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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM Facoltà di Filosofia Analisi del concetto di tecnica come azione, reazione e compito dell’uomo secondo il pensiero polare di Romano Guardini Direttore: Juan Gabriel Ascencio, L.C. Studente: Jae Woo Eo, L.C. Numero di Matricola: 00011387 FILE 2001, Dissertazione di licenza Roma, 30 aprile 2020 INTRODUZIONE “빨리 빨리” (Palli palli) è un detto coreano che può tradursi come “sbrigati ”. È un’espressione assai comune e, quando si usa, si ripete due volte per esprimere l’urgenza di compiere subito l’azione. Il mio interesse per il tema della tecnica deriva anzitutto dalla mia provenienza: la cultura sudcoreana considera la velocità uno dei suoi valori principali. Nel mio Paese, il ritmo della vita scorre rapidamente nei diversi settori sociali e si riflette soprattutto nel lavoro. Una società che ha sviluppato la tecnica sembra proporre il principio di efficacia come la soluzione dei diversi problemi dell’uomo. Ma è vero? Avevo un dubbio esistenziale e mi chiedevo se l’efficacia come valore cardinale fosse veramente il rimedio per l’uomo. Questa domanda era il motivo della mia ricerca sul tema della tecnica al livello filosofico. L’efficacia è uno dei benefici che deriva dalla tecnica. La tesi del mio lavoro è che la tecnica, nonostante dei suoi molteplici benefici, non sia necessariamente positiva, ma anzi si riveli spesso dannosa per l’uomo, laddove non è utilizzata in maniera autentica. Ho conosciuto Guardini per la prima volta quando ero ancora uno studente di scuola secondaria superiore negli Stati Uniti, orami tredici anni fa. Il rettore della scuola mi regalò un libro di Guardini che, tradotto in inglese, si intitolava “Learning the virtues that lead you to God.” Sono rimasto affascinato dalla sua spiegazione delle virtù. Fin da quel momento, il mio interesse per Guardini è cresciuto gradualmente e ho potuto indagare di più sull’autore durante gli studi di baccalaureato in filosofia. Quando gli fu conferito il Praeminum Erasmianum, il sacerdote italo-tedesco tenne una conferenza intitolata “Europa – realtà e compito”, (1962) in cui tratta anche del tema della tecnica. In questa conferenza, ormai quasi sessanta anni fa, egli paragona l’immagine dell’uomo nell’era della tecnica alla figura di Atlante, rappresentazione dell’uomo non libero, condannato a sostenere la volta celeste. Quanto più ampiamente cresce il potere dell’uomo, tanto più egli emigra dalla natura nella cultura – ma ciò significa, in un mondo, in uno stato, che non sono cresciuti da sé e garantiti da un orientamento interno, ma sono fatti da lui, perciò hanno il 2 carattere dell’arbitrarietà e con ciò del rischio. Viene in mente il mito di Atlante, che era condannato a sostenere la volta celeste. Egli non può camminare libero sotto di essa, ma gli è accollata come un carico; se egli cessa di sostenerla, quella crolla1. Guardini si preoccupava per il fenomeno della tecnica del suo tempo, ormai lontano dal nostro mondo. Ma la sua ampia riflessione mi ha aiutato a capire i problemi che derivano dalla tecnica. La comprensione esistenziale della tecnica ci porta a capire non soltanto i veri pericoli che essa presenta al livello antropologico, ma anche alcune possibili soluzioni legate al compito dell’uomo come Guardini stesso lo intende. Questa ricerca si divide in due parti. Nella prima parte, Il trattato sulla tecnica secondo Romano Guardini, dopo una breve introduzione sul problema tecnico, si conduce un’analisi storica della tecnica. La tecnica, da elemento culturale dell’epoca post-moderna, è una realtà temporale. L’analisi storica secondo le chiavi ermeneutiche di natura, uomo e cultura ci permetterà di capire il cambio profondo delle epoche evidenziando con chiarezza la novità e il rischio della tecnica. Dopo un’analisi storica di quest’ultima, la ricerca si converge sull’analisi del concetto di tecnica seguendo tre punti, come fa l’autore: l’azione della tecnica, la reazione della tecnica e il compito dell’uomo dinanzi al problema della tecnica. Nella seconda parte, Analisi critica della tecnica, si cerca di andare oltre ad una semplice riesposizione della riflessione sulla tecnica proposta dall’autore. Si lavora criticamente su di essa, chiedendosi: qual è il carattere della sua valutazione? Quali sono gli elementi pericolosi della tecnica secondo l’autore? Qual è il fondamento delle sue riflessioni? Vediamo anzitutto il carattere positivo delle critiche alla tecnica secondo Guardini, paragonandolo all’atteggiamento categoricamente negativo di Heidegger. Si rivelano poi gli elementi nocivi della tecnica in modo più chiaro e sintetico. Successivamente, si presentano le tesi di vari esperti di Guardini per conferire più forte carattere oggettivo e scientifico al lavoro. 1 R. GUARDINI, «Europa – Realtà e compito (1962)», in R. GUARDINI, Opera Omnia VI. Scritti politici, a cura di Michele Nicoletti, Morcelliana, Brescia 2005, 549-564, 554-555. 3 Per finire, si analizza il ruolo del pensiero polare sia nella vita di Romano Guardini, sia nella sua riflessione sulla tecnica. 4 I. TRATTATO SULLA TECNICA SECONDO ROMANO GUARDINI 1. Introduzione al trattato sulla tecnica Come dobbiamo intendere il problema della tecnica? Penso che la conferenza di Martin Heidegger, La questione della tecnica (1953) possa aiutarci per avere il giusto approccio al fenomeno della tecnica. In questa conferenza Heidegger rifiuta una comprensione oggettiva della tecnica, una considerazione della tecnica in sé. La sua ricerca si centra invece nel rapporto libero tra l’uomo (Dasein) e la tecnica: «Noi poniamo la domanda circa la tecnica e intendiamo con ciò procurarci un rapporto libero con essa. Tale rapporto è libero quando apre il nostro esserci (Dasein) all’essenza della tecnica. […] La tecnica non si identifica con l’essenza della tecnica»2. Secondo lui la comprensione oggettiva della tecnica include due definizioni: «La prima dice: la tecnica è un mezzo in vista di fini. L’altra dice: la tecnica è un’attività dell’uomo»3. Heidegger subito afferma l’insufficienza di tali definizioni oggettive, poiché non prendono in considerazione lo sviluppo della tecnica, bensì considerano in modo identico e in egual maniera la tecnica dell’antichità e quella contemporanea4. L’essenza della tecnica non consiste dunque nella comprensione della tecnica in sé, ma nel suo rapporto con l’uomo, nel quale la tecnica si svela. E in questo svelamento troviamo la verità della tecnica: La costatazione, tuttavia, per essere esatta non deve necessariamente svelare ciò che le sta di fronte nella sua essenza. Ora, solo dove un tale svelamento si dà accade il 2 M. HEIDEGGER, «La questione della tecnica», in M. GUERRI, (ed.), Le Arti nell’età della Tecnica, Associazione Culturale Mimesis, Milano 2001, 43-65, 43. 3 Ibid., 43. 4 Ibid., 44-45: «La rappresentazione comune della tecnica per cui essa è un mezzo e un’attività dell’uomo, può perciò denominarsi la definizione strumentale e antropologica della tecnica. Chi vorrà negare che sia esatta? Essa si conforma chiaramente a ciò che si ha davanti agli occhi quando si parla di tecnica. La definizione strumentale della tecnica, la quale peraltro viene generalmente considerata, e con una certa ragione, qualcosa di completamente nuovo e diverso rispetto alla tecnica artigianale del passato. Anche una centrale elettrica, con le sue turbine e i suoi generatori, è un mezzo apprestato dell’uomo per uno scopo posto dall’uomo. Anche l’aereo a reazione, anche il generatore di alte frequenze sono mezzi in vista di fini». 5 vero. […] L’esatta definizione strumentale della tecnica non ci mostra ancora, perciò, la sua essenza. Per poter raggiungere tale essenza, o almeno arrivare nella sua vicinanza, dobbiamo cercare, attraverso o oltre l’esatto, il vero5. Come nel caso di Heidegger, la considerazione sulla tecnica in Guardini non riguarda la definizione oggettiva, ma il suo rapporto con l’uomo vivente (Der lebendige Mensch). La considerazione della tecnica, quindi, non è una considerazione metafisica bensì esistenziale. E questo uomo vivente in Guardini è simile in qualche modo all’esserci (Dasein) di Heidegger per quanto riguarda la sua stretta relazione col tempo. L’uomo vivente di Guardini è colui che diviene dinamicamente nel tempo6. Il fenomeno della tecnica che si trova nel rapporto con l’uomo vivente è quindi una realtà temporale. La tecnica è un fenomeno storicamente attuale dell’autore, un aspetto della cultura dopo l’epoca moderna. La ricerca della tecnica, perciò, si colloca dentro della sua riflessione storica sui diversi tipi del mondo esistenziale. La considerazione storica del mondo esistenziale considera il rapporto tra la natura – il soggetto uomo – e la cultura. Per quanto riguarda la nostra ricerca sulla tecnica, quest’analisi storica ci serve come una preparazione e come una ricerca previa all’approfondimento del fenomeno stesso della tecnica. La ricerca storica ci aiuta a capire come essa è stata sviluppata, come è differente dal passato e qual è la sua novità e il suo rischio. Per le considerazioni circa il fenomeno della tecnica stessa ho cercato di rilevare alcuni dei suoi elementi sistemandoli in tre parti per presentarla in maniera ordinata e sintetica. La prima parte si tratta dell’attività della tecnica. La seconda invece si tratta della reazione dell’attività tecnica, cioè le conseguenze esistenziali 5 M. HEIDEGGER, «La questione della…», 44. R. GUARDINI, Persona e libertà, Saggi di fondazione della teoria pedagogica, La scuola, Brescia, 1987, 55: «Il nostro vivere riposa sulla forma del divenire. Ciò che dà vita e forma al mio essere, io non lo sono a priori: lo divento nel corso del tempo. A dire il vero, in tale processo è presupposto qualcosa, che immediatamente sovrasta il puro divenire: vivendo, è in mio potere fissare, conservare in mio vivente possesso tutto ciò che qui, nel tempo, da me nasce, in me diviene, e da me viene conquistato». 6 6 che l’attività tecnica produce nell’uomo. La terza parte si tratta delle due proposte al problema della tecnica che Guardini stesso ripeté diverse volte. Queste due proposte corrispondono al compito dell’uomo nell’epoca della tecnica. Ci sono diverse fonti di Guardini in questa parte dell’analisi. Per rendere giustizia all’autore ho cercato anche di rispettare l’elemento diacronico delle opere per le citazioni. 2. Considerazioni temporali sul fenomeno della tecnica tramite il rapporto natura – soggetto – cultura 1) Il rapporto polare tra natura e cultura Prima di analizzare alcuni mondi esistenziali secondo le diverse epoche, dobbiamo capire il senso dei concetti natura e cultura, giacché la riflessione storica consiste nell’analisi intorno a questi due concetti, che a loro volta si rapportano anche con il soggetto. Guardini riflette il rapporto tra la natura e la cultura nel suo saggio Riflessioni sul rapporto tra cultura e natura (1931). In questo saggio l’autore afferma che il mondo umano non è né puramente oggettivo né puramente soggettivo. È la totalità della realtà in cui l’uomo vive. Il mondo come la condizione a priori di ogni incontro corrisponderebbe al concetto di natura, e il mondo come il risultato postulato di ogni incontro corrisponderebbe al concetto di cultura: Ora, questa totalità mondo contiene due fattori. Da un lato qualcosa, che v’è già prima che – nell’incontro conoscente, valutante, agente, tra questa cosa e quest’uomo – mondo si costituisca. Il che può già essere anche il risultato dell’incontro, ad esempio opere umane, ordini ecc. Ma riandiamo abbastanza indietro, giungiamo a qualcosa, che sta prima d’ogni possibile incontro. Siamo abituati ad applicare per questo la denominazione natura. Le sta di contro, in quella totalità mondo, ciò che viene fatto, formato e creato. Chiamiamo in modo altrettanto provvisorio cultura7. Il quesito del suo saggio illustra il rapporto polare di questi due concetti. Il mondo umano esiste in una tensione tra la natura e la cultura. Nonostante la loro propria legittimità, devono esistere insieme senza che uno di essi perda il posto. 7 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto tra cultura e natura (1931)», in R. GUARDINI, Natura – Cultura – Cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1983, 157-173, 157-158. 7 I concetti di natura e cultura sembrano formare insieme una di quelle strutture, i cui elementi sono rapportati essenzialmente tra loro. Ognuno ha le sue proprie radici e non è derivabile dall’altro. Ognuno attua sulla propria linea la realizzazione del suo particolare senso e può, fino ad un certo limite, essere considerato indipendentemente dall’altro. Ma solo fino ad un certo limite; da ultimo nessuno dei due può essere sciolto dall’altro, nessuno dei due può essere compreso e realizzato senza la relazione all’altro8. 2) La natura come il contenitore del senso e come il caos La natura secondo la prima descrizione dell’autore è ciò che esiste in sé prima di qualsiasi attività umana: «Natura significa dapprima molto in generale ciò che è presente da se stesso, senza l’uomo. Non fatto da lui, ma costituitosi da sé; non posto secondo scopi umani, ma realizzato secondo necessità proprie» 9 . Essa possiede il carattere selvaggio in quanto è un elemento carente di forma in attesa del lavoro umano10. La natura inoltre è carica di forza direzionale; della tendenza verso il fine, di misura e di rapporto11. La natura come la nascita possiede il carattere dell’inizio che ha un carattere di valore che mostra il destino. La sua innocenza mostra l’esigenza di essere protetta12. Guardini paragonando la natura con la cultura dà una serie di descrizioni. Essa è qualcosa di profonda e oscura. La natura non è soltanto la materia per la cultura, bensì ha in sé il suo proprio valore: il senso che mostra la sua meta. 8 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 162. Ibid., 158. 10 Ibid., 158: «è qualcosa di grezzo, informe, non raffinato, in attesa ancora dell’autentico lavoro che gli conferisca in un senso. Quindi ciò che fa sì che si contrassegni come selvaggia ad esempio quella tribù presentemente vicina alla natura». 11 Ibid., 158-159: «La natura è ripiena di una sicura forza direzionale; compenetrata di chiare tendenze verso un fine, di misure e di rapporto». 12 Ibid., 159: «Ha uno stato iniziale che si realizza con la nascita. Vivendo, la vita si attua, si allontana da quello stato. Con quest’uso del concetto esso viene sentito come il naturale, l’originario, il semplice nato, l’ontologicamente puro, in accordo con sé stesso e perciò con i contesti e i parametri dell’essere non distrutto. Nella misura in cui la vita procede, cala rispetto all’inizio; diventa perturbata, contradditoria, derivata e perciò nonnaturale. Non appena lo stato iniziale così considerò viene visto eticamente, significa innocenza. Allora lo stato iniziale come tale significa qualcosa che ha carattere di valore». 9 8 Sempre di nuovo scivola dall’altezza dello stato culturale alla profondità di quello naturale; dalla chiarezza all’oscurità; dalla veglia al sonno e non-coscienza. Questo passaggio non significa sprofondarsi nel disvalore, ma entrare in un’altra sfera di valori. La natura non è solo materiale per la cultura, ma la sua mèta vivente al polo opposto, la quale ha in sé stessa il suo senso13. Guardini paragona il rapporto tra la natura e la cultura con il rapporto che si trova fra il sonno, oppure uno stato di subcoscienza, e la presa di coscienza. L’autore afferma che la psicologia del suo tempo riconosca il valore dello stato iniziale della vita come un elemento complementare allo sviluppo della persona14. Questo momento prima della nascita, nel seno della madre, è un momento sconosciuto ed oscuro dell’individuo, che accompagna tutte le successive tappe dopo la nascita, con la quale comincia il processo di prendere più coscienza, paragonabile al momento illuminante 15 . Questo rapporto si riflette anche nella storia dell’umanità: la preistoria rispetto al progresso storico16. La natura, quindi, in questo senso corrisponde a quell’inizio dell’individuo e della storia dell’umanità prima dello sviluppo ulteriore17. 13 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 163. Ibid., 164: «L’intera esistenza umana trascorrente nella chiarezza possiede un ambito preliminare nella profondità: quella del non essere ancor nato e del sonno. Quest’ambito non è solo il gradino previo all’autentica dimensione umana, ma appartiene essenzialmente all’esistenza umana nel suo complesso. Una delle più belle prestazioni della psicologia del profondo è d’aver mostrato che l’esistenza nel seno della madre è vita reale tanto come quella nel sonno; non solo un gradino preliminare, ma una fase indipendente della vita complessiva». 15 Ibid., 164: «Ora la vita passa attraverso un processo determinato, la nascita ovvero l’entrata nella storia iniziando da quel punto di partenza; ma è proprio dell’essenza dell’inizio vivente che ciò ch’è stato lasciato percorra insieme il cammino ulteriore della vita che se ne esce. Lo stato prima della nascita continua ad accompagnarsi come sostrato portante nella coscienza dell’individualità liberata». 16 Ibid., 164: «E si afferma che le corrisponda una fase analoga nella vita dell’umanità: quella preistorica. Ancora una volta non un gradino preliminare, ma una forma di vita di specie propria, alla cui essenza sembrano appartenere particolari moti della coscienza, particolari immagini del mondo e forme espressive, quelle mitiche». 17 Ibid., 165-166: «L’uomo, in cui predomina quest’assoluto legame nell’inizio, nel passato, sente la sua vita compenetrata da questo orientamento a ritroso. La sua autocoscienza come la sua coscienza della storia possiede una struttura di ricordo e inoltre mitologica. Ma non inteso come qualcosa di languido, come infantilismo o romanticismo nel senso negativo, ma come una delle forme fondamentali dell’esistenza umana. Quell’inizio individuale e della storia complessiva è natura». 14 9 Per l’autore la natura autentica è sempre in rapporto con la cultura18. Se perde il suo legame con la cultura diventa una natura cattiva. La natura non esprime più la profondità ma il vuoto. Diventa una natura caotica: Non c’è cultura assoluta. Ma non vi è neppure natura assoluta. Nonostante ogni anelito al passato, alla profondità, all’oscuro, alle madri – non appena vi lasciamo andare il moto vitale, notiamo che anch’esso scivola nell’impossibilità. Nella sfera, che non è più oscuro, ma tenebra; non più pienezza creatrice, ma confusione; non più silenzio, ma mutismo; non più profondità, ma abisso; non più grembo, ma inghiottimento nell’informale. Qui tendere alle origini, ai fondamenti, dai quali la vita nuovamente ascende alla luce, diviene l’infantile, l’incatenamento all’inizio19. In sintesi, se la natura è aperta alla cultura è un contenitore del senso originale, come un elemento positivo. Ma se la natura perde il suo legame con la cultura diventa qualcosa di caotico, un elemento negativo che è priva di qualsiasi direzione. 3) La cultura come il compendio del valore e come la cultura non-umana «In un senso del tutto generale si dice cultura quanto dall’uomo viene mutato, eseguito, fatto, prodotto; sia che il concetto intenda il risultato, l’opera, o invece lo stato, nel quale l’uomo entri: cultura quindi oggettiva e soggettiva»20. La cultura secondo una descrizione primaria dell’autore è qualcosa che implica il contatto dell’uomo. Secondo una descrizione comparativa della natura – cultura, possiamo enumerare alcune caratteristiche della cultura: altezza, chiarezza e veglia21. «Se natura era un concetto di partenza, cultura significa un concetto di fine»22. Se la 18 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 172: «La natura è sempre natura umana; cioè ordinata alla cultura; diversa da ogni esistenza comunque espressa puramente organica, vitale, razziale o naturalistica». 19 Ibid., 170. 20 Ibid., 160. 21 Ibid., 163: «Sempre di nuovo scivola dall’altezza dello stato culturale alla profondità di quello naturale; dalla chiarezza all’oscurità; dalla veglia al sonno e non-coscienza. Questo passaggio non significa sprofondarsi nel disvalore, ma entrare in un’altra sfera di valori. La natura non è solo materiale per la cultura, ma la sua mèta vivente al polo opposto, la quale ha in sé stessa il suo senso». 22 Ibid., 161. 10 natura possedeva il carattere selvaggio, la cultura indica un compendio del valore23. L’autentica cultura comincia dall’atto che toglie la natura, dal liberarsi del suo mondo immediato-ambientale 24 . Una tale eliminazione del mondo immediato implica l’esercizio della libertà: Cultura significa fondamentalmente l’eliminazione del rapporto col mondoambiente, in cui sta continuamente il singolo essere vivente nei confronti delle cose circostanti; esso stesso un elemento di esse: quelle un elemento di esso. La cultura significa l’eliminazione dell’ovvietà dell’essere con-le-cose. Si radica nell’attuazione del limite tra me e l’altro; nel guadagno dopo la messa in libertà, nel cogliere dopo aver attuato la distinzione25. Guardini ritiene che ciò che determina la volontà della cultura sia l’attività che spinge verso la crescita, secondo una certa direzione, dalla quale deriva l’idea del progresso26. L’autore afferma infatti che tutta l’esistenza umana è attraversata dal movimento dalla natura verso la cultura27. La cultura quindi è un mondo creato dall’attività dell’uomo che parte e si distacca dalla natura, con lo spirito libero e con l’altezza dei suoi valori che tende a crescere nella forma del progresso. Ma la cultura non può esistere separatamente dal suo polo: natura28. Guardini afferma che la cultura staccata dalla natura sia una cultura non-umana. Una vita senza sonno, senza sogno, senza indugiare nel profondo, senza contatto con le potenze profonde non sarebbe in verità un potenziamento, ma un impoverimento 23 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 160: «Intende di nuovo poi il compendio del valore: la differenza quindi dalla barbarie. Cultura non significa qui tutto ciò che l’uomo ha fatto, ma solo ciò che è stato fatto in modo giusto». 24 Ibid., 162: «Autentica cultura comincia con un atto che toglie essenzialmente la natura: il distacco dell’immediato mondo ambiente della vita e di quella continuità, in cui sta il singolo essere vivente con quanto esiste tutt’intorno». 25 Ibid., 163. 26 Ibid., 162: «Ma la vita vuol crescere. E la crescita è direzione; direzione in avanti, verso la cultura. Qui sta l’altro luogo di ciò che è autentico per significato: quello che determina la volontà di cultura, l’attivismo che spinge gioiosamente in avanti. Vuole progresso, ascesa». 27 R. GUARDINI, «La cultura como obra y riesgo (1957)», Guadarrama (1960), 9-28, 9: «La entera existencia humana está atravesada por un movimiento desde la naturaleza hacia la cultura». 28 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 172: «Cultura è sempre cultura umana; cioè congiunta con la natura; diversa dall’artefatto dell’intellettualismo, eticismo, estetismo, formalismo ecc». 11 della vita. Al posto della dialettica della vita, sarebbe subentrata una semplicità meccanica. Questa vita non sarebbe più umana. E ciò, poniamo, non solo perché l’uomo non la potrebbe sopportare, ma perché cadrebbe l’intera seconda sfera di stati e di valori, che portano il loro senso non solo in vista della veglia, ma in sé stessi29. In sintesi, la cultura se è aperta alla natura, è un mondo creato dall’uomo che esprime l’altezza dello spirito ed è il compendio dei valori. Ma se è sciolta dalla natura diventa una cultura priva di senso, una cultura non-umana. 4) Riflessione storica sulle diverse epoche La riflessione storica sulle diverse epoche ci serve per due motivi nel riflettere sulla tecnica. Mediante l’analisi storica, l’autore mostra da una parte la dinamicità della cultura che stava cambiando, come si riflette nello sviluppo della storia. Questo carattere dinamico della cultura tecnica giustifica il compito dell’uomo dell’epoca nuova che stava accadendo nel tempo dell’autore. Dall’altra parte, mediante la riflessione delle diverse epoche, possiamo paragonare il fenomeno della tecnica con le epoche anteriori, accorgendoci della differenza profonda del loro mondo. Questo paragone dei mondi ci permette di intuire la novità e il rischio della tecnica che non esistevano nelle epoche anteriori. Il passaggio dall’epoca medievale a quella moderna è molto radicale e, come risultato, è difficile valutare l’aspetto positivo del Medioevo. Noi, come i figli della Rivoluzione francese, abbiamo dei pregiudizi piuttosto negativi riguardo al passato come il periodo nero in paragone all’età della luce. Guardini cerca di far notare che l’epoca medievale era quasi come un prototipo dell’umanità dove c’era una profonda unione tra la natura e la cultura nell’esistenza umana. Un’analisi della modernità ci mostra che l’epoca postmoderna si differenzia radicalmente dall’epoca moderna, nonostante le loro somiglianze nell’esaltazione della scienza. 29 R. GUARDINI, «Riflessioni sul rapporto…», 169. 12 La fine dell’epoca moderna, che fu scritto nel 1950, aveva come scopo originale introdurre un corso sulla concezione del mondo e dell’uomo in Blaise Pascal (1623-1662), che è un uomo della modernità. La differenza delle visioni del mondo secondo le diverse epoche gli ha condotto spontaneamente ad approfondire sul tema dell’epoca attuale, che già si trovava in una profonda trasformazione rispetto all’epoca moderna 30 . In essa, l’autore divide la storia in quattro grandi epoche: 1) l’antichità (i greci: poeti e filosofi), 2) il Medioevo, 3) il Rinascimento (modernità) e 4) la nuova epoca caratterizzata dalla tecnica. Nell’antichità i greci si sono caratterizzati dalla loro appartenenza al mondo finito. Loro non oltrepassano i limiti del mondo31. Guardini mostra che i tentativi della ricerca di ἀρχή del mondo da parte dei grandi filosofi (Parmenide, Platone, Aristotele e Plotino) non superino questo limite32: L’essere puro di Parmenide, ad esempio, che sembra staccato da ogni cosa concreta del mondo, riconduce la molteplicità dei fatti dell’esperienza ad un elemento supremo permanente; rappresenta una difesa contro la potenza della caducità, che riempie di angoscia profonda l’uomo greco. Platone, nonostante lo slancio del suo R. GUARDINI, La fine dell’epoca moderna, Morcelliana, Brescia 200711, 9-109, 9-11: «I tre capitoli di questo scritto avevano originariamente lo scopo di servire da introduzione ad un corso sulla concezione del mondo e dell’uomo in Pascal […] Sorge la questione circa la natura dell’epoca in cui egli è vissuto. Che cosa avvenne quando il Medio Evo decadde e sorsero i tempi nuovi e come Pascal si adattò a questa fine ed a questo divenire? Perciò ho tentato di delineare a grandi tratti la concezione del mondo nel Medio Evo, il passaggio alle concezioni ed ai pensieri dei tempi moderni e la rappresentazione del mondo che ne consegue. […] Ciò mi ha condotto spontaneamente al tentativo ulteriore di gettare uno sguardo anche sull’epoca che sorge e non ha ancora un nome; di mostrare come è profonda la trasformazione che si sta attuando e quali sono i compiti che da tale situazione derivano». 31 Ibid., 11: «L’uomo dell’antichità non oltrepassa i limiti del mondo. Il suo sentimento della vita, la sua immaginazione, il suo pensiero si tengono entro questa struttura e non si preoccupano di chiedersi che cosa ci potrebbe essere al di fuori o al di sopra. A ciò lo invita anzitutto una involontaria autolimitazione, che teme di varcare determinate frontiere; un desiderio che è profondamente radicato nella sua etica». 32 Ibid., 12-13: «Come filosofo egli cerca, è vero, di concepire qualcosa di assolutamente divino, spoglio di ogni imperfezione. Ma anche per tale via non supera i limiti del mondo, e forse, in fondo, non lo vuole neppure. Più esattamente, non può volerlo perché ciò presupporrebbe quello stesso superamento, e non è ciò che qui avviene. […] L’uomo antico non conosce dunque nessun punto esterno al mondo: e non può pertanto fare alcun tentativo per considerare il mondo e dargli una forma partendo da tale punto. Egli piuttosto vive nel mondo con il suo sentimento e la sua immaginazione, la sua azione e la sua opera. Tutti i suoi movimenti, anche quelli che più arditamente si spingono nei settori più lontani, si svolgono all’interno del mondo». 30 13 pensiero, non separa dal mondo, ma concepisce come elemento eterno del mondo, il bene che al di là delle idee egli scopre come ciò che è vero e definitivo; il bene resta per lui un “al-di-là” all’interno del tutto supremo. Il motore immobile di Aristotele, che immutabile, provoca ogni mutamento nel mondo, non ha senso che in rapporto con l’essere totale di questo mondo in costante trasformazione. E l’Uno di Plotino, risultato di uno sforzo estremo per giungere al di là dell’universo delle cose e dell’uomo, sta ancora col mondo in un rapporto che non conosce separazione: esso è la fonte donde necessariamente scaturisce la molteplicità di ciò che esiste, e d’altro lato è il fine a cui ciò che esiste ritorna, attraverso l’eros e la purificazione33. Il mondo esistenziale dei greci quindi è un mondo che esclude qualsiasi cosa dal di fuori ma tutto consiste dal di dentro. Il risultato di questo mondo è la sua autolimitazione che esclude l’infinito e il caotico: «L’immagine che se ne fa è il risultato di una autolimitazione che esclude l’infinito e il caotico, rinunciando a ciò che è eccessivo, e di un sentimento di armonia che avverte ciò che esiste come kosmos, sottomesso alla bellezza dell’ordine»34. Nonostante la visione limitata del mondo da parte dei greci, loro si avvicinavano molto alla natura. Guardini nella sua conferenza La situazione dell’uomo (1953) spiega che la natura veniva incontro all’uomo ed era percepita con un certo fascino e meraviglia, come abitazione degli esseri divini. E l’uomo esprimeva questo fascino tramite i miti: Le epoche precedenti furono molto diverse tra loro. Una cosa però sembra esser stata loro comune: la natura si fece incontro all’uomo con una iniziativa sorgente nella sua esperienza; si potrebbe quasi dire che essa abbia avuto una specie di soggettività. Questa nelle diverse epoche ha di volta in volta un proprio carattere. La natura della coscienza mitica è l’universo. Essa è ricolmata della vitalità e altezza divine. Fu sempre e sarà sempre. Dalla sua profondità creativa produce le forme della realtà e le riprende di nuovo in sé… Gli ambiti di questa realtà – in altre parole: i diversi aspetti della sua totalità – sono sentiti come esseri divini35. In sintesi, il mondo degli antichi è un mondo carico di simboli. Essi erano capaci di cogliere il senso della natura per la loro vicinanza ad essa. Tuttavia, 33 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 13. Ibid., 13. 35 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo (1953)», in R. GUARDINI, Natura – Cultura – Cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1983, 191-209, 192. 34 14 Guardini osserva una mancanza dell’unità della visione del loro mondo a causa delle diverse interpretazioni36, causate per la mancanza della comprensione della causa esterna del mondo finito. Il mondo esistenziale dei greci possiede una vicinanza alla natura che esprime nella loro cultura mitica con un sentimento religioso, ma in maniera confusa. L’autore possiede un’opinione molto positiva sull’epoca medievale. Anzitutto invita il suo lettore a togliere i pregiudizi che derivano dalla nostra storia: Per farsi una idea esatta della natura del Medio Evo, bisogna liberarsi da tutte le valutazioni polemiche che risalgono al Rinascimento e all’Illuminismo e che ancor oggi ne deturpano l’immagine, ma anche da tutte le glorificazioni del Romanticismo, che attribuiscono al Medio Evo un carattere addirittura canonico e hanno impedito a più d’uno di entrare in contatto col presente senza pregiudizi. Giudicato col sentimento moderno del mondo, il Medio Evo appare facilmente come una mescolanza di primitivo e di fantastico, di costrizione e di dipendenza. Ma questa immagine non ha nulla a che vedere con la conoscenza storica37. Nel Medio Evo la visione del mondo si trasforma radicalmente. La radice di tale trasformazione è la Rivelazione 38 . Il mondo è un mondo creato da Dio. A differenza degli antichi, la natura per un medievale non è più la realtà prima, ma diventa una realtà seconda39. Tramite la dottrina della creazione egli vede il mondo anche da fuori. Gli antichi non ricercavano sull’infinito, i medievali invece hanno un’aspirazione all’infinito: Assai significativo per l’atteggiamento spirituale del Medio Evo è inoltre l’apporto germanico. Dal nostro punto di vista, caratteristico di tale influsso ci appare il dinamismo interiore, l’aspirazione all’infinito, quali si esprimono, religiosamente nel carattere della mitologia nordica, e storicamente nelle incessanti migrazioni e 36 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 15: «Lo spirito greco è un interrogare che non conosce tregua. Vuol sapere come vanno le cose del mondo. Nulla è stabile: tutto resta aperto. Non vi è nulla che abbia carattere dogmatico. Ogni modo di concepire le cose è possibile e può competere con gli altri, nella misura in cui non lo interdicano i limiti stabiliti assieme al carattere fondamentale della polis: basti pensare al processo di Anassagora e a quello di Socrate». 37 Ibid., 28-29. 38 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 192: «La Rivelazione cristiana porta un disincantamento che va fino all’estremo». 39 Ibid., 193: «La natura è creata da Lui. Essa non è la realtà prima, ma una realtà seconda». 15 spedizioni militari dei Germani. Tale aspirazione si avverte anche all’interno della fede cristiana e si compie così il potente movimento medievale di superamento del mondo40. La visione del mondo dei medievali, quindi, tende ad abbracciare e a penetrare tutta la realtà, costruendo così un sistema del suo ordine cosmico ed esistenziale41. Inoltre, il medievale si stacca dalla visione mitica del mondo: «Si spezza il legame mitico dell’uomo con il mondo e si manifesta una nuova libertà»42. Grazie alla sua penetrazione della comprensione della realtà, il mondo esistenziale del medievale possiede una struttura dei valori secondo il primo principio: Dio43. Questo nuovo compendio dei valori corrisponde all’altezza, alla trascendenza dello spirito umano che è appunto l’elemento della cultura44. Dall’altro canto, la visione del mondo dei medievali possiede un altro carattere: immanenza: Ma può assumere anche forma positiva, quando il centro non è posto nel cosmo fisico, ma nell’intimo dell’uomo, nella sfera del cuore: ed è allora il fondo dell’anima. Che anche quest’inabitazione di Dio non sia rappresentabile lo si capisce quando lo spirito penetra sino al fondo di questo carattere, cioè sino al limite della finitudine interiore. Essa è in sé altrettanto inaccessibile del concetto di larghezza e di altezza; ma quando se ne afferma l’esistenza, come fa la rappresentazione medievale del mondo, si esige che lo spirito pensi anche a ciò che si trova dall’altra parte, vale a dire a ciò che è rivolto verso l’interno: qualche cosa che non è, eppure è; il passaggio all’interno del mondo, cioè immanenza. Anche qui Dio abita45. Questa tendenza verso l’interno corrisponde alla profondità che si fonda in Dio: Dio abita dentro di noi. Questa profondità spiega la verità del nostro essere ed 40 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 18. Ibid., 15: «Esso sale in un movimento possente, che travalica il mondo per assurgere fino a Dio e, partendo da Dio, si rivolge al mondo per imprimergli la sua forma. Si aggiunga ancora la tendenza germanica all’assoluto che tutto abbraccia: la volontà di abbracciare il mondo e di penetrarlo. Si capisce così come poté realizzarsi la costruzione del Medio Evo, il sistema del suo ordine cosmico ed esistenziale». 42 Ibid., 17. 43 Ibid., 19: «L’immagine del cosmo, anche se ulteriormente elaborato, resta l’antica immagine tolemaica. Ma riceve nuovo carattere e nuovi valori simbolici, metafisici e religiosi, dall’insegnamento biblico sulla sovranità di Dio, primo principio, creatore e signore del mondo». 44 Ibid., 19: «L’empireo costituisce “il luogo di Dio” al di fuori ed al di sopra, la trascendenza al di là del mondo; il suo antipodo è il centro della terra, il luogo più interno e profondo. Anche questo elemento assume carattere religioso». 45 Ibid., 20. 41 16 è l’inizio della nostra attività. Quest’interiorità diventa un nuovo contenitore del senso originale che è appunto l’elemento della natura. Una caratteristica fondamentale del mondo medievale è l’armonia dei questi due movimenti, per mezzo della visione della fede: Nell’empireo lo fa secondo il modo della grandezza; nel fondo dell’anima, secondo il modo dell’interiorità. Ma ambedue le volte si tratta di luoghi che sfuggono al mondo, al di là dei poli dell’esistenza, verso l’alto e verso l’interno. Fra questi poli oscilla il mondo. Nel suo insieme e in ciascuno dei suoi elementi esso è l’immagine di Dio46. I due poli dell’esistenza descritti dall’autore come verso l’alto e verso l’interno corrispondono analogamente ai concetti di cultura e di natura. Il medievale vive nella tensione di questi due elementi. Guardini ritiene che a causa della loro coesistenza esisteva una cultura autenticamente umana. L’altezza della cultura, ad esempio, si rifletteva nella costruzione grandiosa e magnifica delle cattedrali medievali, cariche dei simboli autentici o nell’opera Summa Theologiae dell’Aquinate che contiene in sé la sintesi della fede e della filosofia 47 . Tale autentica cultura era possibile appunto perché il medievale non si staccava dalla natura. Egli possedeva un carattere meditativo e profondo, capace di meditare nella verità: «Non persegue la realtà della natura o della storia, per fissarla empiricamente e per dominarla attraverso la teoria; ma si immerge meditando nella verità, e di qui costruisce spiritualmente l’esistenza»48. 46 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 20. Ibid., 22-23: «Tutto questo trova la sua espressione nelle Summae, che rappresentano la sintesi dello sforzo di conoscenza del Medio Evo, e nelle quali si ricongiungono teologia e filosofia, scienza della società e scienza della vita. Sono costruzioni possenti, che disorientano lo spirito moderno, finché questi non ne abbia colto il significato più intimo, che non è l’indagare empiricamente il mondo ignoto o spiegarne i fatti con un metodo razionale, ma costruire un “universo” mediante il contenuto della Rivelazione da un lato e i principi e le nozioni della filosofia antica dall’altro. Esse contengono un mondo costruito con il pensiero un tutto che, nelle sue infinite differenziazioni e nella sua grandiosa unità, può essere paragonato a una cattedrale e della cattedrale ha, oltre la realtà immediata, un carattere simbolico, che rende possibile all’uomo la contemplazione religiosa e gli offre un rifugio». 48 Ibid., 30. 47 17 Grazie a questa profonda unione dell’esistenza vicina insieme alla natura e alla cultura, l’uomo medievale trovava simboli dappertutto ed era capace del lavoro creativo che si esprimeva mediante l’arte49 . Nella sua conferenza La situazione dell’uomo (1953), Guardini costata la ricca cultura dell’epoca medievale, aggiungendo l’aspetto della libertà autentica dell’uomo: Così è possibile l’autentico incontro con questo mondo. Da questo scaturiscono l’azione il dominio e l’opera. L’uomo è libero, ha forza d’iniziativa; ma è impegnato dal valore di significanza delle cose – un rapporto, che si esprime ad esempio nel concetto di diritto naturale50. In fine, il medievale possiede una visione unitaria del suo mondo che differenzia dalle diverse interpretazioni del mondo finito dei greci. La gerarchia che si culmina in Dio è l’elemento che unisce la sua cultura. Guardini, collegando la gerarchia con l’autorità, afferma che essa non sia soltanto negativa: «Fino a che il sentimento esistenziale dell’uomo del Medio Evo si mantiene unitario, egli avverte l’autorità non come una catena, ma come una relazione con l’assoluto, come un luogo in cui sostare nella vita terrestre»51. Come sintesi, il mondo medievale considera la natura non come il mondo in sé, ma come una creazione di Dio e dentro di questa creazione si trova anche lui. Dio diventa il valore supremo della cultura che si riflette nelle diverse opere teologiche che considera la filosofia come ancilla theologiae. In questa costruzione della totalità del mondo, l’esistenza dell’uomo si trova nella tensione tra i due poli: l’interiorità e la trascendenza. L’interiorità corrisponde all’aspetto della natura per 49 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 30-31: «A ciò si aggiunge la consapevolezza elementare del contenuto simbolico dell’esistenza. L’uomo medievale vede simboli in ogni dove. Per lui l’esistenza non è fatta di elementi, di energie e di leggi, ma di forme. Le forme significano sé stesse, ma al di sopra di sé indicano qualcosa di diverso, di più alto, e infine l’altezza stessa, Dio e le cose eterne. Perciò ogni forma diviene un simbolo e dirige gli sguardi verso ciò che la supera. […] Qui si rivela un quarto elemento della volontà fondamentale del Medio Evo: l’elemento artistico. La formazione non è soltanto qualche cosa che si aggiunge all’oggetto vero e proprio, una presentazione, pregevole, ma in definitiva non essenziale, bensì la ricerca stessa della verità è indissolubilmente legata a quella formulazione». 50 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 193. 51 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 32. 18 il suo carattere di profondità e di meditazione che trova il senso originario dell’esistenza, che si fonda in Dio in ultima analisi. La trascendenza corrisponde all’aspetto della cultura dell’uomo che agisce e opera, creando delle autentiche opere d’arte, cariche di simboli secondo una gerarchia di valori che culminano anche in Dio. In quest’armonia dei due poli, il medievale vive con la sua propria iniziativa, secondo il suo proprio valore. Costui possiede una libertà autentica. In fine, è una visione unitaria del mondo nel quale l’uomo vive serenamente. Allora, entriamo all’analisi del mondo della modernità. Per “modernità” l’autore intende un processo di cambiamento della struttura del mondo e dell’atteggiamento culturale che comincia nel secolo XIV e che viene nettamente definito nel secolo XVII 52 . Guardini ritiene che il mondo esistenziale della modernità sia dimostrabile attraverso la spiegazione della trasformazione dei concetti: natura – soggetto – cultura53. La natura per il moderno ha un significato molto diverso dalla concezione medievale. Il moderno con il suo atteggiamento scientifico vede la natura come qualcosa da utilizzare. Mediante la scoperta delle leggi della scienza, il moderno prova un nuovo fascino davanti alla natura, secondo un approccio scientifico. La natura diventa un compito per la conoscenza e per l’azione54. A differenza della natura percepita dal medievale, la natura moderna tende a separarsi dalla sua causa estrinseca e dal fine. Si cerca di trovare il fondamento della natura in se stessa; 52 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 33: «La struttura medievale del mondo e l’atteggiamento culturale ed umano che ne rappresenta la base cominciano a dissolversi nel quattordicesimo secolo. Questo processo continua attraverso il quindicesimo e sedicesimo secolo per condensarsi nel secolo diciassettesimo in un quadro nettamente definito». 53 Ibid., 46: «Alla domanda quali siano i modi dell’esistente, il pensiero moderno risponde: la natura, il soggetto-personalità, la cultura. Questi tre fenomeni sono in correlazione. Essi condizionano e si completano vicendevolmente. Il loro complesso rappresenta qualche cosa di definitivo, al di là del quale non si può andare. Non ha bisogno di alcun fondamento estraneo a sé, né tollera norma alcuna al di sopra di sé». 54 Ibid., 40: «Se ci domandiamo quali sono gli elementi fondamentali della nuova immagine dell’esistenza, ci sembra di poter individuare i seguenti. Anzitutto il concetto moderno di natura. Esso indica il dato immediato; l’insieme delle cose prima che l’uomo agisca su di esse; l’insieme delle energie e delle sostanze, delle essenze e delle leggi. Questo insieme viene avvertito come condizione preliminare della propria esistenza e come compito per la conoscenza e per l’azione». 19 troviamo così una visione immanentista del mondo simile alla natura percepita dagli antichi55. Il concetto di natura esprime allora qualche cosa di supremo, al di là del quale non si può risalire. Ciò che si può dedurne è considerato definitivo. Ciò che ha fondamento naturale è di per sé giustificato. Ciò non significa che possa venire compresa la natura in sé; essa ha anzi il carattere misterioso di causa originaria e di fine ultimo. Essa è Dio-natura ed oggetto di religiosa venerazione. Viene lodata come creatrice, saggia e benigna. Essa è madre natura a cui l’uomo si abbandona con confidenza assoluta56. Ma, come osserva Guardini, la natura percepita dal moderno, possiede ancora una possibilità del sentimento religioso, c’è ancora un qualche legame reale. L’autore osserva inoltre che la natura nella modernità, possiede un carattere ostile57. Questa natura comincia a perdere la sua iniziativa e viene sentita come qualcosa di cui si può disporre: La natura riceve un carattere di disponibilità, che elimina sempre più quell’iniziativa, di cui si parlava. Non viene più sentita come la grandezza-originaria, che si fa incontro all’uomo e con le sue forme lo appella, ma come materiale per la sua volontà e come spazio per il suo disporre e progettare58. Allora, come si trasforma il soggetto nella modernità? L’uomo prende la sua propria posizione, diventando il padrone di sé, autonomo con la sua propria soggettività59 . Il soggetto moderno, staccato dalla natura, comincia a misurare i propri valori della vita. 55 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 11: «L’uomo dell’antichità non oltrepassa i limiti del mondo. Il suo sentimento della vita, la sua immaginazione, il suo pensiero si tengono entro questa struttura e non si preoccupano di chiedersi che cosa ci potrebbe essere al di fuori o al di sopra. A ciò lo invita anzitutto una involontaria autolimitazione, che teme di varcare determinate frontiere; un desiderio che è profondamente radicato nella sua etica». 56 Ibid., 40-41. 57 Ibid., 42: «Per il Medio Evo la natura era creazione di Dio e l’antichità era una specie di rivelazione anticipata; per l’epoca moderna l’una e l’altra divengono, in gran parte, dei mezzi per scindere la vita dalla Rivelazione e per far apparire quest’ultima come irreale ed addirittura ostile alla vita». 58 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 195. 59 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 43: «Secondo il suo essere originale, composto di anima e di corpo, l’uomo appartiene egli stesso alla natura; ma quando prende coscienza di questo e se ne rende padrone, egli esce dal rapporto immediato con la natura e si pone di 20 Quest’ultima (Il Medioevo) è per la natura, l’insieme delle cose nel loro ordine e nella loro unità; non come un tutto autonomo, ma come creazione del Dio sovrano. Analogamente il soggetto è per esso l’unità dell’essere umano individuale ed il sostegno della sua vita spirituale, ma in quanto creato da Dio e portato a compiere la sua volontà. Ma sulla fine del Medio Evo e soprattutto nella Rinascenza, ha inizio un’esperienza dell’io che ha nuovi caratteri; l’uomo prende importanza davanti ai suoi propri occhi: l’io, soprattutto quando sia straordinario e geniale, diviene misura die valori della vita60. Il soggetto moderno è caratterizzato per la sua grande personalità61 e la sua propria iniziativa. E per personalità, Guardini intende la capacità dell’originalità dell’individuo vivente che attua secondo i suoi propri valori62. Un esempio di questa grande personalità della soggettività moderna è Kant: Ne troviamo l’espressione più acuta nella filosofia di Kant, per cui il soggetto logico, etico ed estetico è un elemento primo al di là del quale non si può concepire null’altro. Esso ha il carattere dell’autonomia, è fondato in sé stesso e stabilisce il senso della vita dello spirito63. Guardini osserva criticamente tuttavia, un elemento debole dietro l’apparenza della grande personalità e della soggettività moderna. Infatti, l’espressione grande personalità non corrisponde alla personalità autentica secondo il pensiero dell’autore. Nonostante la capacità della propria iniziativa del soggetto moderno, il fronte ad essa. Tale esperienza è alla base di un secondo elemento fondamentale della moderna interpretazione dell’esistenza: la soggettività». 60 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 43. 61 Ibid., 43: «Ma sulla fine del Medio Evo e soprattutto nella Rinascenza, ha inizio un’esperienza dell’io che ha nuovi caratteri; l’uomo prende importanza davanti ai suoi propri occhi: l’io, soprattutto quando sia straordinario e geniale, diviene misura dei valori della vita. La soggettività (moderna) appare anzitutto come personalità, come forma umana che si dispiega secondo le proprie disposizioni ed iniziative. Anch’essa, come la natura, è un elemento primo, che non deve essere posto in discussione. La grande personalità, in particolare, deve essere capita partendo da lei stessa e giustificando le sue azioni con la sua propria originalità». 62 Ibid., 44: «Il concetto di personalità viene derivato dall’originalità dell’individuo vivente, e ciò che così si intende viene formalmente designato come soggetto. È il soggetto che pone gli atti che hanno un valore, ed a lui va riferita l’unità delle categorie che determinano questi valori». 63 Ibid., 44. 21 suo carattere autonomo è troppo autosufficiente64, e non lascia uno spazio per avere il suo rapporto con Dio65. A causa della sua scissione dalla natura, l’uomo moderno perde il suo luogo obiettivo e si sente smarrito, è un uomo che vive profondamente nell’angoscia66. L’autore analizza l’ultimo elemento dell’epoca moderna che consiste nell’azione e nell’opera dell’uomo: la cultura67. La cultura moderna si caratterizza dal suo staccamento dalla vecchia gerarchia dei valori dove tutte le opere culminavano in Dio; come conseguenza di questo rifiuto, l’uomo diventa il creatore 64 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 53: «L’abituale presentazione della storia spirituale dell’Europa ha creduto cha la sufficienza della natura, l’autonomia della personalità-soggetto, la cultura che crea secondo le proprie norme, fossero delle idee, e che la storia avesse come suo fine la scoperta e la realizzazione sempre più piena di queste idee. Ma era un errore e molti inizi mostrano che quelle idee cominciano a tramontare». 65 Cf., A. KOBYLIŃSKI, “Modernità e postmodernità”. L’interpretazione cristiana dell’esistenza al tramonto dei tempi moderni nel pensiero di Romano Guardini, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1998, 138. 327: «Nel tentativo di autonomia Guardini vede il vero dramma dell’uomo nell’epoca moderna che ha affermato una presunta indipendenza assoluta da ogni Essere superiore e da ogni piano creativo divino. Questo sforzo di sottrarsi alla dipendenza di Dio ha portato, però, l’uomo non alla piena liberazione, ma al contrario: l’uomo moderno – non volendo essere eteronomo – ha sperimentato sulle proprie spalle la “dialettica dell’autonomia”: essa, ossia l’autonomia, lo ha condotto a forme nuove di schiavitù quali la rivendicazione di una tragica anarchia assoluta o la totale capitolazione al potere totalitario. […] Di conseguenza, se l’uomo moderno cessa di essere l’individualità moderno o se rinuncia all’illimitatezza della sua forza creativa, egli può scoprire che il suo essere persona significa fondamentalmente l’essere davanti Dio». 66 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 39: «Ma per questa stessa via l’uomo perde il suo luogo permanente ed obbiettivo, quale gli era assegnato nella vecchia immagine del mondo, e avverte un senso di abbandono, anzi di minaccia, quell’angoscia dell’uomo moderno, così diversa da quella dell’uomo medievale. […] L’angoscia dell’uomo moderno al contrario è dovuta in gran parte al sentimento di non aver più un simbolico punto di appoggio, un rifugio immediatamente sicuro, all’esperienza continuamente rinnovata di non trovare al mondo luogo alcuno di esistenza che appaghi lo spirito che esige un significato».; ID., Fenomenologia e teoria della religione. Filosofia della religione, Morcelliana, Brescia 2010, 235: «Anche l’età moderna ha provato un giorno una sua angoscia: l’uomo che veniva da un ordine cosmico ben delimitato e tutto rifinito si sentì come inghiottito nell’infinità degli spazi, dei tempi e delle masse. L’angoscia oggi insorgente invece viene da un’esperienza dell’essere, che non si sente più protetta dalla custodia dell’infinito, ma esposta alla pura finitezza, la quale, nonostante l’enormità delle misure, è, come tale, essenzialmente “piccola”, ontologicamente “debole”, e si sente nel più profondo incapace, a dispetto d’ogni volitività, di portare il significato dell’esistenza umana». 67 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 44-45: «Fra la natura ed il soggetto-personalità si trova il mondo dell’azione e dell’opera umana. Esso poggia su quei fattori come su due poli, ma ha nei loro riguardi una sua propria indipendenza, che si esprime in un terzo concetto proprio dei tempi moderni: la cultura». 22 delle sue opere68. Questo concetto di cultura coincide con la scienza moderna, dalla quale viene la tecnica. Nella modernità la tecnica è concepita come un mezzo per l’utilità, come ciò che serve per raggiungere le mete dell’uomo. E questa cultura si riflette nei diversi settori della vita: L’origine di questo concetto coincide con i fondamenti della scienza moderna. Da essa nasce la tecnica, l’insieme dei procedimenti attraverso cui l’uomo diviene capace di stabilire a suo piacimento le proprie mete. Scienza, politica, economia, arte, pedagogia si svincolano sempre più consapevolmente dai legami con la fede, ma anche da un’etica universalmente obbligante, e si costruiscono in modo autonomo partendo dalla propria singola natura69. In sintesi, la modernità si caratterizza dal suo staccamento dall’epoca medievale. Essa vede la natura come qualcosa di staccato da Dio, come una semplice realtà disponibile per l’uso. Il soggetto moderno ottiene la sua propria autonomia grazie alla sua separazione dalla natura come un io. Questo soggetto moderno possiede una grande personalità grazie alla sua individualità che pone i suoi propri valori con la forza della sua iniziativa. Questo carattere autonomo si manifesta mediante la filosofia di Kant. Il soggetto moderno però, nonostante la sua apparente conquista, si sente perso e ciò si esprime nella sua esperienza dell’angoscia. La cultura moderna si divorzia anche dalla vecchia gerarchia dei valori che puntavano verso Dio. La sua opera diventa autonoma e così anche l’uomo diventa il padrone delle sue opere. La cultura moderna, insieme con la scienza moderna, ha un grande influsso nei diversi settori della vita. La tecnica che nasce da questo spirito moderno, viene vista dall’uomo come un mezzo utile per raggiungere i propri obbiettivi. 68 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 45: «Il Medio Evo ha creato cose magnifiche e realizzato perfette istituzioni di umana convivenza e perciò cultura di altissimo ordine. Ma tutto questo veniva concepito come servizio reso al Dio della creazione. Durante la Rinascenza l’opera e chi la compie acquistano una nuova importanza, attribuendo a sé il significato che per l’innanzi era proprio dell’opera divina. Il mondo cessa di essere creazione e diviene natura; l’opera umana non è più servizio reso in obbedienza a Dio, ma creazione; l’uomo che prima era adoratore e servitore, diviene creatore». 69 Ibid., 45. 23 Come il titolo dell’opera La fine dell’epoca moderna indica, Guardini osserva il tramonto della modernità e l’apparizione di una nuova epoca che lui non poteva denominare ancora: «Qui non si tratta di riprovare né di esaltare, ma di riconoscere dove il tempo moderno volge alla fine e che cosa si annuncia nell’epoca che sopravviene e che non ha ancora un nome nella storia»70. La nuova epoca consiste in una radicalizzazione dell’atteggiamento tecnico. Infatti, la riflessione dell’autore sulla nuova epoca entra già nell’analisi della tecnica stessa. Ammesso che l’analisi più specifica della tecnica è tema della prossima parte (analisi del concetto di tecnica), qui faccio un piccolo accenno dei concetti natura, soggetto e cultura percepiti in questa nuova età della tecnica. La nuova età si allontana più radicalmente dalla natura. Nella modernità, nonostante dell’atteggiamento scientifico, si manteneva un legame con l’infinito, possedeva ancora un sentimento religioso. Guardini giustifica quest’idea con l’esempio della figura moderna: Goethe71. Davanti alla natura l’uomo del nostro tempo non avverte più i sentimenti religiosi che si sono espressi con serena chiarezza in Goethe. […] È vero che la scienza tende a misure sempre estreme, inverosimilmente grandi, ma queste rimangono decisamente limitate e come tali vengono avvertite72. A differenza dalla modernità, l’età successiva perde il sentimento religioso nel suo rapporto con la natura73 e perde anche l’esperienza diretta con essa74. Se la 70 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 54. Ibid., 46: «Anche questa cultura acquista carattere religioso. In essa si rivela il mistero del mondo. In essa lo spirito del mondo prende coscienza di sé e l’uomo concepisce il senso dell’esistenza. “Colui che possiede la scienza e l’arte possiede anche la religione,” si legge in Goethe (Zahme Xenien, IX)». 72 Ibid., 56. 73 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 46: «Il carattere di infinito di cui hanno parlato un Giordano Bruno o l’idealismo tedesco non era soltanto un concetto qualitativo. Esso esprimeva l’essere originale, inesauribile, trionfante: la divinità del mondo. Questa esperienza diviene sempre più rara. Le nuove esperienze sembrano al contrario determinate dalla limitatezza del mondo ed il mondo non può più suscitare quella confidenza assoluta di cui abbiamo parlato più su». 74 Ibid., 70: «Per buona parte l’uomo non è più capace di farne esperienza e si limita a calcolare e a controllare». 71 24 modernità considerava la tecnica come un mezzo utile per il suo benessere, l’epoca nuova considera la tecnica come un mezzo per il dominio sulla natura. L’età moderna si compiaceva di basare le norme della tecnica sull’utilità che ne derivava per il benessere umano, dissimulando così le distruzioni che la sua mancanza di scrupoli veniva preparando. I tempi che avanzano, io credo, terranno diverso linguaggio. L’uomo che ne è il protagonista sa che, in ultima analisi, non si tratta né di utilità, né di benessere, ma di dominio; dominio nel senso estremo della parola, che si esprime in una nuova struttura del mondo75. Questa intensificazione dell’atteggiamento tecnico cambia radicalmente l’esistenza del soggetto. Il soggetto postmoderno perde l’autonomia di Kant, che aveva la sua propria iniziativa secondo i valori della vita da lui posti. Il soggetto postmoderno viene espresso come l’uomo della massa, che entra in una struttura legata alla tecnica. E come conseguenza, costui perde la sua individualità76. La cultura postmoderna è caratterizzata, da un canto, dall’aumento delle sue potenzialità e delle nuove possibilità che non esistevano prima e, dall’altro canto, dalla sua apparente perdita di controllo sul suo proprio potere. Nella modernità, la cultura era caratterizzata dall’idea del progresso che era legata con la natura77. Questo stato d’animo si esprime nella moderna fede nel progresso, baldanzosamente derivata dalla logica della natura e dell’opera umana. Le leggi della natura, le strutture psicologiche e logiche della vita umana, le relazioni reciproche degli individui così come la condotta sociologiche, sono tali, che una necessità interiore lo spinge verso un avvenire migliore78. 75 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 58. Ibid., 59-60: «Ora, in correlazione con la tecnica, entra in gioco una diversa struttura che non ha più come sua base l’idea della personalità creatrice che edifica il proprio io, ovvero l’idea del soggetto autonomo. Ciò diviene evidente nella sua forma più radicalmente opposta: l’uomo della massa». 77 Ibid., 77: «La concezione moderna ha considerato la cultura come qualche cosa di naturale. Non in senso immediato, perché la cultura poggia precisamente sulla capacità dello spirito a sciogliersi dalle sue connessioni con la natura e a porsi di fronte ad essa. Ma nel senso moderno natura e spirito costituiscono un tutto; il tutto in modo assoluto, il mondo, in cui tutto si svolge secondo leggi supreme ed è perciò necessario e giusto. Su questa convinzione si è fondato il moderno ottimismo nei confronti della natura». 78 Ibid., 76. 76 25 La cultura postmoderna perde questo legame con la natura. La crescita del potere è sproporzionatamente maggiore alla crescita della presa della coscienza del proprio potere. Un esame più attento mostra che mentre nel corso dei tempi moderni il potere su ciò che esiste, uomini e cose, si è accresciuto in misura immensa, la serietà della responsabilità, la chiarezza della coscienza, la forza del carattere non si sono mantenute al livello di quell’accrescimento79. La tecnica può essere buona ma anche cattiva, come ci ha mostrato la storia80. Con la perdita della coscienza del suo proprio potere, la cultura postmoderna possiede un carattere inquietante. In sintesi, la trasformazione dell’epoca nuova consiste nell’apparizione del fenomeno della tecnica moderna, tanto che questa nuova epoca potrebbe essere chiamata l’epoca della tecnica. Essa si caratterizza per la perdita di alcuni elementi che l’uomo delle epoche anteriori possedeva. Questi elementi appartengono soprattutto al suo rapporto alla natura, cioè l’uomo perde il suo contatto diretto e originale con essa. La vede soltanto come qualcosa da dominare; l’uomo perde così il sentimento religioso della natura. Essa diventa qualcosa di artificiale. Costui perde anche la sua personalità, così differente dal filosofo della grande personalità: Kant. Non è più un soggetto autonomo, ma è un uomo della massa che si abitua alla struttura che è connaturale secondo la cultura tecnica. La cultura tecnica appare come un problema e come un compito. Un problema reale, poiché la consapevolezza del potere non cresce proporzionatamente con la crescita del potere. E un compito perché l’uomo che stava vivendo nell’epoca tecnica è in balìa delle nuove possibilità future. 79 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 81. Ibid., 77: «Ma il corso della storia ha mostrato che tale concezione è errata. Lo spirito dell’uomo è libero di fare il bene e il male, di costruire e di distruggere. E gli elementi negativi non sono antitesi necessarie nel processo generale, ma sono negativi in senso proprio: sono ciò che si fa sebbene non sia necessario farlo, sebbene si abbia la possibilità di far diversamente, di far ciò che è giusto». 80 26 Allora, abbiamo visto la diversità del mondo esistenziale secondo le quattro epoche segnalate dall’autore. L’analisi storica è un argomento introduttivo che ci offre uno sfondo più generale, dentro del quale troviamo il problema sulla tecnica. Quest’analisi è avviata dato il carattere temporale della tecnica. Grazie a tale analisi, ci siamo resi conto della novità e del rischio del fenomeno tecnico che non esisteva nelle epoche anteriori. Con questa introduzione cominciamo adesso un argomento approfondito sul concetto della tecnica stessa. 3. Analisi del concetto di tecnica 1) Inquadramento e contesto dell’argomento Guardini tocca diversi punti nella sua riflessione sulla tecnica. Nonostante la sua profondità del suo pensiero e dei buoni contenuti, mi sembrò che mancasse una struttura e un ordine dei diversi temi presenti nella riflessione sulla tecnica. Ho cercato di rilevare e ordinare alcuni elementi che si trovavano ripetutamente nei suoi scritti in maniera sintetica. Li ho diviso in tre parti. La prima e la seconda parte si distinguono dalla logica della divisione dell’azione umana che implica sempre la sua reazione81. La prima parte, la tecnica come attività umana si tratta di quegli elementi che costituiscono il fenomeno della tecnica in quanto tale, la seconda, la reazione della tecnica all’esistenza umana invece, si tratta delle conseguenze antropologiche causate dalla stessa attività tecnica, vale a dire gli effetti della tecnica sull’esistenza stessa dell’uomo. La terza parte, Due compiti dell’uomo proposti da Guardini dinanzi al problema della tecnica si tratta del compito dell’uomo nell’epoca della tecnica. Presenterò le idee dell’autore in maniera organica con indipendenza dai diversi saggi degli esperti di Guardini. Una 81 R. GUARDINI, «La macchina e l’uomo (1959)», in R. GUARDINI, Natura – Cultura – Cristianesimo, Morcelliana, Brescia 1983, 210-222, 218: «Da quanto s’è detto sorgono ora difficili problemi che toccano il fondo della nostra esistenza. Nelle cose umane non c’è azione efficace alcuna che vada in una sola direzione. Ad ogni azione corrisponde una reazione o effetto contrario. Ogni agire si polarizza, e invero già al primo inizio. Che l’uomo faccia qualcosa, il cui effetto rimanga fuori di lui stesso, è impossibile; agendo, entra a subire l’azione contraria». 27 presentazione fedele del pensiero stesso dell’autore mi permetterà di analizzarlo nella parte successiva. Nel libro Romano Guardini. Antinomia della vita e conoscenza affettiva (2018) recentemente pubblicato da uno dei massimi esperti di Guardini, Massimo Borghesi afferma che il suo libro anteriore Romano Guardini. Dialettica e antropologia (1990) era decisamente difettoso in quanto privo dell’analisi dello sviluppo del pensiero polare di Guardini82. Seguendo il metodo di Borghesi, ho cercato di rispettare l’elemento diacronico delle sue opere. Perciò, prima di citare i suoi testi, cerco di presentarli per poter collocarli nel suo contesto storico, rilevando l’intenzione, la circostanza e soprattutto il tempo delle opere dell’autore per una giusta interpretazione dei testi. Per collocare i testi nel loro contesto, divido in due periodi la vita di Guardini. Le sue prime opere appartengono al periodo del suo soggiorno a Berlino (1923 – 1939). Durante questo periodo, lui insegnava come un professore invitato nell’università di Berlino, fino alla sospensione dell’insegnamento dai nazisti nell’anno 1939. All’inizio del soggiorno a Berlino, Guardini già vicino ai quaranta anni di età, ebbe la grande sfida di insegnare nell’ambiente assai ostile dei protestanti83. Nell’anno 1923 Guardini trascorreva i periodi di riposo nella sua bella 82 M. BORGHESI, Romano Guardini. Antinomia della vita e conoscenza affettiva, Jaca Book, Milano 2018, 7: «Quando nel 1990 pubblicai il mio volume Romano Guardini. Dialettica e antropologia, i lavori dedicati al pensiero filosofico di Romano Guardini erano decisamente scarsi. […] La dottrina polare elaborata da Guardini rappresenta un tentativo, speculativamente fecondo, di offrire una conciliazione vivente di questi poli, una soluzione ai contrasti della vita e del tempo storico, drammatico, segnato dalla tragedia della Prima guerra mondiale». 83 R. GUARDINI, Apuntes para una autobiografía, Encuentro, Madrid 1992, 44-51: «La facultad de Berlín era protestante, por lo que la cátedra no podía depender de ella. En la facultad de filosofía se dijo que la filosofía no tiene nada que ver con la teología, por lo que tampoco podía depender de esta facultad. El ministerio de cultos se vio por ello en la necesidad de agregar la cátedra de Filosofía católica de la religión y visión católica del mundo a la facultad de teología católica de Breslau, concediendo a su titular un permiso especial para residir habitualmente en Berlín y para dar sus clases como invitado permanente de dicha universidad. […] Me explicó a grandes rasgos de qué se trataba. Al mismo tiempo me advirtió que la universidad de Berlín era más bien hostil al asunto. Todavía me acuerdo sus palabras: “Usted se dirige a un terreno resbaladizo. Estamos convencidos de que no durará mucho». […] Como no dependía de ninguna facultad, estaba 28 patria, Italia, vicino al lago di Como, molto diversa dalla Germania che si caratterizzava dall’invasione delle macchine. In questo contesto di riflessione scrisse l’opera Lettere dal Lago di Como (1923 – 1925). Quest’opera contiene le sue riflessioni iniziali sul rapporto tra l’uomo e il progresso tecnico. Le prime otto lettere furono scritte nel 1923 e due anni dopo scrisse la sua novena lettera in cui evidenzia il cambio della sua opinione sul fenomeno della tecnica. Guardini pubblicò il suo L’opposizione polare nell’anno 1925. Questa opera era frutto di una riflessione di lunghi anni. Quest’opera ha una grande importanza nella nostra riflessione, perché il pensiero polare è la logica delle sue riflessioni generale, la sua struttura del pensiero che si riflette anche nella sua riflessione sulla tecnica84. Briefe über Selbstbildung venne pubblicato nello stesso anno di 1925. È una raccolta delle lettere indirizzate ai giovani del movimento Quickborn, di carattere pedagogico. Il lavoro pastorale con i giovani era per Guardini una responsabilità molto cara e qualcosa di essenziale, tanto che lui scrisse che se dovesse scegliere tra il lavoro come professore e il lavoro pastorale con i giovani, avrebbe scelto il secondo85. Da fuera de la estructura de la universidad. Tenía un aula en su edificio y eso era todo. Los bedeles nunca me saludaron y podía ocurrir que el portero, a la pregunta de dónde daba clase el Profesor Guardini, respondiese, «Aquí no hay ningún profesor Guardini.” […] La verdadera dificultad era, sin embargo, la interior, la espiritual. ¿Qué era lo que realmente yo debía enseñar en la cátedra de Berlín»? 84 R. GUARDINI, «89. Lettera dell’1/23 dicembre 1923, Postdam», in R. GUARDINI, Opera Omnia XXVI/1. Lettere a Josef Weiger 1908-1962, a cura di H.-B. GERL-FALKOVITZ, Morcelliana, Brescia 20101, 291-294, 292: «La teoria dell’opposizione polare cresce lentamente. Josef, certo che ci siete anche voi! Voglio dire che in essa c’è tutta la nostra volontà. Tutti voi, Karl e gli altri vi hanno contribuito. […] È germogliato nel 1904 a Monaco, poi, a Tubinga ha messo lo stelo, ed ora – sì, adesso l’immagine non funziona più – è perennemente continuo per tutto questo tempo con tentativi e prove, fino a che i miei pensieri non sono diventati per me un vivo atteggiamento dell’essere e del pensare. Ed ora riceverà la sua forma definitiva di lezioni, qui a Berlino. Perché è sotto forma di “lezioni” che voglio pubblicarla». 85 R. GUARDINI, Apuntes para una…, 40-41: «Tengo que añadir, como característico de mi modo de pensar de entonces, que se me había dado a entender que a duras penas podría aspirar a una cátedra si seguía en el movimiento juvenil, esto es, si seguía participando en el Quickborn y en las actividades de Rothenfels Con esto se expresa la actitud que se había adoptado en los círculos oficiales respecto al movimiento juvenil, actitud que fundamentalmente no ha cambiado. Tendré que hablar más detenidamente de lo que significaba para mí, pero en cualquier caso era tanto que declaré que, si tenía que elegir algún día entre la cátedra y Rothenfels, me decidiría pro este último. Esto no significaba en modo alguno desprecio por la actividad docente. La renuncia a ella habría sido penosa para mí; pero la vida y el trabajo en el mundo del movimiento juvenil eran esenciales para mí». 29 quest’opera ho preso la sua riflessione sullo stato che entra nel tema della tecnica come la tendenza totalizzante. Saggi di fondazione della teoria pedagogica è stato pubblicato nell’anno 1928. Questa opera spiega l’essenza dell’educazione che lo stato moderno dimentica spesso. Mondo e persona (1939) è l’opera sintetica sul tema della persona. Da quest’opera, ho preso la sua riflessione sulla personalità che la tecnica tende ad annullare. Il secondo gruppo dei testi appartengono al periodo del suo soggiorno a Monaco. Guardini in questo periodo era professore straordinario della facoltà di filosofia (dall’anno 1948 fino al suo pensionamento nell’anno 1962). Successivamente alla Seconda guerra mondiale, dopo la sua esperienza della tragedia e del dolore causato dalla guerra, lui comincia a riflettere più sulle conseguenze della tecnica riguardo all’esistenza umana. Rispetto al periodo anteriore, in questo periodo Guardini sposta l’accento al problema inquietante della tecnica al compito dell’uomo in questa nuova epoca. La fine dell’epoca moderna (1950) che ho già usato nella parte anteriore riflette questo spostamento dell’enfasi86. Il potere che è stato pubblicato un anno dopo, nel 1951, prosegue la sua riflessione della tecnica. In quest’opera l’autore riflette i pericoli dell’aumento delle possibilità causato dallo sviluppo della tecnica. Nelle sue riflessioni si trova un forte legame tra la tecnica e la morale. L’autore insiste sulla necessità del vero dominio del potere mediante un suo uso umano: «Il senso centrale di questa epoca sarà il dovere di ordinare il potere in modo che l’uomo, facendone uso, possa rimanere come uomo»87. Guardini era già una figura intellettuale, assai conosciuto nell’ambito tedesco. Lui ha tenuto diverse conferenze sul tema della tecnica. La 86 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 9-11: «I tre capitoli di questo scritto avevano originariamente lo scopo di servire da introduzione ad un corso sulla concezione del mondo e dell’uomo in Pascal […] Sorge la questione circa la natura dell’epoca in cui egli è vissuto. Che cosa avvenne quando il Medio Evo decadde e sorsero i tempi nuovi e come Pascal si adattò a questa fine ed a questo divenire? Perciò ho tentato di delineare a grandi tratti la concezione del mondo nel Medio Evo, il passaggio alle concezioni ed ai pensieri dei tempi moderni e la rappresentazione del mondo che ne consegue. […] Ciò mi ha condotto spontaneamente al tentativo ulteriore di gettare uno sguardo anche sull’epoca che sorge e non ha ancora un nome; di mostrare come è profonda la trasformazione che si sta attuando e quali sono i compiti che da tale situazione derivano». 87 R. GUARDINI, Il potere, Morcelliana, Brescia 200711, 113-217, 115. 30 situazione dell’uomo (1953) è una conferenza che Guardini diede nell’incontro sul tema Le arti nell’età della tecnica, organizzato dalla Bayerischen Akademie der Schönen Küste, dove parteciparono diversi intellettuali del tempo. Uno dei partecipanti era Martin Heidegger che diede la sua conferenza sotto il titolo in italiano La questione della tecnica. La conferenza Der unvollständige Mensch und die Macht è stata tenuta da Guardini nell’anno 1955, nell’occasione della riunione annuale della Verein Deutscher Eisenhüttenleute, a Düsseldorf. Die Kultur als Werk und Gefährdung era la conferenza di Guardini nell’evento della fondazione di una accademia cattolica in Baviera nel 1957. In quest’ultima conferenza Guardini, avendo già 72 anni di età, mostra una visione sapienziale. Lui mette più enfasi sulla vita contemplativa e sull’ascesi. La macchina e l’uomo era la conferenza tenuta alla Technische Hochscule di Monaco nel 1959. In questo saggio, Guardini analizza lo sviluppo del fenomeno della macchina. 2) La tecnica come attività umana a. La volontà di dominio come forma della tecnica La forma secondo Aristotele è la causa della materia, è quel principio dell’essere che spiega la ragion d’essere della realtà materiale 88 . Guardini non menziona esplicitamente la volontà di dominio come forma della tecnica. Tuttavia, l’idea volontà di dominio accompagna il tema della tecnica come l’asse del suo pensiero che si sviluppa e si precisa nei suoi scritti. Indico la volontà di dominio come la forma della tecnica perché essa è la causa degli altri contenuti dell’attività tecnica, e come la forma, essa spiega la ragione d’essere degli altri elementi concernenti la tecnica. Guardini, nella sua opera Lettere dal Lago di Como (19231925), che è l’opera relativamente iniziale sul tema della tecnica, pur non comprendendo chiaramente il problema, già intuisce che la domanda centrale della 88 ARISTOTELE, Metafisica, VII 17, 1045b, 8-10, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 20087: «Pertanto, nella ricerca del perché si ricerca la causa della materia, vale a dire la forma per cui la materia è una determinata cosa: e questa è appunto la sostanza». 31 tecnica si tratti della nostra capacità di dominare le cose89. L’autore ritiene che la sua epoca si distingua dalle epoche anteriori per l’atteggiamento dominatrice dell’uomo sulla natura senza il rispetto dovuto. La nostra epoca è diversa. E non si tratta solamente di una differenza nel modo di essere, come quella che oppose il Rinascimento al Medio Evo. Questa differenza conduce a qualcosa di più profondo, che si sottrae ad ogni confronto. […] Tutto ciò che ha preceduto, per quanto grandi possano essere state le diversità presentate nei vari periodi, forma in certo qual modo un insieme solido che è stato sostenuto da una uguale attitudine fondamentale dell’uomo, è stato legato dalla stessa misura umana, è stato in accordo con una natura di cui si era rispettata la misura. Ciò che viene in seguito, invece, mi sembra abbia a rivelare tutt’altra mentalità e precisamente mi pare che mostri la volontà di stabilire liberamente i suoi obiettivi, indipendentemente da qualsiasi legame organico, sulla base di forze rese libere per mezzo della ragione e assoggettate alla volontà per mezzo della macchina90. 25 anni dopo, Guardini dimostra di comprendere meglio l’argomento nell’opera La fine dell’epoca moderna del 1950, in cui ritiene che l’essenza della tecnica consista nel dominio. L’età moderna si compiaceva di basare le norme della tecnica sull’utilità che ne derivava per il benessere umano, dissimulando così le distruzioni che la sua mancanza di scrupoli veniva preparando. I tempi che avanzano, io credo, terranno diverso linguaggio. L’uomo che ne è il protagonista sa che, in ultima analisi, non si tratta né di utilità, né di benessere, ma di dominio; dominio nel senso estremo della parola, che si esprime in una nuova struttura del mondo91. b. Il distanziamento dalla natura Considero che la seconda caratteristica dell’attività tecnica sia il distanziamento dalla natura. Non mi riferisco ad un distanziamento meramente spaziale, bensì esistenziale. Guardini riflette sul senso della cultura nella sua 89 R. GUARDINI, Lettere dal lago di Como, Morcelliana, Brescia 1959, 10: «Ora sono qui per la seconda volta ed è tempo che cerchi di comprendere tutto questo. La questione è densa di contenuto. Essa ci impone di conoscere il senso di ciò a cui andiamo incontro, di ciò che troveremo davanti a noi. La risposta ci porrà di fronte a una decisione e io non so ciò che in essa prevarrà: se il fatto in sé stesso con la sua inevitabilità e coercizione, oppure la intelligenza e la nostra capacità di dominare le cose». 90 Ibid., 85-86. 91 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 58. 32 conferenza Die Kultur als Werk und Gefährdung (1957). In questo saggio maturo, lui vede sia gli elementi della legittimità sia i pericoli di questo distanziamento. Il distanziamento dalla natura è, in certo modo, l’attività propriamente umana, è quell’attività che distingue nettamente l’uomo dagli altri animali determinati che vivono per gli istinti. Infatti, l’uomo mostra la sua spiritualità, la sua libertà e la sua dimensione culturale per questo distanziamento dalla natura. Perciò un distanziamento dalla natura è, da un lato, legittima. Tuttavia, questo distanziamento esce dal contesto della natura e lo mette in pericolo92. L’uomo, pur avendo un contatto fisico con la natura, perde il contatto originale e comincia a trattarla con atteggiamento calcolatore, guadagnando così risultati sempre più precisi ed esatti per il suo vantaggio. Heidegger, avendo fatto una riflessione assai simile a quella di Guardini, descrisse l’essenza della tecnica moderna (l’atteggiamento dell’uomo allo Sein) come la provocazione 93 , l’atteggiamento che cerca di esigere la massima energia dalla natura. Penso che la sua spiegazione possa complementare la spiegazione di Guardini. La tecnica come l’atteggiamento calcolatore che vede la natura come un ché da utilizzare, cambia il modo in cui l’uomo vede la natura. L’uomo vede la realtà come oggetto. In un’annotazione contenuta nel diario nel 1953, Guardini scrive: Nel corso dell’era moderna la natura diventa il cosmo divino. […] Provvede, vuole, l’onora, confida in Lei. […] Questo sta cambiando. L’uomo futuro – e già quello 92 R. GUARDINI, «La cultura como…», 12: «Por lo dicho queda determinado el carácter existencial del acto de cultura y la obra de cultura. Estos descansan en la libertad en que el hombre observa, entiende y enjuicia, sitúa sus objetivos y elige los medios para su realización. Ya la figura más sencilla que traza el hombre primitivo en la pared de su cueva, parte de una intuición espiritual, que presupone por su parte la mencionada distancia. […] Entre lo uno y lo otro hay un salto cualitativo que sólo lo da el espíritu. Pero precisamente por esta peculiaridad, también queda en riesgo en seguida la obra de la cultura. La acción del animal está asegurada a la necesidad natural que la liga. Las exigencias de su crecimiento y de su conservación propia se expresan en instintos que dan orientación a su proceder y le trazan límites. La libertad, por el contrario, en que el hombre sale de la conexión de la naturaleza, le pone en peligro». 93 M. HEIDEGGER, «La questione della…», 49: «Il disvelamento che governa la tecnica moderna, tuttavia, non si dispiega in un pro-durre nel senso della ποίησις. Il disvelamento che vige nella tecnica moderna è una pro-vocazione (Heraufordern) la quale pretende dalla natura che essa fornisca energia che possa come tale essere estratta (Herausgefördert) e accumulata». 33 odierno – la prende soltanto come oggetto, come campo di lavoro e come fonte di materiale. Per questa oggettività essa – Dio – esercita una terribile rappresaglia. Vi si demonizza. La bomba atomica è già di per sé una vendetta. […] L’uomo soggiace in modo nuovo94. Il distanziamento dalla natura consiste in un freddo rapporto con il mondo, mediante questo atteggiamento matematico. Guardini pubblicò l’opera Il potere nel 1951. In questa opera matura, l’autore osserva un nuovo fenomeno del distanziamento dalla natura che è la perdita del sentimento e dell’intuizione95. Ma accade poi qualcosa di nuovo. L’uomo comincia a scrutare la natura con esattezza metodica. Non la comprende più col sentimento e con la intuizione, non l’afferra più solo per mezzo di simboli e attraverso il lavoro delle sue mani e si deve forse dire che gradatamente disimpara questi suoi atteggiamenti, mentre analizza la natura sperimentalmente e teoricamente. Riconosce le sue leggi e impara a porre le condizioni nelle quali i dati elementi producono direttamente gli effetti voluti. Si creano così dei complessi funzionali che si rendono progressivamente indipendenti dalla diretta organizzazione umana ed a cui si possono fissare a piacimento delle mete: la tecnica96. Il distanziamento dalla natura è considerato dall’autore come un guadagno e come una perdita. È un guadagno dell’uomo poiché cominciando a scrutare la natura con esattezza metodica col carattere matematico, ottiene il fine degli effetti voluti con precisione secondo il suo piacimento. Ma allo stesso tempo è una perdita, poiché perde il suo contatto originale con la natura e con esso perde anche la comprensione intuitiva e sensitiva. Perde anche la sua capacità di afferrarla mediante i simboli. c. La macchina La concretizzazione di questo distanziamento è denominata da Guardini con il termine: la macchina. Nelle sue Lettere dal Lago di Como (1923), Guardini 94 R. GUARDINI, Diario. Appunti e testi dal 1942 al 1964, Morcelliana, Brescia 1983, 66-67. 95 Cf., R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 194: «La natura con la quale ha da fare la scienza, non conosce nessun “mistero”, ma “problemi”». 96 R. GUARDINI, Il potere…, 150. 34 ritiene che l’essenza della macchina consista nell’isolamento dell’energia dalla natura, assente da ogni legame organico. Guardini afferma che questa macchina sia la formula di ferro che è diretta verso uno scopo determinato97. Ora le energie della natura, così isolate, potevano operare in base al riconoscimento e alla liberazione della loro legalità razionale, sostenuta com’erano da questa nuova volontà specificamente meccanica. Definendola «meccanica» non intendo dire che essa sia stata «materiale». In questa volontà è racchiusa una immensa spiritualità. Solamente, non è orientata verso l’organico. […] Al contrario, il suo punto di partenza è la forza naturale isolata, concepita razionalmente e divenuta efficace in virtù della macchina – la quale altro non è se non la ragione tradotta in apparecchio98! Nella sua conferenza La macchina e l’uomo, tenuta nell’anno 1959, mostra un’analisi più dettagliata sul fenomeno stesso della macchina. Essa mostra il modo in cui l’uomo utilizza la natura mediante lo strumento per lo sviluppo della sua cultura 99 . Riaffermando la sua ricerca non oggettiva, bensì esistenziale sul fenomeno della tecnica, Guardini scrive che il problema della macchina contenga una preoccupazione: Ma qui non si deve trattare tanto della struttura e prestazione oggettiva della macchina quanto piuttosto di che cosa essa significhi per l’esistenza umana. Detto più precisamente, del problema come la sua produzione e il suo uso influiscano sulla totalità vivente dell’uomo. Quanto intendo esporre qui avrà il carattere d’un problema esistenziale e quindi anche necessariamente quello d’una preoccupazione. Così si dovrà considerare il momento negativo del fenomeno della macchina, la possibilità del rischio e della distruzione ad opera sua100. 97 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 55: «La fisica e la chimica moderne hanno sottoposto a questo imperio la materia d’energia. Le hanno costrette ad ubbidire. E non è certo un potere vivente e sensibile, quello che comanda; né atto a seguire le vie intrinseche del reale e a dargli una forma. Gli elementi e le forze sono riuniti, separati, scomposti, trasformati, trattati a piacimento. […] Il fine è elaborato dalla ragione e fissato arbitrariamente. In base ad una formula scoperta le energie e le sostanze sono fatte convergere ad un unico fine: la macchina. La macchina è una formula di ferro, diretta verso uno scopo determinato». 98 Ibid., 82. 99 Cf., R. GUARDINI, «La macchina e…», 210: «Questa conferenza deve trattare del modo in cui l’uomo nel proseguire il suo sviluppo culturale prende lo strumento, il dispositivo e la macchina». 100 Ibid., 210. 35 Guardini ritiene che ci sia un progressivo distanziamento dalla natura mediante la tramutazione dei tre tipi di mezzi per la produzione: strumento – dispositivo – macchina. Lo strumento per Guardini è ciò che coinvolge la funzione del corpo, come un martello101. Il dispositivo invece, si distacca dal coinvolgimento diretto del corpo, ma raggiunge gli scopi voluti mediante la forza della natura, come il mulino ad acqua102. Guardini afferma che l’essenza del dispositivo stimoli l’homo faber che tende a perfezionare continuamente la sua produzione 103 . Da questo perfezionamento otteniamo gli effetti più forti e più precisi che ci portano al terzo mezzo: la macchina 104 . Secondo Guardini, il passaggio dal dispositivo alla macchina consiste nel totale distanziamento dalla natura da parte dell’uomo. Attraverso la sua comprensione razionale su di essa, l’uomo approfitta l’energia della natura per il suo fine. Un carattere emerge ancor più marcatamente, quando l’energia applicata non sia già ritrovata nella natura – come la pressione dell’acqua o la forza di gravità – ma sia liberata dal contesto naturale, e messa a disposizione a talento sulla base dell’intellezione scientifica: forza del vapore, elettricità, energia atomica105. 101 R. GUARDINI, «La macchina e…», 211: «La serie dei prodotti di cui parliamo comincia con lo strumento. Con questo intendiamo una cosa che l’uomo accoglie nel contesto funzionale del suo corpo, per accrescere una prestazione determinata delle sue membra e dei suoi organi. La pietra, ad esempio, incrementata l’effetto che avrebbe il colpo del semplice pugno. L’aumento cresce, se la pietra è formata in corrispondenza, e ancor più, se è legata ad un bastone. Così nasce il martello». 102 Ibid., 211: «Il fenomeno che subito segue nella serie è il dispositivo. Vi comprendiamo una struttura di cose, che sta al di fuori del contesto funzionale psico-fisico e adempie determinati scopi sul fondamento di energie naturali direttamente operanti. Le leggi, secondo le quali ciò accade, non sono ancora razionalmente penetrate, ma sono riconosciute grazie all’esperienza come regole del processo. […] Il carattere dell’apparatosi rafforza, quando in luogo della forza organica del braccio subentra la pressione dell’acqua corrente che viene captata da una ruota, e viene trasmessa attraverso i membri intermedi alla macina; così sorge il mulino ad acqua». 103 Ibid., 212. 104 Ibid., 212: «L’essenza del dispositivo stimola l’homo faber a perfezionarlo continuamente. Il suo effetto diventa sempre più forte, più fine e più preciso; il suo consumo di materiale e di energia più parsimonioso; la sua funzione più sicura a regolarsi, ecc. Da lì alcuni trapassi conducono alla macchina». 105 Ibid., 212. 36 Quindi la macchina è un mezzo di produzione che implica un rapporto calcolatore con la natura, grazie al quale è in grado di trarre la forza della natura per un fine prescelto, ogni volta più precisamente procurato. Un ultimo aspetto della macchina è la sua tendenza al controllo. Il fenomeno della macchina mostra di primo acchito un acquisto della potenza, tuttavia, questa potenza diventa un pericolo che minaccia i gruppi umani. Lo spostamento dell’oggetto del dominio dalla natura al gruppo umano è il nesso per il prossimo punto. La tecnica infatti non si tratta soltanto del dominio sulla natura, ma del dominio sugli altri uomini106. Abbiamo visto che la macchina dà una potenza continuamente crescente; aver potenza significa però non solo che chi la ha può determinare altri e altra realtà, ma anche che quest’altra realtà influenza altri e altra realtà. […] Così proprio dalla potenza, che la macchina dà, derivano pericoli dei più vari generi. Sotto il profilo fisico, la violenza cui l’un gruppo umano viene sottoposto dall’altro: la guerra nella sua forma sia aperta che velata. Sotto il profilo psico-spirituale l’influenza subita dal pensiero e del sentimento di un uomo da parte dell’altro: ricordiamoci, ad esempio, dell’influsso di giornali, radio, tecnica pubblicitaria sull’opinione pubblica ecc107. d. L’imposizione della massa e il controllo dello stato Guardini nella sua conferenza Der unvollständige Mensch und die Macht, nel 1955, fa una riflessione su questo fenomeno del controllo del gruppo umano108. 106 Cf., R. GUARDINI, «Europa – Realtà e…», 553-554: «La questione se la ricerca scientifica avanzerà non è un problema; in essa opera un così forte impulso intrinseco, che essa va avanti come da se stessa. Il medesimo si può dire della tecnica; essa si sviluppa con consequenzialità da se stessa. Da scienza e tecnica risulta un potere dell’uomo sulla natura – e sullo stesso essere dell’uomo, in quanto anch’egli è natura vivente –, un potere che cresce in tempi sempre più rapidi. Ciò significa un progredire verso un’indipendenza sempre maggiore e una più ampia relazione con il mondo». 107 R. GUARDINI, «La macchina e…», 216. 108 R. GUARDINI, «El hombre incompleto y el poder (1955-1956)», Guadarrama (1960), 9-31, 14: «Así nos hemos puesto delante de lo que constituye el peligro del poder. Reside, ante todo, en el hecho de que ese poder, aunque pone al hombre en condiciones de dominar a la Naturaleza, es también el medio que puede dirigir contra los demás hombres, para dominarles, para perjudicarles o para aniquilarles. Puede ser un pueblo extranjero, y el uso del poder consistirá en guerra, dominación, destierro. Pero puede ser también el pueblo propio, o un grupo dentro de él, y la acción consistirá en lo que se llama revolución, 37 Guardini utilizza spesso, in senso critico, il termine massa per indicare il gruppo umano che è soggetto a questo dominio. Il termine massa indica il frutto della tecnica che ha contribuito per l’aumento della popolazione109. Questa massa inoltre, possiede un carattere impersonale e meno originale della persona 110 . Nelle sue Lettere dal Lago di Como (1923), l’autore ritiene la massa come il fenomeno del gruppo umano di grande quantità che vive in fretta in modo impersonale: Oggi tutto questo è stato cambiato da una sola cosa: la massa. È per questo fenomeno – veramente enigmatico, poiché i luoghi comuni economici e sociali non lo spiegano in nessun modo! – che, d’un tratto, “il materiale umano” si espande in maniera gigantesca, aumenta straordinariamente di numero. […] Tutto deve camminare in fretta, per la via più breve e meno cara, nel modo più impersonale, in massa111. Il carattere impersonale della massa significa che l’uomo della massa perde i suoi propri valori, vive secondo una struttura esteriore, come le norme poste dallo stato. E in questo senso l’uomo della massa si differenzia essenzialmente dall’uomo autonomo. Guardini osserva che la forma della massa sia l’obbedienza al programma. Nella sua opera La fine dell’epoca moderna, lui osserva la connaturalità della massa alla struttura esteriore: Ora, in correlazione con la tecnica, entra in gioco una diversa struttura che non ha più come sua base l’idea della personalità creatrice che edifica il proprio io, ovvero l’idea del soggetto autonomo. Ciò diviene evidente nella sua forma più radicalmente opposta: l’uomo della massa. Il termine non vuol dire nulla di peggiorativo, ma semplicemente una struttura umana che è legata alla tecnica ed alla pianificazione. […] La massa nel senso moderno è qualche cosa di diverso. Essa non rappresenta il grande numero delle forme particolari non sviluppate ma potenziali, ma si colloca a priori in una diversa struttura: nella legge di normalizzazione, ordinata alla forma funzionale della macchina112. dictadura, despojamiento de derechos económicos y sociales, lucha de competencia, trabajo obligatorio, explotación, etc». 109 R. Guardini, Il potere…, 158: «Sempre più gli uomini appaiono come moltitudine informe, organizzata senza uno scopo. Ciò consegue a un aumento della popolazione che non ha riscontrato nel passato. L’aumento stesso è provocato dalla scienza e dalla tecnica: i disastri naturali sono prevenuti o almeno più facilmente superati; le malattie sono debellate in modo più sicuro e radicale; l’igiene, l’organizzazione del lavoro, la previdenza sociale creano migliori condizioni di vita e di lavoro, ecc». 110 Ibid., 158-159: «Ma l’aumento della popolazione sembra in rapporto col diminuire della sua originalità». 111 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 66-67. 112 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 59-61. 38 Il vero pericolo della massa ingenua è la sua possibilità di essere manipolata da questa organizzazione, un programma che Guardini denomina lo Stato. L’autore nelle sue Briefe über Selbstbildung (1925), che è una raccolta delle lettere di natura pedagogica indirizzata ai giovani, afferma che lo Stato non è in sé negativo, giacché è l’opera creatrice dell’uomo. Ma lui costata anche delle violenze attuali causate da parte dello Stato inautentico113. Esso è la totalità della cultura, il contesto in cui l’uomo vive come membro. Lo Stato comincia ad essere violento qualora la sua struttura possieda il carattere totalitario. Un tale Stato viola l’individualità e l’interiorità dell’uomo mediante le diverse attività sociali e politiche114. È un fine confessato, tradotto in attitudini definite, in misure e aspirazioni irrefutabili e stabili, in strutture della vita culturale che hanno un’efficacia determinante universale. Anche la politica, lo stesso fenomeno. La statistica ne fornisce l’elemento di base; essa è utilizzata da uno stuolo di funzionari che se ne serve nell’esercizio del proprio potere. La stampa, al servizio di certe parole d’ordine a scopi ben determinati, forma l’opinione pubblica. Così la pubblicità e il cinema. La gigantesca macchina della vita economica funziona nella stessa maniera razionale, meccanica, arbitraria. Essa serve all’organizzazione politica e la denomina. Penetra nel più profondo della vita intellettuale per mezzo della stampa quotidiana, del cinema, dell’editoria, del teatro, della musica, dei viaggi, ecc. Un immesso apparato di piani pedagogici, di metodi e processi di cultura e di intelligenza concertati in anticipo, imprime la direzione, il carattere e la concezione fondamentale dell’educazione, forza tutto in questo sistema. Il quale sistema, grazie a inchieste e metodi sempre più raffinati di psicologia e di biologia applicate, forma la sostanza vivente con un rigore ferreo ed esercita la sua influenza sulle determinazioni dell’etica115. 113 R. GUARDINI, Cartas sobre la formación de sí mismo, Palabra, Madrid 2000, 153: «Pero el Estado también ha ejercido mucha violencia también ha quebrado derechos del individuo, también ha destruido vida. Los últimos años nos han dado amargas enseñanzas a este respecto. Pero, pese a todo, el Estado es por su auténtica naturaleza una tarea que nos ha marcado Dios, y cuando esa tarea se cumple bien, el Estado es una de las más altas creaciones de la capacidad humana. El Estado no debe ser para nosotros una máquina que funciona a ciegas. No debe ser una casa rígida que se alza ahí delante mientras que dentro de ella ocurre de todo; tampoco debe ser un mero funcional al que se unce la vida». 114 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 14: «La “masa” es la gran cifra de individuos pobres en contactos; y que, por su misma pobreza de relación, se dejan reunir fácilmente y a capricho. La masa es, así, lo que posibilita la organización, mejor dicho, lo que la requiere. Y también, recíprocamente: las diversas formas de organización de índole profesional, social y política están interesadas en que los contactos naturales no tengan ninguna gran fuerza enlazadora y constructiva, porque ahí echa raíz el individuo y se hace capaz de resistencia. La tendencia totalitaria – que, queramos reconocerlo o no, atraviesa nuestro mundo entero – presupone el individuo sin contactos, la “pólvora humana”». 115 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 56-57. 39 Uno degli esempi di queste attività statale è l’educazione. Contro un’educazione statale falsa, l’autore afferma che l’autentica pedagogia deve rivolgersi alla libertà e, con essa, alle diverse possibilità tragiche dell’azione umana tanto dell’individuo come della totalità dei gruppi umani116. e. Il potere come inumano e la perdita dell’ethos Fino a qui abbiamo descritto l’attività della tecnica come un fenomeno attuale del tempo di Guardini che consiste nella volontà di dominio, identificabile alla sua forma. Questa volontà di dominio si mostra in primo luogo nel dominio dell’uomo sulla natura tramite un approccio calcolatore che riesce di usufruire delle sue energie per il suo proprio vantaggio con una precisione sempre migliore. Questo fa sì che l’uomo perda il suo contatto naturale e diretto con la realtà: la natura. L’uomo perde inoltre il sentimento religioso che era strettamente legato con la natura. La macchina prende più posizione nell’esistenza dell’uomo. Successivamente questa volontà di dominio si estende alla realtà esistenziale dell’uomo. Lo Stato possiede una tendenza totalitaria che quasi schiaccia l’individualità e la libertà interiore dei suoi membri mediante le sue attività politiche. Accanto alla tecnica, c’è il termine particolare che Guardini utilizza spesso: il potere. Il potere aggiunge una nuova riflessione sul fenomeno dell’attività della tecnica: la perdita dell’ethos. Il primo problema del fenomeno del potere è che la coscienza che guida questo potere non è lo stesso uomo. Guardini ritiene che 116 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 3: «O se aludirá al influjo de la educación. Con toda seguridad, es muy importante; en efecto, los creyentes en el progreso ponen una confianza plenamente religiosa en los diversos intentos pedagógicos sobre niños y mayores, sobre los individuos y sobre la sociedad. Están convencidos de que una educación apropiada lo orientará todo cada vez a mejor. Es obvio todo lo que puede decirse a favor de eso; pero en su núcleo, la idea es tan discutible como la del progreso continuo. Pues en lo hondo, el hombre vive de su decisión, y ésta es libre. Con cada cual empieza la historia de nuevo. La idea de la educación se vuelve falsa cuando se considera ella misma como un elemento del seguro progresar. La auténtica pedagogía debe estar orientada a la libertad y, con ella, a las posibilidades trágicas de la acción humana, tanto del individuo como de los grupos y de la totalidad». 40 l’autore del potere sia un apparente anonimo. Ma successivamente scopre dietro del potere la presenza della coscienza demoniaca in senso letterale. Questa perdita della coscienza del potere introduce un nuovo problema dell’ethos umano. Col concetto potere, Guardini mostra una paradossalità della tecnica, vale a dire che l’uomo, il creatore della sua tecnica, è dominato dal suo proprio potere tecnico. Per Guardini, l’autentico potere richiede due elementi: l’energia che è capace di modificare la realtà e la coscienza che dirige questa medesima energia secondo una finalità117. Il problema nasce dalla sproporzione fra lo sviluppo del potere e l’educazione nell’uso di questo potere. Un esame più attento mostra che mentre nel corso dei tempi moderni il potere su ciò che esiste, uomini e cose, si è accresciuto in misura immensa, la serietà della responsabilità, la chiarezza della coscienza, la forza del carattere non si sono mantenute al livello di quell’accrescimento. Si rivela che l’uomo moderno non è stato educato al retto uso della potenza; che manca anzi in buona parte la stessa consapevolezza di un tale problema, ovvero che essa si limita a certi pericoli esteriori, che divengono evidenti durante la guerra e vengono discussi dall’opinione pubblica118. L’inadeguatezza tra l’accrescimento del potere tecnico e la consapevolezza del potere mostra che l’uomo infatti, non è l’autore del suo potere. Allora, chi è l’autore di questa potenza che indirizza ad un fine? Guardini fa una riflessione teologica per questa domanda e vede la realtà dei demoni dietro il fenomeno del potere119. È una verità accessibile per chi sa come leggere la storia. Quando la coscienza dell’uomo non assume la responsabilità della potenza, ne prendono possesso i demoni. Con questo termine non intendiamo alcuna moda momentanea e giornalistica, ma esattamente ciò che dice la Rivelazione: esseri 117 R. GUARDINI, Il potere…, 118: «In senso proprio, possiamo parlare di potere solo quando siano dati due elementi: da un lato una vera energia, capace di modificare la realtà delle cose, e di determinare le loro condizioni e le loro reciproche relazioni; dall’altro una coscienza che ne sia consapevole; una volontà che stabilisca delle mete, una capacità che disponga della forza per raggiungere quelle mete». 118 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 81. 119 R. GUARDINI, Il potere…, 122-123: «Il potere assume allora un carattere che non si può individuare, se non alla luce della Rivelazione: esso diviene demoniaco. Quando l’azione non è più sorretta dalla coscienza personale, un vuoto singolare si determina in colui che agisce. Egli non ha più il senso di essere lui ad agire, il senso che l’azione cominci in lui e che egli perciò ne debba rispondere». 41 spirituali, creati buoni da Dio e caduti lontano da Lui: che si sono creati buoni da Dio e caduti lontano da Lui: che si sono decisi per il male ed ora sono risoluti a rovinare la creazione divina. Sono questi demoni che governano allora la potenza dell’uomo: attraverso i suoi istinti, apparentemente naturali e in realtà così ribelli; attraverso la sua logica, apparentemente conseguente e in realtà facilmente influenzabile; attraverso il suo egoismo, così impotente davanti a tutte le violenze. Se si osservano senza pregiudizi razionalistici o naturalistici le vicende degli ultimi anni, le forme della condotta umana e gli atteggiamenti psicologici e spirituali parlano un linguaggio abbastanza chiaro120. Guardini ritiene che la manifestazione di questa potenza errata e minacciante sia la bomba atomica121. La bomba atomica è un evento che ha avuto un grande impatto su Guardini. Lui rifletteva sul pericolo della tecnica prima dell’evento dell’esplosione della bomba atomica a Hiroshima dell’anno 1945. Un avvenimento così potente e devastante che prima era sconosciuto fu il motivo delle sue riflessioni sul tema del pericolo della tecnica. Infatti, il termine Die Atombombe appare spesso nei suoi scritti come un esempio della falsità e della malizia che la tecnica moderna può risultare122. Quindi l’uomo, pur avendo della potenza, manca della coscienza per indirizzare il suo potere123. Questa perdita di coscienza della sua propria azione ha 120 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 82-83. R. GUARDINI, Il potere…, 114: «Nella coscienza comune si fa strada il sentimento che il nostro rapporto con il potere è errato; anzi questo potere in aumento è una minaccia per noi. E la minaccia ha trovato nella bomba atomica quella espressione che colpisce la fantasia e il sentimento di tutti, divenendo simbolo di qualcosa di estremamente importante». 122 Cf., R. GUARDINI, «Europa – Realtà e…», 556: «Quanto sia grande il potere, si presenta alla coscienza massimamente là dove esso distrugge. Noi uomini d’oggi abbiamo vissuto l’avvenimento, in cui la possibilità di distruzione diviene pienamente patente, quando fu lanciato la bomba atomica ad Hiroshima. Avviene in realtà sempre nella storia che le nuove realtà siano dapprima quasi amorfe, solamente presagite, avvertite. Poi avviene qualcosa, per cui quanto prima era indeterminato prende forma, diventa esprimibile. Ciò è avvenuto con la bomba atomica». 123 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 199: «Ma qui non si deve dimenticare che ad ogni nuova possibilità della conoscenza e dell’attività si congiungono una corrispondente coscienza e un corrispondente orientamento. La consapevolezza propria della signoria tecnica del mondo, la serietà della coscienza ad essa adeguata non c’è però ancora – per lo meno non come fattore operativo. Il pensiero della scienza della nostra epoca è in larga misura sospeso nel vuoto. È l’antico pensiero, che si fa strada nel Rinascimento, d’un ricercare e d’un dire liberato, senza alcuna riflessione su che cosa ne sarà qui dell’uomo. Ma questo atteggiamento è superato dalla storia. Esso non è più 121 42 delle gravi conseguenze morali. L’uomo perde anche la sua autentica libertà e la sua responsabilità. E come conseguenza, gli manca il vero ethos, un senso della sua vita. Guardini spiega nella sua opera Saggi di fondazione della teoria pedagogica (1928) che la libertà e la responsabilità richiedono l’iniziativa propria della persona, la quale viene dalla sua intima interiorità. Senza questa iniziativa personale che è il fondamento della morale, la libertà autentica e l’assunzione della responsabilità diventano una pura illusione. Nel primo caso, il carattere di libertà sta nel fatto che io decido di mia sovrana iniziativa. Nel secondo, nel fatto che esprimo in purezza il mio essere più-intimo e personale. Tutte e due le volte, dunque, nel fatto che l'azione non «transita» attraverso di me, ma nasce in me e da me; e così mi appartiene in una specifica modalità, denominata esattamente con la parola «libertà», la quale trova poi la sua peculiare espressione nella realtà di fatto, che sta a fondamento dell'esistenza umana in senso morale: la responsabilità124. Guardini afferma nelle sue ultime conferenze la mancanza di un ethos dinanzi al fenomeno del potere, per esempio nella sua conferenza La macchina e l’uomo (1959): Ciò che carica l’uomo d’una correlativa responsabilità. Ma la soddisfa? La sente in assoluto? Se sì, ciò dovrebbe esprimersi in un ethos dell’acquisto della potenza e del suo uso. Presupposto ciò sarebbe che l’uomo, che fa uso della macchina, le stia di fronte in libertà; la senta e tratti come qualcosa, del cui effetto deve determinare la misura. Ma lo fa? C’è un ethos? La risposta è incerta125. Nella sua conferenza Der unvollständige Mensch und die Macht (1955), Guardini paragona questa inadeguatezza dell’ethos rispetto alla tecnica all’immaturità della fase dell’adolescenza nello sviluppo dell’uomo 126 . Dietro questa apparente libertà che si guadagna tramite la tecnica, c’è in realtà illibertà: «Che cosa significherebbero questi interventi, se si accrescessero? Che la potenza sufficiente. Ancor più insufficiente, anzi addirittura primitiva è la mentalità, che per largo tratto sta alla base dell’agire tecnico. Un ethos dell’avventura tecnica non è ancor presente». 124 R. GUARDINI, Persona e libertà…, 60. 125 R. GUARDINI, «La macchina e…», 217. 126 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 14: «Puede sonar raro, a la vista de sus logros, pero la técnica, desde el punto de vista ético y humano, está todavía en su fase de adolescencia. Es hora de que se haga mayor de edad, es decir, de que reconozca sus fundamentos humanos y asuma la responsabilidad por ellos». 43 deve liberare l’uomo, ottiene l’effetto contrario, cioè l’illibertà»127. Guardini nella sua conferenza La situazione dell’uomo (1953), afferma che il fatto della mancanza della presa di coscienza del suo proprio potere mostri anche la sua irresponsabilità nell’uso del potere. Non sembra che ci si preoccupati troppo del fatto che non abbiamo ancora nessuna etica dell’uso del potere; ancora molto meno una educazione a quest’uso, o addirittura una tradizione in esso. Al contrario, la poca serietà e l’irresponsabilità sembrano qui, nel complesso, divenire sempre maggiori128. Allora, l’uomo, non essendo né libero, né responsabile del suo potere, si trova dominato dal suo proprio potere129 in maniera paradossale: «Questo scomparire dei vincoli morali immediatamente operanti abbandona in definitiva l’uomo in balia del potere»130. 3) La reazione della tecnica all’esistenza umana a. Il vissuto del tempo umano come sempre di fretta Nella prima parte, ho analizzato gli aspetti dell’attività della tecnica come la volontà di potenza che si manifesta come un distanziamento dalla natura, mediante un approccio freddo e calcolatore che ottiene dei risultati sempre più precisi e potenti tramite l’uso della macchina. La macchina tende a dominare non solo la natura isolando l’energia che ne deriva, ma cerca anche di dominare i gruppi umani. La massa e lo stato sono le conseguenze di questa tendenza totalizzante. E, per l’ultimo, ho mostrato la situazione paradossale dell’uomo che è dominato dal suo 127 R. GUARDINI, «La macchina e…», 218. R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 199. 129 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 15: «Ya Sócrates habría dicho: “Amigo mío, olvidas al que es más profundamente perjudicado en caso de abuso del poder: ¡aquel que lo ejerce!” Y a la objeción de que éste ya sabría protegerse, el viejo sabio habría contestado: “El peligro no viene de fuera: con tal peligro podría arreglárselas. Le viene de dentro: de sí mismo.” El poder tiene la propensión a un uso cada vez más fuerte, o sea, a un uso que desprecia toda norma pro encima de él. Entonces, el que sucumbe a él, cree que domina los demás; pero en realidad él mismo es el dominado y, por cierto, por su propio poder». 130 R. GUARDINI, Il potere…, 162. 128 44 proprio potere a causa della perdita del suo ethos. Allora, dopo aver esaminato l’aspetto dell’attività della tecnica, consideriamo adesso come quest’attività tecnica influenza l’esistenza stessa dell’uomo131, come essa cambia la sua esistenza? Anzitutto, Guardini non essendo un pessimista, riconosce gli esiti della tecnica. L’uomo guadagna grandi vantaggi per la sua vita grazie al potere tecnico: essere più efficiente, avere più sicurezza e del benessere132. Nelle sue Lettere dal Lago di Como (1923), Guardini ritiene che il progresso per avere più sicurezza e più comodità della vita, sia espresso nella sua tendenza per produrre in maniera sfrenata. Ma quali ne sono le conseguenze? Bisogna produrre molto, veramente molto e in gran fretta. Fabbricare presto e consumare resto. Sì, anche consumare presto perché la produzione esige un mercato sempre più capace di assorbimento. Una produzione, dunque, che non è regolata dall’organico gioco della domanda e dell’offerta. Una produzione sfrenata che deve a sua volta, esercitando tutti i mezzi di astuzia e di forza, provocare un consumo sfrenato. Di questo passo, niente ha più il tempo di maturare133. Come osserva Guardini, questa tendenza alla produzione provoca a sua volta la tendenza verso il consumo. Il ciclo non regolato della produzione e del consumo è la conseguenza della tendenza della tecnica che cerca di progredire costantemente per avere il dominio ogni volta più completo delle cose134. Allora, questo fenomeno 131 Cf., R. GUARDINI, «La cultura como…», 20: «La cultura no es una imagen objetivista, que permanezca en sí, atienda a las cosas, sino que, a la vez y en todo lugar, es una imagen existencial, esto es, el mundo donde existe el hombre que la produce y que vive en ella. Así pues, la medida con que se mide no es sólo la cuestión de qué consigue, sino también qué se hace del hombre». 132 R. GUARDINI, Il potere…, 167: «E di consueto ci sentiamo rispondere che, attraverso una scienza sempre più penetrante ed una tecnica sempre più efficiente, aumenta il potere che l’uomo ha di disporre delle cose che gli sono state date, un potere significa sicurezza, utilità, benessere, progresso. L’uomo è meglio protetto dai pericoli che attentano alla sua vita ed alla sua salute; ha nuove possibilità di sviluppare la sua personalità ed il suo lavoro; può liberarsi da attività più elevate ed avere perciò una vita sempre più ricca, e così via». 133 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 66-67. 134 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 15: «La marcha de la historia representa un constante progreso hacia un dominio cada vez más completo de las cosas. Por él los hombres están más seguros ante los peligros; sus necesidades se satisfacen mejor y obtienen así la posibilidad de refinarse; se despliega la vida de la personalidad; aumenta la felicidad de la existencia humana». 45 del ciclo sfrenato cambia il modo di vivere il tempo da parte dell’uomo. Guardini afferma che quest’accelerazione del modo di percepire il tempo non sia buono. Nella sua opera Il potere (1951), Guardini afferma che l’uomo, pur avendo più potere per il suo benessere, vive il suo tempo in fretta, senza avere la tranquillità. E si trova così nella prigione del tempo veloce: Oppure, se il traffico si svolge in modo più celere e completo, si guadagna realmente tempo? Ciò sarebbe vero se l’uomo trovasse più agio e divenisse più tranquillo. E invece egli appare sempre più incalzato, e il risparmio di tempo attraverso l’accelerarsi del traffico ha in realtà l’effetto che egli si imprigiona sempre più nel tempo135. Guardini osserva una certa lentezza del lavoro per la produzione profonda e autentica nei tempi anteriori come la costruzione delle cattedrali medioevali oppure l’esempio di padre di Goethe. In questo senso, la grande riuscita della tecnica viene guadagnata con il doloroso detrimento dell’autentico tempo umano. Anche il lavoro procedeva con lentezza. Ricorderai di aver letto in Dichtung und Wahrheit che, quando il padre di Goethe si fece costruire la sua casa, ogni decisione in merito fu a lungo meditata, ben ponderata e accuratamente elaborata. Egli era un originale ma, in fondo, non doveva essere il solo – sotto questo aspetto – nella sua epoca. Quanto tempo occorreva per costituire una cattedrale! Con quanta lentezza si formava una città! […] Così le realizzazioni tipiche dell’arte potevano arrivare a maturità come pure i problemi del pensiero e i modi di organizzare la società. Tutte le possibilità in esse racchiuse potevano essere tratte fuori senza costrizione e senza fretta136. b. La perdita della vita contemplativa Il carattere dell’attivismo sfrenato della tecnica ha una conseguenza per l’esistenza umana: la perdita dell’aspetto contemplativo. Ormai a 72 anni di età, il maturo Guardini nella sua conferenza Die Kultur als Werk und Gefährdung (1957), afferma spesso la necessità di ricuperare l’aspetto contemplativo della vita: Por un lado: Nuestra vida cultural requiere un elemento contemplativo o meditativo; que se ha perdido en el transcurso del último siglo, por evolución cada vez más 135 136 R. GUARDINI, Il potere…, 169. R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 62. 46 rápida de los pueblos occidentales hacia lo racionalista y activista. Por eso han quedado inermes ante la lógica propia de los problemas científicos y técnicos137. Guardini osserva questo fenomeno anche nella sua conferenza La situazione dell’uomo (1953): «Inoltre, l’atteggiamento contemplativo minaccia di scomparire in senso assoluto» 138 . Cosa intendiamo con questo termine contemplativo? Per Guardini, lontano da essere un tipo di misticismo, esso significa un’interiorità autentica che è capace di opporsi alle tendenze superficiali dell’epoca139. La causa della perdita dell’aspetto contemplativo è quindi dovuta alla perdita dell’interiorità autentica dell’uomo. Guardini spiega come questo detrimento dell’interiorità venga espresso pure nel modo in cui l’uomo parla e si riposa. La parola perde la sua profondità per la mancanza della contemplazione. Il risposo invece è considerato come qualcosa di negativo. No hacen falta, pues, grandes dotes de observación para notar cómo la palabra se hace cada vez más superficial y barata; cómo pierde en seriedad, profundidad y plenitud humana; para no hablar de la confusión que tiene lugar con el lenguaje como tal. […] Pero tampoco hay duda de que el reposo desaparece cada vez más. Tomen un símbolo de lo que quiere decir: El arte antiguo conocía la imagen del hombre sentado, en concentración; pensemos en las estatuas egipcias o románticas. ¡Qué reposo en ellas! Y ciertamente, no porque los artistas no hubieran sido capaces de indicar la acción, sino porque querían mostrar otra cosa diferente; la tranquila presencia del hombre; del hombre entero, de su cuerpo como de su espíritu140. Il fondamento delle critiche guardiniane si trova nella complementarietà fra il silenzio e la parola, e fra il vero riposo e l’attività autentica di cui parlerò nella parte sulle proposte dell’autore intorno al problema della tecnica. 137 R. GUARDINI, «La cultura como…», 23. R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 202. 139 R. GUARDINI, «La cultura como…», 23: «La palabra “contemplativo” no tiene aquí nada que ver con el misticismo, sino que es tan realista como práctica. Quiere decir que en la vida del hombre actual – especialmente de aquel que tiene la responsabilidad y ejerce la decisión – debe insertarse algo que puede ser descrito del siguiente modo: en él debe formarse una auténtica interioridad, que pueda oponerse a las tendencias superficializadoras y dispersoras de la época». 140 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 17-18. 138 47 c. L’esistenza artificiale e inautentica Insieme alla perdita dell’aspetto contemplativo, l’uomo comincia a vivere un’esistenza artificiale e inautentica. Il termine artificiale significa ciò che è contrario al naturale141. È la conseguenza del distanziamento dalla natura che ho menzionato prima. Guardini riconosce che la cultura è essenzialmente un entrare nel campo artificiale 142 . Ma il problema del fenomeno della tecnica è il suo abbandonare il contatto stretto con la natura, riducendola a un mero oggetto da usufruire. La visione oggettivistica è propria della tecnica. Ma con questa visione, l’uomo perde anche il suo sentimento originario del mondo. Non appare qui il fenomeno d’un mondo d’effetti non più «sentito», ma puramente provocato? Si parla dell’«oggettività» come della più moderna virtù e s’intende quell’atteggiamento che prescinde dal proprio sentire e si rivolge puramente alla riuscita d’una determinata prestazione. […] Ma questa oggettività non ha anche una controparte, cioè il raffreddarsi del sentimento? Che tale effetto si compia nel complesso della nostra situazione è palese. Ciò può esser inteso romanticamente, quale desiderio del ritorno ad una forma di vita più intima, più protetta; ma può essere compreso anche in un senso del tutto oggettivo, cioè come il problema di cosa accada con l’uomo, se in misura crescente giunge nella situazione di dover escludere il sentimento. Allora esso diventa appunto più debole, perché nulla di vitale rimane vivo, quando sia messo a tacere143. L’acquisto dell’oggettività della natura, quindi, ha come prezzo la perdita della vitalità e del sentimento umano con rispetto al suo mondo. Il mondo artificiale è un mondo privo di sentimento e di vitalità. Il rapporto umano con il mondo diventa così freddo, determinato dal carattere matematico. Questa artificialità penetra anche nel lavoro dell’uomo. A causa della produzione sfrenata, l’uomo diviene più 141 R. GUARDINI, «La cultura como…», 15: «La técnica empezó a construir a partir de esto los esquemas de sus objetivos. Apareció la máquina y se desarrolló con creciente perfección. Entonces pierden importancia los sentidos y la mano. El hombre pasa más allá de los datos inmediatos de la naturaleza, entrando en relación con lo elemental. Crea un mundo de formas intermedias; de signos, de cálculo, de aparatos, y cada vez vive más sumergido en él. El mundo no es natural, sino artificial». 142 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 62: «In verità, ogni creazione umana suppone che un oggetto venga tratto dal rapporto immediato con la natura e fatto entrare nel campo dell’artificiale. Ma la maniera antica di creare lasciava gli oggetti vicini alla natura». 143 R. GUARDINI, «La macchina e…», 218-219. 48 bisognoso, perde la sua creatività e si adatta al programma delle macchine per servirsene e per servirle144. Un altro aspetto della conseguenza esistenziale è la sua inautenticità. Con questo termine inautentico Guardini cerca di indicare il carattere incompleto dell’uomo. La sua conferenza Der unvollständige Mensch und die Macht (1955) parla su questo tema145. L’incompleto significa che gli manca una parte del suo essere. E questa parte è appunto il suo ethos. È un uomo non capace di vivere secondo i suoi propri valori, ma è l’uomo che è determinato dalla struttura storica del suo tempo. Guardini descrive questo uomo come uomo – non – umano nella sua opera La fine dell’epoca moderna (1950): Se la responsabilità è il rispondere di ciò che si fa, il trasferirsi del singolo fatto concreto sul piano dell’approvazione morale, che avverrà della responsabilità, dal momento che tale processo non ha più forma concreta, ma si disperde nelle formule e negli apparecchi? Questo uomo che vive così, noi lo chiamiamo l’«uomo – non umano». Ed anche questa definizione non esprime un giudizio morale, così come non lo esprime la definizione di «umano». Essa designa una struttura storicamente prodotta e sempre più marcata: quella in cui il campo dell’esperienza dell’uomo è fondamentalmente superato dal campo della sua conoscenza e della sua azione146. L’autore precisa un anno dopo, nella sua opera Il potere questo termine «nonumano», distinguendolo dall’«inumano». Nello scritto citato all’inizio avevo proposto il concetto di uomo «non-umano» per definire l’umanità che si sviluppa come conseguenza ed insieme come causa di 144 R. GUARDINI, Il potere…, 152-153: «A questa trasformazione del processo e del rendimento del lavoro corrisponde una trasformazione dell’uomo stesso che lavora. Scompare il lavoro artigiano, che domina la scena di tutta la precedente cultura. […] Perciò – sotto un particolare aspetto – l’uomo diviene più bisognoso: perde la ricchezza della sua creazione personale; e si adatta invece ad inventare delle macchine, a servirsene ed a servirle. […] Ciò significa che chi produce rinuncia alla individuale vitalità del lavoro e si abitua a voler produrre solo ciò che è consentito dalla macchina; quanto più la macchina si perfeziona, tanto più scompare la possibilità della produzione individuale, e scompare al tempo stesso quell’elemento umano, attivo, che vitalmente opera col corpo e con lo spirito, nel lavoro manuale. Nasce l’operario servo della macchina». 145 R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 17-18: «Así hemos llegado ante lo que nos ocupa propiamente aquí: Mientras crecía hasta lo gigantesco la eficacia y técnica del hombre moderno, se corrompía una parte de su ser. Se ha convertido en el hombre incompleto». 146 R. GUARDINI, La fine dell’epoca…, 70. 49 questo processo. Comprendo, lo ripeto qui, quanto l’espressione sia equivoca, ma non posso trovarne una migliore. Non significa l’uomo «inumano», il quale, la storia ce lo insegna, poteva esistere anche nelle epoche «umane», ma colui che non sa ritrovare più quella relativa armonia, fra il campo della conoscenza e dell’azione da un lato, e quello dell’esperienza dall’altro. La sua conoscenza si svolge entro possibilità di conoscenza e di azione che hanno superato in modo decisivo l’antica misura. A ciò si ricollega, come causa insieme ed effetto, uno dei sintomi più inquietanti di quella trasposizione di cui facciamo quotidiana esperienza, cioè il carattere «oggettivo» del nuovo uomo147. Il concetto dell’esistenza inautentica quindi possiede delle diverse caratteristiche: una crescente incapacità del sentimento, una progressiva freddezza del cuore, un’indifferenza dei rapporti con gli uomini e con le cose della vita. d. La perdita della personalità La perdita dell’ethos umano equivale anche alla perdita della sua personalità. L’uomo inautentico a cui manca l’aspetto morale della sua vita è anche un uomo carente di personalità. Guardini osserva già questo fenomeno della scomparsa della personalità nelle sue Lettere dal Lago di Como (1923): «La possibilità della libera espansione e della formazione profonda della personalità è dunque completamente scomparsa per la maggior parte degli uomini» 148 . Guardini tratta il tema della persona nella sua opera Mondo e persona (1939). In quest’opera lui definisce la personalità come «la forma dell’individualità vivente, in quanto è determinata a partire dallo spirito»149. Essa possiede tre caratteristiche fondamentali: coscienza, volontà e creatività. La coscienza personale non è differente dalla consapevolezza animalesca. È la piena coscienza di quel atto percettivo, razionale e auto-giudizio. L’uomo è 147 R. GUARDINI, Il potere…, 154-155. R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 57. 149 R. GUARDINI, Mondo e persona, a cura di Silvano Zucal, Morcelliana, Brescia 20073, 140. 148 50 capace di capire il senso delle cose e di emettere il giudizio sul valore della verità150. La coscienza autentica mostra la capacità dell’uomo di smettere di avere un approccio pratico per poter riconoscere l’altro da sé: «Questa interiorità percepisce l’esigenza da parte dell’esistenza d’essere colta per amore di sé stessa, cioè conosciuta» 151 . Il termine volontà in Guardini possiede una sfumatura morale, significa non un qualsiasi impulso, bensì quel procedere da sé in autonomia e in libertà, la possibilità di prendere posizione e decidere in rapporto a una propria valutazione della situazione. Questa valutazione dei valori personali deriva dalla sua interiorità in maniera libera e ponderata 152 . Per ultimo, creatività significa creare una forma capace di esprimere153. Una descrizione breve delle caratteristiche fondamentali della personalità è utile per esaminare più dettagliatamente come essa viene perduta a causa della tecnica. La tecnica rende inabile la coscienza per l’annullamento del sentimento autentico154 che viene dal contatto immediato con la natura, e come conseguenza 150 R. GUARDINI, Mondo e persona…, 141: «Una vera e propria coscienza si dà solo quando la percezione viene elaborata intellettualmente e conduce a capire il senso, ovvero fin dall’inizio è ordinata all’atto di capire il senso […] Ma è appunto ciò che, solo, fonda l’autentica interiorità di coscienza, e costituisce un confine che non viene mai oltrepassato da qualsiasi genere di prestazioni d’adattamento da parte di scimmie superiori. Coscienza in senso vero e proprio si trova soltanto quando il processo della percezione e la serie degli atti che si costituiscono su di esso sono determinati dal valore della verità». 151 Ibid., 141. 152 Ibid., 142: «Autentica volontà si dà solo quando un organo della valutazione è toccato dal carattere di valore inerente nell’oggetto e della esigenza di senso che parte dalla situazione, intende tale valore come qualcosa che vale per sé stesso, prende posizione verso di esso e a partire da lì procede all’atto. Questo carattere viene ribalta con purezza specifica là dove si tratta non solo di valore in genere come ciò che è in sé prezioso, ma del valore dovuto, quindi del dovere morale di volta in volta presente». 153 Ibid., 143: «L’interiorità dell’uomo infine è quella dell’agire e del creare. I dati della percezione e della valutazione sono presi come punto di partenza per costituire dalle materie del primo un secondo mondo, da quello della natura un mondo dell’opera e dell’azione. Ciò si mostra nel modo più puro in quella prestazione il cui intento è di erigere qualcosa affinché esista. Non per raggiungere un fine, ma per rivelare un senso; non per costruire un oggetto d’utilità, ma per creare una forma capace di esprimere». 154 Cf., R. GUARDINI, Il potere…, 155: «Esso significa da un lato volontà e capacità di dedicarsi, senza riguardo per i sentimenti soggettivi, ai singoli compiti che divengono sempre più grandi e pericolosi, e anche pudore di mostrare sentimenti più profondi, anzi del solo lasciarli sviluppare, in una vita che si svolge in forme sempre più pubbliche. Ma esso significa anche una progressiva freddezza del cuore; una indifferenza nei rapporti con gli uomini e con le cose della vita. Caratteristico è anche quel surrogato che viene sostituito 51 troviamo l’assenza della valutazione del valore in sé. Quell’uomo inautentico si caratterizza per la sua incapacità per l’uso della volontà autentica. Per l’ultimo, la tecnica è radicalmente differente dall’atto creativo dell’uomo. La tecnica è sempre legata a uno scopo, una finalità e un’utilità. Ma l’atto creativo è essenzialmente un atto non pratico. È un atto che rivela il senso delle cose. Questo atto creativo diventa impossibile per la tecnica poiché gli manca l’aspetto meditativo. Guardini riflette le diverse cause della perdita della personalità anche nelle sue Lettere dal Lago di Como (1923). La perdita della personalità è dovuta, in primo luogo, all’invasione della massa nella realtà umana. Essa tende a produrre e impiegare delle merci in maniera sfrenata a tal punto di far scomparire il lavoro dell’individuo155. E in secondo luogo, la perdita della personalità è notevole anche nel fallimento dei valori personali. Il valore non è percepibile per la massa156. Il valore è sempre legato a ciascun individuo. Guardini osserva inoltre la distruzione della gerarchia dei valori causata dal linguaggio della massa: E la stessa cosa vale anche per il linguaggio, per la parola! I giornali, i manifesti, la pubblicità e i discorsi sono all’opera e rovinano tutto. Ancora pochi anni fa la parola “nobile” significava qualcosa di prezioso. La si adoperava raramente e con riguardo. Si sapeva che serviva a designare qualcosa di eccellente, di raro, di unico, di eccezionale. Oggi, questo vocabolo è vilipeso. Si è cominciato a parlare di gas “nobili”, poi sono venuti i comunisti “nobili” e l’acciaio “nobile”. […] Cosa ne è stato della parola “uomo”, delle parole “vita”, “valore”! E così di seguito. Una lunga serie di distruzioni! Come vengono profanate le sacre parole: rivelazione, grazia, Uomo-Dio. Persino “Dio” stesso157! Ventotto anni dopo, nella sua opera Il potere, descrive questi problemi con più chiarezza: in larga misura all’autentico sentimento: la sensazione; eccitazione violenta, ma superficiale, che afferra sull’istante e rapidamente svanisce e non ha né fecondità né durata». 155 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 67: «La fabbrica, grazie ad un sistema di taylorizzazione perfezionato, potrà gettare sul mercato quantità illimitate di merce e tutto ciò segnerà definitivamente la scomparsa di un lavoro animato da una personalità e da una forma individuale». 156 Ibid., 70: «Appena il cinema mette mano ai personaggi della storia o dell’arte, li distrugge. Esso porta tutto ciò che produce sul piano del kitsch (cattivo gusto), cioè al livello della massa. Non capisco, come si possano discernere qui dei valori». 157 Ibid., 71. 52 Per tale uomo non si può più parlare di personalità e di soggettività nel senso illustrato più su. Egli non ha affatto la volontà di essere particolare nella sua struttura ed originale nella sua condotta, né di crearsi un ambiente che si accordi totalmente a lui, e possibilmente soltanto a lui. Egli anzi accetta gli oggetti ordinari e le forme consuete della vita così come gli sono imposte dai piani razionali e dalle macchine normalizzate e, nel complesso, lo fa con l’impressione che tutto questo sia ragionevole e giusto. Né prova desiderio alcuno di vivere secondo la propria iniziativa. La libertà dei suoi moti interni ed esteriori non gli sembra un valore primordiale. Anzi si inserisce spontaneamente nell’organizzazione, che è la forma della massa, ed obbedisce al programma, poiché è questo il modo secondo cui si regola l’uomo senza personalità. Ancor più, questa struttura umana è portata dal proprio istinto a non distinguersi in quanto individuo, ma a rimanere anonima, come se la natura propria fosse il fondamento di ogni ingiustizia e la radice di ogni pericolo158. e. L’oblio di Dio Guardini parla pure del tema teologico nella sua riflessione sulla tecnica. Sebbene questo tema teologico non sembra appropriato nella ricerca filosofica, cerco di giustificare la sua legittimità nella nostra ricerca. La metafisica dell’Aquinate studia Dio non come oggetto bensì come causa, la quale illumina tutta la realtà dell’ente. In maniera analoga, le critiche alla tecnica si trova la sua causa ultima nell’oblio di Dio. Guardini afferma nella sua opera Mondo e persona che in realtà la persona trova la sua sicurezza ultima nel suo ricongiungimento con la Persona divina. La persona umana sussiste soltanto rivolta a Dio. La Persona divina, essendo la causa finale del nostro ethos, ci illumina la strada da percorrere. Per questo motivo faccio un accenno brevemente un elemento della critica della tecnica come oblio di Dio. La persona dunque dipende dal fatto che esistano in genere altre persone. Non queste o quelle, fossero anche le più significative o, di caso in caso, le più importanti, ma in genere persone. Le cose stanno altrimenti per Colui che è persona in senso assoluto, Dio. Senza di essa la persona finita non può esistere. Non solo perché Dio mi ha creato e in ultima istanza trovo solo in Lui il senso della mia vita, ma perché io sussisto soltanto diretto a Dio. Il mio essere persona non trova compimento nell’umano, così che esso possa certo porre in Dio il suo “tu”, ma anche rinunciarvi 158 R. GUARDINI, Il potere…, 61. 53 ovvero rifiutare ciò, e rimanga ancor sempre persona. Il mio essere “io” invece consiste essenzialmente nel fatto che Dio è il mio “tu”159. Secondo l’autore, l’intensificazione progressiva della cultura tecnica diminuisce la capacità religiosa dell’uomo che è una delle sue dimensioni essenziali. L’intensificazione progressiva della scienza e della tecnica, insieme con tutto ciò che produce nella vita economica, nel traffico e nella coscienza pubblica, pare diminuire la capacità dell’esperire religioso, la recettività a motivi religiosi. […] L’attenzione dell’uomo odierno è accaparrata dai compiti razionali e utilitaristici in modo tale che egli disimpara a badare all’altra dimensione, che è propria dell’esistenza160. L’esaltazione della scienza e la tecnica inoltre, cerca di annullare la vita religiosa e considera la sua scomparsa come un guadagno e un progresso nella storia. Così non è un caso che quella visione del mondo che scorge nella macchina il simbolo della cultura e civiltà raggiunta, cioè il comunismo materialista, cerchi di distruggere programmaticamente la vita religiosa. […] Per il positivista che pensa nella formula di Comte enunciante il progresso storico – stadio inferiore: religione; secondo stadio: filosofia; terzo e reale stadio: scienza –, lo scomparire della religione sarebbe un guadagno. Chi guarda più a fondo, sa che significherebbe la perdita d’un elemento non solo essenziale, ma dell’intimo nell’umano161. 4) Due compiti dell’uomo proposti da Guardini dinanzi al problema della tecnica a. Ritorno alla contemplazione È da tener in conto che queste proposte di Guardini sono prese comunemente dalle sue opere tardive. Il Potere (1951) è una delle più prime opere in questa parte. Le conferenze Der unvollständige Mensch und die Macht (1955), Die Kultur als Werk und Gefährdung (1957), La macchina e l’uomo (1959) sono le principali fonti delle citazioni di questa parte. Nelle ultime opere dell’autore si vede anche una tendenza a dare più importanza alle proposte di soluzioni che all’analisi del problema della tecnica. 159 R. GUARDINI, Mondo e persona…, 173. R. GUARDINI, «La macchina e…», 220. 161 Ibid., 220-221. 160 54 Come ho mostrato nella parte sulla perdita della capacità contemplativa, la contemplazione per Guardini non è un misticismo, bensì l’autentica interiorità che è in grado di vivere la libertà e la responsabilità. Questa interiorità autentica, come conseguenza, si oppone alle tendenze superficiali e totalizzanti della sua epoca162. Guardini non si stanca di ribadire la necessità di ricuperare quest’aspetto contemplativo163. Il suo compito consisterebbe in porre in questione la validità della cultura e, se necessario, opporsi alle tendenze sbagliate. Ma quest’azione di opporsi è possibile solo se l’uomo è capace di riflettere sulla verità delle cose e di domandare se i valori posti dalla cultura siano i veri valori per lui, come lo che farebbe ancora un uomo moderno: O bien: podría plantear la cuestión de si realmente el “bienestar” es el valor superior en la construcción interna de la entidad del Estado. El hombre de la época moderna asiente a esa opinión; pero ¿es cierta? ¿Cierta, incluso cuando se muestra que el bienestar ascendente sólo puede ser alcanzado mediante un mecanicismo de leyes y autoridades, de controles y obligaciones, que debilitan la autonomía y sepultan la seriedad de su responsabilidad vital? Podría presentarse la cuestión aparentemente antisocial de si no sería mejor menos bienestar y más responsabilidad propia, en su vez de un nivel de vida en elevación y una constante pérdida de responsabilidad propia. Una auténtica reflexión que evite el hechizo de lo habitual y penetre hasta la esencia de las cosas, podría también abrir los ojos sobre esto. Una persona convencida de este sentido podría oponerse a la rastrera totalización de la vida, que se cumple por todas partes mediante el aparato estatal164. 162 Cf., R. GUARDINI, «La cultura como…», 23: «La palabra “contemplativo” no tiene aquí nada que ver con el misticismo, sino que es tan realista como práctica. Quiere decir que en la vida del hombre actual – especialmente de aquel que tiene la responsabilidad y ejerce la decisión – debe insertarse algo que puede ser descrito del siguiente modo: en él debe formarse una auténtica interioridad, que pueda oponerse a las tendencias superficializadoras y dispersoras de la época». 163 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 41: «Caro amico, mi accorgo che le mie lettere stanno cambiando tono. Prima all’inizio, potevo trarre argomento dall’abbondanza e dall’incanto delle forme che qui attorniano. Ora, eccomi preso nel cerchio magico del problema, la dove sorgono le idee astratte. Ma le cose rimarranno così finché non si sarà ricuperata la sovrana semplicità che procede dalla contemplazione e dalla ingenuità della vita»; ID., Il potere…, 211: «Dobbiamo dunque anzitutto renderci conto di quello che si chiama atteggiamento contemplativo, ma rendercene conto, non solo parlarne in modo interessante». 164 R. GUARDINI, «La cultura como…», 25. 55 Guardini parla anche la necessità di riconoscere la propria intimità, giacché è da dentro che l’uomo riconosce la verità e guida se stesso. L’azione umana secondo l’autore dev’essere collegata con la verità che è contraria all’impulso del potere. E per questo l’autore afferma la necessità per la contemplazione: Dappertutto è azione, organizzazione e movimento, ma da dove vengono essi guidati? Da un di dentro che non sa più riconoscersi nel proprio intimo, ma pensa, giudica, agisce, partendo dalle zone periferiche della pura ragione, dalla volontà di raggiungere la meta, dagli impulsi del potere, del piacere. Che non ha alcun contatto con la verità, col centro della vita, con ciò che è essenziale e permanente, ma si aggira fra le cose transeunti e causali. Devono esserci ancora periodi nella sua vita, momenti nella sua giornata, in cui egli si arresta e col cuore aperto si pone di fronte ad un problema che durante il giorno lo ha toccato. In una sola parola: l’uomo deve nuovamente pregare e meditare165. Questa interiorità che nasce dalla solitudine è un polo complementare per l’altro polo: la totalità166. I temi strettamente vicini con la contemplazione sono quello del riposo e del silenzio. Come c’è il rapporto polare tra l’interiorità e la totalità, vi sono pure le relazioni polari tra il silenzio e la parola; tra il riposo e l’azione. Guardini riflette la necessità del silenzio per l’acquisto della verità. L’uomo che parla sempre per esempio, senza avere il minimo di silenzio non è capace per la verità, per la riflessione autentica167. Contro la cultura che esalta la produzione, l’azione sfrenata, Guardini afferma la necessità del riposo. Lontano da essere negativo, il riposo è positivo giacché da esso nasce l’azione autentica168. 165 R. GUARDINI, Il potere…, 211. R. GUARDINI, «El hombre incompleto…», 18: «El estar solo; estar en unidad consigo mismo, como viviente polo complementario frente a la totalidad. Allí dentro lleva el hombre lo que ha captado fuera; se de cuenta de ello se lo apropia, y de ahí surge lo que llamamos la riqueza del mundo de una personalidad». 167 Ibid., 17: «El hombre es un ser que habla. Posee la alta capacidad de la palabra, por la cual expresa a los demás hombres lo que sabe, y de este modo adquiere comunidad con ellos en la verdad. Esa palabra es plena y completa cuando procede de un auténtico ver, saber y penetrarse. Pero éste es el caso solamente cuando en el mismo hombre existe también el silencio. Y “silencio” no significa sólo algo negativo, el hecho precisamente de que no se hable, sino algo positivo en su sumo grado». 168 Ibid., 17: «Y el auténtico reposo no significa sólo algo negativo; concretamente que no haga nada, sino más bien el polo complementario del hacer, tal como el silencio es el polo complementario de la palabra. […] y de este reposo es de donde el acto recibe su frescura, su seguridad, su novedad y creatividad». 166 56 Il ricupero dell’uomo contemplativo è una delle soluzioni che Guardini offre contro i pericoli che la tecnica produce all’esistenza umana. L’uomo contemplativo che vive nel silenzio e nel riposo, osa fare la domanda sul problema della sua cultura, poiché grazie alla sua interiorità autentica è capace di vedere le essenze delle cose. Costui vive non solo secondo i valori posti dal suo stato, bensì vive secondo i suoi propri valori. b. Riacquisto della virtù dell’ascesi Guardini riflette sull’aversione all’ascesi da parte dell’uomo moderno 169 . Contro questo pregiudizio negativo contro l’ascesi, l’autore afferma la sua necessità per la cultura tecnica. Se la contemplazione si riferiva all’atteggiamento e alla capacità per la verità, l’ascesi, invece, si riferisce all’atto e al compimento dell’atteggiamento contemplativo. Le parole come affrontare, ordinare, educarsi, resistere e combattere mostrano questo carattere pratico della virtù dell’ascesi: Ascesi significa che l’uomo tiene se stesso nelle proprie mani. Perciò deve riconoscere nel suo intimo il male ed affrontarlo in modo efficace. Deve ordinare i suoi impulsi fisici e spirituali, ciò che non è possibile senza il superamento di sé; deve educarsi a possedere la libertà i suoi beni e a sacrificare le cose inferiori a quelle più alte. […] Deve educarsi a stabilire delle distanze, ad acquistare egli non deve capitolare, ma combattere e al posto decisivo, cioè contro sé stesso. Che egli deve crescere dall’interno, disciplinando e superando sé stesso, e vivere così nell’onore, portando frutti proporzionati al senso della sua vita170. 169 R. GUARDINI, Learning the Virtues that lead you to God, Sophia Institute, New Hampshire 1998, 85: “There was a time when people spoke not only scornfully but with annoyance about anything that can be called ‘asceticism’, as if it were not merely something wrong, but something unnatural and insulting. They thought asceticism arose from the hatred of life, even from perverted feelings; that it revealed the hatred of Christianity for the world, the corrupted sentiments of the priest who depreciated living nature in order to justify his own existence, and so on.”; ID., «La cultura como…», 26: «El segundo concepto está estrechamente unido con lo expuesto: el de la ascética. Esta ha vuelto un horror para le hombre de cultura de nuestro tiempo: expresión de una enemistad a la vida que viene de lo metafísico o incluso de lo hierático. En realidad, aquí también se ha perdido algo, y el hombre moderno se ha debilitado con eso». 170 R. GUARDINI, Il potere…, 215-216. 57 Contro questa prima definizione dell’ascesi come tenere se stesso nelle proprie mani, Guardini descrive l’esistenza umana della sua epoca come sfavorevole e in maniera paradossalmente contraria all’ascesi: «L’esistenza umana è tanto avanzata, l’uomo è tanto consegnato nelle proprie mani, le possibilità di prestazione come di distruzione sono diventate incalcolabili»171. Il senso della virtù dell’ascesi in tema della tecnica consiste quindi nel ricupero del dominio che l’uomo ha perduto sul suo proprio potere mediante la rinuncia al potere sfrenato172. Il vero senso dell’ascesi per Guardini non è sottomettere le tendenze sbagliate alla retta volontà, bensì qualcosa di più positivo: è un atto di ordinare i propri impulsi secondo una retta gerarchia dei valori173. Guardini ritiene l’ascesi come la vera soluzione al problema tecnico174. L’ascesi in questo senso è la medicina per la volontà di potenza che è la forma della tecnica. Essa esorta a fare una rinuncia a questa tendenza dominatrice della tecnica, non per disprezzo di essa, ma per il guadagno della vita autenticamente umana. Per questa ragione, Guardini definì la virtù dell’ascesi come la decisione dell’uomo di vivere come un uomo175. 171 R. GUARDINI, «La macchina e…», 222. Cf., R. GUARDINI, «La cultura como…», 23: «El futuro del hombre descansa realmente en que alcance la capacidad de sujetar la tendencia al poder y la ganancia, mediante la renuncia y la superación de sí mismo. Sobre esto habría que decir más de lo que aquí puede encontrar sitio». 173 R. GUARDINI, Learning the Virtues…, 88: “The motive for the true asceticism does not lie in such a struggle to overcome the urges, but in the necessity of bringing the into proper order. […] We must also consider the fact that there is a hierarchy of values. For instance, there are everyday values: those that pertain to our physical life; above those there are the values of our vocation and our work; still higher are those of personal relations and intellectual activity; and finally, those which are attained by our immediate relation to God. […] We must choose and carry out our choice. This requires exertion and sacrifice – and that, too, is asceticism.” 174 R. GUARDINI, «La cultura como…», 28: «Pero su solución no depende, en lo más profundo, de consideraciones intelectuales, sino de actitudes del carácter, que evidentemente no existen todavía: de la capacidad de penetrar y abarcar con la mirada, de juzgar y ordenar, de tener prudencia y moderación, todo lo cual puede ser obtenido solamente por una renuncia interior que se llama precisamente “ascesis”». 175 Cf., R. GUARDINI, Learning the Virtues…, 88: “Asceticism means that a man resolves to live as a man.” 172 58 II. ANALISI CRITICA DELLA TECNICA 1. Introduzione all’argomento, la visione positiva di Guardini Allora, dopo l’analisi del concetto della tecnica secondo il pensiero dell’autore, in questa parte esaminiamo criticamente la sua riflessione sulla tecnica, appoggiandoci anche su altri esperti di Guardini. Il primo elemento da tener in conto è l’atteggiamento assai positivo e coraggioso del nostro autore per quanto riguarda l’intenzione delle sue critiche. Nella sua ultima (novena) lettera di Lettere dal Lago di Como, scritta nell’anno 1925, due anni dopo di tutte le lettere anteriori, afferma che sia riuscito a prendere la sua posizione dinanzi alla cultura tecnica176. In questa lettera, il nostro autore mostra la sua posizione chiara dinanzi al cambio dell’epoca nonostante dei rischi che minacciano l’autentica esistenza umana: Dobbiamo darle la nostra adesione. Conosco il prezzo di questo consenso. […] Noi però osserviamo che si può aderire ai fatti della storia con libera scelta, con una vera e propria decisione: perché essa proviene da un cuore che sa. E ciò ha il suo peso. Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto. Non dobbiamo irrigidirci contro il nuovo, tendando di conservare un bel mondo condannato a sparire177. La posizione di Heidegger rispetto alla tecnica è caratterizzata dal rifiuto. Egli considera la tecnica soltanto come un elemento che impedisce il vero svelamento dell’essere. Secondo Heidegger, la tecnica modifica l’esistenza dell’uomo (Dasein) risultando la perdita della sua apertura all’essere (Sein). Il problema della tecnica perciò in Heidegger è di importanza fondamentale che minaccia non solo un aspetto dell’uomo bensì riguarda l’ambito della verità e la sua medesima esistenza 178 . 176 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 87: «Ora sono ritornato in Germania e mi sembra utile, tentare di tirare le somme. Sono trascorsi quasi due anni da quando ti scrissi la prima lettera dal lago di Como, da quando la questione, che da tempo mi tormentava, mi si palesò in modo così chiaro che mi parve di poterla toccare con mano. […] Ma forse potrei dire che sono riuscito a prender posizione di fronte ad essa. E la risposta non sarà una formula ma una azione vivente». 177 Ibid., 91. 178 M. HEIDEGGER, «La questione della…», 47: «Ma dove siamo andati a perderci? Il nostro problema è quello della tecnica, e ora siamo invece arrivati all’ἀλήθεια, al 59 Guardini invece, nonostante le sue critiche siano contenutisticamente assai simili a quelle di Heidegger, possiede un atteggiamento più positivo dinanzi al fenomeno della tecnica. Guardini afferma: «In primo luogo, dunque: bisogna dire “sì” al nostro tempo»179. Questo “sì” non è per niente un’accezione ingenua, ma esprime un compito carico di responsabilità alla realtà nella quale ci siamo già profondamente coinvolti180. Gabriel von Wendt nel suo articolo “Yes” – A Remarkable Response to Cultural Change, paragona analogicamente l’atteggiamento aperto di Guardini rispetto alla cultura tecnica con il concetto di incontro secondo il nostro autore che tende a aprirsi all’altro181. L’atteggiamento naturale davanti alla realtà differente dall’ambito abituale, da sua comfort zone è quello di rifiuto. P. Gabriel in questo articolo analizza il dato biografico del sacerdote italo-tedesco. Guardini, benché nato in Italia, si è trasferito in Germania a causa del lavoro di suo padre quando aveva appena un anno di età. Guardini osserva nella sua autobiografia che a sua madre non gli piaceva l’ambiente tedesco, tanto che lui doveva crescere in un ambiente isolato, come conseguenza del rifiuto alla cultura tedesca da parte di sua madre 182 . Nonostante la sua provenienza famigliare, fortemente marcata disvelamento. Che ha da fare l’essenza della tecnica con il disvelamento? Rispondiamo: tutto. […] La tecnica, dunque, non è semplicemente un mezzo. La tecnica è un modo di disvelamento. Se facciamo attenzione a questo fatto, ci si apre davanti un ambito completamente diverso per l’essenza della tecnica. È l’ambito del disvelamento, cioè della verità (Wahr-heit)». 179 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 95. 180 Ibid., 92: «Il nostro tempo non è una via sulla quale dover procedere, esteriore a noi stessi. Noi stessi siamo il nostro tempo! Nostro sangue e nostra anima, questo è il nostro tempo. […] Noi amiamo la forza intensa di questo tempo e la sua volontà di assumere le proprie responsabilità. Amiamo la risolutezza con cui affronta i rischi delle soluzioni estreme». 181 Cf., G. VON WENDT, «“Yes” – A Remarkable Response to Cultural Change», Quién 7 (2018), 119-143, 122-127. 182 Cf., R. GUARDINI, Apuntes para una…, 76-78: «Mi padre, que había trasladado a Maguncia el negocio de mi abuelo, apreciaba mucho Alemania, pero siempre se sintió su huésped. Mi madre era todavía más radical. […] Cuando después de tres años de matrimonio se trasladó con mis padres a Alemania, no lo hizo de buena gana, agudizándose cada vez más su rechazo de todo lo alemán. […] Nos faltó casi totalmente lo que para otros chicos era normal, como el estar juntos en los juegos y en cualquier otra actividad. Nosotros no íbamos a casa de nadie y nadie venía a la nuestra. […] La escuela me inspiraba ante todo un sentimiento de extrañeidad que a menudo se acentuaba llegando a convertirse en 60 dall’isolamento, Guardini è riuscito a vedere l’importanza di uscire da sé, la quale si riflette palesemente nel suo saggio incontro. L’autore afferma «Ma l’incontro, nel senso proprio del termine, si verifica solo nel modo in cui l’uomo s’incontra con la realtà»183. Secondo Guardini l’esistenza dell’uomo possiede un carattere di esodo, l’uscire da sé, per trovare la sua vera natura 184 . Quest’apertura dell’uomo, l’accoglienza all’alterità per il nostro autore è insieme il rischio e la nuova possibilità per trovare sé stesso. E in maniera analoga, l’uomo deve avere un atteggiamento aperto alla cultura con tutta la serietà morale che corrisponde alla natura della persona che si realizza mediante l’incontro con l’alterità185. Teniamo in conto quindi, le critiche alla tecnica secondo Guardini: non sono critiche di natura negativa e pessimista con l’intenzione di rifiutarla oppure di ritornare all’epoca pre-tecnica186, fuggendo dal proprio tempo. Le sue critiche sono, invece, costruttive e piene di speranza perché la sua intenzione è riconoscere i veri pericoli e rischi che essa contiene, non per rifiutarla, ma per poter assumerla in maniera più umana e autentica. Ho la convinzione che una nuova forma ed immagine dell’uomo sia in elaborazione; diversa da quella dell’antichità, diversa da quella del Medio Evo. E in particolar miedo. […] Pero la verdadera causa de esta extrañeidad era la atmósfera de nuestra casa que nunca permitió salir al aire libre». 183 R. GUARDINI, «L’incontro», in R. GUARDINI, Etica. Lezioni all’università di Monaco (1950 – 1962), a cura di Hans Mercker, Morcelliana, Brescia 2001, 245-259, 255. 184 Ibid., 256: «L'uomo non sussiste in se stesso, da se stesso, per se stesso ma “in direzione di”, nell'arrischiarsi verso l'altro da sé. L'uomo è sé stesso e lo diventa sempre più in quanto rischia di non essere se stesso, in direzione di qualcosa che giustifica questo rischio; volendo esprimersi con il linguaggio quotidiano, possiamo dire: l'uomo diventa se stesso nella misura in cui abbandona se stesso, non però nella forma della leggerezza, del vuoto d'esistenza, ma in direzione di qualcosa che giustifica il rischio di sacrificare se stessi». 185 Cf., G. VON WENDT, «“Yes” – A Remarkable…», 126: “Therefore, Guardini’s yes is not naïve, it is not relativistic; and it is far from missing out on the challenges which the respective cultural changes mean for the society at large and for his existence in particular: Rather the power; one should say, the self-exposing love that drives the authentic encounter demanded of him allows him to step out into the world and assume his time.” 186 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 202: «Ciò non vuol dire sicuramente che si deve ritornare allo stato anteriore ma certo che ci si deve rendere chiaramente conto di che cosa va perso con il passo che porta allo stato attuale. Si deve mettere da parte il primitivo dogma del progresso e ci si deve chiedere che cosa significhi la nuova situazione dell’uomo». 61 modo fondamentalmente diversa da quella dell’Umanesimo, del Classicismo e del Romanticismo. Essa si addice a quel nuovo evento di cui abbiamo parlato. Si conferma a quella profondità umana nella cui venuta riponiamo le nostre speranze. È tutt’uno con quel campo nuovo sul quale si svolge la lotta contro le invadenti forze scatenate. E su questo terreno la battaglia sarà coronata da successo187. 2. Analisi delle critiche alla tecnica secondo Guardini Il secondo elemento da considerare nell’analisi critica della tecnica è la critica stessa alla tecnica. Quali sono i problemi negativi che Guardini si preoccupa e comunica nella sua riflessione sulla tecnica? Ho ampiamente mostrato le sue critiche nella parte precedente, ma cerchiamo ora di rivalutare l’esposizione anteriore con l’ottica critica affine di rilevare i problemi della tecnica in maniera più chiara. In primo luogo, la critica alla tecnica secondo Guardini consiste nel cambiamento del rapporto tra l’uomo e la natura. Tale cambiamento consiste in distanziamento dell’uomo dalla natura caratterizzato dall’atteggiamento di dominio. L’uomo aveva una vicinanza con la natura nelle epoche anteriori, soprattutto nell’antichità. Ma con la nascita della tecnica questa vicinanza sparisce. Dal punto di vista storico il fatto di tale distanziamento è una novità, ma al contempo, indica anche un problema. È un problema inquietante per l’uomo, poiché non avendo più il contatto diretto con la natura egli perde il realismo della vita e comincia a vivere nell’ambito artificiale. Guardini critica questa alienazione dell’uomo dalla naturarealtà. L’uomo inoltre domina la natura mediante la macchina che esprime il suo atteggiamento calcolatore. La macchina tende a produrre con il principio di efficacia e raggiunge il fine voluto in maniera sempre più precisa. Ma questa efficacia della macchina possiede un carattere anti-contemplativo. Come conseguenza, l’uomo vive il suo tempo in fretta e disprezza il riposo. Il progresso della tecnica fa sì che l’uomo produca sfrenatamente senza pensare prima alla sua vera necessità. Guardini critica questa perdita della contemplazione dell’uomo. 187 R. GUARDINI, Lettere dal lago…, 102. 62 Il secondo elemento che Guardini critica è il cambiamento dell’uomo stesso. L’uomo perde la sua personalità. Non esisteva tale uomo nelle epoche anteriori. L’uomo senza personalità quindi, è anche una novità storica e allo stesso tempo un problema. Egli non è più capace di avere una coscienza personale e di agire secondo i propri valori. Egli comincia a vivere seguendo le norme e la struttura della sua comunità caratterizzata dalla cultura tecnica. Tale uomo perde la sua individualità e la sua propria iniziativa e viene assorbito dalla sua propria cultura. Guardini critica questa perdita della personalità dell’uomo. Il terzo elemento che Guardini critica è il fenomeno dell’uomo della massa che è in balìa dello Stato. L’inadeguatezza della consapevolezza dell’uomo rispetto al suo potere fa sì che perda il suo ethos. Egli non vive più secondo i propri valori e diventa l’uomo della massa che si abitua alla struttura della sua cultura. Guardini critica questo fenomeno dell’uomo-marionetta dello Stato che tende a vivere senza responsabilità e libertà. 3. Diverse opinioni circa la riflessione guardiniana sulla tecnica 1) L’attività della tecnica moderna come l’orizzonte nichilistico segnato dalla volontà di potenza secondo Massimo Borghesi Per aggiungere un carattere scientifico a questo lavoro e per ottenere l’oggettività della valutazione dell’analisi critica alla tecnica secondo l’autore, ci rivolgiamo adesso alle opinioni sul tema della tecnica moderna secondo alcuni esperti di Guardini. Borghesi ritiene che Guardini e Heidegger coincidano nel considerare l’essenza della tecnica moderna come l’orizzonte nichilistico segnato dalla volontà di potenza188. Borghesi vede uno stretto nesso tra la tecnica moderna e la volontà 188 M. BORGHESI, Romano Guardini. Dialettica e antropologia, Studium, Roma 1990, 201-203: «La volontà di potenza nei termini descritti da Nietzsche, la volontà che vuole se 63 di potenza di Nietzsche nel pensiero guardiniano. Lui afferma infatti che il fatto che Guardini studiò Nietzsche un anno dopo la sua conferenza La situazione dell’uomo (1953) non sia per caso189. Così secondo Borghesi il nocciolo della riflessione sulla tecnica guardiniana è la volontà di potenza. Il problema di questa volontà di potenza è l’orgoglio dell’uomo e l’ateismo. Egli afferma che lo ὕβϱις dell’uomo sia la tentazione della macchina che consiste in potenza reale che tende alla direzione estrema del dominio-oggettivizzazione del mondo190. È un orgoglio dell’uomo che crede di poter dominare tutta la realtà senza alcun legame organico. Tale orgoglio possiede un carattere ateista. Dietro l’atteggiamento della volontà di potenza, il posto di Dio sparisce, sostituito dal Übermensch con il suo potere tecnico191. Per ultimo, Borghesi asseconda la mia tesi, affermando la differenza di qualità della risposta tra Guardini e Heidegger. Guardini accetta con tutta serietà la tecnica, mentre Heidegger la rifiuta. stessa ed ha come fine la realizzazione di sé, è allora il vero fondamento metafisico che determina l’orizzonte del tempo. […] Il vero punto di convergenza, tra Heidegger e Guardini, risiede comunque nella determinazione dell’essenza della tecnica moderna a partire dall’orizzonte nichilistico segnato dalla volontà di potenza». 189 M. BORGHESI, Romano Guardini. Dialettica…, 201: «Non è caso che nel 1954, un anno dopo la conferenza Die Situation des Menschen (La situazione dell’uomo), Guardini mediti «un abbozzo per un corso del semestre invernale: potere e nichilismo, con una presa di posizione nei confronti di Nietzsche». A tale fine si impegna a leggere La gaia scienza, Il crepuscolo degli idoli, la volontà di potenza. L’esito previsto di queste letture è un terzo volume, da aggiungersi a Das Ende der Neuzeit (La fine dell’epoca moderna) e Die Macht (Il potere). Lo scritto non uscirà, e tuttavia l’intenzione espressa è preziosa, rivelatrice di una prospettiva generale: l’attuale dominio si svolge dentro un preciso contesto ontologicometafisico». 190 Ibid., 204: «È qui che il discorso guardiniano si fa critico, non verso la macchina in sé, ma verso la potenziale ὕβϱις che essa contiene e permette in direzione del dominiooggettivazione del mondo. La tentazione della macchina, in quanto potenza reale, contiene è cioè quella per cui essa, calata nell’orizzonte del tempo, consente di portare all’estremo la tendenza, cui si accennato, di risolvere la natura nella storia. La conseguenza sarebbe la recisione di quel legame «organico» che unisce cultura e natura, il superamento del limite oltre il quale non è più possibile un legame vivente con il reale. […]. È il trionfo della volontà di potenza». 191 Ibid., 202: «C’è un intimo nesso pertanto tra dominio tecnico-razionale, metaumanità, ateismo. In cosa risiede? Nel fatto che solo l’avvento della tecnica nei suoi termini moderni rende possibile l’ipotesi, altrimenti fantasiosa, di un «oltre-uomo» (Übermensch) radicalmente diverso rispetto al passato, per il quale Dio non è altro che il proprio sé affermato nella sua onnipotenza. Tutto ciò pone il problema della macchina, del ruolo che essa viene a rivestire nella conoscenza moderna all’interno del nuovo ideale di dominio». 64 Rimane il fatto, certamente che l’adesione al presente si motiva, in Guardini, essenzialmente a partire da un’opposizione di carattere pratico. Donde la caratteristica «oscillazione» della sua riflessione, un’oscillazione che spiega la vicinanza con Heidegger, nella comprensione del fenomeno della tecnica all’interno del nichilismo segnato dalla volontà di potenza, e al contempo la lontananza da lui per l’opzione volontaristica che lo accomuna. […] E tuttavia questa oscillazione non indica affatto una contraddizione di prospettive. La «decisione» per il tempo, e non contro il tempo, assume il significato, del tutto positivo, di dare forma, di «umanizzare» l’età della tecnica senza per questo rifiutare i risultati pratici e le grandi acquisizioni teoriche. Il presente dev’essere trasformato, non rinnegato192. 2) L’uomo di massa come conseguenza antropologica della tecnica moderna secondo Andrezej Kobyliński Andrezej Kobyliński ritiene che il tema centrale della tecnica nella riflessione guardiniana consista nell’uomo di massa. Lui indaga il tema della transizione di epoca nella sua tesi dottorale «Modernità e postmodernità», nella quale egli ricerca le posizioni più rappresentative di queste due epoche storiche 193 . Secondo Kobyliński, il fenomeno dell’uomo di massa è ciò che divide l’epoca moderna da quella postmoderna. La massa è una struttura strettamente legata al fenomeno della tecnica e della pianificazione194. Egli opina che la nascita dell’uomo di massa sia causata, da un lato, da un indebolimento dell’unità e dell’identità nazionale e, dall’altro canto, dalla tendenza stessa della tecnica che disintegra la particolarità degli individui e dei loro propri valori195. Il problema dell’uomo di massa secondo 192 M. BORGHESI, Romano Guardini. Dialettica…, 209. Cf., A. KOBYLIŃSKI, “Modernità e postmodernità”…, 13: «Nella nostra ricerca viene adoperato il metodo analitico-sintetizzante. Il limite di questa tesi è la determinazione del contesto in cui viene inserito Guardini. Certamente non si tratta di considerare tuttala letteratura sulla modernità e postmodernità. Cerchiamo, invece, di individuare le posizioni più rappresentative per questo argomento e di fare col pensiero guardiniano una specie di ermeneutica vivente, proponendoci di introdurlo nella discussione filosofica su Zeitgeist della nostra epoca storica». 194 Ibid., 324: «La nascita dell’uomo di massa è in Guardini un fenomeno che caratterizza il tramonto della modernità e il sorgere dell’età postmoderna. La massa è una struttura umana che è legata al fenomeno della tecnica e della pianificazione». 195 Ibid., 325: «La nascita dell’uomo di massa viene facilitata sia dall’indebolimento della qualità dei legami all’interno del popolo, inteso come l’unità delle datità etnologiche e geografiche con una chiara forma politica e con un’efficace iniziativa storica, sia dall’indebolimento della categoria del nazionale come tale. La tecnica produttiva ed amministrativa disintegra la particolarità proprie dei popoli e porta all’aggiustamento e alla 193 65 Kobyliński consiste nel processo di spersonalizzazione nel quale l’uomo perde la propria originalità e personalità, vivendo in modo sempre di più assorbito dalla totalità collettiva. A parere di Guardini l’uomo di massa perde la propria originalità ed è disposto ad accogliere lo schema della collettività. L’uomo di massa perde anche sempre di più la sua sfera privata e sempre meno vive in sé e per sé. […] L’uomo di massa viene sempre di più standardizzato e diviene sempre meno capace di opporsi alle tendenze totalitarie. Secondo il nostro autore la massa è soggetto egli stati totalitari in cui si è introdotto il primato della collettività. Il primato del collettivo sull’individuo porta inevitabilmente alla spersonalizzazione, alla fuga dalla responsabilità ed infine alla volontà di essere dominati. Così l’uomo non viene più riconosciuto nel suo essere personale e comincia ad essere trattato dalle innumerevoli forme di “conglobamento” statistico e amministrativo da semplice oggetto196. Indagando il tema dell’uomo di massa, Kobyliński risponde anche il problema dello stato totalitarista 197 . Il suo problema consiste nell’autonomia assoluta senza alcun legame con Dio, la quale rifiuta di avere né fondamento, né criterio sopra di sé a cui possa rendere conto. 3) L’ascetismo come compito dell’uomo dinanzi al problema della tecnica moderna secondo Reinhard Haubenthaler Reinhard Haubenthaler nella sua opera Askese und Freiheit bei Romano Guardini (Ascetismo e libertà in Romano Guardini) riesce a mettere a fuoco il tema della tecnica con la chiave della virtù dell’ascesi. L’esito della sua ricerca assomiglia alle risposte e alle soluzioni che Guardini propone davanti al problema della tecnica. L’analisi di Haubenthaler approfondisce i diversi modi di rispondere distruzione dei propri valori. Come conseguenza l’uomo diventa più povero e più predisposto a diventare l’uomo di massa». 196 A. KOBYLIŃSKI, “Modernità e postmodernità”…, 326. 197 Ibid., 331: «Un passo decisivo del cammino verso il totalitarismo è per Guardini la nascita del moderno stato di diritto. In questa concezione dello stato, la pretesa d’autonomia viene posta in modo radicale, cioè lo stato viene pensato come se non avesse sopra di sé alcuna istanza alla quale rendere conto. Nella concezione del moderno stato di diritto, la sovranità dello stato non deve rendere conto ad una sovranità più elevata e viene fraintesa con l’autonomia assoluta. Il nostro autore mette in evidenza che lo stato non è il legislatore ultimo perché sia lo stato che le persone che creano leggi sono responsabili davanti a Dio». 66 al problema della tecnica. Egli ritiene che la tecnica moderna offra all’uomo i quattro diversi modi di praticare l’ascetismo: «Guardini prende qui i quattro esempi dell’ascetismo moderno che deve proteggersi dinanzi ai problemi della tecnica moderna: la velocità, il rumore, il bombardamento degli stimoli e l’automatismo»198. Secondo Haubenthaler, la tecnica moderna fa sì che la vita scorra sempre più velocemente, riempiendo con le attività. Ma questo fenomeno della velocità (Geschwindigkeit) della vita viene con una perdita del riposo e della profondità. Il riposo infatti non è una semplice assenza di movimento, bensì è qualcosa di essenziale come il polo opposto del movimento che dev’essere integrato nel tempo umano199. L’autore afferma che l’ascetismo nel caso del fenomeno della velocità della vita consista in primo luogo intravedere il motivo della fretta, e in secondo luogo rimuovere l’impulso per attività, per creare lo spazio del riposo affinché possa compiere il lavoro autentico200. Haubenthaler afferma che la tecnica moderna tende a creare i rumori (Lärm) di diversi tipi. Come la velocità della vita minaccia il riposo, il rumore mette a repentaglio il silenzio. Il silenzio, come il riposo, non è un’assenza di qualcosa, ma è un elemento essenziale nella vita dell’uomo. Egli osserva che il rumore abbia una funzione di assordare ed ignorare il proprio vuoto interiore201. Dobbiamo imparare 198 Cf., R. HAUBENTHALER, Askese und Freiheit bei Romano Guardini, Ferdinand Schöningh, Paderborn, 1995, 103. La traduzione è mia. Ecco il testo originale: »Die quantitativ meisten und qualitativ detailliertesten Konkretionen aber finden sich eindeutig in dem Bereich, den man zunächst einmal grob als Bereich der „modernen Technik“ umreißen könnte. Hier nennt Guardini 4 Beispiele: „moderne Askese“ muß sich bewähren angesichts der Probleme Geschwindigkeit, des Lärms, der Reizüberflutung und des Automatismus«. 199 Ibid., 104: »Das bedeutet aber auch einen Verlust an „Intensität und Tiefgang des Erlebens“, an „Ruhe und Tiefe“. Dabei ist Ruhe mehr als die „Abwesenheit von Bewegung“, sie ist vielmehr „selbst etwas Wesentliches: der andere Pol des Zeit-Elements. Erst Bewegung und Ruhe zusammen sind das Ganze: Form der Lebensverwirklichung«. 200 Ibid., 104: »Askese heiße in diesem Fall: „die Motive für die Schnelligkeit durchschauen, den Bewegungszwang lösen und Ruhe schaffen – und dann vor die echten Aufgaben treten«. 201 Ibid., 104: »Ähnlich dem Rausch der Geschwindigkeit hat auch der Lärm oft die Funktion, eine innere Leere zu übertönen oder Größengefühle zu erzeugen, wie z. B. im Fall des Motorenlärms«. 67 il buon uso degli apparati 202 come la radio oppure il televisore per non vivere immersi nel rumore. La pratica ascetica qui significa stare con se stesso, avere la signoria sull’impulso e non premere il bottone degli apparati senza un esame del vero bisogno del suo uso203. Il terzo elemento dell’influsso della tecnica moderna secondo Haubenthaler è il bombardamento degli stimoli (Reizüberflutung). Guardini si riferisce qui a tutti i mezzi superficiali di informazioni che distolgono la nostra attenzione dagli elementi essenziali della vita come le riviste di basso livello oppure andare al teatro ogni fine di settimana204. Come conseguenza, l’uomo perde la sua capacità di vedere la realtà, poiché è abituato ad afferrare soltanto quelle informazioni sensazionali e non qualcosa denso di significato205. L’ascetica qui significa resistere lo staffile delle sensazioni mediante il rifiuto dei mezzi di informazioni sbalorditive, non perché i mezzi siano cattivi bensì affinché l’uomo possa essere libero206. L’ultimo compito dell’ascetica riguardo alla tecnica moderna tratta del fenomeno dell’automatismo (Automatismus). Il pericolo qui è la perdita della propria posizione (Selbststand) che è causato dalla mancanza dell’individualità e la facilità per la manipolazione 207 . La meccanicizzazione ha una tendenza che si 202 R. HAUBENTHALER, Askese und Freiheit…, 105: »Ausführlicher geht Guardini auf die Versuchungen des Radiogeräts ein; das in diesem Zusammenhang Gesagte läßt sich problemlos auf das Fernsehen übertragen«. 203 Ibid., 105: »Wir müssen lernen, ihn zu gebrauchen und dann abzustellen. Und oft gewinnen wir, wenn ihn überhaupt nicht abzustellen. Auch das wäre Askese: Überwindung der Angst vor dem Bei-sich-Sein; Herrschaft über den Zwang, den der Knopf dort ausübt«. 204 Ibid., 105: »Die Gefahr der Reizüberflutung (als Beispiele dienen Guardini die Illustrierten, die Wochenschau im Kino, wiederum das Radio, aber auch Plakate, Schaufensterauslagen, Reklame und überhaupt Vielzahl wechselnder Eindrücke in einer Stadt)«. 205 Ibid., 105: »der Mensch verliert die Fähigkeit, wirkich „zu sehen“; er erfaßt nur noch „Sensationen“, „Reize, Effekte“, nichts, „Sinnhaftes, von innen heraus Gestaltetes, keine, Welt“«. 206 Ibid., 105: »Askese würde hier bedeuten, sich von dem „Sensationsgepeitsche“ nicht hetzen zu lassen, „zwischendurch eine Illustrierte nicht zu betrachten, das Radio nicht anzudrehen, das Kino nicht zu besuchen – und das alles aber nicht, weil es schlecht wäre, sondern weil man frei sein will«. 207 Ibid., 105: »Noch mehr ins Grundsätzliche geht, was Guardini als viertes Anwendungsbeispiel der Askese im Bereich der technischen Welt anführt: die Gefahr der 68 estende dall’ambito delle cose fino alla realtà dell’uomo. La tecnica come sistema funziona regolarmente in modo tale che l’uomo diventa prevedibile mediante il calcolo208. La capacità di pensare, giudicare e di agire per proprio conto viene ogni volta diminuita. L’uomo deve imparare ad avere la sua propria iniziativa 209 . «L’ascetica qui significa “la resistenza contro la tendenza di conformarsi alla struttura (della culturale tecnica)” oppure “l’esercizio della volontà di essere se stesso”»210. Haubenthaler ritiene che il senso profondo dell’ascetica in Guardini come risposta al problema della tecnica consista in domare i diversi impulsi sotto il proprio potere mediante la rinuncia e la conquista di sé211. Il frutto dell’ascetismo sarebbe il guadagno della libertà e la responsabilità autentica nella vita dell’uomo. 4) Il movimento Quickborn come risposta pratica al problema della tecnica moderna secondo Alfons Knoll e Alfonso López Quintás Haubenthaler dice che il movimento Quickborn praticava l’ascetismo come forma di rifiuto alle bevande alcoliche e al tabacco 212 . Alfons Knoll e Alfonso López Quintás indagano il rapporto esistenziale tra la riflessione guardiniana sulla Vermassung und der Manipulation; die Gefahr, daß der Mensch unter einem ungeheuren Anpassungsdruck seinen Selbststand verliert«. 208 R. HAUBENTHALER, Askese und Freiheit…, 105: »Und er weist darauf hin, daß die Mechanisierung und Standardisierung aller Vorgänge die Tendenz hat, auf den Menschen überzugreifen. Die Technik als System funktioniert am reibungslosesten, wo auch der Mensch berechenbar geworden ist, wo er der Norm entsprechend und mechanisch „funzioniert“«. 209 Ibid., 106: »Urteile und Handlungen suggeriert zu bekommen, statt selbst zu haben«. 210 Ibid., 106. La traduzione è mia. Ecco il testo originale: »Askese ist hier „Gegenwehr gegen die Angleichung“ oder „die Übung im Willen zu sein selbst zu sein«. 211 Ibid., 106: »Askese im Hinblick auf die technische Welt hat bei Guardini noch einen „tieferen, radikalen“ Sinn. Wenn es nach Guardini Verständnis der Askese ganz wesentliche um „Distanz“ gegenüber vermeintlich selbstverständlichen oder zwangläufigen Triebimpulsen oder Handlungsabläufen und damit um Freiheit, um Entscheidung und Wahl geht, dann ist Askese nirgends so notwendig wie dort, wo der Gang des angeblichen Fortschritts und seine vorgeblichen Sachzwänge Entscheidung, Verantwortung und freie Wahl unmöglich zu machen scheinen«. 212 Ibid., 102: »Jugendbewegung war, die den Verzicht auf Nikotin und Alkohol auf ihre Fahnen geschrieben hatte«. 69 tecnica e il movimento Quickborn nella vita dell’autore. Knoll afferma che per Guardini il movimento giovanile Quickborn non sia stato un movimento romantico che rifiutava la cultura del suo tempo, bensì un movimento culturale (Kulturbewegung)213. Quintás indaga più in dettaglio in che consistesse questo Kulturbewegung nella sua opera Romano Guardini. Maestro de vida. Secondo Quintás, l’impegno di Guardini nel movimento Quickborn era la sua risposta pratica al problema della tecnica moderna. Guardini cercava di formare i giovani del movimento per opporsi alla cultura tecnica, anzi per trasformarla mediante il rinnovamento dell’uomo stesso214. Guardini era il direttore del movimento Quickborn nel castello Rothenfels da maggio dell’anno 1927 al 7 agosto dell’anno 1939, giorno in cui il castello fu confiscato dai nazisti. L’incontro con il movimento giovanile per Guardini era un avvenimento speciale, tanto che lo ricorda dopo come una forte onda della sua vita215. Il movimento Quickborn inoltre non era un gruppo chiuso: fondò infatti la 213 A. KNOLL, Glaube und Kultur bei Romano Guardini, Ferdinand Schöningh, Paderborn, 1993, 183: »Auch in der katholische „Quickborn“ partizipierte selbstverständlich an den kulturkritischen Positionen der allgemeinen deutschen Jugendbewegung. […] Guardini wies allerdings immer wieder darauf hin, daß die Jugendbewegung nicht nur in einer Naturromantik steckenbleiben dürfe, sondern auch ihren Beitrag zur Schaffung einer neuen Kultur leisten müsse. In diesem Sinne versuchte er, den Quickborn zu einer „Kulturbewegung“ umzugestalten; dazu gehört auch das Bemühen, die „kulturelle“ Außengestalt von Liturgie und Kirche hervorzuheben, und für die liturgische Bildung von den elementaren Wirklichkeiten menschlichen Lebens auszugehen«. 214 A.-L. QUINTÁS, Romano Guardini. Maestro de vida, Biblioteca Palabra, Madrid 1998, 232: «Uno de los signos de tal cambio era la revitalización de diversos movimientos juveniles que habían surgido a finales de siglo pasado para mejorar los métodos educativos escolares y transformar el modo burgués de entender la vida, la profesión y la cultura. Frente al afán positivista de querer dominarlo todo con la razón científico-técnica y reducir el mundo humano a las realidades susceptibles de conocimiento exacto, se quería abrir el horizonte vital del hombre a cuanto le aporta riqueza espiritual: la naturaleza, los sentimientos, el arte, los valores de todo orden, la belleza, las experiencias de encuentro y amistad». 215 Ibid., 60: «Su vocación se decantaba hacia el apostolado juvenil. Cuando en agosto de 1920 asistió, por la invitación de Hermann Hoffmann, al Segundo Encuentro de la asociación Quickborn en el castillo de Rothenfels, Guardini sintió impresionado. Lo recordó en la alocución pronunciada el lunes de Pentecostés de 1949 en el castillo: “En 1919 fueron algunos de nosotros al viejo castillo de Rothenfels, junto al Main, y volvieron contando que allí sucedían cosas impresionantes. Nadie manda en él, pero hay un orden magnífico. Se trabaja y se celebran fiestas, pero todo sale de la gente misma; chicos y chicas 70 rivista Die Schildgenossen per diffondere le idee e i principi dei loro valori. La pubblicazione delle riviste cominciò nel 1920 e persistette fino all’ordine di sospensione attuata dai nazisti nel 1941. Per tutto il periodo Guardini collaborò attivamente 216 . Questo movimento aveva un carattere aperto e universale, non limitato al circolo universitario con il fine di creare un luogo per la formazione umana217. Lo spirito del movimento è intuibile nella Tatsachen und Grundsätze (Saggi e principi) di Quickborn: Quickborn è per noi – detto in sintesi – rinnovamento di vita in tutti i campi; è un rinnovamento religioso, spirituale, morale; significa per noi una nuova relazione con la natura, con le cose, cogli uomini, con il mestiere, con il matrimonio, con l’arte, con la vita in cui ci siamo coinvolti. Il nostro desiderio di rinnovamento non si rivolge alle cose particolari o agli ambiti speciali della vita, bensì all’insieme dell’essere. La pertinenza a l’associazione è per noi il segno di questa nostalgia e questo desiderio218. conviven con seriedad y alegría, mas todo es bello y limpio. Así que yo mismo me fui allá en 1920 por la Pascua, y eso tuvo para mí unas consecuencias como pocas veces; porque entonces entró en mi vida una fuerte ola de eso que se llama Movimiento de Juventud, aunque yo no era tan joven”». 216 A.-L. QUINTÁS, Romano Guardini. Maestro…, 89: «Para comunicar este espíritu de Quickborn a toda la sociedad, los miembros más antiguos de este Movimiento juvenil fundaron la rivista Die Schildgenossen (este título significa en español los compañeros de escudo alude a los guerreros que hacían frente a los enemigos amparados en un mismo escudo. Expresa elocuentemente la conciencia de unidad que ensamblaba a los Quickborn frente a un ambiente indiferente u hostil a su concepción de la vida), de mayor alcance que la revista Quickborn, que servía de órgano interno. Se publicó desde 1920 hasta 1941, en que fue prohibido por los nacionalsocialistas. Guardini colaboró en ella frecuentemente y figuró entre sus editores a partir de 1924». 217 Ibid., 90-91: «A pesar de ser muy exigente consigo mismo, Guardini tuvo la certeza de que el castillo estaba cumpliendo la función cultural que a veces se echa de menos en la universidad. “Muchos están descontentos con la universidad. Dicen que las escuelas superiores no hacen sino amontonar saberes muertos, dispersos, inútiles. […] La universidad debe seguir siendo lo que es: una escuela de investigación. Pero, junto a la universidad necesitamos lugares de formación humana, entendido este vocablo en sentido profundo. En ellos debe surgir una imagen del hombre esencial que es como Dios lo pensó, y del pueblo que es verdaderamente pueblo y no masa; una imagen de la comunidad esencial en la vida y en la actividad, en la sociedad y en la profesión; una imagen viviente del mundo y del hombre en él”». 218 Cf., Quickborn. Tatsachen und Grundsätze («Quickborn», Saggi e principi), von Burg Rothenfels am Mains, Deutsches Quickbornhaus, Düsseldorf, 19632, anno 15, quad.. ¾, Ag.-Nov., 1927. La traduzione è mia. 71 Quintás osserva l’ottimismo di Guardini che vedeva il movimento Quickborn come la soluzione promettente alla cultura tecnica219. L’impegno di Guardini con il movimento esigeva un lavoro creativo, che consisteva in non rifiutare la cultura tecnica, bensì elevarla alla dignità e autenticità umana220. 4. L’opposizione polare come fondamento della riflessione sulla tecnica 1) Impostazione del problema L’ultimo elemento dell’analisi critica della tecnica consiste nel pensiero polare di Guardini. Il pensiero polare è il fondamento della sua riflessione che risponde alle domande: «Perché tali pericoli e problemi della tecnica hanno delle conseguenze negative per l’uomo? Qual è il criterio e il fondamento delle sue critiche»? Il sistema del pensiero polare del nostro autore si è venuto maturando gradualmente nella sua vita. Lo sviluppo della sua teoria dell’opposizione si riflette anche nel suo cambio dell’opinione sulle sue critiche alla tecnica. Prima mostrerò come lo sviluppo esistenziale della teoria dell’opposizione polare rispecchia la sua posizione positiva e coraggiosa dinanzi al fenomeno della tecnica. L’opposizione polare è una teoria che rifiuta una posizione sintetica e conclusiva, ma esige che esistano ambedue i poli, essa mantiene la loro tensione. Un polo deve avere l’apertura al suo opposto e se uno di questi poli viene a mancare, sorge il problema. In secondo luogo, cercherò di mostrare come il contenuto della teoria dell’opposizione polare sia la causa e il fondamento delle sue critiche alla tecnica. 219 A. L. QUINTÁS, Romano Guardini. Maestro…, 233: «Aquí se hallaban en germen todos los elementos para abordar una renovación a fondo del hombre contemporáneo, abatido por tantas ilusiones perdidas pero afanoso de abrir horizontes más prometedores. Guardini se sintió pro primera vez desbordado de optimismo y creyó ver el comienzo de una nueva época dispuesta a superar las altas cotas de progreso alcanzadas por la Edad Moderna». 220 Ibid., 236: «Pespuntear esa figura de hombre y conformar la vida a su poder estructurador fue la gran tarea del Movimiento de Juventud. Se trata de una labor eminentemente creativa: asumir los mejores logros de la Edad Moderna y elevarlos a un nivel de mayor dignidad y autenticidad humana. No intenta restaurar románticamente el pasado, sino prever cómo debe ser el futuro». 72 2) Lo sviluppo esistenziale della teoria dell’opposizione polare in rapporto alle sue critiche della tecnica L’opera di Guardini L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente, comincia immediatamente con le parole di riconoscenza verso suo amico Karl Neundörfer: Il libro è dedicato a Karl Neundörfer. Giustizia tuttavia esigerebbe che il suo nome venisse posto nel titolo insieme al mio. Egli sa come sono questi pensieri. Essi appartengono anche a lui e non soltanto perché qualcuno di essi e qualcosa di tutti viene da lui221. La teoria dell’opposizione polare è stata sviluppata non dalla riflessione solipsista dell’autore, ma dal lungo dialogo con suo caro amico Karl che Guardini conobbe quando egli aveva 6 anni di età. Sono nati entrambi nello stesso anno di 1885 e la loro amicizia durò fino alla morte inattesa di Karl nell’anno 1926222, un anno dopo della pubblicazione di questa opera. Se teniamo in conto il loro profondo rapporto che si riflette nella loro reciproca maturazione della fede prima dell’ingresso al seminario 223 , e la loro lunga collaborazione nella teoria 221 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente, Morcelliana, Brescia 1997 7. 222 Cf., M. BORGHESI, Romano Guardini. Antinomia…, 35: «I grandi amici sono due: Karl Neundörfer, perito tragicamente nel 1926 nel ghiacciaio di Fex, presso Sils Maria nell’Alta Engadina, e Josef Weiger». 223 Cf., R. GUARDINI, Apuntes para una…, 97-100: «Era el verano de 1905. Ya no soy capaz de recordar qué reflexiones contribuyeron a esto, pero entonces se me reveló un conocimiento que justificó y dio forma a mi completo desarrollo interior, y que dio forma a mi completo desarrollo interior, y que desde luego fue para mí como la verdadera llave de acceso a la fe. Recuerdo como si fuera ayer el momento en el que este conocimiento se convirtió en decisión. Fue en la pequeña buhardilla de la casa de mis padres, en la Gonsenheimerstrasse. Karl Neundörfer y yo habíamos discutido sobre la cuestión que nos preocupaba a mis últimas palabras habían sido: “hay que llegar a la frase: ‘Quien quiera conservar su alma la perderá, quien la dé la salvará.’” La interpretación explícita de la traducción de Mt 10, 39, expresaba lo que me importaba. Poco a poco me había ido quedando claro que existe una ley según la cual el hombre, cuando “conserva su alma”, es decir, cuando permanece en sí miso y acepta como válido únicamente lo que le parece evidente a primera vista, pierde lo esencial. Si por el contrario quiere alcanzar la verdad y en ella auténtico yo, debe darse. A esta convicción había llegado gradualmente, pero los pasos anteriores ahora se me escapan. Al oír estas palabras Karl se había marchado a la 73 dell’opposizione polare che è cominciata l’anno 1905224, possiamo capire perché il nostro autore, avendo già 60 anni di età, riteneva nella sua autobiografia che la perdita di suo amico Karl, la quale è capitata 20 anni prima, sia stato la perdita più dolorosa nella sua vita: Aquí debo decir algo sobre Karl Neundörder. Estuvimos en la misma clase desde el primer año de escuela, desde 1891; nos conocíamos desde siempre y nos caíamos bien mutuamente. Nuestra amistad se hizo más estrecha hacia final de nuestro período escolar y duró haciéndose cada vez más sincera y segura, hasta que Karl murió en 1925 en el glacier de Fex, cerca de Sils Maria. Su muerte fue la pérdida más dolorosa de mi vida225. L’idea dell’opposizione polare è nata dalla complementarietà del rapporto tra Guardini e i suoi amici, nonostante della loro differenza di carattere. All’inizio, era un paragone caratteristico, come afferma l’autore nella sua autobiografia 226 . Guardini possedeva un temperamento meditativo teoretico, una tendenza di rimanere nell’ambito dell’universale e dell’astratto. I suoi amici della vita (Neundörfer e Weiger) invece avevano degli atteggiamenti piuttosto pratici che si differenziavano fortemente da Guardini ma che allo stesso tempo, lo arricchivano, come osserva anche Borghesi227. Ecco, un brano della lettera di Guardini al suo amico Weiger nell’anno 1908: habitación de al lado, a la que se pasaba por una puerta que daba a un balcón. […] El momento fue completamente silencioso; no consistió ni en una sacudida ni en una iluminación, ni en ningún tipo de experiencia extraordinaria. Fue simplemente que llegué a una convicción: “Así es”, y después el movimiento imperceptiblemente dócil: “¡Así tiene que ser!” Salí entonces en busca de mi amigo y se lo dije. A él debía haberle sucedido algo parecido». 224 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 7: «Abbiamo (Guardini e Neundörfer) cominciato ad accostarci a tali questioni nell’inverno del 1905. Da allora le nostre idee sono via via arricchite». 225 R. GUARDINI, Apuntes para una…, 95-96. 226 Ibid., 24-25: «Algunos años antes había formulado con mayor precisión los pensamientos que había elaborado junto a Karl Neundörfer, a los cuales todavía tengo que referirme expresamente y que son la doctrina de la oposición. En la relación con ella habíamos construido una teoría de los tipos psicológicos, a los que debían corresponder estructuras fundamentales de la vida cultural». 227 M. BORGHESI, Romano Guardini. Antinomia…, 45: «Se Weiger è il contropolo “pratico” di Guardini, Neundörfer è il polo opposto “teoretico”. È colui che ha il senso della storia e della politica che difettavano grandemente al giovane Guardini, immerso nel suo mondo interiore. Come scrive Gerl: “I colloqui con Neundörfer erano proficui proprio perché lui era una sorta di polo opposto rispetto a Guardini. Se Guardini studiava l’essenza 74 Per te, i problemi consistono nella vita etica, nella diversità personale. Per me invece sono soprattutto nella sfera dell’universale-ontologico. Corro il rischio di perdere il terreno sotto i piedi, di armeggiare in astratto e fabbricare fantasie inutili, di trascurare la vera reale verità. Tu invece rischi forse di badare troppo ai singoli problemi della vita e per questo di trovare le soluzioni incomplete, solo perché senza una sufficiente legame con l’Altro228. Sei anni dopo, Guardini ringrazia suo amico Weiger poiché senza il suo rapporto, lui sarebbe caduto nell’isolamento del suo pensiero che era connaturale alla sua tendenza teoretica229. Dietro della formazione dell’idea dell’opposizione polare di Guardini, vi è questo spostamento dell’accento che muove dall’universale al concreto che si riflette anche nel sottotitolo stesso dell’opera Saggio per una filosofia del concreto vivente. Guardini stesso afferma nella sua premessa dell’opera che l’idea dell’opposizione è rimasta sostanzialmente la stessa, ma ciò che è cambiato è l’enfasi sul concreto, che s’avvicina all’atteggiamento dei suoi due amici: «Le linee essenziali sono rimaste le antiche; soltanto, tutto con maggior chiarezza si è polarizzato intorno al problema del concreto»230. La conversione della sua tendenza naturale che tendeva all’universale, all’accettazione del concreto è dovuta al carattere di apertura della sua teoria. Guardini già riteneva nell’anno 1914 che una caratteristica fondamentale del sistema dell’opposizione polare era la sua apertura. È un sistema che cerca di abbracciare tutta la realtà, che rifiuta un aspetto oppure una opinione particolare. Lui scrive al suo amico Weiger nell’anno 1914: della Chiesa e del cristianesimo, a Neundörfer interessavano la concretizzazione della chiesa nell’aspetto organizzativo, i suoi collegamenti con lo Stato, la società, i partiti”». 228 R. GUARDINI, «2. Lettera del 25 novembre 1908, Magonza»…, 49-52, 50. 229 R. GUARDINI, «43. Lettera del 15 febbraio 1914, Friburgo»…, 160-163, 161-162: «Per me diventa sempre più chiaro, quale grazia della provvidenza è stata quella che mi ha condotto a te. Intendo dire che solo una persona come te poteva abbattere l’incantesimo del pensiero, senza che io per questo incorressi nell’estremo opposto, la piatta, filistea realtà quotidiana; poteva guidarmi da solo alla “realtà”, quella unità di essenziale e reale, la cui esperienza è il punto di partenza di ogni vero pensiero e vera vita. […] Temo che senza di te, alla fine, sarei caduto, poiché questo è l’opposto del cosiddetto pensiero puro, semplice, del pensiero isolato». 230 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 7. 75 Prima si pensava che il mondo fosse una sfera, con la terra al centro, tutto era un sistema fisso e chiuso. Ora questa sistematica è stata fatta saltare e collegata al concetto di universo illimitato con una legge interna assolutamente regolare: il sistema aperto231. Allora, entro gli anni 1923 – 1925, ci fu un paragone interessante tra la sua evoluzione dell’opinione sulla tecnica dentro dell’opera Lettere dal Lago di Como, la quale consiste nel cambiamento dalle prime otto lettere (1923) alla sua ultima lettera (1925), e l’ultima fase del suo sviluppo della teoria dell’opposizione. Ho già parlato del cambio di opinione sulla tecnica dentro dell’opera Lettere dal Lago di Como. In questo periodo, Guardini assimilava la teoria dell’opposizione polare in maniera esistenziale, applicandola nelle sue lezioni a Berlino. Guardini scrive una lettera al suo amico Josef su questo punto nell’anno 1923: La teoria dell’opposizione polare cresce lentamente. Josef, certo che ci siete anche voi! Voglio dire che in essa c’è tutta la nostra volontà. Tutti voi, Karl e gli altri vi hanno contribuito. […] È germogliato nel 1904 a Monaco, poi, a Tubinga ha messo lo stelo, ed ora – sì, adesso l’immagine non funziona più – è perennemente continuo per tutto questo tempo con tentativi e prove, fino a che i miei pensieri non sono diventati per me un vivo atteggiamento dell’essere e del pensare. Ed ora riceverà la sua forma definitiva di lezioni, qui a Berlino. Perché è sotto forma di “lezioni” che voglio pubblicarla232. Nel luglio del 1924 Guardini comunica al suo caro amico il proprio progressivo sviluppo della sua teoria: «La dottrina dell’opposizione polare è stata riscritta e rimodellata di nuovo»233. Due mesi dopo scrive: «Metà della dottrina dell’opposizione polare è stata rielaborata, e in parte ampliata. Ora deve essere riscritta di nuovo, perché così non capisce niente. Penso di riuscire a concluderla»234. Guardini scrive nella sua premessa all’opera L’opposizione polare, riassumendo la sua fatica per mantenere il polo dell’universale e del concreto: 231 R. GUARDINI, «48. Lettera del 31 maggio/ 3 giugno 1914, Magonza»…,176-180, 177. 232 R. GUARDINI, «89. Lettera dell’1/23 dicembre 1923, Postdam»…, 291-294, 292. R. GUARDINI, «93. Lettera del mese di luglio 1924, Postdam»…, 300-303, 302. 234 R. GUARDINI, «94. Lettera del 1 ottobre 1924, Varenna»…, 304-395, 304. 233 76 Ora sono passati quasi vent’anni. Nel semestre invernale del 1923-’24 ne ho sviluppato la materia in una serie di lezioni all’università di Berlino. […] Potrebbe nuocere all’idea degli opposti il fatto che essa viene connessa con il problema gnoseologico del concreto. Ma, in sé stessa, quella idea è del tutto indipendente da queste problematiche e tentativi di soluzione di carattere noetico. Tuttavia, acquista più vivo interesse da un tale nesso; e poiché il problema dell’importanza del momento concettuale e di quello vitale nella conoscenza interessa assai e sono comparse alcune teorie unilaterali in proposito piuttosto sconcertanti, ci sembra giustificato il tentativo d’una soluzione di questo problema cauta e attenta alla globalità d’esso235. Così nella cornice di questi tre anni (1923-1925), insieme con la svolta della sua opinione sulla tecnica da un no ad un sì, c’è un simile mutamento della sua formazione dell’opposizione polare da una tendenza teoretica ad un’accoglienza alla realtà concreta. 3) La tecnica come perdita di uno dei poli dell’esistenza umana a. Il rifiuto della sintesi nel rapporto dell’opposizione polare Cosa s’intende con opposizione polare? Guardini la definisce come un rapporto di due poli senza una sintesi, che esiste insieme nonostante le loro particolarità. Ecco la spiegazione dell’opposizione: Perché la “cosa” è manifestamente l’uno e l’altra insieme: atto e struttura. Non per mescolanza dei due significati specifici; non per compromesso o sintesi in un terzo superiore. Siamo davanti a un’unità, ma di natura manifestamente particolare. Questo rapporto peculiare in cui due momenti si escludono l’un l’altro e tuttavia si collegano l’un l’altro, questo rapporto che compare in ogni determinazione quantitativa, qualitativa e di forma, lo chiamiamo “opposizione”236. Il nostro autore riconosce una vera tensione che esiste tra i poli opposti, ma afferma che questa tensione deve mantenere una nuova unità, distinguendosi nettamente da una contraddizione che tende alla scissione: 235 236 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 7-8. Ibid., 29. 77 La direzione tuttavia del nostro cammino spirituale si muoverebbe verso una nuova unità. Tra le forze fondamentali, i piani di cultura e i valori, collocati come corrisponde alla loro essenza, si darebbe sì una tensione, ma non contraddizione237. Guardini non si stanca di ripetere l’importanza di non confondere un rapporto di opposizione con uno di contraddizione. Il rapporto di opposizione è unificatore. Il rapporto di contraddizione invece tende all’eliminazione di uno dei poli. L’autore afferma inoltre che una confusione tra questi due tipi di rapporto abbia la conseguenza non soltanto teoretica, ma reale nella vita dell’uomo. E noto finalmente e soprattutto che simili riflessioni falliscono nel punto decisivo e confondono «opposto» con «contradditorio». Di conseguenza, esse finiscono in una confusione, i cui effetti toccano non solo il piano teoretico, ma anche quello vitale dell’uomo.238 Guardini afferma che questa teoria dell’opposizione polare di fatto corrisponda alla realtà dell’uomo vivente. Tutta l’estensione della vita umana sembra dominata dal dato di fatto degli opposti. In ogni suo contenuto sembra poterli indicare. Probabilmente non soltanto nella vita umana; essi stanno, forse, alla base di ogni realtà viva e forse d’ogni realtà concreta. Mi limito tuttavia espressamente al campo dell’umano, a ciò che mi si offre quando guardo a me stesso239. L’autore dimostra questo fatto della corrispondenza tra l’opposizione polare e l’uomo vivente mediante una sorte di fenomenologia della nostra esperienza umana 240 . L’esistenza dell’uomo vivente secondo il nostro autore esiste in una specie di tensione fra due poli. 237 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 23. Ibid., 25. 239 Ibid., 29. 240 Ibid., 26-27: «Per restare nella nostra autoesperienza (simili riflessioni devono infatti farci accostare in ultima analisi al fenomeno dell’uomo-vivente): pensiamo alla forma rotonda d’un membro, della punta d’un dito. In che modo questo arrotondamento è figura arrotondata in questo modo? Questa superficie è un insieme che scorre senza interrompersi d’un solo tratto, così che la figura si realizza in continuità? Senza dubbio si tratta di questo. Io lo vedo e non mi lascerò traviare da nessun atomismo circa questo dato della mia percezione. […] Un altro ancora: noi sentiamo che il nostro essere è attivo. Atti seguono ad atti senza sosta». 238 78 Guardini afferma che la scoperta delle categorie degli opposti fu il frutto del suo lavoro di molti anni. Queste categorie sarebbero dei generi più universali degli opposti che pretendono abbracciare tutta la realtà dell’uomo. L’osservazione e la riflessione di lunghi anni mi hanno fatto scoprire un certo numero di opposti ultimi. Io credo che essi siano quelli che cercavo. Molte altre prove retrospettive da vari campi dell’autoesperienza sembrano confermare che qui si tratta veramente degli opposti fondamentali dell’uomo vivente. Questa serie di opposti si presenta qui addirittura con la pretesa che, oltre essa, non esistano altre forme d’opposizione ultime; e che tutti li opposti ancora indicabili siano delle specie risolvibili negli opposti indicati da noi come nei loro generi241. Notiamo qui una somiglianza della ricerca delle categorie guardiniane con la ricerca delle meta-idee di Platone. La ricerca delle categorie di Guardini consiste nell’indagine dei generi più universali ed ultimi in tal modo che tutti gli altri opposti siano risolvibili. La ricerca delle meta-idee di Platone in cambio abbraccia tutte le altre idee per la loro universalità che viene spiegata nel suo dialogo Sofista242. Forse per questa somiglianza della ricerca Guardini afferma che la teoria dell’opposizione polare sia stata ispirata dal pensiero platonico243. Giacché le categorie enumerate dal nostro autore abbracciano tutta la realtà dell’uomo vivente, e poiché la natura stessa dell’opposizione polare esige che non manchi uno dei poli, affermo che la perdita di uno dei poli ha una conseguenza non 241 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 29-30. G. REALE, Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle “Dottrine non scritte”, Vita e Pensiero, Milano 19875, 365: «Chiarito questo, vediamo quale sia il nesso dialettico che collega questi generi generalissimi (o Metaidee) scelti nel Sofista per lo svolgimento del suo peculiare argomento. Platone parte dalle tre seguenti idee: “Essere”, “Quiete” e “Movimento”. Fra queste ultime due sussiste un rapporto negativo, perché non partecipano l’una dell’altra. Invece l’Idea dell’Essere ha rapporti di partecipazione positiva con ambedue le altre, in quanto la Quiete “è” e anche il Movimento “è”. Ma queste tre Idee, proprio per essere tre, devono essere ciascuna diversa dall’altra, e, ad un tempo, ciascuna identica a sé medesima. Allora di conseguenza, si hanno altre due Idee generali: l’“Identico” e il “Diverso”». 243 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 24: «L’idea della opposizione o della polarità sembra appartenere alla struttura fondamentale del pensiero “platonicamente” ispirato. Si possono indicare i problemi in cui, in tale pensiero, tutte le volte che si muove liberamente, affiora l’idea degli opposti. Essa rivive poi nella storia del pensiero soprattutto quando rivive in esso l’ispirazione platonica». 242 79 soltanto teoretica nell’uomo, ma reale. Ed è su questa perdita del polo che Guardini fonda le sue critiche antropologiche rispetto al tema della tecnica. Mostrerò ora alcuni esempi delle perdite secondo le medesime categorie di Guardini. b. La perdita del polo “statico” e il pericolo dell’attivismo La prima coppia delle categorie dell’opposizione polare secondo Guardini corrisponde ai poli dinamico (Akt) – statico (Bau)244. Questi opposti appartengono al primo gruppo degli opposti intraempirici che sono sperimentabili 245 . Il polo dinamico della vita sembra lampante secondo la nostra esperienza. Noi sperimentiamo la nostra vita come atto. A tal punto che essere vivi ci sembra lo stesso che essere attivi, operanti, e la realtà lo stesso atto. Noi esperimentiamo tutto l’insieme del nostro essere come attività. Nel corpo tutto è moto, a cominciare dai movimenti volontari delle membra fino a quelli involontari del respiro e alla circolazione degli umori interni e ai processi di trasformazione della materia. […] Noi siamo coinvolti in un continuo agire e divenire. Ciò che si offre a noi dal nostro interno sono azioni o processi. Il complesso del nostro vivere è sentito come un insieme di atti e di processi: o noi facciamo qualcosa o qualcosa si fa in noi. La vita è sentita come atto o processo. […] Il medesimo dato può essere considerato da un lato: la complessità del nostro vivere è sentita come continuo mutamento. Mutamento, alterazione è moto, visto da un particolare punto di vista. […] La nostra forma diviene, si sviluppa, cresce, decresce, deperisce. Il nostro stato si muta continuamente. I suoi rapporti psichici come fisici stanno in un flusso perenne: composizione della materia, rapporto di forze, stati di tensione. Noi sperimentiamo la vita come un fiume. La figura del fiume appartiene alla modalità d’esperienza vissuta (Erlebnis) della nostra esistenza. La nostra rappresentazione del tempo è legata a questa forma che possiamo chiamare interno, il tempo vivente. Quello esterno ci appare come un binario vuoto lungo il quale corre il divenire; come dato formale, non importa che cosa contenga tale successività246. 244 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 33: «Partiamo da ciò che ci costituisce umanamente, secondo il modo con cui si offre all’esperienza interna ed esterna. Vi troviamo un primo rapporto oppositivo, che chiamiamo “dinamico” e “statico”». 245 Ibid., 30: «Vi distinguo un primo gruppo e lo chiamo degli opposti intraempirici. Essi si sviluppano nell’ambito dell’umano in quanto è sperimentato, o sperimentabile. Ad essi appartengono il piano corporeo e quello psichico, quello in quanto accessibile alle percezioni esterne, questo alle percezioni interne. Io posso esplorare gli atti o le proprietà corporee o spirituali dell’uomo; ne nascerebbero le varie scienze che hanno per oggetto l’uomo. Ma io posso anche domandarmi: come si dispongono queste proprietà, una volta definite secondo il punto di vista della oppositività? Esistono opposti ultimi, dominanti, non risolvibili ulteriormente in altri più semplici? A tale domanda risponde il gruppo degli opposti intraempirici». 246 Ibid., 33-35 80 Il polo dinamico è caratterizzato dai diversi modi come l’attività, l’agire, il processo, il mutamento e il flusso temporale. Ma il nostro autore afferma subito nelle sue descrizioni del polo dinamico che esso non può esistere da solo, non esiste un atto puro nella nostra vita247. Bisogna avere sempre sott’occhio la coesistenza dell’altro polo: statico. Guardini lo descrive di primo acchito come riposo. In realtà essa è anche maestà serena calma del riposare, dello star ritto, dell’ergersi, dell’inarcarsi a volta. È medesimezza inconfondibile della figura e del volto identici. La vita è tanto più viva quanto più profondo è il riposo, più incrollabile la dirittura, più imponente l’ergersi, più vasta e immobile e sublime la volta che dall’alto abbraccia, più chiaro il volto, più indistruttibile la figura248. Se il polo dinamico si caratterizzava dal mutamento e dal flusso temporale, questo polo statico significa qualcosa che permane nella transitorietà della vita rappresentata dallo spazio 249 . Inoltre, il polo statico possiede il carattere contemplativo che riguarda tutta la realtà come tale, senza un motivo pratico, come la metafisica: Si pensi alla filosofia d’un Parmenide, o all’architettura degli Egizi, o a tutto ciò che si chiama arte e atteggiamento ieratico. Questa disposizione di spirito significa essere così come fissità, durata, identica immobile. Essa ha scelto una impostazione di fondo contemplativa invece che attiva; la sua mentalità è conservativa invece che ottimistica, aristocratica invece che democratica. Il giudizio dell’essere per essa è sopra il giudizio del valore; il λόγος sopra l’ἦθος, l’essere sopra l’agire250. 247 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 36: «Noi lo vediamo: non esiste un atto puro. Se deve essere atto, esso deve avere almeno un punto di partenza fisso, una direzione. Perciò ogni atto vivo, intimamente possibile, se visto nella sua essenza reale, deve assolutamente contenere un momento o elemento che non sia esso stesso atto, ma che sorga dalla direzione contrapposta e corrispondente: un momento statico». 248 Ibid., 37. 249 Ibid., 39: «Quanto più forte è l’energia vitale, tanto più pienamente la vita si conserva. La figura del corpo perdura benché la sua materia, i suoi atti e stati cambino di continuo; le strutture psichiche rimangono le stesse nell’andirivieni dei loro processi interiori. […] Se l’esperienza della vita come atto è connessa con la rappresentazione fondamentale del tempo-fiume, l’esperienza della vita come struttura è connessa con quella dell’ampiezza spaziale ferma. […] Ma il tempo è fondamentalmente dinamico, così lo spazio è fondamentalmente statico: ampiezza della quiete, legge permanente, dell’altezza, della profondità, della larghezza, dei confini, dell’ergersi torreggiando e del curvarsi a volta». 250 Ibid., 40. 81 Guardini vede che ambedue i poli tendono ad imporre il suo proprio modo251, ma ritiene che «Come un’essenza, come un processo: entrambi devono esistere insieme»252. E se perde un polo, abbiamo la crisi: «Ma sempre questa particolare direzione di senso giunge a una crisi: quella dinamica alla crisi d’un disordinamento o relativismo; quella statica alla crisi del duro e raggelante conservatorismo»253. Alcune critiche alla tecnica si fondano sulla perita del polo statico. La conseguenza di tale perdita consisterebbe in una crisi di un disordinamento o relativismo. c. La perdita del polo “pienezza” e il pericolo dell’allontanamento dalla natura La seconda coppia delle categorie dell’opposizione polare corrisponde ai poli pienezza (Fülle) – forma (Form). Questi opposti appartengono al primo gruppo degli opposti intraempirici. Il polo forma nasce dalla tendenza dell’uomo che cerca di afferrare le cose secondo il suo modo per ottenere una certa sicurezza. La vita si esperisce come la forma o forza formatrice, vogliamo dire: come forza dell’afferrare e del dare impronta; di luce illuminante, penetrante, chiarificante; come un ordinare, articolare, definire; come sicurezza di significato, capacità del linguaggio, capacità cioè, da parte di tutto ciò che è e avviene, di venire espresso in contorno, linea, misura, peso, proprietà, rapporto e atteggiamento. […] Essere, significato e pregnanza di significato erano garanzia di forma254. Questo polo forma corrisponde inoltre al concetto della tecnica moderna e Guardini lo considera come uno dei valori positivi per l’uomo: Da un altro punto di vista e in maniera accentuata, anche la tecnica moderna ripone ogni significato nella forma. Precisione, elaborazione formale la più fine, chiarezza, ordine, metodo, processo di lavorazione, esame e dominio sono per essa i valori positivi255. 251 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 40: «Ora, ogni concreta forma di vita è certo segnata in maniera particolare da uno dei due modi. E tende sempre ad imporre il proprio modo». 252 Ibid., 40. 253 Ibid., 41. 254 Ibid., 43. 255 Ibid., 44. 82 Tuttavia, se la forma non tiene in conto il suo polo opposto, pienezza, diventa qualcosa di cattivo. Guardini considera che la sua epoca tenda troppo alla forma. «Eppure, proprio la nostra epoca sta a sua volta rispetto alla forma in forte contrasto; specialmente nel Nord si valorizza accanto alla più sottile formalistica il suo fluido contro-gioco. Questo ci ammonisce che non esiste una forma pura»256. Se la forma corrispondeva al concetto della tecnica, la pienezza corrisponde al concetto della natura. Il polo pienezza non è definibile, ma è esprimibile solo in metafora. Qui, s’inserisce nell’auto-esperienza la direzione opposta. La vi si coglie come qualcosa che appunto non è forma. Come quel “qualcosa” che sgorga, fluisce, si evolve. Quel qualcosa che sfugge alla forma, la scioglie, la spezza. In esso, la vita è “privo di forma e di modalità”. […] La vita in questo senso è quel “qualcosa” che si può esprimere solo in metafora; chiamiamolo con un termine assai privo di colore: Fülle, “pienezza”. Quanto più profonda è la vita, tanto meno vincolata è questa pienezza. Come tale, la vita contrasta la forma; vuol rimanere sempre sorgiva, liberamente zampillante. Impossibile da prendere, da legare, da sigillare. Sempre sfuggente, perennemente straripante, debordante oltre ogni forma e figura. Inesprimibile, inspiegabile257. Guardini afferma così l’esigenza della coesistenza dei due poli nonostante la loro tensione: «La vita dunque, deve concepirsi e affermarsi simultaneamente come forma e come pienezza. Questi due dati si escludono reciprocamente nella più ovvia direzione di senso»258. Le critiche alla tecnica si basano anche sull’atteggiamento di sola forma. Se la forma non si accorge della pienezza diventa la morte di puro schema, caratterizzato dal gelo e dalla rigidezza, alla quale la tecnica moderna tende. La pura forma non è più forma pensabile o realizzabile, che di continuo “vivendo si evolve”, ma la sua contraffazione: la formalità. Ma questo vuol dire morte. Anche il caos era morte; quella morte cioè consistente nel fatto che non esiste più consistenza né ordine, né figura, né nome. Ma è morte anche lo schema; gelo e rigidezza. Se la 256 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 44. Ibid., 44-45. 258 Ibid., 47. 257 83 vita vuol rimanere forma vivente, è necessario che emerga sempre in essa la pienezza259. d. La perdita del polo “singolarità” e i pericoli della tirannia per la massa e la scomparsa della persona La terza coppia di categorie dell’opposizione polare corrisponde ai poli singolarità (Einzelheit) – totalità (Ganzheit). Questi opposti appartengono al primo gruppo degli opposti intraempirici. Questi poli si differenziano dalla direzione del costruirsi e operare della vita260. La totalità corrisponde alla direzione che va fuori di sé verso la totalità. «La vita esperisce, nella propria struttura, azione e operazione, fondamentali direzioni di significato: anzitutto la direzione verso il tutto»261. In questa visione verso la totalità, quest’ultima diventa più importante che il singolo262. Qui si creano relazioni di natura sempre più ampia, degli incontri transitori fino ai legami durevoli, nei quali confluiscono i contenuti e i risultati d’una vita intera; dal radunarsi strettamente circoscritto di pochi a unità complessive come il “comune” o lo “Stato”263. In questa prospettiva, il singolo diventa un membro della totalità264. In senso filosofico, la totalità si chiama struttura e in senso politico, Stato265. Questo polo totalità però non può esistere separatamente dal suo polo opposto: singolarità. 259 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 47. Ibid., 8: «Ed eccoci al terzo degli opposti intraempirici: ve ne sono appunto tre. La forma della vita si costruisce da dentro; il suo atto esce da una sorgente sua propria. La forma tende al compimento di sé e ad affermarvisi; le possibilità di attuazione mirano a realizzare pienamente se stesse. Qui nasce la domanda: in quale direzione si compie questo costruirsi ed operare?». 261 Ibid., 48. 262 Ibid., 48: «Essa mira a realizzare la totalità della sua propria costruzione; la totalità degli atti e dei complessi d’atti. L’elemento singolo viene inserito e subordinato al tutto. Il significato del membro sta nel corpo intero; della singola forma nella linea intera; dell’organo nell’apparato intero. L’atto singolo si inserisce ordinato in un complesso superiore di atti e lo costruisce». 263 Ibid., 49. 264 Ibid., 49: «Dovunque in tale direzione vitale il singolo è membro, atto parziale d’un contesto complessivo di struttura o d’azione. Il senso del singolo qui sta nel tutto; il senso del particolare in ciò che lo comprende». 265 Ibid., 49: «Filosoficamente parlando come tendenza al sistema; politicamente come tendenza allo Stato». 260 84 «Tuttavia, ancora una volta: puro atteggiamento di totalità, pura comprensività non possono esistere»266. Per la singolarità, a differenza della totalità, la direzione del costruirsi della vita si compie nell’atto singolo, dal quale nasce l’iniziativa propria della vita. L’accento e il fine sono posti, qui, sul singolo. Il tutto appare come quello che lo regge; come ambiente, terreno nutritivo per l’organo del singolo; come piano per il decorso del processo; come punto d’appoggio statico o come sorgente dinamica per l’atto singolo. Processi, azioni, strutture particolari attirano su di sé l’orientamento della vita, ne assorbono le forze, e l’universale assume un significato come di sfondo che dà rilievo o di spazio che sostiene. Avviene qualcosa di simile nel piano dello spirito: l’atto che di volta in volta si deve compiere, la cognizione che scaturisce lì per lì, la decisione da prendersi all’istante, l’esperienza vissuta dell’ora sono tutto: la vita267. La domanda sul significato della vita appartiene al polo singolarità e non alla totalità268. Guardini ribadisce la necessità della coesistenza di questi due poli: Entrambi questi atteggiamenti si trovano nell’essere e nel fare vivo dell’uomo; la loro forza e anche il loro pericolo. Siamo obbligati a riconoscerli entrambi. Tendenza integratrice e differenziatrice; orientamento verso il tutto e verso il singolo, verso il generale e verso il particolare. Ognuno dapprima esclude dalla linea del proprio significato l’altro; s’impone; giunge però poi al confine dove esso comincia a diventare impossibile, se l’altro non affiora in esso dal suo senso opposto. Vita non è la sintesi di tutt’e due, meno ancora la loro mescolanza – i due momenti non si lasciano «mescolare» - ma è quel che di uno, unitario, a sé stante, che consiste in entrambi, riferito ad entrambi, come l’uno e l’altro insieme269. La perdita del polo singolarità ha come una conseguenza la morte. Una totalità senza legame con il particolare non corrisponde più alla realtà. La critica di Guardini allo Stato e all’uomo della massa trova il suo fondamento nella perdita del polo singolarità. Non appena la vita è avanzata fino a un certo grado di tale atteggiamento totalizzante, essa perde il nesso con il “reale”. L’universale vivente diventa astratto; il moto vivo 266 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 50. Ibid., 50. 268 Ibid., 51: «Il significato non consiste nella linea d’insieme del fatto storico, ma nella singola persona e nella sua momentanea azione; non nello stato, ma nell’individuo». 269 Ibid., 53. 267 85 della sintesi diventa pura registrazione indicante; il tutto vivente vuoto schema. Vera totalità deve possedere il sé un minimo di specificazione, di singolarizzazione, d’articolazione per sussistere viva270. e. La perdita del polo “produzione” e il pericolo del dominio senza il senso La coppia dei poli disposizione (Disposition) e produzione (Produktion) appartiene al secondo gruppo delle categorie degli opposti: gli opposti transempirici. Essi non sono più sperimentabili, come gli opposti intraempirici, ma presuppongono un’interiorità dell’uomo 271 . L’autore osserva inoltre l’impossibilità di tale interiorità da parte delle macchine272. Il polo disposizione è simile al concetto della tecnica. Guardini descrive la disposizione nella seguente maniera: Qui la vita esperisce in modo che c’è sempre qualcosa di dato dinanzi a essa; che essa entra in rapporto con questo dato, lo afferra, lo cambia, lo elabora. Vita qui significa: dominare sui dati, trarli in un ordine nuovo, sotto l’impero di nuovi fini, piani, strutture. […] Vivere qui significa: ordinare, elaborare, costruire, padroneggiare e dominare273. 270 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 50. Ibid., 56-57: «Gli opposti intraempirici stanno dentro l’ambito sperimentabile. Essi riguardano il rapporto enantiologico (opposto), in cui energie, materie, processi e strutture dello sperimentabile stanno opposte l’una all’altra. Ora siamo di fronte a un nuovo dato di fatto: a quello che abbiamo chiamato punto d’interiorità del vivente. In che rapporto sta con la realtà sperimentabile? E questa come gli si riferisce? In che modo esso si fa valere nell’esperienza? Il rapporto dell’ambito sperimentabile con il punto d’interiorità è esso pure determinato in senso enantiologico. Gli opposti che si dispiegano in tale rapporto possono venir chiamati transempirici». 272 Ibid., 56-57: «Ogni atto vivente si mostra come qualcosa che emerge a un “interno”. Se lo confrontiamo con il funzionamento d’una macchina, comprendiamo subito che l’attività di questa consiste in una pura trasmissione di impulsi motori. “Macchina” significa sequela ordinata di effetti. Anzitutto vi viene inserita dell’energia sotto forma di calore o altro impulso motorio; attraverso un sistema di resistenze e di trasmissioni essa viene trasformata in vista del risultato finale che si vuol raggiungere. Non si tratta dunque d’uno “scaturire”, ma semplicemente d’un “passare”, anche se, spazialmente parlando, la caldaia a vapore, per esempio, dovesse trovarsi all’interno del sistema. L’atto vivente invece contiene bensì anche l’apparato meccanico, ma inoltre e soprattutto anche origine e ciò che sorge originario. Che vuol dire: la sua operazione decorre dall’interno. Tutto il complesso d’atti della vita è tale da rinviare a un centro transempirico». 273 Ibid., 1997, 62. 271 86 La disposizione significa dominare sui dati. Guardini afferma inoltre che la disposizione corrisponda all’attività ordinatrice: «Dunque un’attività ordinatrice nel senso più esatto del termine; un disporre di energie e di materia date per mezzo d’una forza superiore e dominatrice» 274 . Questo dominio caratterizzato dalla razionalità umana ha uno scopo di raggiungere il fine voluto. Sempre dunque un imporsi e un dominare. Nulla di sorprendente o di impreveduto vi può succedere, ma vi vengono raggiunti effetti calcolati secondo un piano razionale, sulla base di ben dimostrabili, o addirittura, ripetibili, connessioni mezzi e di fini. Da questo angolo visuale la vita si presenta come ordine razionale, chiara intuizione, esatta differenziazione di scopi, distinti nessi di mezzi e fini; come un afferrare e un servirsi di materie e d’energie; osservare, misurare, pensare, padroneggiare e dominare275. Guardini ritiene che questo polo disposizione sia la potenza per la vita. L’atto di dominare è il carattere fondamentale per i moderni imprenditori. Vita è signoria. E la vita è tanto più forte quanto più indipendente sta il suo intimo signore, quanto più impartecipe e sollevato sopra il proprio oggetto. Pensiamo al tipo dei moderni imprenditori di grande stile con il loro atteggiamento ascetico, immune da ogni esuberanza di vita, come lo descrivono Werner Sombart e Max Scheler. Tanto più intensa è questa vita, quanto più vasti sono i suoi fini; quanto più grandi distanze riesce a distendere tra il punto di partenza e la mèta; quanto più gigantesca la misura di materia e d’energia costretta entro l’impresa; quanto più netto il collegamento fra mezzi e fini. Noi avvertiamo la potenza di questa vita e quale fiamma arda nella limpida durezza d’una simile tensione276. Tuttavia, questa disposizione non può esistere da sola. Dev’essere legata al suo polo opposto: produzione277. La produzione corrisponde all’azione creatrice dell’uomo. Vivere significa creare. E tanto più viva è la vita, quanto più è creatrice. Tanto più originale, quanto più c’è di sorgivo in essa, di primitività zampillante dal fondo creativo. Vita è fecondità. E tanto più è viva la vita, quanto più è grande la sua forza 274 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 63. Ibid., 63. 276 Ibid., 64. 277 Ibid., 64-65: «Ma se la vita procede oltre questa linea, giunge a toccare la zona ghiacciata. Il punto elevato dell’osservazione e dell’organizzazione si spinge tanto oltre che perde il collegamento con la terra, con il sangue. […] Se la disposizione non vuole perdersi nel formale, se deve conservare il legame con le cose, un rapporto oggettivo, allora di necessità deve essere creativa». 275 87 di presentare ciò che ancora non esiste; quanto più perfettamente l’azione forma diventano creazione nuova, generata da dentro278. Ho mostrato come la creatività sia una delle caratteristiche fondamentali della personalità279. Il creare è un atto non pratico, non si tratta di raggiungimento del fine, bensì rivelazione del senso. Tale atto creatrice presuppone essenzialmente l’interiorità del soggetto che medita la natura, senza il tentativo di dominarlo. C’è una tensione reale tra questi due poli, tanto che la disposizione si oppone fortemente all’atto di creare: «L’orientamento essenziale dell’ordinare e disporre si muove verso il fine. In tale atteggiamento la vita non crea nulla di nuovo, ma domina i dati»280. Nonostante la loro tensione, Guardini sostiene la necessità della loro coesistenza. La disposizione che corrisponde all’atto di organizzare dev’esistere insieme alla produzione, il sinonimo dell’atto creatrice. Abbiamo dunque una nuova opposizione: produzione e disposizione; creare e organizzare. Entrambe le cose si postulano a vicenda. L’atto del generare svanisce se non reca in se stesso una certa misura di disciplina, di forza ordinatrice. Come creare vivente risulta possibile solo se contiene anche della energia coordinatrice. L’atto del dominio a sua volta s’irrigidisce e si agita nel vuoto se non c’è anche in esso un minimo di potenza creativa. Dominare rimane possibile finché al tempo stesso crea. La vita abbraccia ambedue gli estremi della tensione. Nessuno dei due è derivabile dall’altro. Ciascuno è qualcosa di originale in se stesso. Tuttavia è capace d’essere solo in rapporto all’altro; e la vita è sempre quell’«uno» che ha possibilità d’esistere in ambedue281. La critica alla tecnica in quanto attività dominatrice si fonda secondo Guardini sulla separazione del polo disposizione dalla produzione. La tecnica 278 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 59. R. GUARDINI, Mondo e persona…, 143: «L’interiorità dell’uomo infine è quella dell’agire e del creare. I dati della percezione e della valutazione sono presi come punto di partenza per costituire dalle materie del primo un secondo mondo, da quello della natura un mondo dell’opera e dell’azione. Ciò si mostra nel modo più puro in quella prestazione il cui intento è di erigere qualcosa affinché esista. Non per raggiungere un fine, ma per rivelare un senso; non per costruire un oggetto d’utilità, ma per creare una forma capace di esprimere». 280 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 62. 281 Ibid., 65. 279 88 moderna tende alla scissione dei poli, afferrando soltanto il polo disposizione. Se l’attività umana si tratta soltanto dell’organizzare senza tener conto del creare, diventa un atto violento rispetto alla natura che cerca di dominare nel vuoto, dove i piani e i metodi divengono fini a se stessi. L’atto del disporre diviene intimamente così impartecipe, così formale, che esso deve usare sempre più violenza alla materia, alle energie e ai fatti della realtà, fino a che non afferra che il vuoto, e le cose gli sfuggono. Piani e metodi diventano fine a se stessi. L’atto ordinatore e dominatore gira su se stesso, a vuoto282. f. La perdita del polo “originalità” e il pericolo della coazione morbosa e il meccanismo morto La seguente coppia di poli opposti appartiene al gruppo delle categorie transempiriche. Si tratta dei poli regola (Regel) e originalità (Ursprünglichkeit). Guardini la descrive come un processo ordinato secondo ragione: Poiché la vita si esperisce come un processo ordinato secondo ragione. O detto più esattamente: tale che la ragione possa afferrare. La vita sa d’essere inserita in un contesto che si può indicare. Sa che esistono regole e leggi a cui essa obbedisce, misure e forme283. La regola è essenziale nella vita dell’uomo perché essa, come forza dà una saldezza nel tempo. Essa possiede il carattere di fedeltà, di stabilità, capace di mantenersi nonostante il cambiamento temporale 284 . L’uomo che vive vicino a questo polo è un uomo disciplinato. Egli non vive soltanto nel presente, ma anche nella continuità dal passato e al futuro, rimanendo fermo attraverso tutte le circostanze. Vita significa creare e mantenere l’ordine. Essenza della vita è la disciplina. Vita significa creare una forma che duri; creare un’opera che sfidi il tempo; intessere nessi che continuino. Così in essa l’istante diventa eredità del passato; continua l’ieri e lo passa al domani. Tanto più forte è la vita, quanto più lungo il respiro della sua opera. 282 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 65. Ibid., 69. 284 Ibid., 70: «La forza della vita consiste appunto nel fatto che essa può legarsi. Che è capace d’avere una legge e di conservarla. Forza di vita è la forza d’avere una legge. Forza di mantenere fedeltà, indipendente dal mutarsi dei rapporti, dalle situazioni e degli impulsi». 283 89 […] Quanto più sicuramente essa riesce a condurre un impulso, una direzione, un compito attraverso tutta la selva delle circostanze e delle mutazioni285. Giacché la regola è una forza della vita che dà una stabilità nel tempo, significa anche la capacità di portare responsabilità286. Ma, questa regola non può esistere da sola. Dev’essere sempre legata con il suo polo opposto: originalità. Il polo originalità è ciò da cui derivano tutti gli atti di creazione. Essa, quindi, significa qualcosa di non controllabile: «La vita creativa ha un tratto essenziale profondamente suo proprio: l’atto di creazione non può essere né preveduto né forzato»287. L’atto di creazione viene non da una regola ma viene quando vuole288. Esso è sempre nuovo, non si ripete: Un creare reale – si noti: reale – apre nuove possibilità, erige valori di nuova validità. La vita creativa erompe, si muove, fluisce, zampilla: tutte parole che dicono la stessa cosa: non si può calcolare né sforzare. E ciò che ne nasce è «nuovo». […] La vita non si lega; ma si pone leggi sempre nuove. La vita non si ripete; ma si pone un inizio sempre nuovo289. A differenza della regola, l’originalità, per il suo carattere di novità dal punto di vista del mantenersi nel tempo, è rivoluzionaria e infedele rispetto al passato e al futuro. Se regola rendeva un uomo stabile, originalità rende la vita pericolosa290. Guardini ritiene che questi due poli debbano esistere insieme. Se manca uno di loro, 285 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 70. Ibid., 70-71: «Vita significa portare responsabilità. Cioè: prendere l’opera come appartenente a me ed essere in grado di risponderne. Ma responsabilità esige ordine chiaro, ragionevolezza, padronanza, poter essere consapevoli di quanto avviene e poter decidere di ciò che deve avvenire. Vita è possibilità di muoversi nella consapevolezza di un senso. Quanto più profonda è la vita, con tanto maggiore sicurezza essa può pretendere fiducia, perché ha misura, vincolo e disciplina». 287 Ibid., 65-66. 288 Ibid., 70: «Ogni atto di creazione, sia esso azione, o forma, o altro, viene quando “vuole”. Non può venir calcolato; ogni creazione viene “come vuole”. Il processo creativo non sottostà a una regola anteriore, che debba essere ora realizzata, ma esso stesso fa la regola». 289 Ibid., 66-67. 290 Ibid., 67: «Finché la vita è davvero viva, essa si sente come qualcosa di profondamente rivoluzionario, preso il termine in un senso essenziale. Sempre ruotando, e abbattendo domani ciò che oggi sta al di sopra. Percepisce ordini e regole date come cose che non le appartengono, che essa oltrepassa di continuo. La vita è pericolosa. Non ce ne si può fidare. Essa è infedele, se per fedeltà s’intende che presunte sicurezze garantiscono la ripetizione in futuro delle cose d’oggi e d’ieri». 286 90 sorge un problema. Il problema tecnico consiste nell’eccesso del polo regola senza tener in conto del suo polo opposto originalità291 . La sintesi erronea della sola regola ha delle conseguenze: far ignorare ogni novità della vita, fidarsi soltanto nell’ambito della legge, della ragione, e avere una coazione morbosa: In questi casi la regolarità della vita è diventata coattività. Anche nel caso che si fissi come tratto caratteriale, la regolarità può risultare come un fenomeno degenerativo. Werner Sombart ha descritto «tipo calcolatore»: l’uomo cioè che è in grado di muoversi soltanto nella realtà razionalmente ordinata; che tiene lontana dalla propria vita ogni novità e che si sente sicuro solo fin dove giunge il calcolo. Se la regola vuol essere sana e non morbosa coazione; regola viva e non meccanismo morto, allora la sicurezza d’un decorso fenomenico dev’essere attraversata da un minimo di originalità creativa292. g. La perdita del polo “immanenza” e il pericolo dello sradicamento della propria identità La seguente coppia degli opposti: trascendenza (Transzendenz) e immanenza (Immanenz) è l’ultima coppia delle categorie del gruppo transempirico. La persona umana, che si muove nello spazio esistenziale dentro – sopra, immanenza – trascendenza, è continuamente in sé e al contempo fuori di sé, e protesa verso un’unità viva che la sospinge all’incontro con il mondo, gli altri uomini e Dio. Guardini descrive la trascendenza come la capacità di trascendere hic et nunc lo spazio temporale. La vita possiede enigmatica potenza di stare «fuori di sé». Se siamo vivi, abbiamo la memoria e la previsione. Se stessimo prigionieri di noi stessi, ci sarebbe soltanto il presente in noi. […] Qualcosa che a noi appartiene si protende oltre i confini dell’oggi, capace di stabilire una connessione con l’ieri. La vita sta anche in ciò che non è ancora, ma che viene già sentito come appartenente all’oggi; perché viene verso, viene «a» questo mio presente, è a-venire. […] La vita sta nella mèta e di là 291 Cf., R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 202: «Inoltre, l’atteggiamento contemplativo minaccia di scomparire in senso assoluto. Esso poggia sulla coscienza che il mondo e le sue forme, la vita e le sue vicende, la propria esistenza come quella degli altri non sono niente che l’uomo stesso faccia e controlli, ma “dono” (Gabe). Il linguaggio lo esprime precisamente, quando usa per ciò che è presente il termine: “il dato”, la “datità” (Gegebenheit). Qui si indica l’ambito originario dal quale tutto scaturisce. Diventa tangibile il fatto che le cose vengono da una grazia e da un’impostazione per decreto; che dietro ad esse operano una disposizione e un destino». 292 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…,72. 91 attira verso la mèta il mio vivere presente. C’è qualcosa della vita che sorpassa sempre i limiti del prima e del poi. Avviene la stessa cosa nei rapporti spaziali. Un rapporto verso l’ambiente è possibile soltanto se la vita è in grado di protendersi oltre i confini dell’hic immediato, e dunque del proprio corpo293. La trascendenza corrisponde anche all’atto di decisione. «Analogo è l’atteggiamento dell’autodecisione. Là un trascendersi contemplativo, qui attivo: colui che sceglie, che decide sta “sopra” le possibilità» 294 . Lo stare al di fuori dell’interiorità è una condizione necessaria per l’azione umana. In tale autotrascendersi sembra radicarsi l’atteggiamento attivo o per dir meglio aggressivo, in opposizione a quello contemplativo. Per quanto naturalmente entrambi siano «viventi» e abbraccino perciò anche i propri objecta. La peculiare scioltezza, mobilità; la mano che liberamente prende e aggredisce; la capacità di lanciarsi, d’irradiarsi, presuppone una condizione dello stare fuori dell’interiorità della vita295. Tuttavia, il polo trascendenza dev’essere legato sempre con il suo polo opposto: immanenza296. Se la trascendenza è caratterizzata dallo stare fuori di sé, l’immanenza si tratta di stare dentro di se stesso. Questo stare dentro implica il possedere se stesso. Costui vive dal suo centro e perciò si sente sicuro. È un uomo contemplativo. La vita s’esperisce come inabitante in se stessa. […] L’intimità (Innigkeit) appartiene all’essenza della vita. […] La vita può inondare tutto il proprio essere; ma può anche ritirarsi nel suo profondo. Ma è sempre interiore. Tale interiorità (Innerlichkeit) la vita si sente sicura. L’autopossesso della vita riposa in quanto esistere dentro se stessa. E quanto più profonda è questo “dentro”, tanto più possiede se stessa. […] Quando più profonda e rapportata al centro e dominata dal centro, tanto più la vita è viva. Da qui deriva si può dire, l’atteggiamento contemplativo della vita, nel quale essa è interiore a se stessa, signora di se stessa, tranquilla anche nella più rigorosa tensione e nella più intensa azione, perché ogni suo operare e divenire sta sotto la potenza del centro297. 293 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 74-75. Ibid., 76. 295 Ibid., 76. 296 Ibid., 78: «Ma, spinto troppo oltre, anche questo atteggiamento staccherebbe la funzione-guida della vita dalla sua vera realtà e la esporrebbe al vuoto. Se vuol essere autotrascendenza vivente, la vita deve almeno un po’ essere interiore a se stessa». 297 Ibid., 73-74. 294 92 Guardini non smette di ripetere la necessità della coesistenza dei due poli opposti298. Le critiche alla tecnica si basano anche sulla perdita del polo immanenza. La sua spiegazione del pericolo della sola trascendenza è sorprendentemente simile e illuminante per capire il rischio della tecnica. Senonché anche questa direzione s’elimina da sé, non appena diventa estrema. Su questa via, la vita può arrivare a tal punto lontana da se stessa da perdere letteralmente il legame con se stessa, e finire nel vuoto. Autocontemplazione e autodecisione possono sollevarsi a tal punto sopra la viva consistenza dell’essere, e diventare a tal punto impartecipi dell’interiorità da perdere le proprie radici. Io penso a quella forma di coscienza patologica in cui il soggetto si percepisce come straniero a se stesso; oppure come giustapposto, che si ascolta e si guarda come da fuori, senza la coscienza viva dell’identità e della spontanea partecipazione. Oppure alla situazione psicologica in cui la volontà sta come esclusa da ogni rapporto con le varie possibilità d’azione a tal punto che non riesce mai a venire a una decisione. La mobilità nella visione superiore, nel giudizio e nella critica può diventare assenza di controllo. La facilità a prendere e ad aggredire diviene attivismo insensato e deleterio. La libertà e gioia di andarsene in vagabondaggio senza punto di riferimento, senza focolare alcuno, una vita, come si dice, da corsaro. Una visione d’insieme su di sé e un’autodecisione vitalmente possibili devono possedere un minimo d’interiorità a sé e di legame col centro299. La vita umana che non si accorge del polo immanenza finisce nel vuoto. L’uomo perde il legame con se stesso, il soggetto diventa uno straniero che non partecipa alla sua propria azione. Costui è carente della coscienza viva dell’identità e della sua volontà. L’uomo della sola trascendenza è un uomo della massa facile per la manipolazione della sua propria cultura. La conferenza di Guardini La situazione dell’uomo (1953) finisce con una critica alla tecnica come un guadagno del progresso ma allo stesso tempo la considera come una perdita. Possiamo trovare la polarità immanenza – trascendenza dietro questa spiegazione. La critica della tecnica secondo Guardini possiede una visione unitaria. Riesce a vedere non soltanto l’aspetto positivo della tecnica ma al contempo, non esita a rilevare i veri rischi e le perdite per l’esistenza umana. 298 R. GUARDINI, L’opposizione polare. Saggio…, 77: «Questi due atteggiamenti dell’inabitazione e dello stare al di sopra, dall’al di qua e dell’al di là, dell’immanenza e della trascendenza della vita in quanto opposte tra loro, o più esattamente del punto d’interiorità vivente di contro al complesso del mondo sperimentale, formano una volta ancora un’opposizione». 299 Ibid., 76-77. 93 Altrettanto chiaro è però anche che il processo non può esser colto con il concetto di progresso. Prendere il progresso come criterio del movimento dello spirito è errato e, in ultima analisi, meschino. Non appena si guardi più in profondità, si vede che non c’è progresso generale verso ciò che è più sicuro o migliore o più ricco; piuttosto un guadagno viene pagato sempre con una perdita, una sicurezza con un rischio. E ci si domanda molto verso quale parte il rapporto si sviluppi. Per esprimerci a partire dal centro: se l’uomo vivente regga al suo proprio conoscere e agire300. 300 R. GUARDINI, «La situazione dell’uomo…», 209. 94 CONCLUSIONE Byung-Chul Han, professore sudcoreano ed allievo di Heidegger, che insegna la filosofia in Germania, ha scritto il libro La società della stanchezza, in cui critica diversi aspetti della società odierna al livello esistenziale. Secondo il professore Han, l’uomo della società di oggigiorno soffre la depressione e vive in una profonda noia. La società odierna che tende a produrre risultati fa sì che l’uomo viva in guerra con se stesso, esigendosi al massimo. Come risultato, l’uomo soffre di depressione301. Egli osserva inoltre, che il bombardamento degli stimoli concede una profonda noia all’uomo. L’uomo in ricerca di informazioni sensazionali infatti, non trova nulla di nuovo, è carente di ogni novità302. Il professore Han dichiara alcuni problemi antropologici della società odierna caratterizzata dalla tecnica. Al mio avviso, le sue riflessioni sono assai accurate ed è in grado di vedere al di là degli esiti della tecnica. 301 Cf., B.-C. HAN, The Burnout society, Stanford university, California 2015, 8-11: “Twenty-first-century is no longer a disciplinary society, but rather an achievement society (Leistungsgesellschaft). […] Disciplinary society is a society of negativity. It is defined by the negativity of prohibition. The negative modal verb that governs it is May Not. By the same token, the negativity of compulsion adheres to Should. Achievement society, more and more, is in the process of discarding negativity. Increasing deregulation is abolishing it. Unlimited Can is the positive modal verb of achievement society. […] The positive of Can is much more efficient than the negativity of Should. Therefore, the social unconscious switches from Should to Can. […] The achievement-subject finds itself fighting with itself. The depressive has been wounded by internalized war. Depression is the sickness of society that suffers from excessive positivity. It reflects a humanity waging war on itself.” 302 Ibid., 12-13: “Excessive positivity also express itself as an excess of stimuli, information, and impulses. […] We owe the cultural achievements of humanity – which include philosophy – to deep, contemplative attention. Culture presumes an environment in which deep attention is possible. Increasingly, such immersive reflection is being displayed by an entirely different form of attention: hyperattention. A rash change of focus between different tasks, sources of information, and processes characterizes this scattered mode of awareness. Since it has a low tolerance for boredom, it does not admit the profound idleness that benefits the creative process. Walter Benjamin calls this deep boredom a ‘dream bird that hatches the egg of experience.’ If sleep represents the high point of bodily relaxation, deep boredom is the peak of mental relaxation. A purely hectic rush produces nothing new. It reproduces and accelerates what is already available.” 95 Andrea Tomasi ritiene valida la riflessione guardiniana sulla tecnica ancor oggigiorno303. Secondo Tomasi, la riflessione sulla tecnica di Guardini è applicabile nella nuova realtà tecnica che Guardini non conosceva: la realtà virtuale. La ragione della validità ed attualità del pensiero del nostro autore si trova nel concetto di compito: Trovare il giusto modo di usare la potenza della tecnica è il compito che Guardini immagina per l’uomo del nostro tempo, un compito che necessita di una educazione etica. Tanto più necessaria quanto più la persona umana si trovi ad essere, nell’epoca digitale, allo stesso tempo autore e oggetto dell’innovazione tecnologica304. Nonostante il cambiamento qualitativo della tecnica, rimane il principio: la tecnica è per l’uomo, non l’uomo per la tecnica. Guardini ci insegna a come vedere il mondo umano con un atteggiamento aperto che sappia valutare sia gli aspetti positivi, sia quelli inquietanti. La lezione del nostro autore è di non giudicare la tecnica come qualcosa da rifiutare, ma da assumerla con tutta serietà morale. Penso che la proposta di Guardini dell’ascetismo come il rimedio per la tecnica sia abbastanza valida ancor oggigiorno. La tecnica ci dà un compito etico che consiste nell’apprendimento del suo uso autenticamente umano. Nella cultura odierna fortemente caratterizzata dalla tecnica, dobbiamo accorgerci del valore del riposo, del silenzio e della contemplazione. Il detto coreano “빨리 빨리” (Palli palli) che si traduce come “sbrigati” non è la soluzione esaustiva per l’esistenza dell’uomo. È un valore che dev’essere integrato con il suo polo opposto che dà senso alla nostra azione. 303 A. TOMASI, «Umanesimo tecnologico: una antropologia per il futuro dell’uomo. La visione profetica di Romano Guardini», Alpha Omega 22, n.1 (2019), 161-189, 162: «Romano Guardini ha visto in anticipo l’esito della modernità, e ha intuito l’avvento della post-modernità, di cui ha delineato le caratteristiche, sul piano culturale, etico e antropologico. Le sue riflessioni sul rapporto tra uomo e tecnica, tra libertà e responsabilità, sia pure collocate in un tempo che non conosceva ancora la diffusione delle tecnologie informatiche, appaiono anche oggi di notevole validità. Come altrettanto appare fondamentale il suo approccio al pensiero filosofico come pedagogia e indicazione operativa, come guida morale per l’agire umano». 304 A. TOMASI, «Umanesimo tecnologico: una…», 166. 96 BIBLIOGRAFIA FONTI GUARDINI, R., Apuntes para una autobiografía, Encuentro, Madrid 1992. ––––––, Cartas sobre la formación de sí mismo, Palabra, Madrid 2000. ––––––, Diario. Appunti e testi dal 1942 al 1964, Morcelliana, Brescia 1983. ––––––, «El hombre incompleto y el poder (1955-1956)», Guadarrama (1960), 931. ––––––, «Europa – Realtà e compito (1962)», in GUARDINI R., Opera Omnia VI. 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Considerazioni temporali sul fenomeno della tecnica tramite il rapporto natura – soggetto – cultura .................................................................................. 7 1) Il rapporto polare tra natura e cultura ...................................................... 7 2) La natura come il contenitore del senso e come il caos .......................... 8 3) La cultura come il compendio del valore e come la cultura non-umana 10 4) Riflessione storica sulle diverse epoche ................................................ 12 3. Analisi del concetto di tecnica .................................................................. 27 1) Inquadramento e contesto dell’argomento ............................................ 27 2) La tecnica come attività umana ............................................................. 31 a. La volontà di dominio come forma della tecnica .............................. 31 b. Il distanziamento dalla natura .......................................................... 32 c. La macchina ...................................................................................... 34 d. L’imposizione della massa e il controllo dello stato ......................... 37 e. Il potere come inumano e la perdita dell’ethos ................................ 40 3) La reazione della tecnica all’esistenza umana ...................................... 44 a. Il vissuto del tempo umano come sempre di fretta ............................ 44 b. La perdita della vita contemplativa .................................................. 46 c. L’esistenza artificiale e inautentica .................................................. 48 d. La perdita della personalità .............................................................. 50 e. L’oblio di Dio .................................................................................... 53 4) Due compiti dell’uomo proposti da Guardini dinanzi al problema della tecnica ........................................................................................................... 54 II. a. Ritorno alla contemplazione ............................................................. 54 b. Riacquisto della virtù dell’ascesi ...................................................... 57 ANALISI CRITICA DELLA TECNICA ..................................................... 59 1. Introduzione all’argomento, la visione positiva di Guardini .................... 59 2. Analisi delle critiche alla tecnica secondo Guardini ................................. 62 3. Diverse opinioni circa la riflessione guardiniana sulla tecnica ................. 63 99 1) L’attività della tecnica moderna come l’orizzonte nichilistico segnato dalla volontà di potenza secondo Massimo Borghesi ................................... 63 2) L’uomo di massa come conseguenza antropologica della tecnica moderna secondo Andrezej Kobyliński ....................................................................... 65 3) L’ascetismo come compito dell’uomo dinanzi al problema della tecnica moderna secondo Reinhard Haubenthaler .................................................... 66 4) Il movimento Quickborn come risposta pratica al problema della tecnica moderna secondo Alfons Knoll e Alfonso López Quintás............................ 69 4. L’opposizione polare come fondamento della riflessione sulla tecnica.... 72 1) Impostazione del problema ................................................................... 72 2) Lo sviluppo esistenziale della teoria dell’opposizione polare in rapporto alle sue critiche della tecnica......................................................................... 73 3) La tecnica come perdita di uno dei poli dell’esistenza umana .............. 77 a. Il rifiuto della sintesi nel rapporto dell’opposizione polare ............. 77 b. La perdita del polo “statico” e il pericolo dell’attivismo................. 80 c. La perdita del polo “pienezza” e il pericolo dell’allontanamento dalla natura ........................................................................................................ 82 d. La perdita del polo “singolarità” e i pericoli della tirannia per la massa e la scomparsa della persona ......................................................... 84 e. La perdita del polo “produzione” e il pericolo del dominio senza il senso .......................................................................................................... 86 f. La perdita del polo “originalità” e il pericolo della coazione morbosa e il meccanismo morto .............................................................................. 89 G. La perdita del polo “immanenza” e il pericolo dello sradicamento della propria identità ................................................................................ 91 CONCLUSIONE................................................................................................... 95 BIBLIOGRAFIA................................................................................................... 97 INDICE ................................................................................................................. 99 100