2011
«Dichiaro di non essere Emilio Isgrò»: dis-identità, avventura del linguaggio, contesto. Il tracollo della parola come antidoto all'ideologia. di Anita T. Giuga Si accumula cultura come si incamerano beni. L'Occidente ha un timore subdolo: sparire soffocato dall'eccesso di storia. Nel momento in cui emerse il secondo ciclo avanguardistico (dagli anni '50 in poi, con la trionfale entrata in scena degli Stati Uniti), l'arte contemporanea si biforcò, quasi volendo rinunciare a provocare "visioni". Culminò la linea "fredda", intellettuale e metalinguistica. Già ampiamente preconizzata da Duchamp. L'uso del linguaggio si pose al centro della discussione estetica. Esso fu indagato in modo prismatico, grazie anche all'impatto massmediale, con un'attenzione insistita alle specificità iscritte nella sua emissione, ricezione, ritenzione. In quale senso tratteremo il tema dell'informazione allacciandolo alla figura di Emilio Isgrò, all'«invenzione della cancellatura» 1 e al problema dell'identità culturale? L'argomento affrontato introduce la relazione tra il modo di intendere l'arte in funzione della testualità e l'azione di Isgrò sul margine di una decostruzione linguistica. Lo spossessamento postumo alla crisi d'identità del Novecento 2 che giustifica l'uso della malattia in senso terapeutico; dell'afasia, o almeno di una parziale aglossia, come cura alla banalità del "già detto". Isgrò manipolando gli apparati consolidati della comunicazione ci avverte che il processo di revisione è necessario per deporre gli occhiali dell'ideologia. Egli agisce provocando "assenze" nel tessuto dell'opera attraverso i "tagli" operati: Ho praticato il libro in tutte le sue forme. I vecchi libri cancellati sono sculture sotto teca. Mi pare che negli ultimi anni siano divenuti i simboli più alti della cultura occidentale minacciata, non tanto dai mass media o dalla televisione. Io non credo in queste demonizzazioni, ma all'inconsapevolezza che i nuovi mezzi di comunicazione hanno approcci diversi con la realtà. Puoi sempre utilizzare il libro, ma solo se ti poni nella condizione dell'amanuense che salva il passato in vista del futuro, mentre intorno incalzano i barbari, gli sbandati che fanno un cattivo uso degli strumenti; non a fine di liberazione, ma di oppressione. Che fare? Il problema in Italia è in chiave politica più che culturale. Ci vorrebbe una certa par condicio anche nella cultura, perché oggi l'informazione artistica e quella letteraria sono viziate dalla politica. C'è un controllo feroce verso chi non si allinea, si pretende che non esista. […] la cancellatura serve per fare chiarezza, non per oscurare le menti. A questo pensa la televisione 3. Il limite che l'artista applica puntigliosamente nell'uso complesso (complessità, lo ricordiamo, è parola-dea per Isgrò) del linguaggio ha come conseguenza di ravvivarne le "zone sensibili" e meno immediate. Isgrò è giunto alle Cancellature intorno al 1964 e quel momento di "sovversione" si tradurrà man mano in verifica delle "collusioni" tra segno verbale e segno iconico, al fine di raggiungere un effetto paradossale. Egli erige un sistema che apre nuove zone attraverso la sostituzione di un ordine del discorso con un altro che, con gli scarti, produce ciò che può essere solo mostrato. Il morbo della lingua qui non si traduce in nichilismo, altrimenti l'artista non sarebbe in grado di restituire nulla, ma in autenticità della superficie. 1 "Invenzione" è qui termine inteso nell'accezione di "cosa trovata", ma anche atteggiamento di chi rinviene una pratica preesistente e quasi elementare. La posizione dell'artista nei confronti della "cancellatura", che citeremo da ora in poi con l'iniziale maiuscola, sarà chiarita più avanti. 2 I riferimenti letterari, ci ricorda Ugo Volli, vanno dal Musil de L'uomo senza qualità (Der Mann ohne Eigenschaften, 1930-43) al Thomas Mann de La montagna incantata (Der Zauberberg, 1924); dall'Hofmannstahl della Lettera di Lord Chandos (En Brief, 1902) a Beckett. Hans Karl, il protagonista hofmannstahaliano de L'uomo difficile (Der Schwierige, 1918), dice: "Ogni espressione è oscena". Riportiamo questo estratto solo per citare alcuni esempi di disfacimento della lingua (all'interno del regime della lingua stessa) e di dis-identità. 3 Luciano Marcucci, Emilio Isgrò. L'arte di negare per affermare, intervista a Emilio Isgrò, «ALI dalle origini al cosmo-dalle origini all'abisso. Rivista d'arte, letteratura e idee…», Lugo (RA): Edizioni del Bradipo, 2009, pp. 24-25.
Michi Salomè