Gnomonica
Storia, Arte, Cultura e Tecniche degli Orologi Solari
Bollettino della Sezione Quadranti Solari dell’ U.A.I. – Supplemento al N°
N° 6
SPED. IN A.P. 70% FILIALE DI BELLUNO
Maggio 2000
TAXE PERCUE – TASSA RISCOSSA – BELLUNO CENTRO
In questo numero:
Francesco Di Bartolo da Buti
e la misura del tempo – La
gnomonica di Girard
Desaurgues - Un particolare
dittico d’avorio del museo
nazionale di Ravenna – Il
quadrante delle ore Ineguali
sul verso dell’astrolabio –
Orologi cilindrici a sezione
circolare – Costruzione di un
quadrante declinante per
proiezione – La Gnomonica
nel Web – Un orologio solare
su parete curvata – Più
veloce del computer… 200 anni fa? – Una meridiana cinese – Una proprietà delle
meridiane bifilari.
Redazione - Nicola Severino, Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca (FR) Italy
Phone 0776 - 56.65.08
nicola.severino@gnomonica.it
Sommario
English Summary
Editoriale
Dalle Riviste
Lettere
Mario Arnaldi, Francesco di Bartolo da Buti e la misura del tempo
Nicola Severino, Proposta di abolizione di alcuni luoghi comuni storiografici in R. Rohr.
Alessandro Gunella, La gnomonica di Gerard Desaurgues
Mario Arnaldi, Un particolare dittico d’avorio custodito nel Museo Nazionale di Ravenna
Alessandro Gunella, Il quadrante delle ore ineguali sul verso dell’astrolabio
Riccardo Anselmi, Orologi cilindrici a sezione circolare
Alessandro Gunella, Costruzione di un quadrante declinante per proiezione
Enrico Del Favero, La sfera armillare di Mario Rossero
Diego Bonata, La gnomonica nel Web
Giacomo Agnelli, Orologio solare su parete curvata
Recensioni
Curiosità: l’origine del termine “draconitico”, di A. Gunella
Riccardo Anselmi, The Royal Observatory of Greenwich
Paolo Alberi Auber, Più veloce del computer…200 anni fa?
P.A.Auber-N.Severino, Una meridiana cinese
Gianni Ferrari, Una curiosa proprietà delle meridiane bifilari
Alberto Nicelli, Dalle mailing list
La vignetta di Giacomo Agnelli
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Gnomonica, organo della Sezione Quadranti Solari dell’U.A.I. fondato da Nicola Severino nel settembre
1998.
Progetto editoriale, grafica di copertina, impaginazione
Nicola Severino
Supervisione tecnica a cura di
Alberto Cintio.
Hanno collaborato:
Giacomo Agnelli, Riccardo Anselmi , Mario Arnaldi, Paolo Albéri Auber, Diego Bonata, Alberto Cintio, Enrico
Del Favero, Gianni Ferrari, Alessandro Gunella, Alberto Nicelli, Nicola Severino, Gabriele Vanin
Redazione presso cui inviare il materiale: Nicola Severino - Via Lazio, 6 - 03030 Roccasecca Staz. (FR) -Tel.
0776 - 56.65.08
e-mail nicola.severino@gnomonica.it
Redazione tecnica: Prof. Alberto Cintio, Largo S. Maria, 1 – 63010 Altidona (AP)
Supplemento al n.
, rivista dell’Unione Astrofili Italiani
Vic. Osservatorio, 5 – 35122 PADOVA
Registrata al Tribunale di Roma al n. 413/97
Spedizione in abbonamento postale art. 2 Legge 662/96.
Autorizzazione PT filiale di Belluno.
Stampa: Tipografia Editoria DBS, via E. Fermi, 5 – 32030 Rasai di Seren del Grappa (BL)
Direttore responsabile: Franco Foresta Martin
In copertina: Orologio solare “nabatéen”, divulgato in Académie des Inscriptions & Belles-Lettres, Paris, Juin, 1907
Fu rinvenuto durante una missione archeologica in Arabia nello stesso anno. Pubblicato in Antologia di Storia della Gnomonica, N.
Severino, Roccasecca, 1995.
Edit oriale
Da Gnomonicait alia, marzo 2000
…Sono per sonalment e convint o che la r iscoper t a della gnomonica non sia f r ut t o
delle f acilit ies of f er t e dai calcolat or i, ma vicever sa del disor ient ament o e
smar r iment o in una giungla di valor i mat er iali che ha por t at o un poco t ut t i a
r iscopr ir e (si f a per dir e) "I l Medioevo", "Le musiche celt iche", "I l gust o
dell' ar abesco e del decor o" la "W ilder nesses" e così via Nev-Eggiando.
I l bisogno di cor r egger e l' at t uale sist ema basat o sui consumi e sul Per -cent o
(bast a ascolt ar e i var i bollet t ini e t elegior nali t ut t i incent r at i su PI L, BOT,
Pr odot t i più o meno lor di, Bor se e Tit oli emer gent i), giust o per r ender si cont o di
quant o la gnomonica possa esser e benef ica per l' at t uale societ à.
Ripassando i color i di una ant ica mer idiana ci si accor ge, con st upor e, che
l' ombr a si muove "da sola", e ci si r ende cont o con sgoment o che t ale
insignif icant e moviment o è il segno di una colossale danza che int er essa il
nost r o pianet a e t ut t o il Cosmo. Ci si r ende cont o che il mot or e di quest o
"or ologio a Sole" sf ugge alle nost r e manipolazioni e r isiede Lassù.
Noi possiamo solo escogit ar e sist emi più o meno sof ist icat i e "pr ecisi" per
legger e t ale segno di vit a e in quest a oper a si può esser e geniali, elegant i,
spir it osi e qualche volt a ar t ist i.
Tut t i abbiamo pr ovat o quel piacer e par t icolar e che pr ocur a la vist a e lo st udio
di un or ologio solar e ben f at t o e sapient ement e r ealizzat o che denot a la
genialit à del cost r ut t or e.
I l f at t o che i sapient i dell' ant ichit à avesser o già scoper t o le t ecniche (vedi
il libr o di Lucio Russo) non signif ica che avevano int enzione di f ar le pr evaler e
sul lor o r ispet t o per la Nat ur a a f avor e del pr of it t o necessar iament e pr ivat o.
Tr oppo f or t e er a a quel t empo il senso di osmosi col Cr eat o e la sensazione di
f ar par t e di un Tut t o ( e quest o non cer t o per le lor o limit at e capacit à).
Sugger ir ei agli gnomonist i di quest a list a la let t ur a olt r e che di t r at t at i
gnomonici di qualche libr o di J ames Hilman.
Lo st esso Fer r ar i conf essa che dopo aver ammannit o ai RAGAZZI t ut t e le sue
conoscenze t ecniche si accor ge che gli st essi si er ano solo annoiat i.
Alt r et t ant o se non peggio deve esser e successo con i cinque or ologi discor dant i.
Per f ar e t occar e con "mano" e r iscopr ir e i Fenomeni bast a f ar veder e( alzar si
pr est o per veder e l' alba o andar e dove è possibile osser var e il t r amont o),
t occar e (cost r uir e element ar i mer idiane), sent ir e (osser var e con ment e sgombr a
ed animo disponibile) il lent o pr oceder e di un' ombr a o di una macchia di luce
che non necessar iament e scandisce una misur a.
La r if lessione ed il calcolo mat emat ico ver r anno da se in un secondo t empo e
ciascuno si sceglier à a suo gr adiment o il numer o delle cif r e decimali che è
dispost o a soppor t ar e (Not evole in t al senso il numer o di cif r e decimali del
pr ogr amma di Giuseppe Zuccalà).
Quest i gli aspet t i pr at ici che occor r er ebbe pr omuover e. Quest i i soli che
possano avvicinar e le nuove gener azioni ad un' ar t e che non ha una valenza
ut ilit ar ist ica (gli or ologi meccanici o elet t r onici bast ano ed avanzano) ma solo
r icr eat iva nel senso più alt o del t er mine.
Giovanni Bellina
bmbel@tin.it
www.ragusa.net/meridiane/
ENGLISH SUMMARY
BULLETIN,
B.S.S. (gb) -
Organo della British Sundials Society
Vol. 11, N.3 ; ottobre 1999
Alexander C. Scott: “A design for a horizontal adjustable by
rotation around a polar axis”. Si abbiano due quadranti solari
orizzontali con tracciati perfettamente simili. Nel caso che
essi vengano disposti in località differenti, occorrerà che sia i
loro stili polari, come pure i piani dei quadranti, siano paralleli
fra loro. Per l’esattezza della indicazione oraria, però,
occorrerà che le graduazioni dei loro quadranti siano ruotate
una rispetto all’altra di un angolo pari alla differenza di
longitudine attorno all’asse.
Nello studio “Sundials in Anglo-Saxon England” (terza parte),
viene presentato un grafico in cui vengono evidenziate le
derivazioni e confrontati i tracciati sommari di quadranti di
chiese medioevali rispetto all’emiciclo greco-romano, con
particolare riguardo a località anglo-sassoni.
John Davis presenta :”A lightweight laser trigon for lay-out of
sundial lines”.Si tratta di una versione aggiornata, leggera e
maneggevole dello antico Sciatere, realizzata con un laser.
M. Lennon - Boyd: “La Meridiana A Millennium Project”:
Studio, disegno, modelli e realizzazione di un quadrante
sulle pareti di un’antica torre quadrata, nei pressi di Roma.
THE COMPENDIUM
Journal of the North
American Sundial Society (U. S. A.)
Vol.6, N°.2, giugno 1999
Jan H. Pretorius: “A Sundot Polar Sundial”
Descrizione di un quadrante cilindrico con asse polare e con
fori gnomonici praticati lungo le direttrici volte a Est ed
Ovest.
Allan D. Pratt: “Treatise on the Bi-Gnomonial Sundial”
Si tratta di un quadrante polare, rettangolare, piano dotato di
due tracciati sovrapposti, con relativi gnomoni , l’uno per le
ore a. m. , l’altro per le ore p. m., ai due estremi.
John Lamprey: “George Hartmann’s Moondial”
Traduzione delle pagine relative al quadrante lunare, dal V°
Libro dell’opera di G. Hartmann (1528).
Fred Sawyer : “Prostaphaeresys”
Nella sua opera, S. Foster applica in tre modi differenti il
procedimento di prostaferesi ai triangoli sferici che
determinano l’orientamento di quadranti piani generici, allo
scopo di semplificarne la soluzione.L’ A. completa la
spiegazione con esempi numerici.
F.J. de Vries, W. S. Maddux, Mac Oglesby: “Hafir and
Halazun”
Descrizione di due quadranti ad altezza orizzontali , di origine
araba.
Vol.6, N°.3, settembre 1999
W. S. Maddux, Mac Oglesby & F. J. de Vries,: “Shadow
Plane Sundials” parte I.
I quadranti considerati sono piani ed il loro gnomone è
costituito da un cordone mobile.
M. Loske: “The Equatorial Sundial At Frankfurt am Main,
Germany”
Descrizione del monumentale orologio solare costruito nel
1951 nel Nizza Park di Francoforte sul Meno, Germania.
Mario Catamo, Cesare Lucarini: “Light As Shadow –
Sundials Without Gnomons”
Gli autori, con il sostegno di altri noti gnomonisti, hanno
chiarito la relazione fra la direzione della linea di diffrazione
di un raggio solare provocata da un CD, opportunamente
orientato ed osservato, e le tre coordinate solari , azimut,
angolo orario ed altezza. Su tale base, sono stati realizzati i
tipi classici dei quadranti solari.
Fred Sawyer : “Gundlach’s Shadowless Sundials”
Robert W. Gundlach ha ideato due tipi di quadranti solari
polari (brevettati), in cui l’ora
risulta individuata dall’
immagine della scala oraria riflessa da un sistema coassiale
di anelli riflettenti. Tale sistema tende, quindi, ad identificarsi
con un CD .
Vol.6, N°4, dicembre 1999
W. S. Maddux, Mac Oglesby & F. J. de Vries,: “Shadow
Plane Sundials” parte II.
L’articolo presenta quadranti piani orizzontali , di differente
architettura quali quello di Snellegem (B), un esemplare a
gnomoni multipli, ed altri privi di linee orarie.
Gianni Ferrari: “A Sundial With Multiple Gnomons”
Vengono esaminate configurazioni diverse di quadranti dotati
di una serie di gnomoni giacenti ciascuno nel corrispondente
piano orario.Per la calcolazione, esiste un adeguato
programma, steso dall’ A.
Dominique Collin: “The Theory of a Vertical Declining Bifilar
Sundial (I)”
Approfondito esame del caso di quadranti piani verticali
declinanti con gnomone bifilare.
ANALEMA,
Boletin de la Asociacion de Amigos de
los Relojes de Sol A. A. R. S. (Spagna)
N 24, sett.- dic. 1998
Gunella: “Antecedentes del Reloj de Sol de Rodrigo
Zamorano” - L’A. dà antecedenti ricavati dall’ Apiano e riporta
inoltre i segg. :
G.Paltrinieri da O. Finné, M. M. Valdes da diversi
M. Lombardero: “Proyeccion Ortogonal de la Esfera” con
riferimento a Zamorano
M. Milenio: “La Hora en el nuevo Testamento”
Esame di
versetti del Nuovo Testamento in cui si menziona l’ora di
alcuni accadimenti
A. De Vicente: "Gnomonica Vectorial" Cap. V Continuazione
.
N.25, genn.- apr.1999
Manuel M. Valdés e Anne S. Goddio von Bomhard: “Estudio
sobre los màs antiguos relojes de sol egipcios, uno de ellos
de la epoca de thutmosis III (1500 a.C.)” Storia, descrizione e
analisi di due orologi solari conservati nel Museo Statale di
Berlino.
Jordi Aloy i Doménech: “Un reloj de sol para el planeta
Marte” - Descrizione di un piccolo quadrante solare
orizzontale specialmente realizzato per la missione Mars
Surveyor 2001.
M. M. Valdés: “Giro de un reloj horizontal” - Calcolo ed
esempio di come si altera l’indicazione di un quadrante
solare orizzontale che venga ruotato di un certo angolo
rispetto ad un asse verticale
LA BUSCA DE PAPER
Heinz Siegmund: “Optische Signalsonnenuhren”
Impiego della rotazione terrestre per effettuare la misura
della durata di un fenomeno mediante lo spostamentto
apparente del sole.
Karl Schwarzinger: “Altägyptische Sonnenuhren (“. Teil)”
Descrizione di due orologi solari dell’Antico Egitto conservati
nel Museo di Arte e Storia di Bruxelles.
JAHRESSCRIFT 1999 Organo della Deutsche
Gesellschaft fü r Chronometrie Band 38
Armin Zenner:”Die Sonnenuhr des Gerbert von Aurillac”
Questo religioso e astronomo (divenne Papa Silvestro II nel
X° Sec.) eresse un orologio solare azimutale di cui viene
esaminata la calcolazione
Gotthold Richter-Elsfleth: “Das Nocturlabium, eine Sternuhr
zur Bestimmung der Zeit waerend der Nacht”
Cosa è,come si costruisce e si usa l’orologio notturno
sidereo.
Theodor Kö rner : “ über die Datumslinien von horizontalen
und inklinierenden Sonnenuhren”
Espressioni matematiche delle linee diurne dei quadranti
orizzontali o inclinati.
Siegfred Wetzel: “Sonnenuhr und Mathematik”
Aspetti matematici dei quadranti solari: quadranti con stilo
polare; quadranti di J. Ozanam; quadranti con gnomone e
bifilari..
Siegfred Wetzel: “Sonnenuhr und Selbstorientierung”
Condizioni necessarie per un quadrante
autorientabile
doppio
Rudolf Lö sel: “Wie kam Regiomontanus zu dem Entwurf des
Uhrentaefelchens?”
La trigonometria piana e sferica usata dal Regiomontano
Butletìn de la Societat
Catalana de Gnomonica. S. C. GN: (Spagna)
Iwan Kahn: “Sonnenuhren aus Glas”
Esempi di quadranti in vetro
N. 34, maggio – agosto 1999
V R. Soler i Gaià : “Un Recorregut Gnomonic per l’Illa de de
Mallorca”
Per l’occasione di una riunione di gnomonisti alle Baleari,
viene offerta una rassegna fotografica di quadranti delle
Isole.
Reinhold Lutsch: “Sonnenuhr mit Fernanzeiger”
Interessante realizzazione di quadrante fotoelettrico con
lettura a distanza.
J. M. Vallhonrat : “Els Lemes dels Rellotges de Sol: Proposta
per una Classificaciò i Codificaciò”
I motti dei quadranti solari: proposte per una classificazione e
codifica.
M.Vitruvio Pollione :”De Architectura (VI)” Segue il Cap. VIII
ed ultimo.
RUNDSCHREIBEN
Societas Austriaca G. S. A.
N. 18 , novembre 1999
Organo della Gnomonicae
Geometri,
Cassa Italiana Previdenza e Assistenza,
Notiziario Liberi Professionisti, anno XXXVI, 3/1999 pp. 9-14
Gianni Cornacchiari, ci ha gentilmente inviato una fotocopia
di un suo articolo comparso in questa rivista, intitolato Impara
l’arte e mettila da parte. Lo stesso Gianni, nella sua lettera,
avverte “quanta nuova attenzione l’opinione pubblica stia
manifestando per la nostra arte (la gnomonica) in questi
ultimi tempi”. E’ vero, il fascino degli orologi solari prende
proprio tutti e le belle immagini di meridiane recentemente
realizzate dall’autore e pubblicate nell’articolo, ne sono una
ulteriore prova.
ANCORA SULLE FOTOGRAFIE DEL SOLE ECLISSATO SULLE LINEE MERIDIANE
Let t er a di Gianni Fer r ar i, Modena
Ho letto con molta partecipazione sul numero 5 di GNOMONICA l'articolo sulle fotografie all'Eclisse dell'11 Agosto 1999 riportante i
vari messaggi che si sono succeduti sulla Mailing List "GnomoinicaItalia" e, dopo questa interessante lettura, mi sento di dover
aggiungere qualche nota per completare le informazioni e per attribuire correttamente le priorità.
I Messaggi
Nella lista di messaggi che sono stati scambiati in Internet mancano, forse complice il periodo estivo, quelli, a mio avviso abbastanza
importanti , che hanno preceduto il fenomeno.
Il primo messaggio è quello del 21 Luglio 1999 inviato alla Sundial Mailing List (in inglese) dall'appassionato americano Mark
Gingerich. In esso Gingerich faceva osservare le opportunità per gli Europei di fotografare il Sole eclissato in una delle meridiane
costruite nelle chiese e ricordava un fotografia del fenomeno pubblicata nel 1974.
Questo messaggio veniva subito tradotto dal sottoscritto ed inviato, sempre il 21/7, alla Lista italiana invitando gli interessati a
prenderne nota e ad inviare le future immagini alla lista.
Il 22 e il 28 Luglio Andrea Costamagna e Giovanni Paltrinieri inviavano anche essi messaggi alla Lista associandosi all'invito.
Non è quindi esatto affermare che nessuno sapeva dell'evento e che "alcuni gnomonisti si sono mossi indipendentemente"i : so con
sicurezza che almeno 3 degli amici che hanno immortalato il Sole eclissato hanno preso "l'input" dai messaggi di cui sopra.
La priorità
Come era ricordato nel messaggio di Mark Gingerich del 21/1999
- e anche in quello di Giovanni Paltrinieri - il fenomeno era già
stato fotografato e l'immagine pubblicata sul numero del
Novembre 1974 della prestigiosa rivista americana Sky &
Telescope .
Alla pag. 299 di questa rivista si trova infatti la fotografia in
bianco e nero, che riporto a lato , fatta dal Sig. ARMANDO
CHIARINI nella chiesa di S. Petronio a Bologna durante l'eclisse
del 30 Giugno 1973.
La fotografia è accompagnata da una lettera dell'astronomo
americano Owen Gingerich (padre di Mark)
Non occorre ricordare che nel lontano 1974 non esistevano
riviste specializzate in gnomonica e i rari articoli su questo
argomento erano pubblicati sulle (pochissime) riviste di
astronomia.
Il fenomeno astronomico
Per curiosità ho esaminato le caratteristiche di tutte le eclissi di
Sole nel periodo di 80 anni dal 1950 al 2029 per cercare in quali
occasioni sia stato o sarà possibile vedere l'immagine del Sole eclissato sulla linea meridiana. Ho limitato la mia ricerca all'Italia .
Riassumo i risultati trovati informa di tabella.
Numero Eclissi di Sole
177
Eclissi visibili in Italia (o in parte dell'Italia)
33
Eclissi adatte ad essere osservate in una meridiana a camera oscura - cioè eclissi nelle quali l'istante del mezzogiorno locale
(di Bologna) cade all'interno della durata del fenomeno
7
Eclissi "in parte" adatte ad essere osservate in una meridiana a camera oscura - Eclissi nelle quali l'inizio o il termine del
fenomeno cade entro circa mezza ora dal mezzogiorno locale (di Bologna)
4
In media l'evento che ci interessa accade quindi circa ogni
11 anni
Date delle Eclissi "adatte"
22/09/1968
29/03/2006
30/06/1973
25/10/2022
29/04/1976
29/03/2025
11/08/1999
Date delle Eclissi meno "adatte"
01/09/1951
02/10/1959
30/06/1954
04/12/1983
Dell'Eclisse del 30 Giugno 1973 si conosce la fotografia fatta dal Sig. Armando Chiarini
Dell'Eclisse dell'11 Agosto 1999 si conoscono le fotografie fatte da Bellina, Catamo, Righi, Tonello.
Delle Eclissi del 1968 e del 1976 non si conoscono a tutt'oggi fotografie
Le circostanze del prossimo evento (Eclisse del 29 Marzo 2006) sono le seguenti:
inizio 10h 32m ; massimo 11h 37m ; fine 12h 43m Tempo Medio Europa Centrale;
alla latitudine di Bologna il Sole sarà coperto per il 53%
NOTE
A. Bisogna osservare che gran parte delle eclissi visibili permettono di osservare il fenomeno della "mezzaluna" sul quadrante in
orologi solari a riflessione (con specchietto) e con gnomone "a foro" purché si abbia l'accortezza di restringere opportunamente
il diametro dello specchietto o del foro.
B.
Sarebbe interessante una ricerca di vecchie fotografie dell'evento (in particolare di quelle scattate nelle date riportate) su riviste
italiane o straniere. Invito chi può accedere facilmente a una biblioteca astronomica fornita (ad es. presso Associazioni Astrofili)
a farsi promotore di questa iniziativa.
Ringrazio Gianni per l’attenzione e la completezza di informazioni che è riuscito a darci. Mi addosso la colpa di non essere stato
attento ai messaggi della lista, sebbene il mio scritto era una presentazione e non una ricerca in merito. Ho redatto il pezzo con
l’enfasi di chi ha vissuto questa ultima magica eclissi di fine millennio, e proprio per lo stupore che la maggior parte ha manifestato
guardando le foto della copertina del numero 5 di Gnomonica, mi viene solo in mente, a mia discolpa, il motto di Goethe “Ogni buona
idea è gia stata pensata, occorre pensarla un’altra volta”!
Nicola Severino
L'orologio Francese e il metodo detto DI ZARBULA per trovare la declinazione del muro
Let t er a di Alessandr o Gunella, Biella
Come not o, Giovanni Fr ancesco Zar bula, o Zer bola, er a un decor at or e e cost r ut t or e di or ologi solar i
piemont ese, pr obabilment e or iginar io di una localit à int or no a Viver one, che ha lavor at o molt o nella
Savoia, all’epoca non ancor a appar t enent e alla Fr ancia, cost r uendo cir ca 60 or ologi in una zona compr esa
f r a Gap, Gr enoble e l' at t uale conf ine con l' I t alia, in un per iodo che va dal 1832 al 1870 cir ca. Q ualche
suo or ologio si t r ova anche in valle di Susa.
Egli cost r uiva solo il gener e di or ologio t ipico "Fr ancese", car at t er izzat o dalla pr esenza delle sole linee
or ar ie, event ualment e, ma non sempr e, int egr at e dalla equinoziale. Si t r at t a di or ologi int r odot t i in
Fr ancia per gli uf f ici pubblici: molt o semplici, poco "scient if ici", nella lor o semplicit à, ma per f et t ament e
int egr at i nella lor o ef f icacia, al f ine di def inir e or ar i di lavor o, scadenze gior nalier e, ecc.. Sopr at t ut t o
leggibili da t ut t i.
I l met odo di t r acciament o impiegat o da Zer bola è st at o ampiament e st udiat o dai nost r i colleghi
f r ancesi, sulla base del r ipet er si delle t r acce gr af f it e sul mur o, per cui è possibile aver e la sequenza
delle oper azioni, una per una. E’ un met odo che non ha molt o di "or iginale", ma pr esent a una par t icolar it à
didat t icament e valida, che pot r ebbe venir e ut ile anche oggi. E’ la scoper t a dell’acqua calda, ma è acqua
di buona qualit à.
Le oper azioni eseguit e sulla par et e er ano par t icolar ment e semplif icat e dal f at t o che egli oper ava ad
una lat it udine var iabile da 44°40' a 45°10' , per cui, con suf f icient e appr ossimazione, egli assumeva
sempr e 45°. I l met odo è per ò applicabile per qualsiasi lat it udine.
La t ecnica per la cost r uzione delle linee or ar ie adot t at a da Zer bola è quella gr af ica, der ivat a dal
r ibalt ament o del piano dell’or ologio equat or iale int or no all’equinoziale, not a a t ut t i gli sciat er ici, anche a
quelli alle pr ime ar mi, e quindi non ne t r at t iamo. Per la individuazione della declinazione della par et e,
egli si ser viva di una piacevole var iant e del cosiddet t o "cer chio indù", che gli dava dir et t ament e
sost ilar e ed equinoziale, senza f ar e calcoli e senza l’aiut o di st r ument i; var iant e t ecnicament e cor r et t a,
ma non molt o not a, che è in sost anza quant o voglio illust r ar e.
E’ necessar io in quest a sede che io r ingr azi il Sg. Gagnair e, gnomonist a e r icer cat or e lionese, che mi ha
f or nit o t ut t e le possibili inf or mazioni su Zar bula/ Zer bola e i suoi met odi.
LA RI CERCA DELLA SOSTI LARE E DELLA EQUI NOZI ALE.
Si inser isca nel mur o uno st ilo
pr ovvisor io PS, per pendicolar e alla
par et e: poi, cent r o in P, si t r acci un
ar co di cer chio ab (o meglio, più ar chi).
Dur ant e la gior nat a si t r ovi dove
l' ombr a del ver t ice S dello st ilo
at t r aver sa il cer chio, det er minando A
e B. La r et t a AB sar à la dir ezione
dell' equinoziale, e la r et t a PM,
per pendicolar e ad AB (per P, ma non
necessar iament e), la sost ilar e.
Q ualcuno r it iene che per miglior ar e la qualit à dei r isult at i sia meglio lavor ar e vicino ai solst izi, per ché il
sole mant iene una declinazione quasi cost ant e per alcuni gior ni. Ciò non è st r et t ament e indispensabile,
come vedr emo. Occor r e invece una cer t a esper ienza per t r ovar e l' ar co di cer chio più conf acent e alla
par et e e all' or ologio da cost r uir e: nor malment e se ne disegna un cer t o numer o, di r aggio var iabile f r a
una e t r e volt e la lunghezza PS; la r ipet izione delle oper azioni su var i cer chi f or nisce una f or ma di
ver if ica della cor r et t ezza dei r isult at i. L' essenziale è che le int er sezioni siano segnat e nello st esso
gior no.
I l pr incipio t eor ico della cost r uzione è element ar e: comunque sia declinant e la par et e, possiamo sempr e
immaginar la t angent e in qualche punt o della super f icie della t er r a, dove ci sar à ovviament e un mer idiano
locale, r ispet t o al quale l' ombr a del ver t ice dello st ilo pr ovvisor io t r accer à una cur va gior nalier a, in
gener e una iper bole, con due br acci simmet r ici.
L’idea della t r asposizione su un alt r o punt o della t er r a è illust r at a in un libr o del Blaeu (De usu globor um
et sphaer ar um ecc – 1640 Amst er dam, edizione lat ina di un pr ecedent e t est o edit o in Olandese), ma
dubit o che il Blaeu sia st at o il pr imo ad aver e t ale idea, e sopr at t ut t o dubit o che il "nost r o" conoscesse
il t est o del Blaeu.
Se si t r accia dunque sulla par et e un cer chio (che, chissà per ché, si è pr eso l' abit udine di chiamar e
cer chio indù) di r aggio adeguat o: esso at t r aver sa l' iper bole in due punt i simmet r ici, che det er minano
una r et t a per pendicolar e al mer idiano locale di quella ipot et ica localit à, e dunque è par allela alla
equinoziale. Le due per pendicolar i così t r ovat e sulla par et e divent ano per noi sost ilar e ed equinoziale.
I l vant aggio di quest a condot t a consist e nel f at t o che si sono det er minat i dir et t ament e dei par amet r i
essenziali per la cost r uzione dell' or ologio, senza misur ar e l' angolo di declinazione del mur o. Ai due dat i
bast a aggiunger e la lat it udine ed il gioco è f at t o.
Ho cer cat o la possibile ent it à dell’er r or e (mat emat ico, dovut o esclusivament e alla var iazione del la
declinazione solar e, senza t ener e cont o di f at t or i molt o impor t ant i quali scar sa def inizione dell’ombr a
ed er r or i di gr af icismo) nella det er minazione della linea sost ilar e se si oper a dur ant e t ut t o l’ar co
dell’anno, anziché ai soli solst izi; non st o a tediar e i let t or i sui cont i che ho f at t o, del r est o assai
element ar i: per lat it udini int or no ai 45°, se la declinazione del mur o non è t r oppo elevat a (essa r iduce la
lat it udine f it t izia dell’or ologio or izzont ale di r if er iment o, e quindi cambia le pr emesse del calcolo), e
per un ar co di t empo f r a i punt i A e B par i a cir ca 6 or e, l’ef f et t o della dif f er enza di declinazione del
sole dà un er r or e massimo nella det er minazione della declinazione della par et e par i a cir ca 12’, che si
ver if ica quando si oper a una t r ent ina di gior ni pr ima o dopo il solst izio est ivo: er r or e più che
accet t abile, per un or ologio da par et e.
Q uindi la pr escr izione, di oper ar e solo vicino al solst izio est ivo, pur giust a, appar e un poco t r oppo
pr udenziale. For se sar ebbe il caso di sugger ir e di oper ar e addir it t ur a int or no agli equinozi, quando
l’er r or e mat emat ico è inf er ior e, e l’ombr a è più net t a. Sar ebbe ancor più net t a int or no al solst izio
inver nale, ma gli at t r aver sament i iper bole/ cer chio r isult ano poco def init i.
Ho avut o modo di t r ovar e una "quasi cer t a" applicazione di t ale met odo nelle oper azioni di r est aur o
dell’or ologio solar e sit o sul campanile del Duomo di Susa: non si conosce l’aut or e dell’or ologio, che
pot r ebbe esser e pr opr io Zer bola, ma molt o pr obabilment e è st at o un suo mediocr e imit at or e: sullo
spigolo a sinist r a di chi guar da, in alt o, sono st at i gr af f it i alcuni semicer chi (r aggio massimo, cir ca 25
cm), e il lor o cent r o è un f or o più pr of ondo del necessar io, pr obabile alloggiament o del f also st ilo
per pendicolar e alla par et e; è st at o possibile individuar e due punt i gr af f it i sul cer chio più est er no:
unendoli, si ot t iene una linea par allela ad un’alt r a linea esist ent e sul quadr ant e ver o e pr opr io, che
"pot r ebbe esser e" la equinoziale. Disgr aziat ament e alt r e r icer che condot t e parallelament e (or a
dell’illuminazione a luce r adent e, angolo dello gnomone r ispet t o alla par et e, posizione dei r esidui di linee
or ar ie, r ilevament o della ver a declinazione con met odi più sof ist icat i, quale l’uso di un t eodolit e
elet t r onico e il collegament o del r ilievo ai punt i t r igonomet r ici della zona) non concor dano se non
vagament e con quest o element o: pr obabilment e l’uso di cer chi t r oppo piccoli, o l’est ensione a t ut t a la
par et e di un dat o r icavat o in scala r idot t a, pur t eor icament e lecit o, pr esent a in pr at ica molt e pecche.
La scala r idot t a r ichiede una cur a par t icolar e nel disegno dei cer chi, nella posa dello gnomone, nel
r ilevament o dei punt i d’ombr a e delle int er sezioni, cur a che non è st at a usat a nel caso specif ico.
I ncident alment e osser vo che er a uso di Zer bola disegnar e degli animali – in par t icolar e il gallo – nei due
angoli, in alt o, dei suoi quadr ant i. Nel caso di Susa qualche t r accia r esidua f a pensar e che l’aut or e abbia
mascher at o il cer chio indù pr opr io con una f igur a di gallo: essa non è st at a r ipr ist inat a, per
l’opposizione del f unzionar io della Sopr int endenza, che non ha r it enut o vi f osser o suf f icient i indizi a
giust if icazione del r ipr ist ino.
X° SEMI N ARI O N AZI ON ALE DI GN OMON I CA
L’Unione Astrofili Italiani - Sezione Quadranti Solari organizza il X° Seminario Nazionale Italiano di Gnomonica nei giorni 6, 7 e 8
ottobre 2000 a S.Benedetto del Tronto (AP) presso l’albergo RELAX via Tibullo 2 (lungomare).
Gli interessati a partecipare dovranno inviare entro il 10/9/2000 a Francesco Azzarita ( Via Fanelli 206/M, 70125 BARI , tel.: 0805021355, e-mail: azzarita@libero.it) una breve comunicazione scritta di iscrizione anche a mezzo posta elettronica, specificando le
proprie generalità (n. telefonico ed eventuale indirizzo di e-mail compresi) ed allegando, preferibilmente a mezzo vaglia postale,
ovvero sul c.c.p. n. 12092706 intestato a Francesco Azzarita, la somma di £ 40000 per contributo alle spese organizzative e di
stampa/spedizione degli Atti. Eventuali variazioni di costi per detti Atti saranno comunicate in sede di Seminario.
Gli iscritti alla UAI per il 2000 sono esentati dal contributo, ma pregati di dichiarare tale loro qualifica nella lettera di iscrizione. Si
precisa che, senza l’iscrizione formale al Seminario con la comunicazione di cui sopra, gli iscritti stessi non potranno
ricevere gli Atti del Seminario a titolo gratuito.
Gli interessati alla presentazione di relazioni sono pregati di far pervenire a mezzo posta ordinaria o elettronica sempre a Francesco
Azzarita :
entro il 31/7/2000 il titolo della relazione ed un riassunto (estratto) della stessa per un massimo di 5 righe di testo secondo gli
standard dell’allegato.
entro il 31/8/2000, la relazione, anch’essa redatta secondo gli stessi standard, ed esclusivamente, salvo casi eccezionali da
concordare in anticipo, su supporto informatico allegato di e-mail o dischetto. L’invio della memoria dovrà essere di norma
accompagnato per motivi di sicurezza anche da una copia a stampa. Detta copia a stampa, redatta in edizione definitiva e
pronta per la riproduzione negli Atti, è indispensabile nel caso la relazione contenga figure, fotografie o altri elaborati grafici che
dovranno risultare tutti chiaramente leggibili e riproducibili.
Si segnala che, dato l’alto numero di memorie normalmente presentato negli ultimi Seminari e anche sulla base dei risultati di un
sondaggio sull’argomento condotto fra gli gnomonisti italiani nell’autunno 1999, la società organizzatrice invita ciascun autore a
presentare al Seminario un massimo di 2 memorie. L’autore stesso dovrà poi prevedere di limitare il tempo del suo intervento in
auditorium (dell’ordine attualmente prevedibile di 20-25 minuti) alla illustrazione di una sola, a sua scelta, delle memorie presentate,
con un eventuale breve cenno anche all’altra. Quanto sopra anche per consentire opportuni spazi per un breve dibattito a valle della
relazione e per le attività collaterali del Seminario ivi compreso l’esame di auspicate possibili candidature per la sede dell’XI°
Seminario della primavera 2002. Naturalmente gli Atti del Seminario comprenderanno tutte le memorie, comprese quelle non
illustrate in auditorium dagli autori
L’albergo RELAX è dotato di camere tutte con bagno, di aria condizionata, giardino, piscina e parcheggio, di una sala per
conferenze con i principali mezzi audiovisivi, di una saletta per computers, etc.
E’ stato concordato con la Direzione dell’albergo RELAX un trattamento di pensione completa di £ 60.000 per persona e giorno per
camere occupate da due o più persone, maggiorato a £ 75.000 in caso di camera occupate da una sola persona. L’eventuale
pasto aggiuntivo verrà addebitato a £ 15.000. La mezza pensione è stata concordata a L. 55.000.
Si consiglia gli interessati di prenotare direttamente l’alloggio presso l’albergo (tel. 0735/780751 da maggio a settembre e
0861/760338 da gennaio a maggio, fax 0735/780754) il più presto possibile specificando il periodo di permanenza e inviando, a
mezzo vaglia o in altro modo da concordare direttamente con l’albergo, una caparra confirmatoria per 1 giorno di pensione completa
(i lavori del Seminario inizieranno alle 15 di venerdì 6 ottobre per terminare con il pranzo di domenica 8 ottobre)..
Eventuali attività promozionali di prodotti/servizi saranno ammesse, con preavviso delle loro caratteristiche, solo agli iscritti al
Seminario e dovranno naturalmente avvenire nel rispetto delle norme vigenti in materia.
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Logistica: don Alberto Cintio, L.go S.Maria 1, 63010 Altidona (AP), tel.0734/932744, e-mail ferroni.g@sapienza.it
Segreteria: Enrico Del Favero, Via Lambro 2, 20129 Milano, tel. 02/29526746, e-mail delfa.e@iol.it
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Francesco Azzarita
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Francesco di Bartolo da Buti e la misura del tempo
Mario Arnaldi, Ravenna
L'autore propone un'analisi di un interessante brano di Francesco da Buti sul computo temporale medievale; lo studio di questo
documento potrebbe fornire importanti risposte riguardo il disegno di alcuni orologi solari canonici.
Molti autori contemporanei al sommo Poeta del trecento italiano, Dante Alighieri,
tentarono di commentarne l'Opera sua più eccelsa: la Divina Commedia. Non tutti,
però, riuscirono a realizzare interamente il loro lodevole intento, come invece fece
Francesco di Bartolo da Buti. Giovanni Boccaccio (1313 - 1375) si fermò già alla
prima parte del poema, a soli diciassette canti dell'Inferno. Altri, come gli stessi figli
del Poeta, Pietro e Jacopo Alighieri, o Benvenuto Rambaldi da Imola (1338 - 1390)
non ottennero un risultato completo come quello del Da Buti, che scrisse un ottimo
Commento integrale in lingua volgare. Francesco da Buti (fig. 1) nacque, come dice
il suo nome, a Buti in provincia di Pisa nel 1324 e compì i suoi studi nell'Università di
quella città. Studi che gli valsero la cittadinanza pisana. Tale fu la sua fama di
letterato e uomo dotto in molte discipline dello scibile umano che non ancora
ventiquattrenne fu eletto senatore del consiglio segreto della repubblica, dove in
seguito coprì la carica di magistrato, cancelliere e notaio. Fu Dottore nella stessa
Università che frequentò da giovane. La sua cattedra fu forse quella a lui più
congeniale: grammatica.
Finì di scrivere il suo Commento alla Divina Commedia nel giugno del 1385, ma fu
realmente compiuto solo dodici anni più tardi. Egli morì il 25 luglio del 1406, ed il suo
corpo fu sepolto nel chiostro del convento dei francescani di Pisa, ove egli era stato
terziario.
Il suo Commento a Dante, sebbene conosciuto dagli studiosi, fu però pubblicato solo
Fig. 1 : Ritratto di Francesco di Bartolo da Buti
cinque secoli più tardi, e forse non ottenne neppure il riconoscimento meritato. Ma
per noi che di gnomonica e storia del tempo ci interessiamo, la sua opera presenta alcuni punti di vera attrazione. In particolare
vorrei fare notare il passo relativo al commento delle prime terzine del canto quindicesimo del Purgatorio.
Dante Alighieri, lungo il suo viaggio poetico nei tre luoghi ultraterreni, Inferno, Purgatorio e Paradiso, molte volte illustra al lettore la
situazione del momento con espressioni legate al sistema orario dell'epoca, e non ci è difficile trovare le spiegazioni dei vari passi
anche su un semplice libro scolastico. Anche il Da Buti, ovviamente, propose le sue interpretazioni, ma nelle terzine del
quindicesimo canto del Purgatorio, egli si lanciò in una esplicazione più approfondita del dovuto, fornendoci così un prezioso brano
di conoscenza astronomica dell'epoca.
Ecco i versi scritti dall'Alighieri:
Quanto tra l'ultimar de l'ora terza
e 'l principio del dì par de la spera
che sempre a guisa di fanciullo scherza,
tanto parea già inver la sera
essere al sol del suo corso rimaso:
vespero là, e qui mezza notte era.
In parole più semplici: nel purgatorio, nel momento a cui l'autore del poema fa riferimento, il sole si trovava, sulla sfera celeste, alla
stessa distanza dal suo tramonto quanta ce n'è dall'alba fino all'ora terza (Quanto tra l'ultimar de l'ora terza e 'l principio del dì... tanto
parea già inver la sera essere al sol del suo corso rimaso); era, come Dante stesso dice, e com'egli spiega bene anche nel Convivio,
l'ora del vespro.1 In Italia, invece, luogo in cui l'Alighieri si accinge a scrivere i suoi versi, era in quello stesso momento mezzanotte
(vespero là, e qui mezza notte era).
Il nostro commentatore, però, non pago di una così comune spiegazione, si prodigò ad esporre un computo orario ecclesiastico
formulato su basi, tuttavia, diverse da quelle forniteci dall'Alighieri stesso nel suo Convivio. Ecco come si esprime Francesco da Buti
nel commento del passo citato.
"In questi cinque ternari lo nostro autore descrive lo tempo, e manifesta l'accidente che li avvenne, dicendo: Quanto;
cioè spazio, tra l'ultimar; cioè tra il finire, dell'ora terza; che 'l Sole è montato suso dall'orizonte in alto infine al punto
dove si dice Tersa (Terza), perché è la tersa parte de lo spazio che è dall'orizonte in fine al più alto luogo che monti
lo Sole, che è mezzo di'."
1 Secondo questi versi, Vespro è posto tre ore prima del tramonto, cioè alla nona ora, e a quest’ora, dice Dante nel Convivio,
suonava la campana di Vespro. Vedi M. Arnaldi, “Orologi solari dipinti nel chiostro del convento del convento di San Domenico a
Taggia”, Gnomonica, 4, gennaio 2000. Dante Alighieri, Convivio, tratt. IV, XXIII, 14-16.
Strana – e forse discutibile, a parere mio – l’etimologia della funzione di Terza. In poche parole Da Buti scrisse che quell'Ora così si
chiama non perché sia la terza ora del dì, ma perché è la terza parte dello spazio temporale che corre fra l'alba ed il mezzogiorno.
Questa sua affermazione prelude ad una più accurata spiegazione della divisione del giorno, al tempo in cui viveva l'autore.
Divisione che Dante affermò più volte essere quadripartita, ovvero in ottavi. Il Da Buti sostiene, invece, la divisione giornaliera
esapartita,2 e così prosegue:
"Et a volere vedere questo, dobbiamo sapere che lo nostro emisperio è diviso in sei parti eguali, incominciando da
l'orizonte orientale e finendo all'orizonte occidentale sì, che montando lo Sole la prima parte, fa Tersa; la seconda,
Sesta; la tersa Nona e siamo al mezzo: poi incomincia a discendere, e sceso la prima parte, fa mezzo vespro; la
seconda fa Vespro; e la tersa, sera; e chiamasi tersa perché l'emisperio è distinto in parti 6 uguali; e così l'altro
ancora; e fanno 12".
Sei ore il giorno, e altre sei la notte; una divisione oraria inconsueta ma riconoscibile in molti orologi solari medievali. Ma il dotto
professore non si fermò lì, e proseguì.
"le quali (12 parti) segnerò per numeri ternari infine a 36, incominciando da esso e poi pilliando 3 et adiungendo poi
ad ogni parti 3: imperò che 12 segni sono, che 6 nascono lo dì e 6 la notte, unde l'altezza de l'orizonte orientale ch'è
da 36 a 3 ch'è uno segno che si chiama Tersa; et a 6, Sesta, et a 9 fa Nona, e desceso dal nono al XII fa mezzo
vespro, e poi al XV fa Vespro; e poi al XVIII, venuto a l'orizonte fa sera.
Et acciò che mellio s'intenda, descriverò uno emisperio in 6 parti eguali partito, come appare ne lo spazio, et
adiungeròvi l'altro, perché si vedano tutti li sesti che sono nell'uno e nell'altro, e così verrà la spera tonda, com'è
posta di fuore ne lo spazio ". (fig.2)
Fig. 2 : Per gentile concessione della Biblioteca Laurenziana di
Firenze.
L'autore qui non dice di più; non ci rivela, per esempio, quale
sia l'origine di una tale divisione diaria. Tuttavia dalle sue
parole si comprende chiaramente che si trattava di una
suddivisione temporale di tipo esclusivamente canonico, che
si venne a creare con il tempo, e quindi, uno degli ultimi
sistemi di misura ecclesiastico prima della definitiva
scomparsa del computo temporale per mezzo delle ore
ineguali.3 Infatti, in altri brani dello stesso commentario,
Francesco da Buti usò le classiche ore temporarie, soprattutto
quando al spiegazione doveva essere più scientifica (vedi ad
es. Parad. XXX, 1). Probabilmente il sistema a sei divisioni era
anche utilizzato in alternativa a quello quaternario ovvero
ottonario descritto da Dante.
Vorrei ricordare che le ore canoniche non devono in alcun
modo essere confuse con quelle temporarie o ineguali. La
differenza fra i due tipi, però, non risiede, come molti pensano,
nell'utilizzo da parte della Chiesa di solo alcune di esse, ma
nella fissità delle une e nella estrema mobilità delle altre. Le
ore ineguali, infatti, misurano il tempo, mentre quelle
canoniche indicano soltanto il momento della preghiera,
secondo i vari periodi dell'anno e secondo i tempi liturgici.
Queste ultime, pur mantenendo l'antico nome dell'ora
temporaria a cui facevano riferimento, potevano trovarsi in
punti diversi del quadrante orario, secondo le varie
consuetudines.
Continuando nella lettura del commento di Francesco da Buti, allorché l’autore spiega l'immagine dantesca del mondo in
quell’istante, altri particolari si aggiungono al disegno dei due emisferi celesti.
"E però dice l'autore: Quanto spazio è dall'orizonte orientale dov'è posto 36 all'ultimo de la Tersa, dov'è posto 3,
tanto era sceso nell'altro emisperio lo Sole inverso l'occaso dell'altro emisperio, che è a l'oriente sì ch'era giunto lo
Sole a 33 sicché così era, come quando è ad ivi al 15 che è Vespro... imperò che lì li spazi sono eguali in ciascun
emisperio". Poi ancora: "Tanto; cioè spazio parea già in ver la sera; cioè in verso l'occaso, Esser al Sol del suo corso
rimaso; cioè un sesto".
2 Stiamo chiaramente riferendoci al giorno artificiale, cioè, a quel determinato periodo di tempo in cui il sole viaggia sopra l'orizzonte.
Quest'arco diurno era diviso dagli antichi in dodici ore o spazi temporali.
3 Per lo spostamento sul quadrante delle varie ore canoniche nei secoli, vedi il mio precedente articolo, “Orologi solari dipinti nel
chiostro del convento dei frati Domenicani a Taggia”, Gnomonica, 4, 1999.
Il commentatore finisce con la spiegazione della mezzanotte a Roma.
"...Et ad intendere questo debbiamo notare la finzione dell'autore, ch'elli finse di sopra che 'l monte del purgatorio sia
nel mezzo per opposito a Gerusalemme; unde a quello luogo la linea diametrale de l'emisperio che fa orizonte è 36 e
18, e 'l Sole era in su la linea 33 e 15, che fa Vespro di là lo 33, e di qua lo 15 a chi fusse in opposito al purgatorio;
ma noi siamo al centro de la spera, u'è la Tersa in tale sito che la linea diametrale, che è lo nostro orizonte conviene
essere 6 e 24, sicché quando lo Sole serà a la linea 6, incominci a fare lo di' ".4 (fig.3).
Frammentate in vari testi del passato si trovano,
comunque, altre indicazioni che sembrano
confermare le parole del nostro commentatore.
Già sappiamo con certezza che la Nona si
recitava a mezzogiorno, quindi, è facile intuire
che la recita di Sesta fosse anticipata fra la
Terza (recitata alla seconda ora del giorno) e la
Nona (alla sesta ora del dì), cioè attorno alla fine
della quarta ora, come scrive Francesco da Buti.
Sappiamo, altresì, che l'ora del pranzo veniva
subito dopo la Messa, fra Sesta e Nona; e molte
indicazioni sull'ora del prandium, contenute nei
testi antichi, ci portano a considerare la fine
dell'ora quinta come la più idonea allo scopo.
Boccaccio così scrisse nell'ottava novella della
quinta giornata del Decameron:
"Ed essendo già passata presso che la
quinta ora del giorno, ed esso [Nastagio
degli Onesti] bene un mezzo miglio per
la pigneta entrato, non ricordandosi di
mangiare, né d'altra cosa...".5
Nell’introduzione della prima giornata i
commensali si incontrano a banchetto dopo
Terza e così avviene per tutte le dieci giornate.6
Fig. 3 : Meccanica degli emisferi danteschi, secondo Francesco da Buti.
E nell’introduzione alla quarta giornata:
“Cacciata aveva il sole del cielo già ogni
stella e della terra l'umida ombra della notte ... e l'ora del mangiar venuta, quivi desinarono ... E da dormire, essendo
il sole nella sua maggior sommità, levàti, nella maniera usata vicini alla bella fonte si posero a sedere”.
Nell’introduzione all’ottava giornata si legge:
“Già nella sommità de'più alti monti apparivano la domenica mattina i raggi della surgente e... manifestamente le
cose si conosceano, ... e poi in su la mezza terza una chiesetta lor vicina visitata, in quella il divino officio
ascoltarono (cioè la messa di Terza); e a casa tornatisene, poi che con letizia e con festa ebber mangiato, cantarono
e danzarono alquanto, e appresso, licenziati dalla reina, chi volle andare a riposarsi potè”.
A Nona, quando il sole ha “già passato il cerchio di meriggio”, si sveglieranno e andranno tutti assieme a raccontare le novelle.
E per ultimo, il racconto dei due ambasciatori, dove Franco Sacchetti (1332 - 1400) scrive:
"E cavalcando e trasognando, pervennono a Terza all'albergo dove dovevano desinare, e pensando e ripensando,
insino che furono per andare a tavola, giammai non se ne poterono ricordare".7
Anche il figlio di Dante Alighieri, Pietro, tentò di illustrare le terzine del padre, e nel passaggio del suo Commentarium, relativo alle
terzine in questione, la sua spiegazione ci avvicina ad una divisione temporale molto simile a quella descritta dal Da Buti.
"Ita procedendo devenit ad illam partem diei, quam dicimus Vesperum, quae est juxta sero per duas horas et tertiam partem alterius,
sicut illa pars, quam dicimus Tertiam, est juxta mane per duas horas et tertiam partem alterius" (Forse la strana frazione di un terzo
d'ora, potrebbe essere interpretata come il tempo necessario per finire completamente la recita dell'Ufficio).
Tuttavia, oltre al passo di Francesco da Buti, allo stato attuale non abbiamo nessun altro documento che spieghi con altrettanta
"chiarezza" la divisione duodecimale dell'intero giorno naturale8. Contro questa scarsità di informazioni letterarie chiare giocano un
ruolo importante i numerosi orologi medievali rimasti. Molti di loro sono i testimoni silenziosi di questo “nuovo” computo temporale.
4 Per una chiara esposizione della cosmologia dantesca vedi, Marco Giovanni Ponta, Orologio dantesco, Città di Castello 1892.
5 Giovanni Boccaccio, Decameron, giorn. V, nov. VIII.
6 Boccaccio, Decameron, intr. Giorn. I; “...e come terza suona, ciascun qui sia, acciò che per lo fresco si mangi.”
8 Il giorno "naturale" si divideva, nel medioevo in 24 ore, e comprendeva sia l'arco diurno, sia quello notturno. Differentemente
facevano per gli antichi romani, che chiamavano, invece, "naturale" il giorno luminoso, e "civile" la somma del dì naturale e della
notte. Cfr. Censorino, De Dies Natalis Liber, cap. 23. Vedi anche Macrobio e Pietro Viola.
Fra le varie testimonianze archeologiche, una in primo luogo sembra aiutarci più delle altre: l'orologio solare sulla chiesa di Santa
Maria della strada a Taurisano in provincia di Lecce (fig. 4). Francesco Azzarita, ne ha trattato sufficientemente nella sua relazione al
III° Seminario di Gnomonica svoltosi nell'ottobre del 1990.9 L'orologio, di forma rotonda, è senz'altro molto bello ed interessante,
vuoi per la sua fattura, vuoi per le sue epigrafi greche. Oltre all’epigrafe che riporta un'antica formula liturgica bizantina, ed una
seconda in cui si legge "Ai Orai Tes Emeras",10 la sua importanza sta nel fatto di essere, al momento, l’unico esemplare conosciuto
in Italia che riporti scritte in lingua greca, e l’unico esempio a sei divisioni con le linee orarie esplicitamente nominate dalle iniziali
delle ore Canoniche.
Sulla prima linea a sinistra troviamo incisa la lettera greca "" (Prima) , poi procedendo verso destra le lettere "T" (Terza), "C"
(Sesta), "N" (Nona), "B" (Vespro), "K"
(Compieta); la linea meridiana non
porta alcuna distinzione. Come ha fatto
notare Azzarita si tratta delle iniziali
greche delle funzioni canoniche della
Chiesa latina, che in Puglia, all'epoca
dell'orologio di Taurisano – la chiesa
risale al ... - stava soppiantando
definitivamente, il rito greco-bizantino.
Se escludiamo la lettera "N" sulla
quinta linea, e la anteponiamo sulla
linea meridiana, abbiamo pressoché
l'esatta posizione delle parti del giorno
proposte dal Da Buti nel suo
Commentario dantesco. C'è da dire,
inoltre, che a prestar fede all'Alighieri
(e non si può dubitare di ciò) quelle
lettere
dovrebbero
indicare
esattamente in tempo della suonata
delle campane, a chiamata per la
recita delle rispettive Ore. E non vi può
esser
confusione
alcuna
sull'indicazione dell'inizio o della fine
dell'ora medesima, perché sia il
sommo Poeta, sia tutti gli altri scrittori
medievali ed antichi, da sant'Isidoro a
Fig. 4 : L’orologio solare di Santa Maria della Strada a Taurisano.
Beda, da Mauro Rabano a Ermanno
Contratto, sempre confermano il
significato della linea oraria come la fine dell'ora; mai l'inizio.
Mario Arnaldi
Marnaldi@libero.it
PROPOSTA DI ABOLIZIONE DI ALCUNI LUOGHI COMUNI DI STORIA DELLA GNOMONICA IN “MERIDIANE” DI RENE’ ROHR.
Nicola Severino, Roccasecca
9 Francesco Azzarita, “Quadranti Solari canonici medievali e bizantini in Puglia”, in "Atti del III Seminario di Gnomonica", Feltre,
1990. Vedi anche l’ottimo articolo di André Jacob, “Le Cadran Solaire «Byzantin» de Taurisano en terre d’Otrante”, in Mélange de
l’École Française de Rome – Moyen Age, Temps modernes, tome 97, 1985 – 1, pp. 7-22.
10 «Le Ore del Giorno».
In questo breve articolo, vorrei proporre una ideale abolizione di alcuni luoghi comuni storiografici presenti nella più famosa opera di
gnomonica moderna, Sundials, di Renè J-R- Rohr. Pubblicata per la prima volta in francese da Gauthier-Villars a Parigi nel 1965,
quest’opera ha avuto una fortunata serie di ristampe in diverse lingue: nel 1970 dalla University of Toronto Press; in tedesco, nel
1982, da Callway di Monaco; e nel 1986 da Editions Oberlin di Strasburgo, in Italia nel 1988 da Ulisse Edizioni ed intorno al 1997 in
Inghilterra.
Sia ben chiaro che tale proposta assolutamente non vuole essere di carattere polemico, ma mira essenzialmente a correggere, o
come si dice, ad emendare, alcune ipotesi che il grande studioso di meridiane Rohr ha dato per scontate nella sua pubblicazione,
non prevedendo forse che essa – a distanza di tanti anni – sarebbe stata presa dai successori colleghi gnomonisti come il più
importante punto di riferimento nella letteratura gnomonica internazionale.
Più volte, nei miei libri, ho avuto modo di divulgare tali luoghi comuni e allo stesso tempo ho cercato di dare una versione
“aggiornata” di tali ipotesi, sulla base di personali ricerche e confronto di fonti originali.
Come ho già detto, Renè Rohr è considerato uno dei massimi studiosi di gnomonica dei nostri tempi. La sua mezza secolare
esperienza (qualche anno fa aveva 92 anni!), è anche tra le più singolari in quanto è uno dei pochissimi gnomonisti che ha girato il
mondo in lungo e in largo per decenni, incontrando e confrontando le più diverse culture scientifiche. Le sue ottime conoscenze
tecniche, unitamente ad un grado di intuizione non comune, lo portarono a scrivere capitoli importantissimi di tecnica e storia della
gnomonica, consacrando nel tempo le sue opere come tra le più importanti, in tempi moderni, pubblicate sull’argomento. Per questo
motivo, molte delle sue ipotesi o argomenti storici, sono stati presi alla lettera da tutti (ma dico proprio tutti!) coloro che si sono
occupati di gnomonica dal 1965 ad oggi. E devo dire, che nessuno si era mai sognato di mettere in dubbio la benchè minima frase
dell’opera di Rohr, né tantomeno di tentare una verifica personale sulle fonti originali.
Le mie ricerche di storia della gnomonica, condotte esclusivamente su fonti originali che vanno dal secolo X ai tempi moderni, mi
chiarirono subito che c’erano alcuni notevoli luoghi comuni storiografici nel libro di Rohr i quali venivano tranquillamente ricopiati da
anni in tutti i libri divulgativi di gnomonica. Ultimo tra tanti, il bellissimo libro di Rosario Mosello grazie al quale ho avvertito di nuovo la
necessità di scrivere queste righe.
Nonostante i miei emendamenti che ognuno può trovare nel libro Storia della Gnomonica del 1992-1994, Mosello riporta
testualmente 1: “Rohr riporta che solo nel periodo fra il IX e il XIV secolo gli studiosi islamici ci hanno lasciato quindici opere di
gnomonica…”. Non che Mosello fosse stato poco attento agli “aggiornamenti”, ma questo, come tanti altri, è un luogo comune che
molti hanno riportato da anni in altri libri, mentre per la prima volta nel 1992, ho avuto modo di dire che in quel periodo sono molte di
più le opere di gnomonica o dedicate agli orologi solari scritte dagli studiosi islamici.
L’intento di questo articolo, quindi, dovrebbe essere quello di indicare agli autori di prossime pubblicazioni, alcuni dei più importanti
luoghi comuni storiografici presenti nell’opera di Rohr affinchè non accada che questi vengano trascritti parola per parola nei capitoli
di storia delle future pubblicazioni di gnomonica.
Voglio risparmiarmi la pena di ricercare sui libri di gnomonica in mio possesso altri luoghi comuni del genere trascritti dal Rohr,
proponendomi invece di elencare quelli che, a mio parere, devono essere emendati secondo le indicazioni che anche riporto.
Kircher (testo estratto da “Gnomonica Kircheriana”, N. Severino, Roccasecca, 1995)
L’Ars Magna Lucis et Umbrae è un’opera che, dal punto di vista gnomonico, forse non è stata mai esplorata a fondo fino ad oggi,
almeno stando agli accenni che ne fanno alcuni autori moderni. E a tal proposito vorrei citare il caso più eclatante, o eccellente, dato
dal famoso Rohr il quale, nell’edizione italiana della sua opera maggiore “Cadrans Solaires”, tradotta e pubblicata dalla Ulisse
Edizioni nel 1988, riporta alcune informazioni a mio avviso inesatte che possono generare confusione nel lettore e sminuire il
pregevole lavoro di Kircher che ha già sofferto, tra l’altro, dell’indifferenza dei passati secoli a causa della fama di ciarlatano che
ingiustamente aveva accompagnato il nome del Gesuita 2.
A pagina 160 dell’edizione italiana è riportato letteralmente:
“...Il gesuita tedesco Athanase Kircher...(...)...fece pubblicare a Roma un grande volume di circa 600 pagine, in latino, il cui titolo
copre parecchie righe e inizia con le parole Ars Magna Lucis et Umbrae...(...)... vi si trova qui riunito tutto ciò che riguarda la
gnomonica dell’epoca. Si tratta in modo particolare di una meridiana monumentale del pastore, ma a colonna fissa...”.
Da queste poche righe risulta chiaro che Rohr non ha mai consultato l’opera originale di Kircher, la prima edizione alla quale allude,
quella del 1646 stampata a Roma. Infatti, le pagine non sono 600, bensì poco superiori alle 1000; il titolo non copre parecchie righe,
ma è proprio Ars Magna Lucis et Umbrae, quello che segue è solo una specifica sintetica del contenuto; non vi si trova riunita tutta la
1 Rosario Mosello, Orologi solari nell’arco alpino. Le meridiane della Val d’Ossola, Grossi editore, Domodossola (VB), 1999, p. 46
2 Questi appunti sono estratti da alcuni miei volumi, tra cui “Storia della Gnomonica”, Roccasecca 1992-1994; “Gnomonica
kircheriana”, Roccasecca 1995.
gnomonica dell’epoca, bensì quasi esclusivamente quella da lui inventata e sperimentata. Infatti, la gnomonica dell’epoca è quella
fatta da Clavio, Pini, Muzio, Munster, ed altri, le cui pubblicazioni hanno tutte gran parte degli argomenti in comune, mentre in
quest’opera vale esattamente l’opposto. Kircher, inoltre, non tratta in modo particolare della meridiana del pastore (termine peraltro
ignorato dal gesuita!).
Descrive accuratamente il cilindro orario in tre o quattro pagine, ma non è certo l’argomento principale dell’opera. In seguito, Rohr
asserisce che nell’Ars Magna si trova l’origine del termine “meridiana a cappello filtrante”. Anche questo è inesatto. Kircher descrive
lo gnomone a “cappello filtrante” citato da Rohr in questo modo: “Stylus in modum pectinis dentatus”, perciò (escluso che possa
trattarsi di una diversa interpretazione della traduzione) non vi sono “cappelli filtranti”.
A pagina 193 (sempre dell’edizione italiana) si riporta:”...Per 68 pagine si parla di meridiane a riflessione, che utilizzano il raggio di
Sole riflesso a mezzo di uno specchietto fisso, installato sul davanzale di una finestra rivolta a Sud, per proiettare sui muri e sui
soffitti interni le indicazioni più disparate...”. Risulta invece che Kircher parla delle meridiane anacamptiche (cioè a riflessione) per
circa 90 pagine, comprendendo tutta la teoria della riflessione dei raggi luminosi per mezzo di specchi e sistemi di specchi in tutti i
possibili orientamenti. Di queste circa 90 pagine, 35 sono dedicate specificamente agli orologi a riflessione, e perfino di quelli
portatili, mentre non descrive gli orologi a riflessione col tracciato orario sul soffitto di stanze. Accenna solo all’opera di Maignan
eseguita nel Palazzo Spada a Roma.
Per concludere sui luoghi comuni sull’Ars Magna, vorrei citare un altro fatto curioso: in tutte le enciclopedie moderne e biografie di
Kircher, compresa la più approfondita edita dall’Enciclopedia Cattolica, l’opera qui esaminata viene considerata un “libro di fisica”,
senza neppure nominare la Gnomonica che occupa invece oltre 600 pagine!
Beda (testo estratto da “Storia della Gnomonica”, N. Severino, Roccasecca, 1992-1994)
Alcuni autorevoli autori moderni, s’ingannano affermando che alcune opere di uno dei massimi eruditi dell’Alto Medioevo, il monaco
inglese Beda il Venerabile, rappresentano il massimo traguardo raggiunto dalla Gnomonica di quel tempo. Egli nacque
probabilmente nel 672, nei pressi dei due monasteri gemelli di Wearmouth e Jarrow, vicino ai fiumi Tyne e Wear. Le opere di Beda
sono essenzialmente di carattere cronologico (quelle che più ci interessano). Il De natura rerum, composto attorno al 703, non è un
trattato di Gnomonica, come si crede, ma è un trattato di cosmografia in 51 capitoli, in cui la meteorologia viene trattata con
particolare attenzione. Il materiale è poi ricavato in gran parte dagli scritti di Isidoro, Svetonio e Plinio, con un’esposizione però
degna della sua grande erudizione.
Il De temporibus liber , dello stesso periodo, in 22 capitoli, sviluppa alcuni filoni cronografici dell’opera precedente: sul tempo
astronomico come i minuti e le ore, i giorni e le notti; le settimane; i mesi; le stagioni; gli anni; le età del mondo, i movimenti degli
astri, ma in particolare (5 capitoli) viene trattato uno dei problemi cronologici più importanti dell’epoca: la datazione della Pasqua.
Nel 725, a 52 anni di età, Beda scrisse l’opera che sarà materia di studio per tutte le scuole dell’Europa, fino alla fine del medioevo: il
De temporum ratione, o De temporibus liber maior, in 71 capitoli. Gli argomenti trattati sono il calcolo digitale, o indigitazione, un
sistema empirico di numerazione già in uso nell’epoca romana; nei capitoli 8-10 parla della settimana, quindi dei mesi, con molte
fonti storiche riportate; nei cap. 17-19 sui moti della Luna, e delle maree. Al cap. 30 della compilazione dei calendari e poi sulla
lunghezza delle ombre, dei moti celesti e del ciclo di 19 anni (decennovennale) che è alla base dei suoi computi per la data della
Pasqua, ecc.
Gli argomenti più attinenti alla Gnomonica, che il dotto monaco inglese ci ha lasciato, sono un “Libellus de Astrolabio”, due paginette
in cui descrive rapidamente la costruzione dei circoli più importanti dello strumento e il “Libellus de mensura Horologii”, che
deluderebbe gli gnomonisti che si aspettano un grande trattato sulla Gnomonica. Infatti, si tratta di una breve descrizione, in due
paginette, del quadrante chiamato orologio, con quale è possibile conoscere l’ora attraverso l’ombra del corpo umano misurata in
“piedi” (un piede= c.ca 30 cm): HOROLOGIUM QUOD CONTRA UNUMQUEMQUE MENSEM HABET AD UMBRAM HUMANI
CORPORIS PEDE SINGULARUM HORARUM DIEI.
Questo “libellus” ci fornisce la prova che ai tempi di Beda non si usavano altre tipi di orologi solari, se non qualche meridiana
canonica, e che questo metodo, che si può trovare anche in altri testi di autori coevi e di altri vissuti intorno all’anno Mille, doveva
essere sicuramente il più popolare. Ad esso Beda fa seguire l’esposizione del modo di trovare la linea meridiana, che è praticamente
identico al metodo famoso detto “dei giardinieri”, o “delle altezze corrispondenti del sole sull’orizzonte”.
Presentati quelli che sono i luoghi comuni principali dell’opera di Rohr e le relative emendazioni, vorrei proporre – insieme a Mario
Arnaldi, una tabella riassuntiva di quelli minori.
Pagina Paragrafo Testo citazione
commento
16
Naturalmente non ci sono prove che Beroso “costruì” e
quindi inventò tale quadrante. Molto più probabilmente
egli “importò” dall’Egitto gli orologi solari emisferici
17
Nel III secolo a.C., uno di questi sacerdoti, di
nome Beroso, costruì in Egitto un quadrante
dalla forma di semisfera scavata nella superficie
dalla forma di semisfera scavata nella superficie
superiore di un blocco di pietra…
…Osserviamo in questo caso che la parola
“stoicheion” designava la lunghezza dell’ombra
del marito…
19
21
19
22
20
22
22
25-26
…Si capisce comunque il motivo per cui non è
stato imitato: le ore del suo orologio non
concordavano con quelle degli orologi usati
all'ep’ca, che erano temporali.
23
27
… il primo obelisco portato dall’Egitto a Roma
ed inslattato al Campo di Marte, è servito da
gnomone ad un grande orologio solare tracciato
su una pavimentazione in pietra dal matematico
Facundus Novus.
24
27
30-31
32
Su Beda
Solo nel periodo tra il IX e XIV secolo, ci hanno
lasciato (gli Arabi) quindici opere di gnomonica.
160
213
Su Kircher
Nel 1755 a Portici è stato scoperto un curioso
orologio divenuto celebre con il nome di
“prosciutto di Portici”.
Sédillot segnala che gli Arabi hanno conosciuto
questo tipo di orologio e che lo chiamavano Sàq
al-jeràdat, cioè zampa di cavalletta.
Tabella a cura di Mario Arnaldi, Ravenna
egli “importò” dall’Egitto gli orologi solari emisferici
introducendoli in Grecia.
Ovviamente non è da prendere alla lettera quanto scrive
Rohr, perché la parola “stoicheion” non è mai stata
tradotta con certezza. Più probabilmente lo “stoicheion”
rappresentava una scala graduata, come le “tangenti
meridiane” moderne. Anche se il termine viene riferito
all’ombra prodotta dal marito di Praxagora, è più
probabile che indichi la sua altezza che funge da vero
“gnomone”.
Fu scoperto 11 giugno del 1755 negli scavi archeologici
di Ercolano.
Non credo che gli Arabi abbiano realmente conosciuto il
“prosciutto di Portici”, in quanto l’esemplare ritrovato nel
1755 è davvero unico al mondo. La “Shake al-jeradah” è
una meridiana di altezza tracciata su di una tavoletta
rettangolare avente la possibilità di essere sospesa in
modo da mantenersi verticale. Ciò è ben spiegato nel
volume “Appunti per uno studio delle meridiane islamiche
a cura di Gianni Ferrari e del vostro autore.
Rohr si riferisce qui all’orologio rappresentato nel
mosaico del Landesmuseum di Trier. Espone troppo
sicurezza su un argomento di cui non si sa ancora molto.
Il tipo di orologio rappresentato, a forma di libro aperto, è
stato oggetto di vari studi e di un mio articolo specifico,
Pelecinum o Pelignum, che si può leggere in Internet nel
sito di Rosa Casanova. L’orologio può benissimo
rappresentare le ore temporarie su due facce rivolte a 90
gradi tra loro, prooprio come nel caso del “pelignum” del
Calendario di Lambecio.
Non esiste nessun matematico Facundus Novus nella
nostra storia, ma solo pergamene che riportano parole
inesatte, contrastanti e mai uguali. Non si ha altro cenno
di questo fantomatico personaggio se non in pochissimi
codici dell’opera di Plinio. Su frasi e parole incerte è nato
il mito di uno scienziato, matematico, gnomonista quale
Facundus Novus che non è mai esistito, mentre non si è
mai parlato di Epigene di Bisante che, secondo Seneca
si distinse proprio al tempo di Augusto come un
affermato studioso di Gnomonica dopo essersi formato
presso la scuola caldea, per cui fu soprannominato
Epigene Gnomonico. Almeno questo è un personaggio
reale!
Si veda il testo dell’articolo
La mia Bibliografia della Gnomonica riporta, sulla fonte di
elenchi del XVII secolo, molti codici manoscritti degli
Arabi conservati in alcune delle più importanti biblioteche
del mondo. Possiamo affermare che il numero di opere
specifiche di gnomonica e sugli orologi solari nel periodo
indicato da Rohr è superiore alla cinquantina.
Si veda il testo dell’articolo
pagina
Commento
Paragrafo
Citazione
26
31
Nei conventi che sorgono numerosi, la
vita monastica è tutta incentrata su una
serie di funzioni: Mattutino, (divenuto più
tardi prima), all’ora del sorgere del Sole;
seconda a metà mattinata; sesta a
mezzogiorno; nona a metà pomeriggio e
infine i vespri al tramonto.
l'ufficio divino è sbagliato - non fu il mattutino a mutatarsi
in Prima, anzi il mattutino è una derivazione dai Notturni,
in altre parole la parte mattutinale del secondo notturno e
si collocava fra le Laudi e Prima. Di conseguenza non si
diceva al sorgere del Sole ma al primo albeggiare.
Prima, invece, si recitava appena sorto il Sole. Questa
funzione non deriva da nessun’altra e venne registrata
già da Cassiano come novella solemnitas matutina nelle
comunità della Palestina.
Inoltre, non è l'ora seconda a metà mattinata ma la
Terza. Anche se in qualche liturgia esiste l'ora seconda,
forse identificando con essa la Prima, essa non esiste,
però, nelle ore benedettine a cui Rohr fa riferimento.
Sesta è ormai quasi certo che era una funzione recitata
vicino al mezzogiorno, come d’altro canto anche Nona.
Mentre i Vespri (non il vespro) sono quasi sempre
collocati in epoca benedettina in ore di tardo pomeriggio
ma mai al vero tramonto.
M.A.
26
31
Tra i monaci inglesi figura Beda il
Venerabile...in un’altra (sua opera), il
Libellus de mensura horologii, traccia un
profilo della scienza gnomonica del suo
tempo.
Il Libellus de mensura horologii attribuito a Beda da Rohr,
si trova già nel Migne nelle didascalia spuria et dubia,
oggi si tende ad attribuire quel piccolo testo ad Abbone di
Fleury.
M.A.
27
33
In Europa, la scarsità di esemplari di
orologi dell’epoca delle crociate trova
una spiegazione nel fatto che essi sono
stati sostituiti dall’avvento dell’orologio
classico, che potrebbe averne decretato
da distruzione sistematica.
Rohr crede che gli orologi dell'epoca crociata
scarseggino in Europa a causa della loro sostituzione
con l'orologio classico. Credo che Rohr intenda l'orologio
solare a ore cosiddette oltramontane (per noi che stiamo
da questa parte delle Alpi) con stilo polare, ma a me
questa spiegazione non convince più di tanto perché per
lo stesso motivo, e a maggior ragione, sarebbero dovuti
scomparire quasi totalmente anche gli orologi canonici.
La spiegazione, invece, va forse cercata dalla riluttanza
dei cristiani verso la scienza pagana saracena (erano i
profanatori del Santo Sepolcro, coloro contro cui san
Bernardo aveva aizzato i suoi cavalieri templari).
Un'ottima analisi fu fatta da M.M.Valdés tempo fa in un
suo ottimo studio sugli orologi solari medievali spagnoli:
da questo risultava che in Spagna, dove arabi e cristiani
erano a stretto contatto, non esistono (o sono rarissimi)
orologi canonici in area di dominazione araba, e
viceversa.
Mappa alla mano si dimostra come i due mondi in realtà
si rifiutassero decisamente (forse erano più i cristiani a
rifiutare gli arabi). Emblematico è il fatto che Silvestro II
fu considerato fino alla di lui morte uno che aveva
venduto l'anima al diavolo (interessante è in proposito un
passo del Muratori).
M. A.
110
159
Le ore temporali, come d’altro canto il
calendario giuliano, sono ancora
ufficialmente in uso nella piccola
repubblica calcidica dei monasteri del
Monte Athos, in Grecia.
Oggi non sarei più certo di un'affermazione simile, anche
perché un amico che è stato al monte Athos più volte mi
ha assicurato di aver visto i monaci con l'orologio da
polso (sicuramente non canonico).
M. A.
Ringrazio Mario che ha segnalato le sue opinioni relativamente ad alcuni punti dubbi del testo di Rohr. Insieme
a lui, ribadisco che questo articolo non vuole affatto mirare a trovare il “pelo nell’uovo”, ma soltanto far sapere
ai lettori che alcune cose scritte da Rohr non devono essere prese alla lettera e divulgate come sicure e certe
basandosi sulla sua autorità in questo campo.
La Gnomonica di Girard Desargues (1593-1662)
Alessandro Gunella 1999
The article explains the ideas of Girard Desargues, the French Architect, who is considered the father of the projective geometry. He
left only few notes, interesting for the theoretical presuppositions, besides not explained.
Nel 1640 (siamo negli anni in cui Kircher pubblicava il suo "Ars Magna lucis
et umbrae", una specie di "summa" del passato) Girard Desargues
pubblicava due brevi scritti, nei quali riassumeva tutte le sue idee circa la
prospettiva, il taglio delle pietre, e la pratica gnomonica. Per la verità il
secondo testo ebbe una sorte oscura, e ci è noto attraverso un suo
"discepolo", Abraham Bosse, cui dobbiamo la effettiva conoscenza
dell'attività nel campo della geometria del Nostro.
Desargues era uomo di poche parole, e non aveva certo la stoffa del
divulgatore. Bisogna tenere presente che egli era e faceva l’Architetto,
abituato all’attività di cantiere: sovente i suoi scritti tentavano di correggere
la geometria empirica, a volte troppo approssimativa, degli operai cui
doveva soprintendere. Scriveva volutamente in Francese, mentre allora per
i testi scientifici era di rigore il Latino, e rifiutava di aggiungere illustrazioni
ai suoi scritti, sostenendo che il matematico non ha bisogno di esse per
capire. Era apprezzato o odiato dai matematici dell’epoca (Cartesio,
Pascal, Marsenne, etc.. erano gli amici), senza vie di mezzo. Dopo la sua
morte, egli fu praticamente dimenticato. Solo a metà dell’800 si sono
riscoperte e rivalutate le sue idee sulla geometria proiettiva, in anticipo di un secolo e mezzo. Pascal deve molto all'amico
Desargues.
Nel campo della gnomonica ci ha lasciato sì e no quattro pagine in tutto (e nessuna figura!), che però meritano un esame, se non
altro per la loro linearità; qualcuno resterà deluso dalla semplicità dei suoi argomenti, ed allora ci pensi: essi sono la sostanza di tutta
la gnomonica. Anche se Clavio ci ha scritto sopra 700 pagine fitte.
Per avere un quadro preciso è meglio affrontare prima il secondo saggio: La manière universelle de poser le style aux rayons du
Soleil en quelque endroit possible, avec la règle, l'esquerre et le plomb.
Egli propone una soluzione "da cantiere" probabilmente imprecisa se applicata, ma teoricamente corretta, per il tracciamento diretto
di una parallela alla linea equatoriale, partendo da uno stilo provvisorio qualsiasi. (Ovviamente, tracciata la equatoriale e nota la
latitudine, si hanno i dati per costruire correttamente l’orologio, senza una determinazione diretta della declinazione della parete.). Si
noti che non dice nulla della parete: en quelque endroit possible… in un posto qualsiasi. E non precisa neppure come vada fatto lo
stilo provvisorio.
Durante la stessa giornata, si determinino sulla parete tre punti A, M, B, estremi dell’ombra dello stilo, sufficientemente lontani l’uno
dall’altro e si fissino con tre spilli. (Fig. 1)
Successivamente si fissi una bacchetta sottile e rigida fra il vertice dello gnomone e ciascuno dei tre spilli, materializzando così i tre
raggi che hanno originato i punti d’ombra. Sulle tre bacchette, a partire dal vertice dello stilo, si prenda la stessa distanza, a piacere.
I tre punti A', M', B' ad uguale distanza dal vertice appartengono ad un piano di declinazione del Sole, (parallelo al piano equatoriale)
la cui intersezione con la parete è parallela alla linea d’equinozio. Traguardando a due a due tali punti, si proiettano sulla parete
almeno due punti ( M" e B" nel nostro caso) della linea d’intersezione fra i due piani. Se la parete è curva, si può disporre una riga fra
due dei tre punti, e fare scorrere una seconda riga su di essa, intorno al terzo punto, determinando così la equinoziale.
Desargues è talmente laconico da fermarsi lì. Non dice che il suo è una variante del problema di Igino il Gromatico, trasferito su un
piano di riferimento verticale; evita di proseguire nella teoria gnomonica, forse perché all'epoca in Francia vi era una specie di
"alluvione" di libri sugli orologi solari (J. Parès ha elencato più di 70 opere solo fra il 1640 ed il 1673). Non dice neppure che questo
problema è strettamente connesso con la sua teoria sui triangoli omologici e sulle coniche, e con il teorema relativo che oggi porta il
suo nome.
Se vogliamo completare l'argomento gnomonico, dobbiamo arrangiarci: la linea trovata è parallela alla equinoziale, e la sostilare è
quindi perpendicolare ad entrambe. Conoscendo la Latitudine, è possibile trovare con un semplice triangolo rettangolo il centro
dell'orologio sulla sostilare, e di conseguenza costruire lo stilo polare e la linea meridiana.
L'altro argomento, il primo in ordine di tempo (agosto 1640), è inserito in un breve testo,
dal titolo chilometrico, che non riporto per intero: Brouillon project d'exemple d'une
maniere... & de tracer tous Quadrans plats d'heures égales au Soleil ….
Egli considera il caso (Fig. 2) in cui sia stato correttamente posato lo stilo polare su una
superficie piana generica, e suggerisce il modo per tracciare comunque la linea meridiana
per mezzo del filo a piombo, legato ad un punto qualsiasi dello stilo, e di una riga che sia
tangente al filo e al vertice dello stilo.
Nulla di eccezionale; si evidenzia solo la pratica di cantiere, e il valore generale della
soluzione proposta (o la scarsa fiducia nella verticalità della parete ?). Egli passa poi alla
ricerca diretta della linea equinoziale (Fig. 3), facendo ruotare una squadra intorno ad un
punto assunto come vertice dello gnomone: determina così sulla parete (verticale o meno,
declinante o meno, ma piana, questa volta) due punti appartenenti alla equinoziale,
permettendo così il suo tracciamento. Materializzando con bacchette rigide il triangolo
formato dai due punti sulla equinoziale e dal vertice dello stilo, egli lo ribalta sulla parete
ruotando intorno alla equinoziale, trovando così il centro dell'orologio equinoziale utile per
la soluzione grafica "classica" del problema.
Tutto qui. La seconda parte non è neppure molto originale, se si pensa agli strumenti meccanici, che in Francia si chiamavano
sciaterre ed erano sostanzialmente una edizione primitiva dello strumento illustrato da Agnelli recentemente. Possiamo affermare
solo che Desargues proponeva delle tecniche realizzabili immediatamente in cantiere, senza ricorrere a strumentazioni particolari. Si
osservi come, applicando nell'ordine i due metodi, si possa tracciare un orologio ad ore eguali senza rilevare la declinazione e
l'inclinazione della parete, e con mezzi elementari.
Eppure all'epoca, le sue considerazioni sulla gnomonica furono addirittura oggetto di un libello, che ne stroncava linguaggio, tecnica
e teoria. Oggi si ammira la modernità delle sue idee, il segnale del distacco della cultura seicentesca dai binari del Rinascimento.
UN PARTICOLARE DITTICO D’AVORIO CUSTODITO NEL MUSEO NAZIONALE
DI RAVENNA.
Mario Arnaldi, Lido Adriano, Ravenna
In una piccola bacheca nella sala degli avori del Museo Nazionale a Ravenna è possibile ammirare tre piccoli
orologi solari d'avorio portatili. Il primo - il più antico - è composto di due tavolette ossee incernierate su un
lato, e su cui sono incisi vari quadranti orari. Il secondo è un orologio solare di altezza dalla forma piuttosto
insolita, il terzo esemplare esposto, invece, è un piccolo Quadrante con doppio orologio d’altezza.
Tutti e tre gli oggetti sono già stati pubblicati, sotto l’egida del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, e della Soprintendenza per i
Beni Ambientali ed Architettonici di Ravenna, nel catalogo curato da Luciana Martini.11 I commenti, e le descrizioni degli oggetti in
questione, furono affidati a Tullio Tomba, che ne espose le caratteristiche con abbondanza di particolari. Ma alcune inesattezze del
testo, e il desiderio di studiare più a fondo i tre avori, mi hanno indotto ad avere con loro un incontro più ravvicinato. In queste poche
pagine, però, mi limiterò a descriverne solo uno: il “dittico”, che fra l’altro è anche il più antico dei tre.12
Descrizione
Il più antico dei tre orologi esposti nel Museo appartiene al genere tecnicamente detto “dittico”, è datato 1531 e fu donato alla
collezione del Museo da Enrico Pazzi prima del 1895 (n. Inv. 1093).
Lo strumento, di piccolissime dimensioni (h. 6,4 cm, l. 4,7 cm), è composto di due tavolette d’avorio, dello spessore medio di 6/7
mm, incernierate su uno dei due lati brevi. In questo modo, come si sa, aprendo le due tavolette a novanta gradi si poteva leggere
l’ora su tutte le facce libere dello strumento, e una volta richiuso lo si poteva riporre
facilmente in tasca (fig. 1).
La faccia superiore mostra, inscritto in un cerchio di 4,3 cm di diametro, il tracciato
di un orologio solare orizzontale ad ore oltramontane, altrimenti dette tedesche o
francesi (fig. 2).13 Attraverso il centro del tondo passano due linee perpendicolari,
che rappresentano le quattro direzioni cardinali . Nello stesso punto di intersezione
degli assi è infisso un piccolo cardine che, assieme ad un altro posizionato 1,55 cm
verso il lato nord - in direzione del foro per la bussola - tratteneva uno gnomone
reclinabile, probabilmente di forma triangolare, simile a quello tutt’ora visibile nel
piccolo orologio ligneo custodito nelle collezioni del Museo civico di Londra (ML
A3891).14 La bussola, necessaria per l’orientamento dello strumento stesso, era
incassata nella tavoletta ossea sottostante, e poteva essere letta attraverso il foro
praticato nella tavoletta superiore (fig. 3).
Fig. 1 – Il dittico esposto nella sala degli avori
al Museo Nazionale di Ravenna (A.F.S. Neg.
N. 104495.)
Con il “dittico” aperto, invece, si potevano leggere le ore all’italiana su due piccoli
orologi graffiti nelle facce interne dello strumento. La tavoletta che viene a trovarsi
in posizione eretta mostra un orologio solare Italico verticale e non declinante, dove
le ore sono indicate dalla quattordicesima alla ventiquattresima (tramonto del
sole).15 Lo gnomone è originale, perpendicolare al piano, e misura 6 mm (fig. 4).
La faccia superiore della tavoletta inferiore aveva una bussola incassata (oggi non esiste più né il vetrino, né l’ago), ed un orologio
solare a ore italiche, che mostra le ore dalla nona alla ventitreesima, è inciso vicino al suo foro. Lo gnomone, ancora esistente, è
originale e misura 4/5 mm. In un piccolo disegno a semicerchio, adiacente uno dei lati brevi, è incisa la data della sua costruzione: il
1531.
** Il copyright delle immagini nell’articolo è dell’Archivio Fotografico della Sop. Per i Beni Amb. E Arch. Di Ravenna, la loro riproduzione è vietata.
11 Luciana Martini (a cura di), Oggetti in Avorio e Osso nel Museo Nazionale di Ravenna sec. XV - XIX, , testi di LIONELLO G.B OCCIA – E. C RISTOFERI
– L. M ARTINI – C. RAVANELLI GUIDOTTI, Catalogo degli avori del Museo Nazionale di Ravenna, Longo, Ravenna 1993.
12 La descrizione dei tre gli orologi solari esposti nel Museo si può leggere in: M. ARNALDI, Tre orologi solari portatili d’avorio custoditi nel Museo
Nazionale di Ravenna, in «Ravenna Studi e Ricerche», VI/2, ed. Società di Studi Ravennati, Ravenna 1999.
13 La definizione di “orologio solare equinoziale” proposta dal dott. Tomba è da considerarsi errata anche se la sua forma circolare lo fa molto
somigliante ad uno strumento di quel genere. A parte l’assoluta mancanza di apparati atti a regolarne l’altezza angolare in concordanza con la
latitudine locale, necessaria al funzionamento di un orologio equinoziale, il disegno stesso delle linee orarie nega questa possibilità. Le aperture
angolari delle linee orarie di un orologio solare equinoziale, infatti, sono sempre uguali e pari a quindici gradi ognuna.
14 P ENELOPE G OUK, The Ivory sundials of Nuremberg 1500-1700, Whipple Museum of th History of Science, Cambridge 1988, p. 135, fig. 132, cat.
61.
15 Non si comprende il motivo per cui, nel suddetto catalogo, questo orologio sia stato nominato ‘ad ore vespertine’. Non si tratta, infatti, di ore
prettamente pomeridiane. Quelle che vanno dalla quattordicesima alla diciottesima, per esempio, sono ore Italiche antimeridiane.
Analisi dello strumento.
L’orologio solare che ho qui descritto a grandi linee è sicuramente originale la grafia dei numeri, sia romani, sia arabi lo conferma 16 - ed è sicuramente un
oggetto di grande interesse. L’importanza di questo piccolo osso sta
principalmente nella sua datazione che si colloca ai primi albori della famosa
produzione tedesca di avori simili. Nel sedicesimo secolo, infatti, Norimberga
divenne la capitale europea della lavorazione di avori pregiati, fra cui spiccò
per eccellenza la vasta produzione di orologi solari da tasca, soprattutto di
“dittici”. Nelle botteghe di abilissimi artigiani sbocciarono vere e proprie
gemme di gnomonica: orologi solari portatili di molte fogge, fra le quali si
impose prorio quella del nostro esempio. Il dittico d’avorio, sicuramente
proveniente da Norimberga, più antico che si conosca è datato proprio 1531 e
fu costruito da un fabbricante di bussole di nome Lienhart Gresel.17
Non potrei dire con certezza che il nostro diddico sia stato costruito proprio a
Norimberga, perché non porta alcun contrassegno di fabbricazione, che
invece era quasi una regola per quella produzione, ma la notevole
somiglianza di alcuni suoi elementi con esemplari del tardo secolo XV
provenienti dalla famosa Città tedesca è veramente grande. Un identico
modello grafico, per
esempio, accomuna la
faccia interna della
Fig. 2 – Faccia superiore con orologio orizzontale (A.F.S.
tavoletta verticale del
Neg. N. 38018)
diddico “1987.340” conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York e
quella del dittico “BM, reg. No. 77 5-21 23” del British Museum di Londra, con
l’orologio orizzontale inciso sulla faccia esterna della tavoletta superiore del
piccolo avorio di Ravenna.18
Ma altre grosse concordanze esistono per quanto riguarda gli elementi
decorativi di riempimento, come, ad esempio, i triangoli alternati nei due
riquadri che affiancano il vecchio alloggiamento della bussola nell’orologio del
Museo Nazionale di Ravenna. Nell’esemplare sopracitato del British Museum
sono presenti elementi molto simili a quelli delle figure 2 e 3, ma motivi
geometrici decorativi ancor più simili sono visibili i un altro esemplare
norimberghese che fu ritrovato nel Tamigi in data sconosciuta (dim. 67mm X
46).19
La numerazione, nei tre esemplari citati, è in caratteri romani e con gli apici
raddoppiati esattamente come nel modello ravennate. L’unica differenza
evidente fra il nostro e gli esempi citati sta nella presenza delle ore italiche
nell’orologio del Museo di Ravenna e nella sua mancanza di gnomone a filo.
D’altra parte, la presenza delle ore italiche non garantisce neppure l’origine
nostrana del manufatto. Norimberga e Venezia erano, a quei tempi, partners
commerciali, legati da numerosi interessi, e molti maestri artigiani della città
tedesca fornivano dittici appositamente calcolati per la città lagunare e per il
Fig. 3 – Orologio italico verticale inciso sulla faccia
nord dell’Italia;20 molti, infatti, sono gli esemplari che furono espressamente
posteriore della tavoletta superiore (A.F.S. Neg. N.
calcolati per quella latitudine.
38019).
Nel 1547, per esempio, Jeronimus Imholf, un ricco mercante di Norimberga
che aveva in Aquileia la sua residenza, scrisse a Paul Behaim, suo concittadino, manifestando apertamente il desiderio di
acquistare, proprio da Lienhart Gresel, un orologio solare d’avorio disegnato per le ore tedesche e italiche.21 È veramente una
particolare coincidenza questa, perché l’orologio desiderato da Jeronimus Imholf corrisponde perfettamente a quello esposto nel
museo di Ravenna. Non lasciamoci, però, trarre in inganno da questa mia considerazione, infatti non intendo dire che il nostro sia lo
stesso orologio richiesto dal ricco mercante di Aquileia - le date e molti altri fattori palesemente non coinciderebbero - ma la richiesta
di Jeronimus Imholf poteva essere nata dopo aver visto circolare altri orologi simili in area alto-adriatica.
16 A. C APPELLI, Lexicon Abbreviaturarum. Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Ulrico Hoepli ed., Milano 19906 , p. 422.; notare la
caratteristica forma del numero 1 praticamente identico a un 2.
17 Se ne conosce uno ancora più antico, datato 1480, ma è fatto di legno; vd. S TEVEN A. LLOYD, Ivory Diptych Sundials, 1570-1750 . Catalogue of
the Collection of Historical Scientific Instruments, Harvard University, Harvard University Press, (Cambridge, Mass.) 1992, p. 35.
18 G OUK, The Ivory sundials, cit., pp. 28-9, figg. 27b e 28a.
19 Ivi, p. 135, fig. 131, cat.59.
20 Genova e Venezia erano i due porti verso cui affluiva l’avorio dalle città costiere del nord Africa: Tunisi, Tripoli e Alessandria.
21 G OUK, The Ivory sundials, cit., p. 110.
Le notevoli imperfezioni del dittico di Ravenna non mi fanno condividere l’enfasi del Tomba in riferimento al suo costruttore, che a
conti fatti non era così “professionista” come lo si è voluto credere. I due orologi italici visibili a strumento aperto sono, infatti,
completamente sbagliati. La loro costruzione non rispetta neppure le normali regole geometriche che potevano essere
semplicemente seguite da un comune artigiano. Non saprei dire se si sia trattato di incapacità interpretativa dei dati o di semplice
noncuranza dell’operatore, perché d’altro canto, tenendo conto delle sue piccole dimensioni, l’orologio solare sulla faccia superiore è
praticamente perfetto.
È difficile capire se il costruttore del piccolo dittico fosse tedesco o
veneto. Le imperfezioni solo nelle ore italiche, e l’esempio di
Jeronimus Imholf, potrebbero indicarci la prima strada, la preferenza
per le ore italiche sulle europee, d’altro canto potrebbe indirizzarci
verso la seconda ipotesi. In assenza di altri elementi è arduo stabilire
con assoluta precisione l’origine del piccolo avorio ravennate. Da un
lato, le somiglianze con una certa produzione tedesca della fine del
secolo XV e gli inizi del secolo XVI sono enormi, dall’altro l’assenza
dell’onnipresente gnomone a filo e la latitudine invariabile per cui fu
costruito gli fanno acquistare un carattere più locale.
Personalmente sono più propenso a gredere che la sua origine sia
transalpina, se non altro per il fatto che a quell’epoca l’Italia
scarseggiava di elementi pratico-teorici che permettesero ad un
artigiano di costruire un oggetto di simile fattura.
Dopo il lungo silenzio dei testi scientifici medievali europei, il
rinascimento riscoprì la scienza gnomonica come mezzo importante di
studio matematico. Negli ultimi decenni del secolo XV l’interesse per
la gnomonica, soprattutto intesa come scienza matematica abbinata
all’insegnamento nelle Università, fu prerogativa di alcune scuole del
basso impero germanico e praticata soprattutto a Vienna da John
Gmunder. Ma in Italia, fino alla seconda metà del sedicesimo secolo,
non abbiamo una significativa bibliografia in tal senso, anzi, essa è
quasi irrilevante, e la sede principale di questo risveglio scientifico può
essere sicuramente collocata nella Germania meridionale.
Negli anni che andarono dal 1522 al 1529, furono stampati nel
territorio tedesco vari volumi sulla strumentazione astronomica,
Fig. 4 – Faccia superiore della tavoletta inferiore con orologio
quattro dei quali interamente dedicati agli orologi solari e alla loro
a ore italiche orizzontale (A.F.S. Neg. N. 38020).
costruzione; non tutti furono di grande divulgazione, e solo uno fu
scritto in latino.22 Dal 1530 al 1549, invece, ben cinque nuove opere
furono pubblicate, con un totale di otto edizioni, contro due sole, ed entranbe in un’unica edizione, pubblicate negli stessi anni in
Italia e in Francia. Di questi ultimi sette libri, tre furono stampati in lingua tedesca fra il 1530 e il 1539, e solo due in in latino.23 Uno di
questi fu pubblicato a Basilea nel mese di Marzo dell’anno 1531, data del nostro orologio, e divenne uno dei più noti testi di
gnomonica di tutto il rinascimento: il ponderoso volume di Sebastiano Munster.24
I due gnomoni ancora presenti nell’orologio solare del Museo Nazionale di Ravenna potevano aiutarmi con estrema facilità a risalire
al luogo, o alla latitudine, per il quale si voleva fare funzionare lo strumento. La loro altezza sul piano sarebbe stata un dato
sufficiente per impostare alcuni calcoli risolutori. Ma proprio grazie a questo dato mi sono potuto rendere conto dei notevoli errori di
costruzione degli orologi italici, di cui s’è scritto precedentemente.
L’operazione ha avuto successo solo spostando l’attenzione sull’orologio “oltramontano”, che mi ha permesso di rilevare facilmente
la latitudine per cui venne costruito il “dittico”. Il confronto delle aperture angolari fra le sue linee orarie, ne fissa l’area geografica
media di utilizzo fra i 45 gradi e i 45.5 gradi di latitudine.25 Tuttavia, date le ridotte dimensioni, e alcuni piccoli difetti di incisione nelle
linee orarie che ne modificano in parte le angolature, si possono ampliare i limiti geografici di trenta primi in entrambe le direzioni
(44.5° e 46°) senza errori rilevanti (Tav. 1).
Comparazione dei valori angolari fra le linee orarie dell’orologio solare orizzontale alle varie latitudini del Nord Italia.
22 Ringrazio Nicola Severino per avermi fornito la lista delle opere stampate dal 1520 al 1529; C HARLES K. A KED-N ICOLA S EVERINO , International
Bibliography of Gnomonic, West Drayton (England), Roccasecca (Italy), September 1997.
23 A NTHONY J. TURNER, Dialling in the time of Giovan Battista Benedetti, in «Cultura, Scienza e tecniche nella Venezia del Cinquecento...», Istituto
veneto di scienze lettere ed arti, Venezia 1987, pp. 311-20.
24 S EBASTIANO M UNSTER, Compositio Horologiorum in plano, muro, truncis, anulo concavo, cylindro, et variis quadrantibus, cum signorum zodiaci et
divers. Horarum inscriptionibus, H.Petrus, Basieae 1531.
25 La latitudine di Venezia è effettivamente 45° 26’, ma praticamente tutti i dittici di Norimberga arrotondano a 45°.
OROLOGIO SOLARE DI
OROLOGIO SOLARE
RAVENNA
LAT. DI 44.5°
Angoli dalla
Angoli dalla
verticale (gradi) Ore
verticale (gradi)
Ore
110.5
V
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 45°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
110.9
V
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 45.5°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
110.5
110.8
V
OROLOGIO SOLARE
LAT. DI 46°
Angoli dalla
verticale (gradi)
Ore
V
110.4
V
90
VI
90
VI
90
VI
90
VI
90
70.5
52
35.5
22
10
0
10.5
21.5
33.5
51
69.5
90
110.5
VII
VIII
IX
X
XI
XII
I
II
III
IIII
V
VI
VII
69.1
50.5
35
22
10.6
0
10.6
22
35
50.5
69.1
90
110.9
VII
VIII
IX
X
XI
XII
I
II
III
IIII
V
VI
VII
69.2
50.7
35.2
22.2
10.7
0
10.7
22.2
35.2
50.7
69.2
90
110.8
VII
VIII
IX
X
XI
XII
I
II
III
IIII
V
VI
VII
69.4
50.9
35.5
22.4
10.8
0
10.8
22.4
35.5
50.9
69.4
90
110.5
VII
VIII
IX
X
XI
XII
I
II
III
IIII
V
VI
VII
69.5
51.2
35.7
22.6
10.9
0
10.9
22.6
35.7
51.2
69.5
90
110.4
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
I
II
III
IIII
V
VI
VII
Le aperture angolari dell’orologio solare di Ravenna sono un po’ imprecise, ma le variazioni fra le latitudini
interessate sono così minime che permettono allo strumento un facile adattamento senza incorrere in grandi
errori.
Nei due orologi a ore italiche, invece, dati gli evidenti errori, non è possibile stabilire un rapporto esatto con la latitudine d’uso.
Benché l’orologio del nostro Museo contenga molte imprecisioni, e non pareggi la bellezza e la preziosità dei suoi simili tedeschi, mi
sembra comunque che debba meritare ancora un po’ di attenzione da parte degli esperti. E viste tutte le premesse fatte nella prima
parte di questo articolo, non suonano affatto fuori luogo le parole usate dal dott. Tomba, in riferimento all’esistenza di questo “dittico”
a Ravenna; considerato come “un’evento di singolare rilievo”.
Dopo tanti anni che vivo a Ravenna, spesso mi ritrovo a scoprire aspetti nuovi dei suoi palazzi, piccole e deliziose cornici a cui non
avevo mai prestato attenzione, portali e giardini nascosti. Abituato, come sono, a guardare i miei piedi, mi sfuggono soprattutto le
cose che sono poste in alto, nel sotto-tetto. Con questo contributo spero di aver posto in luce un altro aspetto di Ravenna, della città
dai mille tesori, della Ravenna nascosta anche quando è esposta al pubblico. Un piccolo avorio, un piccolo gioiello della scienza
antica che può passare inosservato fra tante bellezze che il Museo Nazionale della nostra città offre allo sguardo dei suoi visitatori.
marnaldi@libero.it
Il quadrante delle ore ineguali
sul "verso" dell'astrolabio
di Alessandro Gunella
Molti astrolabi di origine araba, ma anche molti costruiti in
Europa in epoca rinascimentale, portano sul "verso" il quadrante illustrato
nella figura, che è definibile come "quadrante
universale delle ore ineguali".
Negli strumenti europei esso è
spesso doppio, a volte accoppiato o
sovrapposto ad un secondo quadrante, che
dà le ore eguali, ma limitatamente a una sola
latitudine, quella indicata sul quadrante
stesso.
Per completezza dell'informazione, aggiungo che lo stesso strumento, ridotto ad un quadrante
in legno o in metallo, era in uso fin dal 13° secolo in Europa, e fin dal 10° sec. sulla costa africana del
Mediterraneo; una sorta di "teoria" di tale quadrante delle ore ineguali fu redatta intorno al 1270 da
Robert Anglès, (Roberto di Moerbeke?) molto probabilmente in seguito ad un suo viaggio nei paesi di
cultura araba, nei quali egli era stato inviato da S. Bonaventura con lo scopo di tradurre il Corano. Il
testo manoscritto fu pubblicato a stampa per la prima volta nel 1508 (Reish - Margaritha Philosophica Argentoratum ) e poi nell'800 dal Tannery. Il quadrante è del tutto simile, ma costruito su una tavoletta a
quarto di cerchio, con un cursore su cui è riportato il calendario, per aggiungere o togliere
automaticamente la declinazione del sole alla colatitudine, e individuare così l'altezza meridiana del
giorno.
Un filo a piombo dotato di una perla scorrevole ("almuri", da disporsi di volta in volta sul punto corrispondente all'altezza
meridiana del giorno) fa da riferimento; la lettura dell'ora si fa inclinando il quadrante secondo l'altezza del sole, per mezzo di due
"pinnule". Inutile spiegare come ruotando il quadrante e mantenendo fisso il riferimento si ottenga lo stesso risultato.
La figurina a lato mostra una rappresentazione ideale di Tolomeo (tratta da un libro
assai noto: le Croniche di Norimberga, del 1494); in mano ha il quadrante di Roberto, o
qualcosa di molto simile. Essa non aggiunge granché alla trattazione: è solo un indice della
diffusione dello strumento.
Non è possibile dire qualcosa di nuovo sul quadrante, perché è stato oggetto di un
esame accurato ed esauriente da parte della dott. Margarida Archinard del Musée d'Histoire
des Sciences di Ginevra (Saggio pubblicato in Annals of Sciences - 1990). Di esso si è
interessato a fondo anche il collega Ferrari in un lungo intervento al recente Seminario di
Gnomonica. Questa "chiacchierata" mira solo a mettere in luce l'intuito geometrico del
costruttore arabo che lo ha ideato. A tale scopo mi servirò - mio malgrado e contro le mie
abitudini nell'affrontare i problemi relativi a strumenti antichi - del linguaggio della trigonometria,
conscio (o è solo una excusatio non petita?) che i concetti trigonometrici erano già utilizzati, ed
erano la base della gnomonica araba della fine del primo millennio.
Lo strumento è un semicerchio che contiene al suo interno sei archi di cerchio
disegnati con un criterio evidente: ciascuno di essi comincia nel vertice A, e "finisce" sul
semicerchio nei punti corrispondenti a multipli di 15°.
Supponendo di considerare AT come l'unità, i diametri dei vari cerchi saranno 1/sen15°, 1/sen30° ecc.. Nella figura è evidenziato il
cerchio di diametro AQ, il cui valore è 1/sen60°.
L'operazione di "misura" (perché tale è) dell'ora avviene in questo modo: si individua l'angolo d'altezza meridiana del
giorno nel "recto" dell'astrolabio (o con delle tabelle), trovando l'Almicantarath corrispondente al mezzodì di quel giorno, e si
posiziona l'alidada su tale altezza. Il punto B in cui l'alidada attraversa il cerchio interno (quello dell'ora 6a) individua la distanza AB
sopra l'alidada, distanza che viene segnata con una pallina di cera, o con inchiostro, sull'alidada stessa.
Osservando il sole coll'alidada, si individua l'altezza del momento h ed in corrispondenza della pallina di cera si trova l'ora
nel punto K, utilizzando le intersezioni fra gli archi di cerchio uscenti da AS e l'arco BK. Ovviamente, se varia l'altezza meridiana,
varia anche l'arco BK cui fare riferimento.
Questo orologio è universale, cioè adatto per qualsiasi latitudine, e perfetto, ma solo nel giorno di equinozio, per
costruzione. Negli altri periodi dell'anno si "sopporta" la sua imprecisione, perché l'altezza meridiana assunta come riferimento per
trovare il punto B, e di conseguenza l'arco su cui leggere le ore ineguali, dipende anche dalla declinazione del sole. In altri termini, si
utilizza la suddivisione equinoziale relativa ad un'altra latitudine, per determinare le ore ineguali alla nostra latitudine. Esprimiamoci
con due esempi:
* se viviamo alla latitudine di 40°N, nei giorni di solstizio andiamo a leggere le ore negli stessi archi del quadrante che corrispondono
all'equinozio per le latitudini di 63.5° o di 16,5°. E le suddivisioni intermedie fra le due latitudini estreme servono per gli altri giorni,
due all'anno per ogni latitudine.
* a rovescio, la suddivisione oraria equinoziale corrispondente alla latitudine di 45° serve anche per leggere le ore in tutto l'arco di
latitudini comprese fra 21,5° e 68,5° nei due all'anno giorni in cui la somma ( + ) è di 45°.
Quanto ho esposto è solo frutto di considerazioni logiche: se un diagramma va bene un giorno, non può andare bene
sempre. Sennò, Euclide che ci sta a fare?. Ma lo dovevo dimostrare.
Mi sono chiesto come l'ignoto costruttore sia arrivato a questo disegno, che colpisce per la sua eleganza formale, ma
colpisce anche chi lo vede dal punto di vista geometrico, per la fantasia di chi lo ha costruito. E ovviamente, secondo la mia
abitudine (o è solo un pallino dovuto alla senescenza?) ho cercato l'origine meramente geometrica, intuitiva, del problema.
Per proporre un probabile schema di iter mentale, ho fatto ricorso all'Analemma, nella "condizione" più semplice,
all'equinozio. Il raggio OS è uguale alla distanza AB, e l'altezza meridiana corrisponde nelle due figure al complemento (90° - )
della latitudine.
Considerando sull'Analemma un'ora h qualsiasi, l'altezza h è data dalla relazione:
h = arc sen (sen h cos )
Se ci trasferiamo ora sul quadrante, occorre fare riferimento ai due triangoli rettangoli AKQ e AKK0, per dimostrare che
AKK0 è uguale ad AH1H0 dell'Analemma.
Facendo ricorso ad una nota relazione (Euclide):
(KK0/AK) =(AK/AQ)
il che, tradotto in termini trigonometrici, diventa
(KK0/AK) = (sen h cos ).
Considerando il mero rapporto, è così dimostrato che l'angolo h del quadrante è identico a quello dell'Analemma; inoltre,
poiché si è assunto il raggio dell'Analemma uguale ad AB, i due triangoli AKK0 e AH1H0 sono uguali (il che tutto sommato non è
rilevante.)
Ovviamente la dimostrazione della correttezza geometrica del quadrante agli equinozi porta ad escludere che la sua
utilizzazione sia corretta quando non si è nell'equinozio; e qui intervengono il Saggio della dott. Archinard e quello dell’Ing. Ferrari, a
dimostrare matematicamente l'andamento di tali differenze orarie al variare di latitudini e declinazioni.
A questo punto viene spontanea una idea.
Si premette che gli astrolabi erano dotati di alcuni timpani intercambiabili, sovrapposti e disegnati sulle due facce, in modo
di coprire le latitudini (in genere i 6-8 gradi della fascia più bassa del Mediterraneo per gli strumenti arabi, ed una fascia analoga, ma
più alta, per quelli europei) rilevanti per il possessore; ogni timpano era dotato delle linee orarie delle ore ineguali, valide ovviamente
per la sola latitudine per cui era costruito il timpano, ma "giuste" per tutte le declinazioni del sole. Perché allora costruire sul verso
dello strumento un quadrante delle ore ineguali meno affidabile e meno preciso?
Finora non ho trovato una risposta convincente, e quindi tutte le soluzioni sono aperte; io ne affaccio due, scrivendo anche
l’argomentazione “contro”:
1) Può darsi che si volesse uno strumento un poco più rapido e diretto, anche se meno preciso, che sostituisse la lettura sulla facies
dell'astrolabio. Ma il possessore dello strumento doveva pur sapere come si fa a trovare le ore ineguali sulla facies, e l'operazione
non è poi così difficile; inoltre la af cies era necessaria per trovare l'altezza meridiana del giorno, e quindi lo strumento era già
nell'assetto giusto per trovare l'ora.
2) Ho esaminato anche l'ipotesi (suggerita indirettamente dal testo trecentesco del quadrante di Profacio, di cui forse tratterò un'altra
volta, per non "rompere" oltre i limiti della decenza) che le ore ineguali così concepite e così inesatte servissero per gli oroscopi. Ma
in genere la redazione di questi documenti avveniva a tavolino, e si utilizzava la facies dello strumento, più completa, e non il verso.
Inoltre il quadrante di Profacio difficilmente può essere assunto a riferimento, perché era un compromesso, per rendere trasportabile
e universale (secondo lui, ovviamente) l'astrolabio.
Lascio aperto il problema a chi trova altre idee in merito.
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OROLOGI CILINDRICI A SEZIONE CIRCOLARE
Riccardo Anselmi, Tenso, Saint Vincet (AO)
Gli orologi solari cilindrici, come dice il nome stesso, sono quadranti solari che si sviluppano su superfici cilindriche. Possono essere
concavi o convessi, inoltre lo stilo può essere allineato con l’asse del cilindro oppure spostato. Le sezioni dei cilindri possono essere
cerchi, parabole, ellissi, iperboli o anche altre funzioni, che, però, hanno solo interesse teorico.
Se ne conoscono solo alcuni: i più famosi appartengono allo stupendo gruppo monumentale ubicato nel giardino del Quirinale. La
scultura in marmo bianco, risalente alla prima metà del ‘600, composta da 4 orologi solari concavi, è opera di Teodosio Rubeo, al
quale ho dedicato alcuni programmi per la realizzazione grafica di orologi cilindrici.
Il metodo presentato consente di realizzare un orologio con un procedimento matematico geometrico utilizzabile anche senza
l’ausilio del computer; un secondo metodo, capace di generare la meridiana come luogo geometrico sfruttando la stessa proprietà
del cilindro di essere definito come inviluppo dei suoi piani tangenti, è proposto nella parte teorica e nella versione software sul sito
web http://digilander.iol.it/sundials , alla pagina novità.
Per contenere la lunghezza del testo, nella versione che segue, viene trattato il solo caso del quadrante cilindrico verticale a sezione
circolare, concavo e convesso, con l’ortostilo ( in realtà falsostilo) allineato con l’asse del cilindro. Esaminiamo prima l’orologio solare
convesso.
Figura 1
Nella figura 1 è visibile il cilindro in
assonometria; in figura 2 si notano il cerchio
che rappresenta una sezione del cilindro,
il piano tangente al cilindro nel punto C
della retta generatrice CM ed il piano
tangente al cilindro nel punto variabile T’ di
un’altra generatrice. Si traccia una retta da
N, perpendicolare a ed esterno al cerchio,
verso O centro del cerchio, in modo che
coincida con la direzione sud nord, a partire
da N punta dello stilo. NC rappresenta lo
stilo polare di lunghezza st. Quando il piano
coincide con , l’angolo d, che
rappresenta la declinazione del piano nei
confronti di rivolto esattamente a sud, è
uguale a 0.
Si costruisce su il quadrante di latitudine
, con stilo polare st e d = 0° (figura 3).
Poiché
è tangente al cilindro lungo la
linea meridiana, comune ai due quadranti (
piano e curvo), i punti del quadrante piano
che si trovano sulla linea meridiana
appartengono anche al quadrante cilindrico.
Facendo variare d, per esempio ponendo d
= - 5°(figura 4), si calcola il quadrante piano con declinazione 5° est e con lo stilo stv, ovviamente più corto di st. Anche il piano
declinante di - 5° ha in comune con il cilindro una retta di tangenza che interseca il quadrante piano in alcuni punti comuni anche al
cilindro
Con questa tecnica abbiamo potuto individuare altri punti che appartengono al quadrante piano che giacciono sul cilindro. Basta
estendere questo procedimento e far variare opportunamente d per ottenere ulteriori punti del quadrante cilindrico.
Per la realizzazione pratica dell’orologio cilindrico si imposta su uno spolvero un sistema di coordinate cartesiane ortogonali che ha
come asse delle ordinate la linea meridiana e come asse delle ascisse la linea del tramonto. Si riportano i punti di intersezione delle
linee caratteristiche del quadrante piano di declinazione d con la retta di equazione x
r Î tan d (pari alla distanza G’T’), tenendo
presente che sullo spolvero la suddetta retta ha equazione xcil
Î r Î d /180 (pari all’arco MT’) e che le ordinate y devono
essere misurate dalla linea albe - tramonti. Infatti il quadrante cilindrico e i vari quadranti piani hanno in comune la linea
dell’orizzonte e la punta dello stilo.
Proviamo a individuare alcuni punti di una meridiana cilindrica in cui r = 1 m, st = 0.3 m e = 46°.
Utilizzando le formule stv st r 1 cos d / cos d cos , x
r tan d , xcil
Îr Îd / 180 si ha :
d
0°
-5°
-10°
-15°
-20°
-25°
-30°
stv
0.3 m
0.2945 m
0.2777 m
0.2492 m
0.2076 m
0.1511 m
0.0773 m
x
0m
0.0874 m
0.1763 m
0.2679 m
0.3639 m
0.4663 m
0.5773 m
xcil
0m
0.0872 m
0.1745 m
0.2618 m
0.3490 m
0.4363 m
0.5236 m
Le
figure 3, 4, 5 e 6 rappresentano le meridiane che hanno rispettivamente le declinazioni 0 ,5, 10 e 15 gradi est. Sono evidenziati i
punti d’intersezione dei quadranti con le generatrici del cilindro e, in figura 7, lo spolvero con gli stessi punti d’intersezione riportati
opportunamente.
Si procede nello stesso modo, variando d, sino a quando la meridiana cilindrica è sufficientemente definita ricordando che il
quadrante è simmetrico rispetto alla linea del mezzogiorno per cui, per completarlo, basta riportare sulla parte sinistra i valori trovati
per la parte destra.
La figura n°8, eseguita con il computer, propone il quadrante, dotato di mezze ore e di linee zodiacali, sviluppato sopra una
superficie piana.
Vediamo il caso delle meridiane concave: si prenda in considerazione la figura 2b. Questa volta lo stilo è rivolto verso l’interno del
cilindro. Un ragionamento analogo a quello tenuto sulle meridiane convesse dà questi altri risultati, utilizzando le seguenti formule
stv
st
r 1 cos d / cos d cos , x r tan d , xcil
Îr Îd / 180
D
stv
x
xcil
0°
0.3 m
0m
0m
-5°
0.3054 m
-0.0874 m
-0.0872 m
-10°
0.3222 m
-0.1763 m
-0.1745 m
-15°
0.3507 m
-0.2679 m
-0.2618 m
-20°
0.3923 m
-0.3639 m
-0.3490 m
-25°
0.4488 m
-0.4663 m
-0.4363 m
-30°
0.5227 m
-0.5773 m
-0.5236 m
Nelle figure 9, 10, 11 e 12 ci sono i quadranti piani declinanti 15, 10, 5 e 0 gradi est sui quali sono segnati i punti da riportare sullo
spolvero. Infine, la figura 13 evidenzia alcuni tratti del quadrante cilindrico concavo costruito per punti con la tecnica appena
spiegata.
Un’ultima osservazione che attiene i quadranti cilindrici con stilo polare non in asse. Tale caratteristica la si può considerare come la
declinazione di un quadrante cilindrico.
Il procedimento matematico geometrico descritto, malgrado sia laborioso, consente, in modo facile ed accessibile alla maggior parte
degli gnomonisti, di tracciare un quadrante cilindrico senza l’uso del computer. Sul sito web http://digilander.iol.it/sundials è
disponibile la teoria matematica ed il software grafico che utilizza il metodo succitato.
COSTRUZIONE DI UN QUADRANTE DECLINANTE PER PROIEZIONE
Natale 1999, Alessandro Gunella, Biella
E’ ovvio che la costruzione di un orologio solare va considerata come la più antica applicazione della Geometria Proiettiva: si potrebbe
affermare che tale parte della Geometria (compresa la intera teoria delle Coniche) abbia avuto origine dalla gnomonica. E’ una constatazione, non
una idea campata in aria: basta leggere Desargues.
Tuttavia è assai strano che proprio gli gnomonisti ignorino di fatto le proprietà e le possibilità offerte dalla Geometria Proiettiva, e si siano
fossilizzati in quelle poche costruzioni geometriche note ed arcinote, scartando altri metodi grafici che pure sarebbero utili, anche per i riflessi
applicativi nello sviluppo di algoritmi matematici paralleli. Ne è un esempio classico l’Analemma di Tolomeo, oggi desueto, che invece ha goduto di
apprezzamento per parecchi secoli, si può dire fino alla metà del 600. (A costo di smentirmi, devo precisare però che, tranne in casi particolari, e
uno è l’Analemma appunto, i metodi grafici standard sono sostanzialmente quelli che si sono dimostrati i più utili e i più semplici da spiegare e da
applicarsi, e che le mie note a volte interessano solo il malato di Geometria; per fortuna siamo in pochi, altrimenti si sarebbe trovata la cura. Spero
di diffondere il virus, così troverò qualche interlocutore.)
Voglio qui illustrare come sia possibile, seguendo una teoria elementare, disegnare un quadrante declinante a partire dal quadrante
verticale non declinante. Si tratta dunque di un caso particolare, il più semplice; però le proprietà geometriche illustrate sono valide in generale, per
coppie di quadranti qualsiasi. Tuttavia la “logica” consiglia sempre di partire dal quadrante più facile a costruirsi, o dal più noto, per arrivare al
complesso. Chi trova divertente applicare le proprietà che si illustrano, potrà applicare il metodo ai quadranti su pareti inclinate, per esempio….
In sostanza, il metodo è UNIVERSALE, ma si sa che i casi limite possono dare qualche fastidio, e che l’universalità va presa cum grano
salis.
La Teoria:
Due piani e si intersechino lungo la retta u. Se da un punto T esterno ai piani lanciamo un raggio
TA, esso li interseca nei punti Ab e Aa, che vengono chiamati “omologhi”, perché hanno origine dalla stessa
proiezione. (Fig. 1)
E’ così possibile stabilire un rapporto di corrispondenza biunivoca fra i punti
dei due piani, denominato “omologia”. In particolare, i punti come E (che si trova
sulla retta di intersezione fra i due piani), corrisponderanno a se stessi; saranno cioè
uniti, per cui si dirà che la retta u è la retta unita, formata da punti uniti.
Alla retta EAb corrisponderà sull’altro piano la retta EAa, e al punto Mb corrisponderà
sul piano a un punto Ma: a distanza infinita. Da Mb passa quindi una retta parallela
alla retta u, i cui punti Mb hanno per corrispondenti sul piano a tutti i punti di esso a
distanza infinita. Ovviamente su a esisterà una seconda retta i cui punti saranno
corrispondenti ai punti a distanza infinita del piano b.
Come conseguenza, (Fig. 2) se disegniamo sul piano a il triangolo AaBaCa , e tracciamo il suo
omologo AbBbCb , i lati saranno formati da rette convergenti rispettivamente in S,R e Q sulla retta unita, ed i
raggi passanti per i vertici si incontreranno in T. (Se vogliamo insistere, ci sono tre piani -TAQ – TBS – TARtutti uscenti da T, che si intersecano nei raggi proiettanti, e intersecano i piani di proiezione. Ovvio che le rette
intersezione si incontrino nei punti S,R e Q). Si vuole ancora notare una particolarità: anche la coppia di
triangoli QAaR e QAbR ha caratteristiche proiettive analoghe a quella esaminata sopra.
Tutte queste considerazioni non avrebbero utilità pratica, se non esistesse
un’altra proprietà, che qui illustreremo senza dimostrare:
Se si stabilisce una proiettività analoga, ma del tutto indipendente (quindi
con punto Tx di proiezione e retta unita diversi da quelli della prima forma presa in
esame) ad esempio fra il piano a e un terzo piano d, la proiettività coinvolge anche
i punti del piano b. In altri termini, è possibile individuare la regola che stabilisce
direttamente i rapporti fra i punti di d e quelli di b, senza passare per a. E
l’operazione può essere fatta “a cascata”, con il numero di piani e di proiezioni
successive che si vuole: resta sempre possibile trovare la regola di proiettività fra due piani qualsiasi del
processo. Una delle applicazioni di questa proprietà è quella nota come “ribaltamento”: si fa ruotare il piano b
fino a sovrapporsi al piano a. Tecnicamente, l’operazione può essere considerata una proiettività se la si
immagina con questa sequenza: si considerino un piano bisettore c fra a e b, e un polo di proiezione a
distanza infinita T x :. , in posizione tale che i suoi raggi siano perpendicolari al piano bisettore c, e su
quest’ultimo si proiettino il piano b e il punto T. Ovviamente le figure sul nuovo piano sono deformate (si
dicono omotetiche, ma non è il caso di dilungarsi), rispetto a quelle del piano b; dopo di che, si ripeta
l’operazione usando come polo sempre lo stesso punto Tx :, proiettando sul piano a tutto quello che si trova
nel piano bisettore c. (L’operazione sembra un poco cerebrale, e in realtà lo è; i “geometri” sono sempre stati
anche filosofi…)
E le figure diventano di nuovo uguali a quelle del piano di partenza b, ma ad esse si aggiungono
alcune particolarità: la proiezione T 0 di T, e dei suoi raggi proiettanti.
La nuova figura (Fig. 3) che si ottiene, sostanzialmente sovrapposizione dei piani b e a, ha sempre la
retta u unita, ma ha dunque in più il punto T0, proiezione di T.
Conseguenze: le rette omologhe (come AaBa e AbBb), si
incontrano nei punti (come Q) sulla retta unita, e le coppie di
punti omologhi (come Aa e Ab) , sono allineate con il punto T 0.
Se ora vogliamo passare alle coppie di triangoli, si
può dire: due triangoli sono omologici quando i vertici sono
omologhi, cioè quando i vertici con lo stesso nome sono
allineati a due a due con il polo T 0, e quando i lati si incrociano
a due a due sulla stessa retta u. Nella nostra figura le coppie
di triangoli omologici sono : ABC e A’B’C’
RAQ e RA’Q
RCS e RC’S
SBQ e SB’Q , dove R,S, e Q sono
punti uniti.
Complicato? Ci si abitua.
Applicazione all’orologio solare.
L’orologio verticale non declinante è materializzato nella nostra figura 4 da pochi elementi essenziali,
per rendere leggibile l’operazione: il triangolo gnomonico CTM, la linea meridiana CM, la linea di orizzonte
K6inf, la equinoziale MH, e la linea oraria dell’ora H. Si è messa anche l’indicazione del punto 6inf, per ricordare
al lettore che la linea delle 6 incrocia la equinoziale (e la linea di orizzonte) a distanza infinita. Il punto M è il
punto delle ore 12 sulla equinoziale.
Il quadrante declinante (nel disegno: d = 30° Ovest) avrà in comune con quello precedente la linea
meridiana, con i punti C, K, M. (Cfr. Fig. 4bis). Occorre individuare su di esso almeno un punto che sia
sicuramente omologo di un punto del quadrante non declinante, e a ciò si presta il punto 6’, punto delle sei
equinoziali, comune alla equinoziale M6’ e all’orizzonte K6’.
Abbiamo così almeno tre coppie di elementi
omologhi sui due piani: i punti 6inf e 6’, i due “orizzonti”,
e le due equinoziali. E abbiamo anche la retta unita.
Il ribaltamento si può fare considerando il
disegno nella metà inferiore della Fig. 4: se
immaginiamo di vedere dall’alto i due quadranti, H6’ e
KT 1 sono le piante dei supporti dei due quadranti, KT 0 è
la proiezione in pianta dello gnomone; il triangolo KT 0T 1
è valido per la declinazione Ovest d=30°. Ribaltando la
distanza KT 1 (che è la K6’ della figura 4bis) si ottiene il
punto delle ore 6 del quadrante declinante, indicate nel
disegno come 6’, ribaltato sopra la parete di quello non
declinante. La equinoziale del 2° quadrante è M6’. E il
punto M è punto delle ore 12 anche per il 2° quadrante;
e la meridiana CM è la retta unita.
Essenziale per quanto esposto sopra è l’individuazione del polo S, proiezione del vertice T dello
gnomone sul piano di rappresentazione: la retta T 0S è perpendicolare alla bisettrice dell’angolo di
declinazione.
Risultati:
il “triangolo” K6inf M ha come omologo il
triangolo K6’M.
per trovare H’, omologo di H, basta tirare la
retta HS: l’intersezione con M6’ sarà
sicuramente H’. La linea oraria corrispondente
nel secondo quadrante sarà dunque CH’,
omologa di CH, in quanto entrambe
convergono al punto unito C.
seguendo lo stesso ragionamento, se sulla
linea oraria CH si trova il punto P, il suo
omologo sarà P’, allineato con S. In pratica,
tuttavia, non è conveniente trovare P’ in
questo modo, perché le linee formano
intersezioni troppo imprecise; se però da P si
fa passare una parallela alla equinoziale (cioè
si unisce P con 6inf) , la sua omologa dovrà
necessariamente passare per il punto D sulla
retta unita, e per 6’: l’intersezione P’ è più
consona e precisa.
La teoria è tutta qui: giocando sugli allineamenti e sui punti omologhi già individuati, è possibile
trasferire direttamente per punti linee orarie e curve giornaliere dal quadrante non declinante a quello
declinante. Ovviamente l’operazione, ancorché teoricamente generale, ha i suoi limiti pratici. Ma potrebbe
essere una utile base di partenza per la costruzione di vari generi di quadranti, una volta che si disponga del
quadrante non declinante per la località e per il sistema orario. Note le coordinate dei punti essenziali sul
quadrante non declinante, l’algoritmo di trasferimento dei punti omologhi sarà assai elementare.
E preparare un algoritmo per trasferire la lemniscata delle ore medie?
La sfera armillare di Mario Rossero
Primo premio della sesta edizione del concorso “Le Ombre del Tempo” a Brescia
Enrico Del Favero - Mario Rossero
Sabato 5 febbraio 2000, presso la galleria Techne Laboratorio di via Piamarta nel centro storico di Brescia, si sono svolte le
premiazioni dei vincitori della sesta edizione del concorso internazionale “le Ombre del Tempo” per costruttori di orologi solari
organizzato dall’Unione Astrofili Bresciani con il patrocinio dell’Unione Astrofili Italiani e della Società Astronomica Italiana.
In precedenza, in data 16 ottobre 1999, era stato redatto, e successivamente distribuito, il verbale con la graduatoria delle opere
premiate e menzionate, scelte fra le 84 presentate al concorso, in base ai giudizi espressi dalla Giuria costituita da Mirco Antiga,
Francesco Azzarita, Piero Bianucci, Giuliano Romano, Piero Tempesti.
I vincitori sono risultati nell’ordine Mario Rossero di Villarfocchiardo (TO), per la sfera armillare oggetto del presente articolo, Renzo
Righi di Correggio (RE), Joan Olivares Alfonso di Valencia (Spagna) e Mario Arnaldi di Lido Adriano (RA).
Viene data qui una breve descrizione, con alcune immagini significative, dell’opera che si è aggiudicata il primo premio, opera
realizzata e presentata da Mario Rossero ( Via Umberto I° 80, 10050 Villarfocchiardo - TO, tel. e fax 011-9645204) e premiata “per
la complessità della realizzazione, l’eleganza e l’originalità della meridiana su sfera armillare”.
Lo strumento può essere sinteticamente definito, con le parole con cui il suo autore lo ha presentato al concorso bresciano, come
“una sfera armillare con funzione di quadrante solare per conoscere i movimenti del sole nei vari periodi dell’anno, a latitudini diverse
e a tutte le ore”.
Essa è stata realizzata interamente in ottone e bronzo, è alta 310 millimetri, ha un diametro massimo di 230 millimetri e pesa circa
3,5 chilogrammi.
Elemento centrale della sfera è il sistema di puntamento, rappresentato smontato e isolato in figura 1. Esso è costituito dall’asse del
globo formato da un elemento cilindrico con diverse torniture ornamentali , da settori circolari con le scale di declinazione dei vari
mesi dell’anno, e da un’alidada con pinnule e cursore estensibile per il puntamento del sole. L’alidada imperniata sull’asse del globo
è solidale con la lancetta del piccolo quadrante circolare superiore della sfera sul quale sono incise le 24 ore con suddivisioni orarie
ogni quarto d’ora..
Altro elemento fondamentale è la vera e propria sfera riportata, anch’essa smontata e isolata, in figura 2. In essa sono visibili il
coluro dei solstizi ( il cerchio orario che passa per il punto Gamma dell’Ariete e per quello della Bilancia a declinazione nulla) e quello
degli equinozi ( il cerchio che passa per i punti dell’eclittica, Cancro e Capricorno, a massima e minima declinazione), i circoli polari
e dei tropici, l’equatore, l’eclittica con i segni zodiacali divisa in gradi. Per migliorare il passaggio del sole, nell’uso della sfera come
orologio solare, è stata praticata una finestra ellittica attraverso i cerchi dei tropici, dell’equatore e della fascia dell’eclittica che
introduce una interruzione fisica di detti elementi.
Figura 1
Figura 2
Nella figura 3 è riportata una visione fotografica di insieme della sfera armillare montata sul suo basamento costituito da quattro
braccia semicircolari che si aprono a ventaglio da un plinto centrale, mentre nel disegno schematico di figura 4 sono rappresentati i
vari elementi componenti la sfera unitamente ad una descrizione sintetica della loro funzione.
Figura 3
Figura 4
La lettura dell’ora solare vera locale sul piccolo quadrante circolare si ottiene nel seguente modo:
Si regola, ruotandolo, il cerchio del meridiano, posto esternamente alla sfera di figura 2, sulla latitudine del luogo in cui viene
posizionata lo strumento. La regolazione avviene rispetto al cerchio graduato dell’orizzonte montato sul basamento.
Si posiziona l’indice dell’alidada sulla data del giorno della lettura facendo poi ruotare sia lo strumento sia l’asse del globo fino a
quando il sole, attraverso il forellino della pinnula anteriore, lascerà un cerchietto di luce perfettamente centrato nel riferimento
della pinnula posteriore.
Operando come sopra lo strumento risulta automaticamente e permanentemente orientato sull’asse nord-sud senza l’aiuto di
vari sistemi di orientamento possibili, ivi compreso quello abbastanza comune, ma non esente da errori, della bussola.
Dopo l’orientamento iniziale dello strumento, che consente una prima lettura dell’ora vera solare locale del momento, la lettura
delle altre ore del giorno avviene semplicemente ruotando l’asse del globo fino a che venga ottenuta la centratura del
cerchietto di luce sopra descritta.
Per la lettura delle ore di altri giorni basterà modificare con le nuove date la scala delle declinazioni.
Sul cerchio dell’orizzonte scorre radialmente come su un binario un’alidada “di altezza” divisa in gradi ( a partire da 0° per altezze
nulle fino a 86°) a forma di settore di cerchio. Essa, posizionata davanti all’alidada di puntamento del sole, permette di conoscere
l’altezza del sole sopra e sotto l’orizzonte in qualsiasi latitudine, data e ora.
Dato che l’alidada di puntamento ruota all’interno del globo e non è solidale con esso, la sua punta risulta ad una certa distanza
dall’alidada di altezza prima ricordata. Come sopra accennato, per una ottenere una maggiore precisione di lettura dei valori
dell’altezza del sole la punta è dotata di un cursore estensibile e può così sfiorare detta alidada di altezza.
Lo strumento consente inoltre, sempre utilizzando la punta dell’alidada di puntamento diretta questa volta sul cerchio
dell’orizzonte, di conoscere l’ora del tramonto e dell’alba del sole per tutte le latitudini e tutti i giorni dell’anno; oppure, sempre a
titolo di esempio, di individuare a che ora il sole raggiunge in una certa data determinate altezze o azimut.
Esso può quindi essere utilizzato, oltre che come orologio solare, anche come un vero e proprio modello spaziale per la
simulazione dei movimento del sole rispetto alla terra, adempiendo in maniera molto più generale e didatticamente intuitiva alle
stesse funzioni ottenibili per gli stessi movimenti dall’astrolabio.
La realizzazione della sfera ha comportato l’impiego da parte dell’autore di circa 150 ore di lavoro. Sono stati utilizzati macchinari e
strumenti di notevole precisione fra cui una fresatrice verticale a testa universale, un tornio parallelo e tutta la classica attrezzatura
da officina meccanica come: calibri, micrometri, comparatore, goniometro a nonio, piano di tracciatura completo di truschino e
blocchi prismatici.
La maggior parte delle operazioni sono state svolte sulla fresatrice con l’impiego di una tavola girevole che ha permesso sia la
fresatura sia la divisione dei vari cerchi graduati. L’elemento di più difficile realizzazione è stato il globo di cui alla figura 2 ; la fascia
dell’eclittica e i trenta pezzi che lo compongono sono tutti incastrati fra di loro ed ogni giunzione è stata saldata a stagno. Coluri,
equatore, tropici e circoli polari del globo sono stati ricavati per fresatura da lamiera di ottone (i circoli polari hanno sezione quadra
di 2x2 millimetri).
La Gnomonica nel WEB
Diego Bonata – Circolo Astrofili Bergamaschi
Dopo aver sospeso per alcuni numeri la nostra rubrica,
riprendiamo ora con l’analisi di due argomenti che mi
riguarda molto da vicino.
Sto parlando della prima mail list di gnomonica italiana
nata dalla mia proposta del primo numero di Gnomonica
proprio in questa rubrica.
Per chi infatti non ne fosse ancora a conoscenza, ora è
possibile sfogare i nostri desideri gnomonici in sedi
diverse da quelle tradizionali come i congressi, ma ogni
3 mesi attraverso la rivista che state leggendo e
attraverso una lista di posta elettronica a tema, che
mette gli gnomonisti italiani in contatto in tempo reale ed
in ogni parte d’Italia permettendo loro di evitare il
consueto isolamento e di scambiare opinioni e interessi.
Per chi non fosse ancora a conoscenza della lista
denominata
GnomonicaItalia,
può
iscriversi
gratuitamente mandando un messaggio senza oggetto e
corpo a:
gnomonicaitalia-subscribe@egruops.com
rispondendo
in seguito alla mail di richiesta di conferma che si riceve.
Si pensi che dal primo giorno di vita 20/02/99 in cui è
apparsa la prima mail di benvenuto, attualmente gli iscritti sono più di cento, ed i messaggi in essa postati in soli 9 mesi sono circa
720. Che non si dica che quest’anno gli gnomonisti non hanno potuto confrontarsi, discutere o litigare! Penso comunqu eche la cosa
interessante di questi 700 messaggi è che non sono stati personali ma che li hanno scritti 90 persone ed altrettanti li hanno sempre
ricevuti!
Il secondo progetto che mi riguarda in prima persona ed a cui vorrei dedicare maggiore spazio, e’ l’ultima versione del programma
nazionale di catalogazione quadranti solari AQS 4.2 per
windows.
L’ultima versione di tale programma è attualmente in
internet disponibile nelle pagine Web:
http://www.vialattea.net/bonata/meridiane/Aqs95.htm
dove è possibile scaricare ogni altro tipo di informazione
che lo riguarda, si puo’ infatti seguire passo passo
l’installazione, osservare il tracciato dei record del nuovo
programma, studiare il manuale di istruzioni, seguirne
l’apprendimento con una guida visuale di come lavorarci
(realizzata con grande cura dall’amico Mario Arnaldi) ed
infine consultare ed avere risposta alle proprie domande
sul programma ed i più frequenti dubbi posti dagli
utilizzatore di AQS95.
In effetti pur non essendo stato presentato nulla al
recente congresso sul Lago di Garda, il programma è
pero’ stato distribuito agli interessati nella sua ultima
versione, sia in italiano nelle versioni per dos che per
windows 95, che in inglese per Windows 95.
La nuova versione permette di ottimizzare come non
prima, la gestione degli archivi Aqs, fornendo un valido
aiuto nelle ricerche molto complesse e accurate,
permettendo la stampa di schede, di statistiche e di grafici, il riordinamento degli archivi, permettendo l’inserimento di testi all’interno
dell’archivio (2 per ogni scheda) cosi’ come l’inserimento nell’archivio di quante immagini si desidera.
Il programma è ovviamente di pubblico dominio, ha l’unico scopo di permettere la diffusione dell’archivio nazionale quadranti solari, e
quindi la condivisione di preziosi dati che altrimenti non potrebbero essere confrontati e soprattutto rischierebbero di essere smarriti
nei singoli archivi di tanti appassionati locali.
Per poterlo utilizzare serve molta esperienza essendo molto intuitivo, è sufficiente un computer con windows 95 o superiore, un po’
di pratica che si acquisisce in pochi minuti di navigazione, e soprattutto la voglia e la convinzione della necessità di utilizzare tale
programma non solo perghè gli altri possano leggere i nostri dati ma soprattutto per costruire un unico recipiente da cui ciascuno di
noi puo’ accedere a tutti i nostri dati che
riguardano i quadranti solari censiti o
realizzati; dati che possono essere testi,
immagini o qualsiasi altro materiale.
Lo scopo personale era soprattutto quello
di permettermi di radunare in un solo
programma o interfaccia tutto il materiale
gnomonico raccolto sulla provincia di
Bergamo, ma il lavoro, con il valido aiuto
del Gruppo Milanese Quadranti Solari e
successivamente con le minuziosi richieste
di aggiunte e correzioni di Mario Arnaldi, è
notevolmente cresciuto e stà lentamente,
compatibilmente con il tempo del
programmatore, inglobando sempre nuove
funzioni e possibilità per estenderlo e
migliorarlo.
Un risultato già sin d’ora è stato raggiunto,
infatti una nuova estensione di AQS è
stata creata e presentata al congresso,
quello che è appunto chiamato AQS View, e cioe’ un programma di supporto agli utilizzatori di Aqs che desiderano presentare il loro
lavoro e soprattutto distribuirlo ad un pubblico meno esperto, ma solo curioso di consultare il catalogo di una provincia o regione.
Attualmente AqsView puo’ essere scaricato nella sua ultima versione da internet, anche se e’ in corso una sua revisione per
aggiungere nuove funzionalità emerse in corso d’uso (gli utilizzatori sono sempre molto esigenti!) e risolvere alcuni inconvenienti
delle precedenti versioni, dopo tutto non sempre tutte le ciambelle escono con il buco al primo colpo!
Ora Aqs95 4.2 è giunto alla versione c con l’ultima revisione presente in internet, ma è costantemente in evoluzione soprattutto
attende di essere ulteriormente esteso con nuove interessanti ed utili integrazioni, fra le quali le piu’ interessanti sono le seguenti:
1- Help on line
2- Nuovi tipi di Grafici (torete, tridimensionali, etc....) stampabili;
3- Browser per visualizzare le immagini al posto del logo
4- Scelte autoguidate per l'inserimento dei dati nell'archivio
5- Stampa delle fotografie
6- Mappe di distribuzione quadranti.
Questa ultima opzione è particolarmente utile per
chi vuole generare delle mappe di distribuzione
degli orologi solari: scalabili con diretta
correlazione fra l’immagine e le coordinate
geografica, con diverse opzioni incorporate di
selezione, visualizzazione e consultazione.
Insomma una novità che penso permetterà un
ulteriore passo per l’integrazione dei dati
dell’archivio, riducendo la necessita’ di fonti
esterne di qualsiasi tipo per trattare cio’ che Aqs
non era in grado di compiere sino ad ora e
soprattutto per permettere di fare cose che forse
solo da informatici esperti potremmo fare.
Ovviamente per fare tutto questo ci vuole tempo,
e soprattutto nuove versioni del programma,
l’ultima delle quali potrete trovarla sempre nei
seguenti indirizzi internet assieme ad altro
materiale informatico ed a tutto il materiale
illustrativo che lo riguarda:
http://www.vialattea.net/bonata/meridiane/software.htm
Forse non siamo il gruppo Europeo piu’ organizzato e forse siamo molto in ritardo nella catalogazione del nostro patrimonio
gnomonico, ma di una cosa sono certo, siamo quelli che, pur in ritardo, sono maggiornente all’avanguardia in tale catalogazione, con
un programma di catalogazione unico e completo ed un trattamento unico dei dati, compatibile su tutto il territori, e di questo
possiamo esserne fieri.
OROLOGIO SOLARE SU PARETE CURVATA
ALL’ENTRATA DELLA CHIESA DI SANT’ANGELA MERICI A BRESCIA
Giacomo Agnelli, Brescia
Premessa
La realizzazione dell’Orologio Solare di cui si è parlato nel IX Seminario Nazionale di Gnomonica a
San Felice del Benaco - vedere agli Atti, intervento di Gianni Cornacchiari alle pp. 155 >159 - è
stata felicemente conclusa sulla chiesa dedicata alla santa bresciana Angela Merici, ubicata in un
quartiere residenziale a Sud-Est della città di Brescia.
Nel complesso religioso la facciata che dà sulla strada ha un’esposizione verso sud, perciò è stata
scelta per realizzare l’orologio solare. Essa risulta avere andamento curvilineo e si è pensato di
tracciare due “ Meridiane”, quindi con due distinti gnomoni: una che segna le ore del mattino e
l’altra quelle del pomeriggio (fig.1).
Per tracciare un orologio solare su parete incurvata risulta molto difficoltosa l’impostazione con in
metodi classici, ossia quelli normalmente usati per le pareti piane. Si è costatata, in tal caso, una
preziosa utilizzazione del “trigono“, del quale si è pure parlato al IX Seminario, come risulta agli
Atti, intervento del sottoscritto alle pp. 21 > 30.
Nell'ultima domenica di Gennaio 2.000, festa patronale, è avvenuta l'inaugurazione del manufatto
alla presenza di autorità e di numeroso pubblico. E' stata fatta una presentazione adatta alla
comprensione popolare, che qui si riporta sommariamente.
Cos'è un orologio solare
L’orologio solare – detto impropriamente “meridiana” – è un arcaico strumento scientifico che si
serve dell’ombra del sole per indicare il trascorrere del tempo, sia le ore della giornata sia le
stagioni ed i mesi dell’anno. Poco più di un secolo fa era il regolatore della vita agreste ma anche
degli orologi meccanici delle torri campanarie.
C’è un ritorno d’interesse per le meridiane, soprattutto all’estero ma ora anche in Italia, un
desiderio di conoscenza del modo con cui i nostri antenati misuravano il trascorrere del tempo.
Oggidì, una riscoperta ed una valorizzazione culturale di questi segnatempo antichi si dimostra
molto gradita a chi ama le cose dei nostri predecessori.
A cosa serve oggidì una meridiana?
Ai fini pratici non serve più: ci sono radio e TV che indicano l’ora esatta più volte il giorno onde
poter regolare il nostro orologio! Ma se ben la guardate - la nostra meridiana - essa acquisterà un
fascino tutto suo, come avere un gioiello antico da custodire, perché se ne conoscerete il valore
attraverso il modo di “leggerla” ne proverete soddisfazione e la consegnerete poi ai più giovani da
tramandare ai posteri.
E’ vero: comprendere come funziona e come va letta non è immediato e nemmeno sembra facile!
La cosa era invece ovvia a tutti (anche al volgo) nei tempi passati, quando non c’erano orologi da
tasca o da polso e tutte quelle cose moderne che c’informano appena lo vogliamo. Si tratta allora
di porre attenzione alle spiegazioni che verranno date… e vi piacerà sicuramente.
L’originalità di quest’opera
L’idea di fare la meridiana sulla parete all’entrata principale della chiesa nacque quasi subito ma la
gestazione fu alquanto lunga. Si disse: “La inaugureremo nel giorno commemorativo della Santa
Patrona della parrocchia, il giorno di Sant’Angela Merici”. Ed ecco il giorno è arrivato!
Alcuni problemi di ordine tecnico dovettero essere risolti, poiché il luogo scelto è una curva a
tamburo e non una parete piana come generalmente si usa per quasi tutte le meridiane. Tale fatto,
rese possibile il compimento di essa se non dopo aver costruito uno strumento, chiamato Trigono,
capace di simulare la direzione dei raggi del sole nelle varie ore della giornata ed in tutto l’arco
dell’anno.
Lo strumento, moderna versione di un attrezzo usato nei secoli scorsi, e questo orologio solare
furono due temi presentati nel Convegno Nazionale di Gnomonica 1999 e già nel maggio scorso il
Giornale di Brescia dette notizia della prossima costruzione di questa originale meridiana,
commentando il fatto che - vista l’ampiezza dell’estensione e la forma curvilinea della parete – si
era pensato di tracciare due mezze-meridiane, con due distinti gnomoni (i due stili a freccia che
gettano l’ombra del sole): una per le ore del mattino e l’altra per quelle del pomeriggio.
Le parole in latino
Cominciamo ora a parlare delle scritte in latino che adornano il tracciato: sono il richiamo solenne
della meridiana. Esse si ispirano ai salmi (il Benedictus, cantico di Zaccaria) ed in senso classico
sono dette Le Scritte Morali che fanno meditare l’osservatore. Sarà opportuno, in altra sede,
dedicare una spiegazione più esauriente del loro significato legato a quest'opera, che qui è
semplicemente proposto come traduzione in lingua italiana.
Fra i due tracciati campeggia la scritta:
VERUS SOL REFULGE CHRISTE (Risplendi, o Cristo, Sole vero)
che è il titolo, in altre parole il richiamo generale.
Sulla destra, che precede il grafico del mattino:
VISITAVIT NOS ORIENS EX ALTO (E’ venuto a visitarci dall’alto un sole che sorge)
che è un inneggiare all’alba del giorno nuovo (fig.2).
Sulla sinistra, che segue il grafico serale:
LUCIS CREATOR OPTIMe TUNC SOL RECEDIT IGNEUS LUX SANCTA NOS ILLUMINET
(Sommo Creatore della luce, mentre il sole tramonta, la Luce Santa ci illumini)
che è una preghiera propiziatoria per la sera (fig.3).
L’ora del giorno indicata dall’ombra del sole
E’ il sole con il suo movimento a generare l’ombra che ne indica l’ora del giorno. Pertanto la
meridiana obbedisce a ciò e non alle regole civili, ossia a quelle degli orologi delle torri o dei
campanili o del nostro che abbiamo al polso. C’è una differenza, che all’epoca dei nostri antenati
non risultava: l’orologio va secondo un tempo medio e regolato in base ai Fusi Orari Internazionali
e l’adozione dell’ora civile invernale od estiva, detta legale.
Sarebbe lungo e difficile spiegare qui tale differenza, ma per chi volesse si può fare ugualmente
una lettura in concordanza mediante una semplice somma aritmetica, poiché a Brescia l’ora del
sole é sempre in ritardo sul nostro orologio: utilizzando la tabellina qui riportata (con i mesi
dell’anno ed i minuti in più da aggiungere ogni 10 giorni; per quelli intermedi si fa un’interpolazione)
si può valutare, in base a quanto segna la meridiana, l’ora effettiva che noi leggiamo sull’orologio.
mesi
giorno 1
giorno 10
giorno 20
ult.giorno
GEN
23
27
30
33
FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC
33
32
23
16
17
23
26
20
9
2
8
33
30
20
15
19
25
24
16
6
3
13
32
26
18
16
18
25
22
12
4
5
17
32
23
16
17
23
26
20
9
2
8
23
(NB: quando vige l’ora legale calcolare un’ora in più)
Il ciclo annuale ed i riferimenti religiosi
Dal giorno più breve e la notte più lunga – praticamente a Natale - viene mostrato che il sole forma
un’ombra che si allunga continuamente per sei mesi, dopo di che si ha il giorno più lungo e la notte
più breve, ossia dal Solstizio d’inverno a quello dell’estate. Poi s’inverte, diminuisce continuamente
per gli altri sei mesi dell’anno, indicando che il sole così si comporta: crescendo dall’inizio
dell’inverno fino alla fine della primavera e poi calando dall’inizio dell’estate fino alla fine
dell’autunno. In sostanza, si va dal Natale, secondo la Chiesa, fino al giorno di S. Giovanni
Battista (nato sei mesi prima di Gesù). Questi due “Momenti estremi” sono rappresentati dalle
curve: quella alte, rivolte all’insù, per il Natale e quelle basse, rivolte all’ingiù, per S. Giovanni. Poi
c’è da notare il passaggio, per due volte, dalle linee diritte: quando l’ombra è in fase di crescita, si
ha l’inizio della primavera (per la Chiesa è il giorno dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria, nove
mesi prima del Natale); sei mesi dopo, con l’ombra in calo, si ha l’inizio dell’autunno, al 23
settembre (praticamente è il giorno di San Michele arcangelo, il vincitore dei demoni). Nei due
passaggi si hanno quindi gli Equinozi, rispettivamente di primavera e d’autunno, giorni in cui in
tutto il mondo si hanno esattamente 12 ore di luce ed altrettante di buio.
I mesi zodiacali anziché quelli del nostro calendario
Poiché le stagioni sono determinate dalla posizione del sole (meglio sarebbe dire la posizione della
terra durante il percorso della sua orbita attorno al sole), qui anche i mesi sono riferiti alle stelle,
più precisamente alle costellazioni dello zodiaco, laddove noi vediamo transitare il sole dalla terra.
Nella nostra meridiana, suddivisa in due parti: Mattino e Pomeriggio, i segni zodiacali sono indicati
nel grafico per metà a destra e per metà a sinistra, ma in realtà ciascuno va considerato esteso per
tutta la giornata. Secondo il calendario zodiacale si inizia l’anno dalla primavera.
Ciascuna delle quattro stagioni, dai Solstizi agli Equinozi e viceversa, sono divise in tre mesi di
circa 30 giorni ciascuna (l’anno anticamente era stimato di 360 giorni, ma 5 o anche 6 giorni di
differenza non contano nella meridiana, poiché ai solstizi l’ombra sembra fermarsi). Pressappoco,
contando dall’inizio della primavera, attorno al 20 di ogni mese cambia il segno zodiacale. In
primavera abbiamo l’Ariete, il Toro ed i Gemelli (i cui segni sono rispettivamente indicati così:
^ _ II); in estate abbiamo il Cancro - che è il granchio, un crostaceo di mare - il Leone e la
Vergine ( a d c ); in autunno abbiamo la Bilancia, lo Scorpione ed il Sagittario ( d e f ) ;
in inverno, infine, abbiamo il Capricorno, l’Acquario ed i Pesci (g h i ).
& Rosario Mosello
Orologi solari nell’arco alpino: le meridiane della Val d’Ossola
Edizione Grossi, Piazza Mercato, 37 – 28845 Domodossola (VB), tel e fax 0324-242743
ISBN 88-85407-61-1
Pagg. 261 con numerose illustrazioni colore, b/n e disegni. £. 70.000
Questo bel libro di Rosario Mosello, atteso già da qualche tempo, costituisce una novità nel campo dell'’editoria nazionale
gnomonica oltre che per il censimento degli orologi solari della Val d’Ossola, anche per il fatto di essere il primo libro italiano in cui
compaiono le primissime informazioni sugli sviluppi dell’attività gnomonica in Internet con utili indirizzi web per i “naviganti” che si
imbattessero per la prima volta in questa splendida disciplina. Sfogliando già le prime pagine di questo volume si nota, con piacere,
l’attenza cura editoriale che gli è stata riservata dall’editore, ma soprattutto una delle migliori sintesi divulgative del complesso
capitolo dell’astronomia di posizione (definizioni e concetti) che diligentemente ha curato Mosello. Dopo sedici pagine di
“iniziazione”, il lettore è pronto per entrare nel magico mondo degli orologi solari. Ma è un’illusione perché egli si imbatterà in un’altra
carrellata di definizioni, questa volta gnomoniche, che tuttavia si leggono con piacere. Finalmente arriva forse la parte più bella del
volume: una ricapitolazione storica fra le più ricche presentare fino ad oggi in un libro dedicatio principalmente ad un censimento di
orologi solari. Ben venticinque pagine dedicate alla storia degli orologi solari dall’antichità ad oggi (per raffronto, Rohr nel suo
“Meridiane” ne porta 21).
Ho letto anche con qualche sorpresa, che la “bibbia” Rohr continua ad ingannare. Infatti, l’autore riporta alcune affermazioni dal
citato libro che ho avuto modo di smentire già alcuni anni fa nel mio “Storia della Gnomonica”, come quella che secondo Rohr “nel
periodo fra il IX e il XIV secolo gli studiosi islamici ci hanno lasciato 15 opere di gnomonica”. Forse sarebbe il caso che pensassi ad
un articolo su Gnomonica per emendare alcuni di questi luoghi comuni, visto che Rohr viene sempre preso alla lettera anche quando
fa congetture del tutto infondate.
Con piacere ho notato una certa attenzione (per la prima volta dopo le mie pubblicazioni dal 1995) alla gnomonica di Athanasius
Kircher.
Per il resto, il volume si scorre con molto piacere tra bellissime immagini di orologi solari censiti nella Val d’Ossola (insieme a
numerose informazioni di tipo geomorfologico ed ambientalistico in quanto Mosello è un affermato ricercatore del C.N.R.). Inoltre,
l’autore presenta alcune figure di uomini che hanno contribuito allo sviluppo della gnomonica in Val ‘dOssola, tra cui Giacomo
Brindicci Bonzani, Giovanni Gatti e Piero Portaluppi. Infine, oltre ad una completa bibliografia, il volume riporta in varie appendici i
quadranti solari censiti, la localizzazione e caratteristiche tecniche dei quadranti solari ossolani e la metodologia di censimento
proposta dalla Sezione Quadranti Solari dell’UAI. Un’ultima parola è d’obbligo sulla geniale idea di dedicare alcune pagine ad un
esauriente riassunto dei contenuti in tre lingue: inglese, francese e tedesco. Più di così…
Nicola Severino
& J.B. Heilbron
The Sun in the Church con sottotitolo Cathedrals as solar observatories
Autore :J.B.Heibron
Casa editrice : Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, USA
e London, England, 1999, pp366, moltissimi disegni e foto in b/n e a colori, ricca bibliografia, veste editoriale lussuosa.
Prezzo (veramente contenuto) : $ 35 oppure £ 21.95
J.B.Heibron , Professore e Vice Chancellor Emeritus presso l’Università di California a Berkeley e contemporaneamente Senior
Research Fellow al Worcester College di Oxford è autore di numerosi e premiati testi inerenti alla storia della scienza.
Ha salutato l’uscita del libro persino la prestigiosa rivista scientifica inglese NATURE che nel numero del 9 Dic. 1999, nella rubrica
book rewiews ospita una dotta recensione ad opera di George V. Coyne , astronomo presso l’Osservatorio Vaticano a Castel
Gandolfo.
Il libro passa in rassegna, con estremo rigore storico e scientifico, le famose meridiane realizzate durante i secoli nelle grandi Chiese
cattoliche distribuite in prevalenza sul territorio italiano come Roma, Palermo, Firenze, Bologna, Milano e altre città.
Forse questo ha indotto un commentatore del New York Times del 19 Ottobre 1999 a interpretare questo libro come un’apologia
della Chiesa Cattolica Romana. Niente di più falso. Basta leggere l’ Introduzione dove l’A. riconosce che la Chiesa Cattolica ha sì
finanziato con generosità lo studio dell’astronomia per oltre sei secoli, chiamando a raccolta scienziati di chiarissima fama, ma che
l’ha fatto non tanto per amore della scienza quanto per problemi suoi propri di administretion . Valga come esempio eclatante
l'aggiornamento del Calendario Giuliano , voluto da Gregorio XIII nel 1582, per porre ordine alle Feste religiose mobili, in primo luogo
la Pasqua ( la Domenica dopo il primo plenilunio di primavera) che doveva avere come riferimento inequivocabile l’equinozio di
primavera fissato al 21 Marzo, così come stabilito nel Concilio di Nicea del 325. Si tratta, come è noto del calendario Gregoriano,
attualmente in uso in mezzo mondo, che sta anche a dimostrare come un problema amministrativo, risolto, della Chiesa possa avere
una ricaduta ampiamente positiva nella società civile. E che dire della stupenda e ineguagliabile meridiana di S. Maria degli Angeli,
voluta da Clemente XI nel 1702, per verificare, con esito positivo, la validità del Calendario gregoriano, in particolar modo il corretto
appuntamento dell’equinozio di primavera. Ma gli uomini di scienza hanno abbondantemente superato l’utilizzo ecclesiastico di
questi straordinari precisissimi strumenti con misurazioni indispensabili al progresso della cronometria meccanica che nel Settecento
ha avuto un notevole, decisivo impulso e che nella meridiana , per molti anni ancora, ha trovato un punto di riferimento inderogabile.
Tenendo conto della brillante ironia che traspare di tanto in tanto nel testo, vien fatto di pensare che anche il titolo del libro può avere
un significato un poco intrigante e cioè: possa il Sole, grande Illuminatore della Scienza, entrare nella Chiesa, intesa come
Istituzione, a dissipare le tenebre che l’hanno avvolta per tanto tempo.
A parte queste interpretazioni suggestive resta un godimento dello spirito leggere le pagine, miniere di notizie storiche e scientifiche,
relative allo sconvolgente progresso del pensiero scientifico portato avanti, senza soluzione di continuità, da uomini eccezionali nel
periodo umanistico rinascimentale : Copernico, Tycho Brahe, Keplero, Galilei, Huyghens e quindi Newton.
Un libro insomma tutto da gustare e da riporre poi in bella vista nella biblioteca, pronto per essere condiviso con gli amici.
Luciano Agnes
& Luciano Dall’Ara
L’ombra e il sole. Storia e letteratura della meridiana in Ticino, con un saggio storico di Jacob
Messerli. 1999. Edizione Casagrande. Bellinzona.
Il volume è interessante in quanto viene parzialmente a colmare un vuoto di informazioni sulla gnomonica di una regione ricchissima
di quadranti solari: il Canton Ticino. Infatti non mi risulta sia disponibile altro materiale oltre al saggio di Bianconi e Morisoli (Bianconi,
P. e A. Morisoli. 1970. Meridiane del Ticino. Unione Svizzera delle case Raiffeisen, San Gallo, Ticino, 84 pp), e dello stesso Dall’Ara
(Dall’Ara, L. e B. Donati. 1988. Meridiane in Valmaggia. Museo di Valmaggia, Cevio, Ticino, 32 pp). Molte meridiane ticinesi sono
state inoltre censite nel catalogo dei quadranti dei territori europei di lingua tedesca. Il presente volume di Dall’Ara, costruttore e
restauratore di meridiane, insegnante di decorazione murale alla Scuola Superiore di Arti applicate di Lugano, si pone un obiettivo
eminentemente didattico, sviluppando il discorso lungo una articolazione classica (fondamenti di astronomia, le ombre del sole, il
tempo, la conoscenza del tempo, lemniscata del tempo medio, accenni di gnomonica, la meridiana, la meridiana nella storia, la
lettura della meridiana, la conta delle ore antiche, meridiana lunare, note bibliografiche). Manca purtroppo un discorso di sintesi sui
quadranti del Cantone, impresa peraltro non semplice se si tiene conto che lo stesso Dall’Ara cita che sono presenti sul territorio
oltre 400 quadranti solari. Le immagini, di ottima qualità e ben stampate, si riferiscono quasi unicamente a opere restaurate o a
nuove realizzazioni del Dall’Ara.
Un cenno a parte merita il saggio di Jacob Messerli su “L’ora italiana. Misura e percezione del tempo nella Svizzera italiana (secoli
XVIII-XIX). Il testo di 12 pagine, arricchite da note e riferimenti bibliografici, esamina in dettaglio e con documentazione l’uso dell’ora
italica nel Cantone e la sua sostituzione con l’ora oltremontana avvenuta, come nelle limitrofe valli italiane, fra la fine del settecento
ed i primi decenni dell’ottocento, pur con ritardi nelle parti più interne delle vallate alpine.
Complessivamente un libro interessante che ci permette una anteprima sulla ricchezza gnomonica del Canton Ticino, di grande
importanza per chi si occupa del censimento di quadranti in zone alpine. Il volume di 100 pagine, contenente circa quaranta
fotografie a colori, alcune figure e tabelle, costa 48 franchi.
Rosario Mosello
Errata-corrige
Nel numero 5 di Gnomonica, la recensione dei libri di D. Savoie e G.
Ferrai è stata erroenamente attribuita ad Enrico del Favero, mentre
fu scritta da Mario Catamo di Roma. Ci scusiamo per l’inconveniente.
> UN CD PIENO DI IMMAGINI DI MERIDIANE
Nel Settembre del 1999, durante un viaggio in Austria, sono arrivato, per caso, nella piccola città di Kremsmünster,
vicino a Linz, dove si trova una grandiosa e bellissima Abbazia Benedettina costruita nel 1700.
Collegata all'Abbazia vi è una torre astronomica che fu usata originalmente come osservatorio per la ricerca
astronomica e che invece oggi è adibita a museo di astronomia.
Qui si possono vedere un numero impressionante di strumenti per l'osservazione astronomica, incluso un sestante di
ferro usato probabilmente da Giovanni Keplero a Praga, una raccolta di meridiane portatili, globi terrestri e celesti, ecc.
Il Padre Amand Kraml, direttore del museo, ha raccolto in un CD le fotografie di tutte le meridiane che si trovano nel
museo e il P. Ansgar Rabenalt ha scritto (in tedesco) un libretto che contiene una breve descrizione di ciascuna di esse
(70 pagine)
Il CD è un molto semplice e non contiene alcun indice.
Nelle sue parti si trova :
- nella ROOT il file INDEX.HTM con una breve presentazione della torre astronomica dell'Abbazia.
- In NACHBAU : 3 fotografie di un dittico molto famoso (a colori)
-
In SONNUHR1: 154 fotografie delle circa 100 meridiane
descritte nel libretto. Tutte le immagini sono in formato JPG
(circa 1450 x 1450 pixels) e sono molto particolareggiate. Per
visualizzare le fotografie è necessario usare un programma
del tipo di Photoshop, ACDSee, ecc.
Le immagini sono
tutte in bianco e nero (esclusa la n. #74) qui a fianco. Le
meridiane sono di molti tipi diversi e sono state costruite nel
periodo 1700 -1900
-
In DOBERSCH: 25 fotografie delle pagine del manoscritto
"Gnomonica" scritto dal P. Laurenz Doberschitz nel 1764.
Il CD è in vendita e costa 360 AS (Shellini Austriaci) - circa 51000 Lire
Il libretto costa 100 AS (circa 15000 Lire ) più le spese postali
Chi fosse interessato puó scrivere a P. Amand Kraml chiedendo informazioni su:
- il CD-ROM Sonnenuhren
- il libro Nr. 33 - P. Ansgar Rabenalt - Die Sonnenuhrensammlung Sternwarte Kremsmünster
É stato pubblicato , ed è in vendita per 350 AS, anche un CD che contiene le fotografie dei globi terrestri e celesti
presenti nel museo : CD-ROM Globen
INDIRIZZO:
P. Amand Kraml
Sternwarte Kremsmünster
KREMSMÜNSTER
A-4550
AUSTRIA
Email: sternwarte.kremsmuenster@telecom.at
Per altre informazioni vedere il sito Internet : http://members.telecom.at/~stewar /
&
(Gianni Ferrari)
ENRICO DEL FAVERO
MERIDIANE
142 pagine formato 17 x 24 cm, 124 disegni originali , 88 fotografie a colori, prezzo L. 34000
edito dall'Editore GIOVANNI DE VECCHI di Milano
Il volume, pur essendo espressamente rivolto a un pubblico non esperto, è di piacevole lettura anche per gli
appassionati più smaliziati per la chiarezza del testo, per i numerosissimi disegni e schemi e per la grande quantità di
immagini di meridiane e di orologi solari dei tipi più diversi.
Nella premessa l'autore afferma che "lo scopo del libro, dai fini essenzialmente pratici, è aiutare a capire il
funzionamento, a leggere e a costruire i tipi più semplici e diffusi di orologi solari" : a mio parere questo fine è
pienamente raggiunto.
Il libro, veramente ben fatto, "prende per mano" il lettore e lo conduce, passo per passo, prima alla scoperta degli
elementi basilari dell'astronomia - le coordinate, i movimenti del Sole, le ore e il tempo - poi a quella dei più comuni
orologi solari e infine alla progettazione dei quadranti e della loro costruzione pratica.
Un capitolo insegna come trovare l'orientamento di una parete utilizzando diversi metodi tutti spiegati in modo semplice
con l'aiuto di chiarissimi disegni esplicativi.
Un elemento da considerare è la completa mancanza di formule e di relazioni trigonometriche che, se possono
agevolare alcuni, molte volte impauriscono e allontanano molti da questo nostro campo di attività spesso ritenuto
troppo "matematico" e difficile.
Questo nuovo libro ha tutte le caratteristiche e le qualità per poter diventare un vero e proprio "libro di testo" per quelle
scolaresche che, sempre più numerose, sotto la guida di insegnanti intelligenti affrontano ogni anno lo studio del Sole e
della misurazione del tempo e la costruzione di un orologio solare.
(Gianni Ferrari)
Curiosità
l’origine del termine “Draconitico”.
Alessandro Gunella
Come al solito, quello che comunico a Gnomonica non è una novità, anzi sono notizie vecchie
bacucche. Sovente però sono state dimenticate dai più, per cui diventano ipso facto nuove. Faccio questa
premessa perché così anticipo le critiche di quelli che “lo sapevano già”. E gli altri prendano queste mie
“storielle” come prenderebbero certe pagine della Settimana Enigmistica.
Nella notte fra il 20 e il 21 gennaio 2000 si è verificata una eclissi di Luna, che tra l’altro ha seguito di
poco l’avvenimento della Luna piena al Perigeo: e il solito Astronomo, intervistato dalla Televisione, ha detto
che i mesi lunari sono di diversi tipi eccetera, citando il temine “mese draconitico”. Che c’entra il Drago?
Il fatto è che, nella tradizione astronomica antica, come le costellazioni hanno assunto i nomi di esseri
mitici, così anche i moti dei corpi celesti sono stati ammantati di fantasia, vuoi per motivi mnemonici, vuoi per
motivi astrologici: all’astrologo veniva bene parlare per enigmi, così di fatto non sbagliava mai, e conservava il
suo ascendente su chi poteva pagare. Era tanta l’ignoranza di costoro, gli astrologi dico, che Cecco d’Ascoli,
nel suo commento alla Sfera del Sacrobosco, ha voluto precisare che il Drago non era una costellazione,
smentendo espressamente chi affermasse il contrario. Una antica favola, probabilmente di origine
mesopotamica, diceva che l’eclissi di Luna si verificava perché un drago mangiava la Luna. Di lì è nata la
denominazione.
La Luna, si sa, “rincorre” il Sole, e lo raggiunge ogni ventinove giorni e mezzo, più o meno. Circa
quindici giorni dopo, la Luna ha compiuto metà del suo percorso rispetto al Sole, per cui i due astri si trovano
di nuovo allineati con la terra, ma in posizione opposta. Ogni mese, quindi, ci sarebbero le condizioni sia per la
eclissi di Sole che per quella di Luna, se non fosse che la traiettoria della Luna è inclinata di circa 5 gradi
rispetto alla eclittica. Inoltre il piano della Luna (ammesso che sia un piano; viene definito così da Campanus
de Novara, nelle Tavole di Alfonso il saggio e da altri) ruota “ogni giorno di 3’e circa 11” in senso contrario al
moto di tutti i pianeti, perché avviene in successione contraria ai Segni” (definizione dal Tractatus Astrarii di
Giovanni Dondi – 1340 circa). In altri termini, la Luna attraversa due volte al mese l’eclittica, ma sempre in
posizione diversa, spostando il punto di attraversamento di un grado e mezzo al mese (e quindi i due
attraversamenti avvengono in un periodo di tempo un po’ più breve che il mese lunare; appunto il mese
draconitico): perché capiti una eclissi deve succedere che la Luna attraversi l’eclittica proprio nel momento in
cui il Sole si trova in quel punto, e allora si ha l’eclissi di Sole; oppure che il Sole si trovi nel punto
diametralmente opposto, ed allora di ha l’eclissi di Luna.
Il trattato arabo di Astronomia (circa 900 P.C.N.?), arrivato per primo in Europa verso il 1000, è noto
con il nome di “Muhammedis Fil. Ketiri Ferganensis qui vulgo Alfraganus dicitur, Elementa Astronomica”. Oggi
la sua edizione più nota è la traduzione di Jacobus Golius, uno specialista della lingua araba riconosciuto tale
ancora oggi, pubblicata nel 1669. Ma esistono traduzioni in latino molto antiche, tanto che Al Farghani è
ricordato da molti autori del Basso medio Evo, compreso Dante.
Riporto la parte che interessa questo argomento:
“Ciascuna superficie delle orbite eccentriche attribuite ai sei pianeti taglia il piano dell’eclittica in due parti
uguali opposte, e rispetto ad esso le due parti sono una verso settentrione, ed una verso austro.
L’intersezione mutua fra i due circoli (quello del pianeta e quello dei Segni) viene designata dai greci con
la lettera X. E il punto in cui il circolo del pianeta attraversa quello dei segni volgendo a settentrione viene
chiamato Capo del Drago o nodo ascendente; il punto opposto è la Coda del Drago, o punto discendente.
L’epiciclo della Luna ha la sua superficie nel piano dell’eccentrico…
Anche nel testo del Sacrobosco si trovano gli stessi concetti, ma riferiti alla sola Luna:
“L’Equante della Luna è un circolo concentrico alla terra, sito sulla superficie dell’Eclittica. Il suo Deferente
è un circolo eccentrico: non è sulla superficie dell’eclittica, ma una sua metà declina a settentrione, e l’altra
ad austro. Il Deferente interseca l’Equante in due punti. La sua figura si chiama Drago, perché è ampia in
mezzo e angusta verso gli estremi.”
Conclusione: è molto probabile che l’immagine del drago sia nata per la Luna, in quanto la
declinazione del suo piano rispetto all’eclittica è più evidente che non per gli altri pianeti, se non altro per la
brevità del periodo di rivoluzione del pianeta e per la sua luminosità (Alcune orbite sono più declinanti, ma
hanno tempi molto più lunghi). E’ stata poi estesa per relationem agli altri pianeti.
Un’ultima nota: alcuni trattati medievali danno anche il nome del Drago: solo che le trascrizioni
rinascimentali dei vecchi manoscritti danno due interpretazioni: Geuzahar, oppure Genzahar. Il fatto è che in
questi testi capita sovente che la N minuscola sia capovolta, e nei caratteri dell’epoca la n e la u sono
identiche. Ma potrebbe essere capovolta la U, e quindi siamo daccapo. Per ora non ho ancora trovato modo di
appurare quale dei due nomi sia quello giusto. Alla prossima, o a chi ne sa di più.
The Royal Observatory Greenwich
(di Riccardo Anselmi)
Il giorno 13 febbraio, dopo 11 anni, mi sono recato a Greenwich per rivedere lo storico osservatorio, santuario
dell'astronomia, con l'intenzione, tra l'altro, di fotografare le note meridiane riprodotte su molti libri tra cui
"L’ombra e il tempo", di Trinchero, Pavanello e Moglia.
Il complesso, visibile in figura, è formato da alcuni edifici sede di antichi strumenti utilizzati in passato per
l’osservazione di fenomeni celesti come il passaggio degli astri al meridiano ecc. e da quello riservato al Primo
Meridiano, dal quale si misurano le longitudini di tutto il mondo. Davanti a Flamsteed House, una costruzione
che si affaccia sul piccolo piazzale, sul muro esterno della Harrison Gallery, erano stati esposti alcuni notevoli
orologi solari ad ore italiche e babilonesi, a linee almicantarat e ad ore temporarie.
Ebbene con mio grande disappunto e con mia grande sorpresa ho riscontrato che i quadranti erano stati
rimossi. Ho chiesto delucidazioni al personale di sorveglianza il quale, apparentemente, non ne conosceva
neppure l'esistenza. Solo un piccola sfera armillare è tuttora visibile in una zona verde alla quale, però, non si
può accedere. Ho inviato una e - mail alla direzione dell’osservatorio lamentandomi dell’accaduto che mi ha
immediatamente inviato la seguente risposta:
Dear Mr Anselmi,
The sundials which were on display outside the observatory have been removed for conservation reasons, in
order to protect them from environmental damage. Some are on display in our Story of Time exhbition, which
is running in the Queen's House until September. The others are kept in our reserve store and are available to
view on request, by writing in advance to book an appointment.
Regards Jim O'Donnell (Dr.)
Royal Observatory Greenwich
Greenwich
London SE10 9NF
Tel: +44 (0)20 8312 6517
Fax: +44 (0)20 8312 6734 WWW: http://www.rog.nmm.ac.uk/
Approfitto di questa mia nota per fornire questa altra informazione.
Per chi intende recarsi a visitare il Millennium Dome, nella parte nord di Greenwich, facilmente raggiungibile
da Londra con la nuova linea metropolitana Jubilee Line, segnalo, sul retro del ciclopico padiglione, la
presenza di
un
tratto
del
Prime
Meridian,
evidenziato
sul
terreno, da
una
speciale
linea
orizzontale
a led.
ABBI AMO RI CEVUTO
•
•
•
•
•
Il consueto e magnifico calendario gnomonico realizzato da Renzo Righi di Correggio. Corredato da splendide immagini di
orologi solari da lui stesso realizzati e da preziose informazioni calendariali;
Una cartolina d’auguri natalizi personalizzata da Renzo Nordio con una bellissima pittura a tema astronomico;
Un’altra cartolina d’auguri natalizi realizzata da Manuel Valdés Carracedo, personalizzata con foto gnomoniche;
La dispensa “Una meridiana nella Sapienza. Strumento del tempo oltre il tempo”, a cura di Cesare Lucarini e Mario Catamo,
Roma, 2000, pubblicato per conto dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, facoltà di Farmacia. Pagine 63 con diverse
illustrazioni e disegni.
Il Sagittario numero 21 – 22/ 2000, periodico trimestrale del Centro Studi e Ricerche “Serafino Zani” di Brescia. Ivi sono
riportate molte foto di orologi solari menzionati e premiati al concorso “Le ombre del tempo”, il concorso internazionale per
gnomonisti.
Errata Corrige Generale
Errata –Corrige generale degli articoli di Riccardo Anselmi pubblicati su Gnomonica
Gnomonica n° 1: nel Sommario e nel Titolo sostituire la parola LINEE con LUNGHEZZE
Gnomonica n°2: a pagina 24, nella formula seguente, sostituire δ con d:
Errata
Corrige
tan in
tan in
y = tan δ ⋅ x −
z
y = tan d ⋅ x −
z
cos δ
cos d
Gnomonica n°4, pagina 21
Errata
A = q2 + T ⋅ q2
2
B = q ⋅ S ⋅ q − 2 ⋅ T ⋅ P
C = q 2 ⋅ T ⋅ P 2 + U
(
(
)
)
Corrige
A = q2 + T ⋅ p2
2
B = q ⋅ (S ⋅ q − 2 ⋅ T ⋅ p )
C = q 2 ⋅ ( T ⋅ p 2 + U )
Ancora su Gnomonica n°4, a pagina 22, sostituire la lettera greca ε (epsilon) con σ (sigma)
Errata
Corrige
ar1 = ag1 ⋅ cos ε − og 1 ⋅ sen ε + y 0 ⋅ senε ar1 = ag1 ⋅ cos σ − og 1 ⋅ senσ + y 0 ⋅ senσ
ou1 = ag1 ⋅ senε + og 1 ⋅ cos ε − y0 ⋅ cos ε ou1 = ag1 ⋅ senσ + og1 ⋅ cos σ − y0 ⋅ cos σ
ar2 = ag 2 ⋅ cos ε − og 2 ⋅ senε + y0 ⋅ sen ε ar2 = ag 2 ⋅ cos σ − og 2 ⋅ sen σ + y0 ⋅ sen σ
ou = ag 2 ⋅ senε + og 2 ⋅ cos ε − y 0 ⋅ cos ε ou = ag 2 ⋅ senσ + og 2 ⋅ cos σ − y 0 ⋅ cos σ
Questa ultima correzione va apportata anche all’articolo di Gnomonica n° 5 a pagina 22.
Riccardo Anselmi, S. Vincet (Aosta)
Piu’ veloce del ...computer, 200 anni fa?
Paolo Alberi Auber, Trieste
Non appena noi uomini del (quasi) terzo millennio riusciamo ad impadronirci di uno strumento informatico, un programma, una
nuova apparecchiatura...veniamo pervasi di un sottile senso di soddisfazione e di orgoglio perche’ ci sentiamo di far parte di una
generazione di privilegiati, liberi dai calcoli ripetitivi, dal rischio dell’errore di calcolo, portati per mano, dai nostri megabyte, verso il
risultato, univoco, senza errori, ben stampato nero su bianco...Inconsapevolmente siamo portati a provare per le generazioni
passate, non dico commiserazione, ma sicuramente un senso di sufficienza.
Se si pensa che solo 20 anni fa, per fare un calcolo forse ancora piu’ semplice del calcolo completo di una meridiana, bisognava 1.
prenotare il tempo macchina in un centro di calcolo; 2. attendere il giorno fissato; 3. recarsi, non sempre agevolmente sul posto; 4.
impostare il listato; 5. far girare il programma; 6. tornare chissa’ quante volte con la stessa trafila per trovare il baco....
Dopo aver preso visione del testo di Joseph- Blaise Garnier, a Paris, chez VINCENT, imprimeur-libraire, rue des Mathurines,
hotel des Clugny M.DCC.LXXIII (1773) Avec Approvation, et Privilége du Roi, ci dovremo dare una... calmata, almeno chi si
occupa di gnomonica ...
--“Gnomonique mise a la portée de tout le monde...” gli apparecchi per le misure gnomoniche
Figura 1 “La gnomonica messa alla portata di tutti..”.ed e’ proprio vero!
Dalla lettura del testo dobbiamo supporre che il sig.Garnier, oltre ad impegnarsi nelle
sue altre occupazioni (probabilmente faceva l’astronomo di professione) dovesse
avere una attivita’ gnomonica bella...tosta, in tutta la Provenza, se aveva trovato
conveniente di costruirsi il tabulato degli angoli orari per tutte le latitudini della zona
e, per ogni latitudine il calcolo relativo a ogni declinazione possibile da 0 a +,- 90° :
tant’e’ che quando gli fu chiesto di estendere il calcolo a tutte le latitudini francesi...il
desiderio di rendersi utile gli fece superare tutte le difficolta’...dice testualmente.
Ma andiamo per gradi: egli ci insegna, all’inizio, i rudimenti della geometria, prima
ancora che della gnomonica, poi suggerisce come determinare la direzione nord-sud
in prossimita’ di una parete verticale con il metodo delle ore “simmetriche” rispetto il
mezzodi, sarebbe il metodo della bisettrice.
Dove e’ veramente suggestivo e’ nella descrizione del progetto dell’ apparecchio
destinato alla misura della declinazione di una parete con precisione maggiore: il
“DECLINATOIRE”:
Figura 2
Il “Declinatoire”
...il ragionamento e’ il seguente,
dato che la latitudine del sito non
puoi non conoscerla e dato che io ti
do’, senza colpo ferire, tutti gli
angoli delle linee orarie della
meridiana orizzontale per quella latitudine, ti conviene costruirtela; poi, sistemata
ben orizzontale, la appoggi alla parete e, ruotandola, cerchi la posizione per cui lo
gnomone segna l’ora indicata dal tuo orologio (meccanico, beninteso)...l’angolo formato dal “declinatoire” con la parete sara’ la
declinazione gnomonica della parete che stai cercando!
Qualcosa di simile dell’apparecchio suggerito da Renzo Nordio in Gnomonica n° 4, ma noto anche prima del 1773: vedi “Nota sulla
bussola solare...” in Gnomonica n° 5 di A.Gunella.
A questo punto occorre fermarsi un momento e riflettere che questo testo e’ singolare non solo per quello che contiene, ma anche
per cio’ che vi manca...Infatti, seguendo, al giorno d’oggi, alla lettera il metodo di Garnier, in barba alla enorme quantita’ di dati che ci
offre a risparmio di tempo e affidabilita’, si commetterebbe un grossolano errore nella valutazione dell’orientamento della parete,
anche di diversi gradi secondo l’epoca dell’anno in cui avviene la misura, dovuto alla differenza fra un orologio moderno, tipico
modello di un “sole medio” e le ombre di uno stilo che, ovviamente, sono la traccia di un “sole vero”...oggi si direbbe il problema
dell’equazione del tempo..
A meno che ...e questo era senz’altro un fatto scontato per l’autore, e quindi non necessario di menzione, gli orologi meccanici in
uso quotidiano all’epoca erano “sballati”, anche nel breve periodo e dovevano venir regolati ( ogni giorno?) sul mezzogiorno (vero)
di qualche altra meridiana gia’ costruita e quindi il problema semplicemente non si poneva. Erano molto diversi dai nostri orologi di
oggidi’: non erano in grado di ...tenere il passo nel lungo periodo, per svariati motivi, sbalzi di temperatura, attriti, giochi non
controllabili...
Eppure, al momento della pubblicazione del libro di Garnier qualcosa di simile ai nostri orologi, ossia degli apparecchi che “tenevano
il passo” per mesi, c’era gia’...
Nel 1773 esistevano in Inghilterra, grazie al “Longitudine Act” del maggio 1714, diversi orologi marini, costruiti da J.Harrison, dotati
di “scappamento” a lamina bi-metallica: essi venivano sottoposti, proprio in quell’anno, il 1773 appunto, a prove di precisione, alcuni
sotto lo sguardo attento dello stesso Re Giorgio d’Inghilterra in persona; un esemplare si trovava, proprio in quell’anno, a bordo
della nave che circumnavigava il globo sotto il comando di J.Cook, per essere “testato”. Questi orologi, estremamente avanzati per
l’epoca ( il risultato delle fatiche di tutta una vita da parte di John Harrison e di suo figlio William), riportavano sulla stessa cassa
l’equazione del tempo (piu’ tardi l’ottica divenne l’opposto ...si correggeva l’orologio solare decisamente meno diffuso dell’orologio
meccanico)...Se vogliamo fu la necessita’ di disporre di un orologio che, per tutto il tempo di un viaggio oceanico( poteva durare
anche dei mesi) tenesse il passo con l’ora(media) di Greenwich a dare spazio all’ ”invenzione” del sole medio: s’intende allo scopo
di offrire ai naviganti uno strumento semplice ed affidabile per la determinazione della longitudine.
Garnier si era formato in un ambiente “astronomico”, lo dimostra la sua perizia nei calcoli, ma era proprio l’ambiente degli astronomi
di Corte, a Londra, che in qualche modo...opponeva una sorta di resistenza passiva contro gli orologi meccanici per l’uso in
navigazione.
Consiglio vivamente ai lettori di “Gnomonica”, per chi non l’avesse gia’ letto, il libro “Longitudine” di D.Sobel, Rizzoli 1999;
nonostante la stesura del libro sia carente proprio sugli aspetti gnomonici della vicenda, si legge molto volentieri e tutto d’un fiato.
--“Methode simple et aisée pour tracer des Cadran Solaires” i calcoli gia’ fatti, bell’e pronti
A questo punto, in possesso della latitudine e della declinazione della parete, non ci resta che cercare quello che ci serve...tutto
presentato in modo estremamente chiaro, conciso, a risparmio di spazio e di tempo...vuoi la Coca Cola o l’Aranciata? Premi il
bottone e il tabulato di J.B.Garnier ti accontentera’!
Figura 3
Latitudine 45°-i dati della meridiana orizzontale e verticale meridionale
Scelta la latitudine, ad esempio 45° ci sono gli angoli delle linee orarie della
meridiana orizzontale, oltre che ovviamente l’altezza sostilare. Lo stesso dicasi
per la meridiana verticale “meridionale”. Supponiamo, invece che il
“declinatoire” ci fornisca una declinazione della parete di 15° OVEST, basta
sfogliare il libro finche’ tutti i dati ci
verranno presentati bell’e pronti da
usare... gli angoli si intendono
rispetto la sostilare.
Figura 4
.............................................
Latitudine 45°- declinazione della parete 15° Ovest- i dati necessari per la meridiana, assieme, ma con diversa chiave di lettura, con
quelli della stessa latitudine, stessa declinazione ma ad EST.
Figura 5 Le due meridiane “duali” con orientamento di 15° ad Est ed a Ovest
Si intende che le tabelle sono calcolate per le varie latitudini di grado in grado e, per ogni
latitudine, la declinazione (orientamento della parete) va da 0° fino a 90°, di grado in
grado. Vengono fornite: nelle bellissime tabelline:
-Altezza sostilare
-Distanza sostilare
-Angoli linee orarie, rispetto la sostilare
-Angoli delle mezze ore
L’autore, in caso di latitudine e/o declinazione gnomonica intermedia fra un valore intero
e il successivo, ci insegna a fare le interpolazioni.
Dove e’ piu’ difficile da seguire e’ laddove vorrebbe insegnare a costruire un “quarto di
cerchio astronomico”, ossia un orologio d’altezza, laddove i calcoli per le singole altezze
e alle varie latitudini non sono... tabulate come gli angoli delle linee orarie delle meridiane
a tutte le latitudini e a tutte le declinazioni.
Non troppo chiara neanche la definizione di sostilare e del vincolo (latitudine o colatitudine a seconda del tipo di meridiana) sull’angolo fra stilo e linea
meridiana.Quest’ultima imprecisione gli viene perdonata facilmente, visto l’enorme
quantita’ di calcoli che si e’ sobbarcato di fare e la semplicita’ ed univocita’ della
consultazione.
Figura 6
Il quarto di cerchio astronomico-un orologio di altezza
Non dimentica di insegnarci come sono stati fatti i calcoli e precisamente sfruttando
le tabelle dei logaritmi delle funzioni trigonometriche (moltiplicazioni come somme e
divisioni come sottrazioni).
Ci insegna infine a disegnare il quadrante orientale, vale a dire orientamento della
parete -90°, (oppure occidentale, +90°) sempre su parete verticale.
--Confronti ed esattezza dei calcoli.
E’ ovvio che sorga spontaneamente il desiderio di controllare se i calcoli di Joseph
Blaise Garnier sono esatti (o forse, piu’ segretamente, se lo sono i calcoli che
facciamo noi???)
Figura 7
...................................
Il programma LNORAR4, il disegno della meridiana e gli angoli delle linee orarie, in basso; rispetto all’ orizzontale
Un semplicissimo specchietto su Excel ci consente di verificare che i calcoli dell’autore (e anche quelli del mio programma
LNORAR4) sono esatti.
Figura 8
Specchietto delle differenze nei calcoli della meridiana 45° di latitudine, su parete verticale declinante 15° verso Ovest
Differenze non ce ne sono, o , se ci sono, veramente esigue.
Conclusioni
Questo testo e’ un formidabile esempio di quanto la tecnica fosse evoluta in Francia nel 18° secolo...probabilmente, se ci limitassimo
al solo calcolo degli angoli delle linee orarie, e se si esclude il calcolo di interpolazione nel caso di angoli non interi, il tempo
impiegato, tramite la consultazione del manuale di J.B.Garnier, sarebbe piu’ breve di quello che si perde per aprire il computer,
inserire i dati ecc.
E’ ovvio che un programma odierno ci da’ un sacco di altri dati( lunghezze delle ombre, scalimetro per la valutazione dell’impatto di
poggioli o sporgenze in genere, scelta e presentazione visuale di un riquadro adatto con diverse opzioni ...e tante altre cose ancora),
ma, non dimentichiamo che sono passati ben... 227 anni
Vorrei infine ricordare, per concludere, ancora una volta la frase di Joseph Blaise Garnier:
“...mais le desir de me rendre utile surmonta toutes les difficultés...”
e’ ben lo spirito di servizio, accanto al progresso della tecnologia e della scienza, e al desiderio di miglioramento anche economico,
uno dei pilastri della civilta’ in cui viviamo....
Una meridiana cinese
Paolo Alberi Auber, Trieste - Nicola Severino,
Roccasecca
Nella relazione di Nicola Severino “Gnomonica
cinese” ai partecipanti dell’ VIII seminario di
gnomonica (ott.97) vengono descritti diversi tipi
di meridiane portatili. Uno di questi e’ il tipo “B”,
composto da una bussola per la ricerca
dell’orientamento Nord-Sud e da un “piano
equatoriale mobile” incernierato sul supporto
della bussola.
Lo stilo e’ perpendicolare al piano equatoriale,
ma e’ ripiegabile in una posizione di riposo.
Fra i cimeli del Capitano Enrico Alberto
d’Albertis conservati a Genova ,nel castello di
Montegalletto ,esiste una meridiana portatile di questo tipo (priva dello stilo) : durante i suoi viaggi egli frequentava i commercianti di
strumenti e articoli in genere per la navigazione ,piu’ che gli...antiquari, come si direbbe oggi; il che fa pensare che ,in Cina, a
cavallo fra XIX e XX secolo un oggetto del genere potesse essere ancora in uso a bordo di giunche o simili.
Forse lo e’ ancora oggidi’.
Occasionalmente e’ stata rinvenuta una meridiana di questo tipo, non antica,presso un privato ma di una foggia particolare...invece
di un solo piano equatoriale ce ne sono ben 4 !!! La bussola e’ una sola (vedi figura) ed e’ fissa: il che significa che si puo’ usare
,indifferentemente, uno dei quattro quadranti equatoriali, a condizione di ruotare opportunamente il tutto e di assegnare la corretta
inclinazione gnomonica al quadrante
prescelto.
Non vi e’ alcun indizio che permetta di arguire per quale motivo i quadranti equatoriali debbano essere cosi’ numerosi.
UNA CURIOSA PROPRIETÁ DELLE MERIDIANE BIFILARI
Gianni Ferrari, Modena
Abstract
The article describes a curious, and till now unknown, property of the bifilar sundials .
Generalità
Una meridiana bifilare realizzata con "fili" paralleli al piano del quadrante può essere modificata, come forma e disposizione delle
linee principali e delle linee orarie a tempo vero, variando opportunamente le distanze dei fili dal piano e la loro mutua posizione.
Tutti sanno ad esempio che se realizziamo una meridiana bifilare su un piano orizzontale, con i fili paralleli al piano, nelle direzioni
NS e EW e opportunamente distanti dal piano, possiamo ottenere un quadrante con le linee orarie intervallate di angoli di 15° come
nelle meridiane equatoriali 26.
Una proprietà delle meridiane bifilari curiosa e, penso sino ad
ora sconosciuta, è quella che dà la possibilità di poter
realizzare orologi solari su un piano verticale o inclinato con
la linea Equinoziale orizzontale o con una inclinazione scelta
da noi, qualunque sia la declinazione del quadro.
La linea Equinoziale, cioè la linea percorsa dall'ombra
dell'estremo dello stilo (o dall'ombra di un punto o nodo) nei
giorni degli Equinozi è, nelle meridiane piane, una linea retta
essendo l'intersezione del piano dell'Equatore Celeste con il
piano dell'orologio.27
Fig. 1
Negli orologi solari verticali la linea Equinoziale è orizzontale
soltanto se il piano del quadrante è rivolto esattamente a
Sud, mentre è inclinata sull'orizzonte se il piano è
declinante.28
Meridiane bifilari inclinate e declinanti.
Se in una meridiana bifilare realizzata su un piano inclinato e declinante prendiamo i due "fili" paralleli al piano e disposti
- il primo
a una distanza d1 e nella direzione di massima pendenza del piano - quindi nella direzione
26 Le distanze devono essere legate dalla relazione d2=d1 sen(ϕ) ove ϕ è la latitudine del luogo
27 La linea dell'ombra di un punto prodotta dal Sole nei giorni degli Equinozi non è esattamente una retta poiché durante l'arco della giornata la
Declinazione del Sole cambia. Poiché agli Equinozi, in 12 ore questo cambiamento è di circa 23.7' esso viene normalmente trascurato
28 L'angolo fra la linea Equinoziale e l'orizzontale si può ricavare dalla relazione
tan( µ) =
sen( α ) ove ϕ = Latitudine e α = declinazione piano . Questa inclinazione è spesso utile per determinare il corretto orientamento
tan( ϕ )
di antichi orologi che sono stati spostati dalla loro posizione originale
verticale se il piano è verticale
a una distanza d2 e inclinato dell'angolo γ rispetto al primo filo - quindi rispetto alla verticale se il
piano è verticale
possiamo ottenere un quadrante in cui la linea Equinoziale ha la pendenza ε voluta da noi, rispetto alla linea orizzontale.
La relazione che dà l'angolo γ di cui il 2' filo deve essere inclinato rispetto al primo è la seguente:
- il secondo
tan( γ ) =
α
β
ϕ
ε
γ
=
=
=
=
=
d 2 − d1
Q ⋅ d 2 − P ⋅ d1
ove
P = tan( ε)
e
Q=
sen( α)
sen( β) ⋅ tan( ϕ) + cos(α) ⋅ cos( β)
Declinazione piano del quadrante ( misurata dal Sud , positiva verso Ovest)
Inclinazione del piano rispetto al piano orizzontale ( per piani verticali β = 90°)
Latitudine del luogo
inclinazione voluta della linea Equinoziale rispetto all'orizzontale
inclinazione del 2' filo rispetto al 1'filo, positiva in senso orario
Se si desidera la linea Equinoziale orizzontale è sufficiente porre P = 0
Se si desidera solo il caso di piani verticali è sufficiente porre β = 90°
Esempio
In un piano verticale rivolto a Sud vogliamo avere a linea Equinoziale non orizzontale ma inclinata di 15°. Sia ϕ = 42° .
Si hanno i valori α = 0 , β = 90° , ε = 15° .
Prendendo i valori d1 = 70 e d2 = 100 si ricava γ = −58° Fig. 1
Piano Verticale - Equinoziale Orizzontale
Se il piano é verticale e vogliamo la linea Equinoziale orizzontale la relazione precedente diventa :
tan( γ ) =
d 2 − d 1 tan( ϕ )
⋅
d2
sen( α )
Esempio
Sia ϕ = 42° , α = +35° (W) , d1 = 70 , d2 = 100 ( il filo 1 verticale è più vicino al quadrante del filo 2) si ricava
γ = 25.2° - Fig. 2 - Fig. 3
L'angolo fra le due rette aumenta al crescere del rapporto (d2 - d1 )/ d2 e quindi quando la
retta verticale ( n. 1 ) si avvicina al piano.
La formula data è ancora valida se si prende il Filo verticale n.1 più lontano dal piano : in
questo caso le inclinazioni del secondo filo rispetto al primo, sono invertite ( cioè sono in
Fig. 3
senso antiorario)
Ovviamente al variare delle distanze dei due fili cambia l'aspetto del quadrante.
Fig. 2
Esempio
Sia ϕ = 42° , α = +35° (W) , d1 = 100 , d2 = 50 ( il filo 1 verticale è più lontano dal quadrante del filo 2) si ricava γ = −57.5°
La distanza verticale fra la linea Equinoziale e il punto sul
piano in cui si incontrano le proiezioni normali delle due
rette (punto O nelle figure) si può ricavare con la formula
y0 = d 2 ⋅
cos(α)
tan( ϕ)
Casi particolari
Piano Verticale a Est o a Ovest
Quando il piano è orientato esattamente verso Est o verso
Ovest sappiamo che le linee orarie sono fra loro parallele
e inclinate sull'orizzonte di un angolo uguale alla
Latitudine del luogo.
Se in una meridiana bifilare prendiamo come al solito il
Filo n. 1 verticale e il filo n. 2 ruotato dell'angolo
(90°− ϕ), in senso orario se il piano è verso Est e in
Fig. 4
senso antiorario se è verso Ovest, e prendiamo le distanze in modo che sia h2
orizzontale e il secondo filo parallelo alle linee orarie.
Inoltre la zona "utile" del quadrante rimane tutta da una parte rispetto al Filo 2. Fig. 4
= h1 ⋅ sen 2 (ϕ) otteniamo la linea Equinoziale
Piano Orizzontale
La proprietà delle meridiane bifilari enunciata può essere applicata anche al caso di piano orizzontale.
In questo caso se vogliamo che la linea Equinoziale non sia nella direzione Est-Ovest ma sia inclinata rispetto a questa di un angolo
ε occorre prendere i due "fili" paralleli al piano, orizzontali e disposti :
- il primo
a una distanza d1 e nella direzione Nord-Sud
Fig. 5 - il secondo a una distanza d2 e inclinato dell'angolo
γ rispetto al primo filo ( la rotazione del filo si
considera positiva in senso orario)
La relazione che dà l'angolo γ di cui il 2' filo deve
essere inclinato rispetto al primo è la seguente:
tan( γ ) = −
d 2 − d1
1
⋅
d1
tan( ε )
Utilizzando due meridiane bifilari orizzontali o
verticali con linee equinoziali inclinate di uno stesso
angolo, in versi opposti, si possono costruire orologi
solari aventi forme particolari come quella mostrata
in Fig. 5. - Fig. 6 - Fig. 7
Fig. 6
Fig. 7
Dalle Mailing Lists
Alberto Nicelli
Gnomonicaitalia
Quale GPS ?
Lucio Baruffi chiede informazioni per acquistare un GPS : modelli, marche, fornitori … come orientarsi per una spesa oculata ?
Riccardo Anselmi raccomanda il tipo che utilizza non uno ma più satelliti per determinare la posizione, ma anche un modello
semplice e non più modernissimo come il suo Magellan che fa ottimamente il suo mestiere. Fate un salto a questi siti Internet per
valutare prezzi e modelli sul mercato www.NAUTICSTORE.com oppure www.nautica.postal.it e www.nautimarket.com . Mario
Catamo si dichiara soddisfatto delle prestazioni del suo Garmin ( questo modello fornisce anche la mappa della località oltre alle
coordinate geografiche). Ricordiamo che sui GPS è stato pubblicato nel N. 2 di Gnomonica un articolo di Del Favero.
“The Sun in the Church”
Questo è il titolo del libro pubblicato dall’ Università di Harvard e recensito sulla lista da Gianni Ferrari : è un’opera colta, che tratta la
storia della meridiana come strumento astronomico dal Rinascimento in poi, fino alle precise misurazioni di Cassini sull’obliquità
dell’eclittica, la parallasse solare e la rifrazione … Lo si può ordinare via Internet (www.bookshop.co.uk) per 23 sterline comprensive
di spedizione. La meridiana ( serve ricordarlo ?) ha un passato di tutto rispetto nella storia della scienza !
Progetti Gnomonici Settoriali
Enrico Del Favero descrive i Progetti Gnomonici Settoriali per una attività di approfondimento e ricerca su temi specifici : i quadranti
solari nell’Arte, i motti, gli itinerari gnomonici, i quadranti solari nel MedioEvo, le tecniche di costruzione, gli gnomonisti del presente e
del passato, bibliografia gnomonica, didattica e informazione, e l’utile servizio Gnomonicaitalia Novae, agenzia di notizie già attiva,
come noto, proprio a cura di Del Favero … I risultati di questi progetti verranno presentati a tutta la comunità gnomonica nel
prossimo o in uno dei futuri Seminari Nazionali: per molti di questi si sono già candidati i relativi capo-progetto, ma alcuni sono
ancora vacanti e tutti meriterebbero una adesione, anche solo come collaboratori volontari.
Crepe sul muro e pannelli
Antonio Giorgi propone alla lista un suo problema sul campo: i vecchi muri in mattoni, costruiti senza fondamenta, subiscono dei
microcedimenti che provocherebbero delle crepe nell’intonaco … Come realizzare una meridiana in queste condizioni ? La soluzione
potrebbe essere un pannello leggero: ma quali materiali usare ? Garnero suggerisce gli intonaci elastici, Tonello riporta l’esperienza
di un amico che usa pannelli di MEDIODENSITY, un materiale che può essere pitturato con gli usuali colori acrilici, ma Arnaldi non lo
consiglia perché molto pesante e sensibile agli urti … meglio un pannello di marmo economico ( tanto si dipinge sopra) o di pietra
serena, oppure il moderno “aerolam” che si usa anche nell’industria aerospaziale … Poi Arnaldi descrive in dettaglio la sua
preparazione di pannelli in vetroresina. Interessanti anche le prestazioni del compensato “marino” usato da Gilardi, che come
sempre descrive la sua esperienza … a colori vivaci !
AQS95 è di nuovo “on line”
Il ben noto programma di Diego Bonata per la catalogazione dei quadranti solari è nuovamente scaricabile in entrambe le versioni,
italiana e inglese, rispettivamente ai seguenti indirizzi :
http://www.vialattea.net/bonata/Aqs95.htm e http://www.vialattea.net/bonata/aqs95ing.htm
Sempre a questi indirizzi si potranno scaricare gli eventuali futuri aggiornamenti, che saranno annunciati via mailing list.
Almanacco UAI ed Equazione del Tempo
In risposta a Umberto Bigozzi, che sottolinea la mancanza del dato di Equazione del Tempo nelle tabelle dell’Almanacco UAI per il
giorno 29 febbraio, Gianni Ferrari apporta utilissime considerazioni su come vengono calcolati i valori di queste e analoghe tabelle
sugli Almanacchi. Assai istruttivo è anche il grafico allegato nell’intervento di Del Favero che evidenzia, su una meridiana di
grandissime dimensioni ( gnomone verticale di 4,75 metri ! ), il non trascurabile impatto del considerare l’Equazione dell Tempo
media ( scelta inevitabile ! ) rispetto a quella reale dell’anno corrente.
Segni zodiacali e date
Interessante la risposta di Ferrari a Diego Bonata ad un suo quesito sulle date in cui il Sole entra nei Segni dello Zodiaco: la
differenza fra un anno di 365 giorni e un anno tropico ( di 365.2421897 giorni) e la differenza fra un anno giuliano ( di 365.25 giorni)
e l’anno tropico sono le cause della variabilità sull’ora e sul giorno dell’entrata del Sole in un Segno Zodiacale. La trattazione di
Ferrari, ricchissima come sempre di precisi apporti numerici, si estende anche alla variazione dei Solstizi e degli Equinozi ( lo
sapevate che nel 2044 l’Equinozio di Primavera coinciderà con la festa del Papà ? ) e infine si conclude spiegando come usare le
tavole dell’Almanacco UAI per interpolare il giorno e l’ora dell’ingresso del Sole in un dato Segno.
Lista Sundial
Gnomone fai da te ? ( ahi, ahi, ahi …)
A dispetto degli slogans pubblicitari è noto a tutti che chi fa da sé fa per tre! Allora a qualcuno potrebbe davvero interessare lo
scambio di mails fra Carmichael, Cordasco, Koblic, Tony Moss e molti altri su come costruirsi da soli un perfetto gnomone in metallo.
Le tecniche proposte non sono particolarmente difficili, specialmente per chi è già un navigato bricoleur … ma per chi come me ha
solo qualche cacciavite, una pinza e un martello un po’ arrugginito in garage … ahi, ahi, ahi !
Chi ha inventato la trigonometria ?
La trigonometria dovrebbe rientrare nella cultura matematica di base di ogni gnomonista : sul sito della NASS esiste un link a un sito
divulgativo, che John Carmichael definisce scherzosamente (ma mica tanto) … “terrific”: http://sundials.org/links/links.htm
Se però qualcuno dei lettori ha dei cattivi ricordi della trigonometria fin dai tempi della scuola, nessun problema, niente di meglio, per
esserne perdutamente affascinati, che ripercorrere un po’ della sua storia a questo indirizzo :
http://history.math.csusb.edu/HistTopics/Trigonometric_functions.html . Ipparco, Menelao, Tolomeo, Copernico, Regiomontano, fino
Fibonacci, Viète, Cavalieri … sono questi i nomi illustri dei fondatori e tanti altri quelli di coloro che hanno contribuito a formalizzare
la teoria. E poi ci sono anche notizie storiche interessanti sull’origine dei simboli di seno, coseno, tangente…! Il vero spirito della
matematica non è nell’applicazione delle formule, ma nelle idee che ne sono il fondamento !
L’Almagesto di Tolomeo
Sono pochi i libri che, una volta resi decisamente superati dal progresso nella conoscenza scientifica, rimangono tuttavia dei tesori
che l’umanità non può permettersi di dimenticare. Uno di questi è certamente l’Almagesto di Tolomeo, che per secoli ha
rappresentato il testo di riferimento sull’architettura dell’universo: è davvero impressionante l’entità dello sforzo compiuto per
armonizzare in un’unica teoria scientifica, e sulla base della sola geometria, tutti i fenomeni astronomici ! Chi potrebbe permettersi di
dire che in fondo era tutto … “sbagliato” ? Gli eroi del pensiero, e Tolomeo è uno di questi, avranno sempre da insegnare, anche a
tutti gli scienziati moderni e futuri! Luke Coletti ci informa di una bella traduzione inglese di Toomer e allega la pagina web di
amazon.com : https://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0691002606/103-0401207-5513432. Interviene anche Alessandro
Gunella : volete il meglio del sistema Tolemaico ? Allora non potete fare a meno del trattato medioevale di Campanus di Novara
edito dalla Università del Wisconsin “Theorica Planetarum” ( anche questo libro si può ordinare tramite amazon.com)
La lemniscata fotografata in cielo
Tutti sanno fotografare una lemniscata sul muro, ma l’idea di fotografarla in cielo l’ha avuta Dennis di Cicco: ovviamente ci sono
volute tante immagini, non una sola, riprese precisamente al mezzogiorno medio durante l’anno ! Il risultato è mozzafiato: è proprio
la forma a otto così familiare a tutti gli gnomonisti! La foto è stata pubblicata da Sky & Telescope, ma eccovi un link per ammirarla
subito : http://sundials.org/twig/dicicco.htm . Se per caso siete interessati a provarci anche voi nello scambio di mails su questo
argomento troverete anche qualche consiglio di tecnica fotografica.
Com’è la lemniscata marziana ?
Non pensiate che rispondere a questa domanda sia solo un problema teorico, una sfiziosa curiosità di John Carmichael, di nessun
interesse pratico insomma! Il progetto di una missione umana su Marte è già una realtà che forse si concretizzerà entro una ventina
d’anni … E voi credete che gli gnomonisti si accontenteranno di fare meridiane solo sulla Terra ? Allora leggetevi le risposte di Van
Gent, Coletti, Tony Moss e Jeff Adkins. Van Gent cita un interessante articolo : David A. Harvey, "The Analemmas of the Planets",
Sky & Telescope, vol. 63 (1982), 237-239.
Luke Coletti allega un link a una immagine scannerizzata da questo stesso articolo che riproduce proprio la lemniscata marziana :
ftp://ftp.gcstudio.com/pub/sundial/marseot.jpg. Doppio click col mouse e … SORPREEESA : non ha la forma a otto come quella
terrestre… assomiglia piuttosto a una goccia d’acqua ! E la lemniscata sugli altri pianeti ? Beh, leggetevi pure l’articolo, ma gli altri
pianeti non sono molto confortevoli per gli gnomonisti-astronauti !
Linee orarie e risoluzione visiva
Ross Caldwell chiede se esistono formule per progettare la larghezza delle linee e delle lettere sulle meridiane affinchè la loro
visibilità da lontano sia ottimale (ma senza andare a discapito della precisione …) . Ottima domanda ! Chi non se l’è posta almeno
una volta ? Le risposte sono state numerose : John Carmichael, Dave Bell, Gordon Uber, Tony Moss, Art Carlson e molti altri hanno
dato luogo ad un’ approfondita trattazione sull’argomento con l’apporto di tabelle numeriche per la larghezza in funzione della
distanza, ma munitevi di calcolatrice e costanti di conversione perchè i valori sono espressi in piedi e in pollici !
Come sempre non è stata una impresa facile scegliere gli argomenti dalle discussioni gnomoniche sulle Liste : molte hanno suscitato
grande interesse ( come quella delle meridiane azimutali sulla Sundial Mailing List ) ma sono tuttora in notevole fermento e
preferisco rimandarne la recensione alla prossima rubrica. Nel frattempo fate buone meditazioni gnomoniche! Ma prima di lasciarvi
mi piace ricordare la bella citazione di Platone da parte di Tony Moss, che ben si adatta a esprimere l’essenza del fascino insito nelle
pure geometrie degli orologi solari : <… straight lines and circles, and the plain or solid figures … for these I affirm to be not only
relatively beautiful, like other things, but they are eternally and absolutely beautiful … > ( Filebo, 51 ).
La Vignetta di Giacomo Agnelli