare
l'in terprctazione standard dci suo pe nsiero. Ma. anche se certi accenti c qua lche
fo rlllul al. ionc ーッ セZNッ ョ ッ@ essere ritenut i caratteri stici セッ ャ ッ@ di アオ ・セ エ 。@ produ / ionc di
Bc nj amin . i term ini del problema c he po ne lì 11 0n sono però diversi da quelli deg li
sc ritt i !. uccess ivi. Il rapporto tra BildraulII e Leihraum no n vienc dimenticato né
ne l Passagerl-\Verk né ne llo se rino Sul c01lC:etto di storicI. Neanche negli scritt i
cosiddett i "comuni sti " Benjam in pensa a una 」o ャ ヲ オ セ ゥ ッ ョ ・@ di vita e arte. La ri volutio ne c il surreali slllo rimangono i te rmini di un ' indagi ne di alettica in c ui Va léry
è un momento impo rtante in quanto rappresenta quasi in pureu<:\ un a concel.ione
de l ruolo de lle immagini nell a stori a, e dell' arte in cui la dimensione pubbli ca è
assente o riso lta in un solipsismo este tico totali tari stico.
Bc njamin riprende qui la caratteri zzazione dell a poli tica come capacità di prevede re il presente proposta da TurgoL. Cfr. W. Benjamin . GS 1.3. p. 1237. Ms 47 1;
tr. il. in W. Benj amin . Sul cOl/cello di storia . a cura di G. Bonola e M. Ranchetti.
Einaudi . To rino. 1997. p. 85.
GS 1.3. pp. 1237- 1238. Ms 47 1: in W. Benj ami n. 5/1 / conce/w di sto ria ciI.. p.
85.
45
Walrer I3clljamùl: IIl1l1Wgil/i dialertiche e schellWli.l'l1Jo ,,"Ioric:o
invo lo nt aria»22. In Benjamin 110 n c'è irrazionali smo 2J , quanto piuttosto un a
criti ca de l razionalismo. II co ntinui smo, che è il primo bersaglio polemico
di Benj a min , si presenta, infatti , co me un principio razionalisti co della ri ducibilità del passato al presente e del prese nte al passato: quanto accade
ha una causa nel passato secondo il principio di ragion suffi cie nte c he, in
ultima a nalisi, è un principio logico; la causa contiene l'effetto co me la
premesse logiche con tengono la co nsegue nza. Per pensare la co nrin genza
della sto ria, l'effetto deve non esse re cont enuto analiticamente ne ll a ca usa.
No n si deve dare però asso luta co ntin ge nza; se si deve poter interrogare il
se nso della storia, un a teo ri a, s ia pure molto pa rti colare, è però necessaria.
Uno mo ti vo ce ntrale delle tesi Sul concetto di storia sarà, infatti, l'e laborazione di un «principio cosLruui vo» c he permett a di superare il modello
dello storicismo (HislOrislIllls) che non ha «alc una armat ura teoretiC3 »2.f.
Uno dei tratti più appa ri sce nti della teoria che emerge dagli scritti co ntempo ra nei alle tesi Sul cancello di storia è la presenza di una fitta tessitura di s uggesti o ni let terarie o teolog iche, apologhi, allegorie, ma anche
di immag ini vere e proprie come nell 'ekphrasis dell'acquerello di Kl ee,
Augelus 110VIIS. La co nsapevolezza di Benjamin che prop ri o questo modo
es positi vo eni gmatico c immagi noso av rebbe pOllllO spalancare «porte e
fin es tre al frainte ndime nt o esa lt ato» 25 , testimo ni a della necess it à no n solo
espositi va dellc immag ini . L'csame criti co della necessità delle immagi ni , sia per l' intelli g ibilità della storia sia per la trasfo rm az io ne politica, è l' armatura teoreti ca della suo siste ma. La filo sofia della sto ria non
può costituirsi come un sistema deduttivo, subo rdin ati vo, che riconduca
la co ntingen za a intellig ibilità secondo il principio di rag io n sufficie nte,
può però individuare cos tella zio ni , nu clei di punti di vista, che Benjamin,
chiama ndo in causa Leibniz, chi ama mo nad i. Il rich iamo alla metafi sica
raziona lista, nat uralm ent e non sig nifica l'adesione di Benjamin ai presupposti della monadologia le ibni ziana: l'armoni a del creato co me un reg no
gera rchi co in cu i og ni possibi le ha diritto a pretendere all'es iste nza a seco nd a della perfezione, della quantità di esse nza che, secondo un calcolo
22
23
GS 1. 3, pp. 12·B. Ms -1.74; in W. Bcnjamin, Sul cOllcetto di slOria cil.. p. &7.
L'irrazionali tà appartiene piuttosLO a un inse nsato bisogno di comrollarc la contingenza de ll a slOria. alla c ieca fid ucia ncll"assoluta
。 ャエ
ッ」イ。コゥセャ@
del genio cui lo
spirito diua delllro. Se quesla Icgi nim3 fede este tica セゥ@ app lica alla politica è inevitabi le il fatale scambio di perso na. al genio si sostitui sce l'ullictlS dicuuor.
24
W. Benjmnill. 5111 COI/celio di sloria cit.. XV II . p. 5 1.
25
Lettera di W. BClljamin a Gretcl Adorno. april e 1940 in GS I. pp. 1226· 1227.
46
Ripellsare le immagilli
divino, contiene 26 • Benjamin del razionalismo conserva la tensione tra monade delle monadi (dio) e monadi periferiche, ma non intende sciogliere
l'aporeticità della riducibilità-irriducibilità tra sostanza unica e sostanze
molteplici. La monade è un'individualità che contiene sonno e risveglio,
percezioni oscure e distinte, universalità e singolarità, datità e costruzione,
azione e conoscenza. La monade come è intesa da Benjarnin si pone, cioè,
come una forma peculiare di schematismo. La nozione di monade compare, non a caso, insieme a un altro termine chiave di questa teoria che è
quello di costellazione. La costellazione è già dal suo nome un'immagine,
Sternbild, ma è, in ambito gnoseologico, anche un'immagine dialettica
perché illustra nello stesso tempo la necessità e l'impossibilità dell'unione
dell'universalità dell'idea con l'individualità del fenomeno. La sua necessità è evidente perché questo schematismo rende possibile la «salvezza
dei fenomeni e l'esibizione delle idee»27, ma in quanto congiunzione di
estremi è anche impossibile, solo chi possegga lo sguardo che sa sempre
di nuovo interpretarla, vale a dire conosce l'arte di uno schematismo storico e dialettico può pensarla. La questione si sposta, però, su quale sia il
tipo di storia che permette di pensare questa impossibilità senza ridurla
a una possibilità sotto un altro rispetto. La risposta di Benjamin, c'è da
aspettarselo, è affidata a un'immagine: il «cielo della storia»28, che è sia la
26
27
28
G.w. Leibniz, Monadologie, § 54. in G.w. Leibniz. Die philosophischen Schriften, hrsg. von C. L Gerhardt. Olms, Hildesheim, 1978, 1875-1890 1 , VoI. VI, p.
616.
Cfr. W. Benjamin, Ursprul1g cles deutschen Trauerspiels, E. Rowohlt Berlin, 1928,
tr. il. a cura di E. Filippini, 1/ dramma harocco tedesco, Torino, 1980; (in GS 1.1 ,
ep·214-215).
E suggestivo pensare che questa espressione. che si trova in un luogo centrale
di Sul concetto di storia (XIV, p. 47). possa essere arrivata insieme a quella di
costellazione dal grande maestro delle allegorie barocche il gesuita portoghese
Ant6nio Vieira. Nel suo Sermaò da domilliea da Sexagesima [1655] Vieira stabilisce un'analogia tra il cielo in cui le stelle sono disposte in un certo ordine per
narrare la gloria di Dio e le parole della preghiera che dovrebbero avere un ordine
simile anche loro per narrare la gloria di Dio. Se le parole nei sermoens devono
comporsi come le stelle nelle costellazioni, la dispositio deve dunque concepire le
parole non come piastrelle, ma somigliare al lavoro di chi semina. La sua clitica è
dura con i cattivi predicatori che cercano si mmetrie e ordini artificiali. Il discorso
deve essere «ordinato, ma come stelle: stellae manentes in ordine suo (!ude. 5.
20). Tutte le stelle sono in ordine, ma è un ordine che ispira [que faz influencia].
non è frutto del lavoro [quefaça lavor]. Dio non ha fatto il cielo come scacchiera
di stelle [xadrez de estrelas) come i predicatori i sermoni in scacchiera di parole».
A. Vieira, Sermoens, Lisboa, 1679, pp. 40-41. Cil. in Vocahulaire Européell des
Philosophies. Dictiol1naire des intraduisihles, sotto la direzione di B. Cassin, Paris, 2004, p. 967.
Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico
47
condizione del successo di una rivoluzione, cioè della vera novità storica,
sia il testo da interpretare, lo spazio delle immagini storico-dialettiche. La
storia, infatti, è interpretabile solo quando presente e passato incontrandosi danno luogo a un'immagine che segna una frattura della continuità
del tempo e produce irradiazione di punti di vista che costituiscono uno
spazio immaginativo (Bildraum). L'arresto «improvviso del pensiero in
una costellazione satura di tensioni, le provoca un urto in forza del quale
essa si cristallizza come monade»29 . La storia è costruzione, non nel tempo omogeneo, «ma in quello riempito di Jetztzeit», e solo in quanto tale è
conoscibile.
Della monade leibniziana, Benjamin conserva la compresenza del momento pratico e di quello conoscitivo, ma, nel suo caso, si tratta di una
compresenza che non è equivoca, ma dialettica30. Per un verso vale, in
essa, il primato della politica sulla storia3l (dell'azione sulla rappresentazione) perché è proprio l'irruzione del presente nel passato (<<il balzo
della tigre nel passato»32) a rendere intelligibile il passato. Per altro verso è l'immagine dialettica, in quanto istanza conoscitiva, a scatenare le
energie sopite, a muovere all'azione. La peculiare monade che Benjamin
chiama in causa è un'immagine che è in grado di far saltare la continuità
del tempo come illusione di ordine, illusione di intelligibilità della storia.
La storia non è ordo possibilitatum inconsistentium, svolgimento illusorio
de1Ja lotta dei possibili che pretendono a1J' esistenza, la storia è fulminante
esperienza della natura di questa illusione, è un'esperienza dialettica. Se
la storia non è intelligibile a partire dal principio di ragion sufficiente, non
è però neanche retta dalla logica dialettica hegeliana. Secondo Benjamin,
infatti, neanche in Hegel si trovano gli strumenti per comprendere la rottura della continuità che rende possibile la storia: «Il differenziale temporale
29
30
31
32
W. Benjamin , Sul concetto di storia, cil., XVII, p. 51.
]] soggetto metafisico comprende secondo una equivocità sistematica <da Faculté
perceptive et la Faculté Appetitive» perché in ultima analisi esso è pur sempre un
soggetto logico in cui ogni giudizio e ogni volizione sono riconducibili al principio logico di identità. G. W. Leibniz, Monadologie, cit., § 48, voI. VI, p. 615.
W. Benjamin, Das Passagen- Werk, hrsg. von R. Tiedemann, Suhrkamp, Frankfurt
a./M. , 1982, voI. V,I e V,2 (d'ora in avanti PW) hO. 2; tr. il. W. Benjamin, Sul
concetto di storia, cit., 136.
In W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., tesi XIV, p. 47. L'esplosivo (l'ecrasite)
che può scardinare la continuità del tempo è il presente. PW, N 9a, 6, p. 593; cit. in
W. Benjamin, Sul concetto di storia cit., p. J24. Presente qui vuoi dire «coscienza di scardinare il continuum della storia [ ... ] nell'attimo della loro azione». W.
Benjamin Sul concetto di storia, XV, pp. 46-48. La coscienza storica è presenza di
spirito. Cfr. PW N 12a l; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 127.
48
Ripensare le immagini
[Zeitdifferenzial] , nel quale solamente è vera l'immagine dialettica, per
essa [la dialettica hegeliana] è ancora sconosciuto»33.
Questo Zeitdifferenzial, scarto temporale, ha, infatti, in sé una vera e
propria contraddizione: un fatto nuovo del tutto singolare (come un'intuizione crociana) che però ha un posto nel continuum temporale omogene034 .
La contraddizione tra novità e continuità non è dialettica in senso hegeliano
perché lo scarto non è mai superato; in essa si genera, infatti, una discontinuità irriducibilc chc non può essere pensata se non come coesistenza,
un'immagine appunto che può essere quindi in una relazione solo negativa
con il continuo temporale.
Di questo nuovo, che rompe la continuità, una determinazione deve tuttavia poter essere pensata:
Nell'immagine dialettica il momento temporale si lascia determinare interamente solo grazie al confronto con un altro concetto. Quest'altro concetto è
"l'adesso della conoscibilità"35.
La storicità dello schematismo dialettico sta proprio nell'affermazione
che solo in un non calcolabile momento critico si determinano le condizioni
di conoscibilità della storia, si può prevedere il presente, cioè si può trasformare il mondo. Centrale per questa concezione è che questo momento non
può venire dall'esterno, è un movimento interno all'immagine: il «pervenire "a leggibilità"» delle immagini in un dato momento è «un determinato
punto critico del movimento al loro [delle immagini] interno»36. Questo è
il momento dell'incontro tra passato e presente in cui si dà discontinuità,
immagine dialettica. Il punto critico è allora sia il momento in cui si può
pronunciare il giudizio, sia quello in cui, con linguaggio ippocratico, la
malattia peggiora rapidamente e decide per la morte o per un repentino
33
34
35
36
PW QO, 21; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 136.
Cfr. su questo punto forse Benjamin aveva in mente M. Weber, Roscher und Knies
und die logischen Probleme der historischen NationaLOkonomie [1904 1], in M.
Weber, Gesammelte Aufsiitze zur Wissenschaftslehre [1922 1] , Miinchen, 1967, p.
135.
PW QO, 21 ; in W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit., p. 136.
PW N 3, l; in W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. 1l7. Giustamente. mi
pare, i curatori dell'edizione commentata delle tesi Sul concetto di storia, sostengono l"importanza di questo concetto dell'adesso della conoscibilità per la teoria
dell'immagine dialettica e dello stesso concetto di storia, benché esso non compaia nella redazione lìnale delle tesi Sul concetto di storia, ivi , p. 227. L'immagine dialettica è in effetti almeno altrettanto importante come istanza conoscitiva
(esperienza) quanto lo è per l' azione politica (rivoluzionaria).
Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico
49
ri sanamento. La storia è conoscibile solo «così come balena nell'attimo del
pericolo»37; di nuovo ippocraticamente si mescolano pericolosità dell'esperimento, difficoltà del giudizio, e fuggevolezza dell 'occasione.
Per comprendere il movimento interno dialettico delle immagini una
delle categorie più importanti è, lo si capisce già da quanto detto, quella del
nuovo. In essa si trova sia la questione dell' adesso della conoscibilità, sia la
possibilità del giudizio. Non è gioco linguistico che novus sia etimologicamente legato a nunc (jetzt) e che, quando assume la figura del progresso, sia
il giorno del giudizio, cioè uno dei quattro novissimi. È infatti un assunto
centrale per la filosofia della storia di Benjamin che ogni giorno possa darsi
rivoluzione o giudizio universale 38 , ovvero che questo giorno non sia un
punto nel continuum del tempo omogeneo:
Il progresso non è di casa nella continuità del corso del tempo, ma nelle sue
interferenze: quando ciò che è veramente nuovo per la prima volta si rende
avvertibile, con la sobrietà del mattino prest0 39 .
Il nuovo è concetto escatologico, e appartiene, oltre che al giudizio universale, anche agli altri tre novissimi (morte, paradiso e inferno).
Nell ' allegoria, lafacies hippocratica della storia si offre agli occhi dello
spettatore come irrigidito paesaggio originari040 . Oggetto per eccellenza della meditazione dialettica, la morte si legge nel volto dalle orbite vuote, naso
scavato e pelle livida, ma è un' immagine dialettica in quanto dice della fugacità e dell' eternità, della natura e della storia come in un paesaggio di rovine.
Non c'è composizione, né consolazione, l'allegoria della morte è allegoria
della storia come distruzione e ritorno all ' originario. Per questo motivo può
avere una funzione schematica, può essere l'immagine che rende intelligibile la storia (in senso costruttivo, non annoverativo). Infatti l'allegoria è una
figura retorica e quindi anche immagine, ma è un'immagine assai particolare
perché non ha l'immediatezza del simbolo romantico - fu sione di partico37
38
39
40
W. Benjamin, Sul concetto di sturia, ciI. , lesi VI, lI. il., p. 27 .
Cfr. GS 1.3, p. 1245, Ms 483; cit. in W. Benjamin, Sul concetto di storia , cit., pp.
90-91.
PW N 9 a, 7; GS V, p. 593. Il soffio di qualcosa che verrà è caratteristica di ogni
vera opera d'arte, che quindi «non è refrattaria a ogni riferimento al progresso, ma
anzi può servire a determin arlo autenticamente». Ibidem . La forma, in positivo, è
quella del Urphiinomen. «un'autentica sintesi [eine echte Syn thesisl ». PW N 9 a,
4. GS V, p. 592. In questa sintes i è costituti vo il momento estetico. Cfr. l'Introduzione di R. Tiedemann, GS voI. V, p. 35.
Cfr. W. Benjamin. 11 dramma barocco tedesco, cit., (in GS 1. 1., p. 343).
50
Ripensare le immagini
lare e totalità (<<"fenomeno" di un'idea» - "Erscheinung" einer Idee 4 '), che
rimanda subito a un'ipotiposi, contiene invece un forte elemento convenzionale, linguistico, scrittori042 che è in grado di interrogare il simbolo, di
metterlo in questione, mostrandone dialetticamente la non immediatezza.
In Sul concetto di storia questo è il linguaggio delle macerie della storia che
l'Angelus Novus vede ammassarsi ai suoi piedi e che non può ricomporre
perché trascinato verso il futuro da un vento irresistibile43 •
Secondo la topica che si è voluto ricavare dai novissimi, il paradiso corrisponderebbe in Benjamin al mondo messianico, ovvero alla società senza
classi, che, però, non ha determinazioni positive, si può solo dire come
smise di essere possibile:
Una volta definita la società senza classi come un compito infinito, il tempo
omogeneo e vuoto si trasformò, per così dire, in una anticamera nella quale si
poteva attendere, con maggiore o minore tranquillità, l'ingresso della situazione rivoluzionaria 44 .
I "frammenti del messianesimo" hanno, però, valore positivo: se il tempo è Jetztzeit, il mondo messianico offre la sola luce che permette azione
politica e giudizio. Per usare le parole molto benjaminiane di Adorno:
Dovrebbero essere costruite prospettive nelle quali il mondo si dissesti, si
estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparirà un giorno, deformato e manchevole, nella luce messianica45 .
41
42
43
44
45
W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco, cit., (in GS voI. 1.1., p. 336).
Cfr. W. Benjamin. Il dramma barocco tedesco, cit., pp. 339 sgg. Non si può non
pensare che lo schema è kantianamente proprio monogramma (lineamentuIII), una
singola linea tracciata come abbozzo.
W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., IX, pp, 36-37.
W.Benjamin, Sul concetto di storia. cit., XVIIa, p, 55. Cfr. le innumerevoli citazioni nei Lemmi elaborati dai curatori di Sul concetto di storia cit." s.v. Messia.
pp. 183-186. Sulla nozione di compito infinito cfr. T. Tagliacozzo, eウー・イゥョセ。@
e
compito infinito nella filosofia del primo Benjamin, Quodlibet, Macerata, 2003.
Tema di un lavoro non solo di erudizione sarebbe seguire i momenti fondamentali
del processo di disillusione riguardo alla filosofia della storia kantiana nell ' ultimo
Benjamin. Cfr. in questo libro per esempio le considerazioni riguardo alla lettera
di Benjamin a Scholem del 23 dicembre 1917, pp. 319-320. Non solo un confronto più serrato con tutti gli scritti kantiani di filosofia della storia, ma anche andare
oltre la lettura che gliene offriva il neokantismo. avrebbe permesso a Benjamin di
cogliere gli importanti sviluppi sistematici che le idee della ragione hanno nella
terza Critica kantiana, prima tra tutte quella rappresentata dalle idee estetiche, che
molto hanno in comune con le immagini dialettiche.
Th.W. Adorno, Minima lIIoralia. cit. § 153; Ir. il.. p. 283.
Walter Benjamil/: illlmagini dialettiche e schematismo storico
51
L'unica speranza, che si configura come un dover essere, sono le schegge messianiche, cioè la Jeztzeit che scardina la continuità temporale46 • Anche per l'ultimo dei novissimi, l'inferno, c'è posto in questa illustrazione
del carattere essenzialmente ancipite del nuovo. Come dice esplicitamente
Benjamin, Il mondo moderno è «il tempo dell'inferno», Zeit der Holle:
Si tratta di ciò [ .. . ] , che il volto del mondo, la sua testa troppo grande, proprio in c iò che è più nuovo non muta mai , che " il più nuovo" rima ne sempre, in
ogni sua parte, lo stesso. Questo costituisce l'eternità de ll ' inferno e la neofilia
dei sadici. Determinare la totalità dei tratti fisiognomici in cui si esprime questa
" modernità", sarebbe rappresentare l'infern0 47 .
Tanto più spaventoso questo inferno perché, come il Lucifero dantesco, si presenta con tutti i tratti della divinità, ma in antitesi. Per Benjamin la moda (anche essa, come "moderno" è etimologicamente legato
a modus, adesso) ha una struttura simile alle immagini dialettiche, rappresenta una frattura nella storia, un salto di tigre nel passato. L' antica
Roma, agli occhi di Robespierre era un passato carico di Jetztzei(ls, e
la rivoluzione «citava l'antica Roma esattamente come la moda cita un
abito d' altri tempi»49. Ma il salto di tigre nel passato «in un'arena in cui
comanda la classe dominante» non è esattamente lo stesso salto «sotto il
cielo libero della storia»50. All'inferno e al paradiso appartiene la stessa
struttura storica della citazione. Citare può essere un automatismo, come
dice Valéry, può servire a evocare potenze di cui non si ha coscienza, ma
può anche voler dire citare un testimone in tribunale affinché si possa
pronunciare un giudizio.
La vera differenza, ciò che decide tra redenzione e condanna, non è allora soltanto il movimento nell ' immagine, quanto la natura di chi pronuncia
il giudizio. Solo se il tribunale è l'umanità, se possiede cioè l'universalità
della storia o della lingua universale 5!, è possibile «riattizzare nel passato
46
47
48
49
50
51
GS 1.3, p. 1248, Ms 442 (ad VII e A), 12; in W. Benjamin, Sul concetto di storia,
cit., p. 74.
PW G O, 17. Cil. ne ll a introduzione di R. Tiedemann a PW, GS V, p. 21.
W. Benj amin , Sul concetto di storia. cit. , XIV, p. 47.
Ibidem. «La grande rivoluzione citava l'antica Roma». GS l.3, p. 1239, Ms 446;
ivi, p. 76.
W. Benjamin, Sul concetto di storia, ciI. , XIV, p. 47. AI proposito si deve ripensare
il detto adorni ano, «No n si dà vita giusta nella falsa». Minima moralia cit. , § 18.
p. 42 ; tr. il. , p. 35.
GS 1.3, p. 1235, Ms 490 Nuove tesi K; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cil., p.
95.
52
Ripensare le ill/II/agini
la scintilla della speranza»52. Il tribunale, certo, non è la ragione estranea
all'immagine, al suo movimento di alettico, si tratta della vita stessa delle
immagini, che deve contenere l'elemento dell ' universalità, conservando
intatta la sua fluidità 53 . Questa è la ragione per la quale candidata a ri spondere a tutte queste esigenze è un ' immagine estetica. L' immagine dialettica
è «una vera sintesi [eine echte Synthesis] »54 perché è monade senza riduzione di tutte le forze a un calcolo logico della massimizzazione dell ' essenza, ma è anzi sospensione della strumentalità, incanto estetico e quindi
semplicemente apertura di uno spazio di possibilità. La speranza che essa
contiene non è prefigurazione intesa come calcolo, ma neanche idillio di
una consolazione futura, piuttosto è compito se non dovere di credere nella poss ibilità della redenzione anche del passato 55. Non si guadagna null a
52
53
54
55
W. Benj amin, Sul concetto di storia, cil.. VI. p. 27 .
PW N Il ,3. «Scrivere stori a signifi ca citare stori a. Ne l concetto del c itare sta
anche che l' oggetto storico venga di vo lta in volta strappato dal suo contesto».
Ma l' essere strappato dal suo contesto, non serve per dare autorità a que l che si
dice, signifi ca dargli valore autonomo di segno, togliere la fi ss ità ideologica sia al
citato sia all a citazione. La c itaz ione non poggia «s ur ri en d ' ex téri eur à sa propre
vérité co mm e critique présente». G . Debord , La société du spectac/e [1 967j, in G .
Debord , (El/vres. editi on etablie et ann otee J.-L. Rançon en coll aborati on avec A.
Debord , Gallimard, Paris 2006, § 208. p. 854. Guy Debord parl a qui del détournement come l'opposto della citazione. ma non è lontano dall ' idea di ci taz ione in
senso benj amin iano. In Debord si trova ugualmente un senso de lla stori a co me
mi sura dell a novità che potrebbe esserc pensata insieme a quell a di Benjamin :
«Le domaine de l'hi stoire était le mémorable, la totalité des événements don t les
conséqllences se manifesteraient longtemps. C'était inséparab lement la conn aissance qui devrait durer. et aiderait à co mprendre, ali moins parti e llement, ce qu ' il
adviendrait de nOllveall : «lIne acqui sition pour touj ours». dit Thucydide. Par là
I"hi stoire étaitla mesure d ' une nouveauté véritable; et qui vend la nouveauté atout
intéret à l'aire di sparaìtre le moyen de la mes urer». G. Debord , COII/II/entaires sur
la société du spectacle [1 988 1, in G. Debord , (Euvres ciI.. § VI, pp. 1601 - 1602.
PW p. 592 . N 9 a, 4.
In Kanl. per pensare la stori a è necessari o assumere co me un dovere di credere in
modo pratico-morale (a li! praktischer Art) che vi sia «il concorrere della saggezza
di vina con il corso della natura>>.I. Kant. Das Ende aller Dinge [1 794] A 516;
La fine di tutte le cose. in l. Kalll Scritti sul criticismo, a cura di G. De Fl av ii s.
Laterza, Ro ma- Bari. 199 1. pp. 25 1-252. Questo credere è un dovere che, ne l caso
venisse a mancare. ci rico ndulTebbe al se mplice meccani smo de lla natura. all a
vita animale. Credere cioè che la legge morale in no i ci inganni al ri guardo. «produrrebbe il desiderio. che genera orrore, di liberarsi di ogni ragione e di considerarsi, ri guardo ai propri princìpi . gettati in uno stesso meccani smo della natura con
le altre cl ass i animali» .1. Kant, Metaphysik de l' Sitten (Rechstlehre) A 233-234/B
264-265; tr. il. a cura di F. Gonne lli , Fondazione della metafisica dei costumi,
Laterza, Roma-B ari . 2005. p. 29 1. Ma una vita non solo anima le in cui si dia il
WC/Iter Benjamin: immagilli dialettiche e schematismo storico
53
dalla redenzione del passato, se non forse che l' immaginazione in tal modo
lascia del tutto impregiudicato e aperto il futuro. Il mondo redento è solo
mi sura della miseria e insufficienza del nostro mondo, la speranza è rivolta
al passato: rammemorazione, appunto. La potenza della rammemorazione,
Eingedenken, è l'unico motivo di speranza:
Ciò che la scienza ha "stabilito" può essere modificato d alla rammemoraz ione. La rammemorazione può fare de ll ' inconcluso (la felicità) qualcosa di
concluso, e del concluso (il dolore) un inco ncluso. Questo è teologia, ma nella
rammemorazione facciamo un' esperie nza che ci vieta di concepire la stori a in
modo fondamentalmente ateologico, tanto poco quanto ci è lec ito provare a
sc riverla in concetti immedi atam ente teo log ici 56
La storia quindi non è possibile pensarla né con né senza la teologia. Con
un 'altra allegoria dialettica, Benjarnin liferisce a se stesso questa necessità e
impossibilità della teologia: la teologia è come queII'inchiostro di cui il pensiero benjarniniano, come una carta assorbente, è tutto imbevuto, ma la carta
assorbente fa sparire l'inchiostro della scrittura, lasciando, così sembra, la
carta del tutto bianca57 . Questa carta bianca non sembra essere semplice
obliterazione, canceIIazione della scrittura, quanto piuttosto disposizione a
nuova scrittura, ristabilimento delle condizioni della scrittura. La teologia
adempie alla sua funzione con la sua sparizione, sparendo apre al futuro.
In ogni caso, l'immagine storica non è afferrabile se non per chi ha la
speranza di redimere il passat0 58 ; ma questa speranza su cosa si fonda? Nel-
56
57
58
dovere di proporsi uno scopo, per esempio la filosofia come dottrina della saggezza, è la vita del Geist (I. Kant. Verkiindigung des nahen Abschlusses eines Traktats
:um ewigen Frieden in der Philosophie A 494-495; tr. it. a cura di F. Des ideri , in
I. Kant. Questioni di confille: saggi polemici. J 786- 1800, Marietti, Genova, 1990,
p. 77. Analogameme per la vi nll: chi rosse interamente pri vo di sentimento morale
«sa rebbe moralmente morto, e se (per usare il linguaggio della medicina) la forza
vitale che vi è nella morale non avesse la virt li di eccitare questo sentimento.
allora l' umanità si risolverebbe (per così dire secondo leggi chimi che) in pura
an imali tà e si confonderebbe irrimediabilmente nella massa degli altri esseri naturali». I. Kant, Metaphysik der Sitten (Tugendlehre) A 37; Metafisica dei costumi,
tI'. il. di G. Vidari, rivo da N. Merker. Laterza, Roma-Bari 1991, p. 252. Inutile dire
che questa vi ta della mente (Geist, mens, nous) è strettamente imparentata con il
Geist in senso estetico della Critica della facoltà di giudizio.
PW N 8, l , p. 589; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., pp. 121 - 122.
«IJ mio pensiero si rapporta alla teologia come la carta assorbente all ' inchiostro.
Ne è del tutto imbevuto. Se andasse, però, come vuole la carta assorbente, di ciò
che vie ne scritto non rimarrebbe null a». GS 1.3. p. 1235. Ms 472; W. Benj am in,
SII I concetto di storia, cit., p. 85 .
W. Benjamin, Sul concetto di storia. cit. , VII. p. 29.
54
Ripellsare le illll1lagilli
la prima delle tesi di Sul concetto di storia Benjamin presenta il candidato
alla vittoria permanente nella partita della storia: il materialismo storico.
Dichiara, però, che potrà vincere solo servendosi del trucco rappresentato
dalla teologia. Nella storiella di Edgar Allan Poe che illustra questa idea, il
nano gobbo nascosto nell'automa scacchista è, secondo Benjamin, proprio
la teologia59 . La teologia è rappresentata dal nano perché è impresentabile,
come dice Benjamin (<<oggi, com' è a tutti noto, è piccola e brutta»). Ma il
fatto che questo nano sia nascosto nell'automa indica anche la natura ingannevole della teologia, che per agire deve nascondersi. Rimane tuttavia
indeciso chi sia ad ingannare, se cioè il manichino sia al servizio del nano,
o viceversa, e quindi non si sa propriamente chi sia a vincere la partita. Un
trucco è indispensabile per trovare un finale alla storia (deus ex machina),
ma il trucco stesso è allegoria della possibilità che la vittoria sia frutto
dell'inganno (entrambi, manichino e nano sono al servizio dell'imprenditore, di chi finora ha sempre vinto: la classe dominante), oppure è allegoria
di una macchina meravigliosa, di una magia che li vede davvero diventare
un giocatore solo (come appare agli spettatori), una trasformazione alchemica, redenzione, sintesi di Bildraum e Leibraum, o, per dirla più sobriamente, schematismo. Solo insieme, insomma, manichino e nano possono
vincere, ma per vincere il trucco deve perdere tutta la sua strumentalità60 ,
deve, cioè essere rimesso in gioco cosa significa vincere, e dunque chi sia
il "vincitore".
Si torna quindi a indagare la natura estetica di questo schematismo. Gli
esempi della coscienza storica sono d'altronde tutti fenomeni estetici, non
strumentali: il rammemorare, proustianamente, è sempre involontario, e la
coscienza come risvegli arsi non può mai essere intenzionale. L'illusione,
non l'inganno, del sogno apre la possibilità dello «schematismo dialettico»
come esperienza del risveglio:
Della dialettica si dà un'esperienza del tutto peculiare. Il risvegliarsi da un
sogno è l'esperienza cogente, drastica che confuta ogni "pian piani no" del divenire e rivela ogni "sviluppo" come rovesciamento dialettico che è eminente-
59
60
Il falso automa ideato dal barone W. von Kempelen era in grado di battere a scacchi ogni sfidante. In effetti era manovrato dall'interno da un bravo scacchista nascosto da un gioco di specchi che davano l'illusione che non ci fosse nessuno sotto
il manichino che muoveva i pezzi. Oltre all'inganno si aggiunse la truffa quando
l'automa finì nelle mani di 1. N. Maelzel, il quale lo sfrutto commercialmente
anche negli Stati Uniti, dove lo vide all'opera Poe. Cfr. W. Benjamin. Sul cOllcello
di storia. cit.. p. 21/n.
GS 1.3, p. 1235, Ms 472; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. 85; PW N 7a,
7; lvi,p. 121.
Walter Benjamin: immagini dialettiche e schematismo storico
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mente composizione continua [durchkomponiert). Per lo schematismo dialettico che è alla base di questo processo, i cinesi hanno trovato un 'espressione
altamente pregnante. Il nuovo metodo dialettico della teoria storica [Historik) si
presenta come quell 'arte di esperire il presente in quanto mondo della veglia al
quale quel sog no, che noi chiamiamo ciò che è stato [das GeweseneJ, in effetti
si riferisce. Adempiere [durchmachen) ciò che è stato nel ricordo del sogno!
- Dunque: ricordo e risvegliarsi sono strettamente imparentati . Risvegliarsi è
cioè la svo lta copernicana, dialettica della rammemorazione [Ein gedenken) 61.
Come suggeriscono Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti , i curatori
della raccolta di scritti e commenti Sul concetto di storia, è plausibile che
Benjamin alluda al famoso apologo in cui si fa esperienza di questa incertezza: se il vecchio filosofo sogni di essere farfalla o la farfalla di essere
il vecchio filosofo . L'apologo si chiude infatti con la constatazione che
questa incertezza è ciò che Zhuang-zi (l'autore dell ' apologo e il suo personaggio) chiama trasformazione delle cose. Schematismo vuole dire infatti
anche trasformazione, passaggio da una forma all' altra. In che senso però il
passaggio dal sogno alla veglia costituisce il modello della trasformazione
storica? Forse è un'esperienza affine a quella del risveglio di Gregor Samsa
da unruhigen Traiimen 62 : anche l'autore della Metamorfosi amava molto gli
apologhi cinesi. Ma forse ha anche a che fare con gli scarti immaginativi,
con la variazione musicale senza uno sviluppo preciso, il Durchkomponieren. La variazione, in questo caso, è generazione del diverso dall ' identità,
sviluppo dialettico non progressivo, non graduale e non razionale 63 •
Quale che sia la struttura del risveglio, il sogno si riferisce sempre al
mondo della veglia 64 . Non si tratta di opporre assolutamente l'eracliteo
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PW K l , 3; W. Benjamin, Sul concetTO di storia, cit. , p. 113.
«Gregor Samsa, un mattino, svegli atosi da sogni agitati , si trovò, nel suo letto,
trasformato in un mostruoso insetto». (Als Gregor Salllsa eines Morgens aus unruhigen Triiumen erwachte, fancl er sich in seinem Bett zu einem ungeheueren
Ungeziefer verH'andelt).
Anche Campanella usa una terminologia musicale Ce retorica) in riferimento alla
sua concezione storica del sommo bene che, considerata nella tota lità del suo
canto, è priva di opposti e distinti, innoceme identi tà: «Che maraviglia s' alcuno
s'ammazziH Lo guida il Fato con occulto incanto/ per la gran vita, ove enno i
mali e i pazzi/ semi toni e metafore al suo camo». T. Cam panella, Poesie, in T.
Campanella, Opere. a cura di L. Firpo, Mondadori, Milano, 1954, " Del somll w
bene metafisico" Madrigale 5, p. 9 1. Luigi Scaravelli vedeva in questa concezione
in cui gli opposti, nell ' unità dellogos, sono iden tici, «un buio mito e forse sog no».
«Mai nei secoli è stata agitata "un a fiamma così nera·'».L. Scaravelli, Critica del
capire, Sansoni, Firenze 1942, e poi voI. I di L. Scaravelli , Opere, con imr. di M.
Corsi, La Nuova Italia, Firenze, 1968, p. 155.
PW hO, 4; W. Benjamin. Sul concetto di storia, cit., p. 137.
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Ripellsare le immagini
mondo comune dei desti al mondo tutto loro dei dormienti, ma di cogliere
il momento del risveglio come quell' «adesso della conoscibilità»65 che permette di passare dai sogni come processi naturali, inconsci, indistinti alla
storia come esperienza collettiva:
[I sogni come processi naturali] si trovano nel ciclo di ciò che è eternamente
medesimo, fino a quando il collettivo se ne impadronisce nella politica perché
ne nasca storia 66 .
La non assoluta opposizione di due mondi, del "ciò che è stato" e del
risveglio, è resa possibile dal fatto che "ciò che è stato" non è più un dato
oggettivo del tutto pacifico che lo storico può limitarsi a descrivere il più
correttamente possibile, "ciò che è stato" è conoscibile solo nella sintesi tra immagini oniriche e risvegli0 67 . La rivoluzione copernicana di cui
parla Benjamin si basa sul primato della politica sulla storia68 . Non c'è
rammemorazione se il mondo della veglia è del tutto esterno e distante dal
sogno. Risveglio e sogno sono intimamente legati: il risveglio come rammemorazione è adempimento del sogno nel mondo della veglia perché solo
nel risveglio il passato diventa intelligibile e può essere riscattato. Ciò che
rende intelligibile la storia, e nello stesso tempo la rende possibile, è questo
movimento dialettico nell'immagine, questa profezia del presente, ovvero
la politica che adempie, nella rammemorazione, ciò che è stato.
Questa nozione di adempimento (Durchmachen) fa pensare alla concezione figurale della storia che è stato il modello di intelligibilità storica per
molta parte della tarda antichità e del medioevo. I padri della chiesa se ne
servivano non solo per l'interpretazione della Bibbia, ma per dare senso alla
propria esperienza storica in quanto rivolta all'adempimento del regno dei
cieli. Le storie narrate nell' Antico Testamento sono figure, prefigurazioni
di storie e personaggi del Nuovo Testamento, così non solo Adamo è figura
di Cristo, che lo adempie, ma Cristo in quanto è chiamato Gesù (Giosuè) è
figurafuturorwn perché condurrà alla salvezza l'umanità come Giosué gli
ebrei; Giosuè, infatti, non Mosè ha condotto gli ebrei fuori dal desert0 69 .
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PW N 3 a, 3. GS Y. p. 579.
PW K l. 5: W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. l 13.
PW N 3 a,3: GV V, p. 579.
Cfr. PW K 1. 2; W. Benjamin, Sul concetto di storia, cit., p. l12. cfr. anche GS
Y.2., p. 1057.
E. Auerbach , Figura [1938 '] in Studi su Dante, tr. it. di M.L. De Pieri Bonino.
Feltrinelli, Milano. 1980, pp. 174-221. in parI. p. 186. Se si considera l'esame
dell ' area semantica di figu l'a in epoca precrisliana condotta da Auerbach, si vede
bene come non solo la nozione di figura può servire come modello di intelligibi lità
Walter Benjamil/: illllllagini dialettiche e schematismo storico
57
Che questa nozione di figura sia abbastanza plastica da poter andare oltre
il quadro teologico è testimoniato dal fatto che, sia essa stata intesa come
promessa di adempimento in un altro tempo storico o nel regno dei cieli,
ha certamente influenzato la percezione della temporalità storica anche al
di là della concezione medievale ed è stata vitale anche nella concezione
dell'arte 70 . In ogni caso, appartiene ad essa una distanza tra la natura irreale
della figura e la realtà del suo compimento. Il residuo di trascendenza che
porta con sé non è eliminabile.
Se qualcosa di questa dinamica è rimasta nella concezione dell'immagine storica in Benjamin, certo è stata condotta alle estreme conseguenze,
se non altro come coscienza della potenza di questo residuo. Come si è già
ricordato, Benjamin ritiene che non si possa concepire ateologicamente
la storia, ma, aggiunge, non la si può concepire neanche teologicamente. Questa indecisione è essa stessa dialettica e costituisce il più profondo
contributo di Benjamin alla comprensione delle immagini dialettiche come
struttura dello schematismo della storia.
70
della storia. Uno schematismo storico o altri modelli seman tici analog ici della
storia potrebbe avere analoga runzione mediatrice, si pensi ag li allri con'ispeuivi
greci di figura: m0l1Jhé, eidos , schema, rypos. p/asis. Cfr. ivi , p. 176.
Dante nella Commedia non si serve solo dell 'allegoria dei teologi (la relazione
figurale, teologicamente intesa), ma anche, in modo del tutto nuovo, dell'allegoria
dei poeti. Dante stesso, come personaggio della Commedia. è figura difettiva di
San Paolo e di Enea, ma in qualità di poeta politico e teologo è compiutamente
figura di Orfeo. Per stabilire ['autonomia della poesia come via indipendente alla
verità politica e religiosa, Dante deve forgiarsi una nuova concezione dell 'allegoria, né bella menzogna, né linguaggio divino, ma che conserva qualcosa di entrambe le concezioni, permettendo così di non arrestare arbitrariamente la ricerca
poetica, che così può interrogare e politica e teologia. Nella Commedia la sua
visio per somnium del mondo ullraterreno è tanto poeticamente vera da rendere
umbratile la realtà terrena; non per questo qualcuno potrebbe interpretarl a come
fuga dal mondo.