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EMANUELE D’ANGELO Matr. 919428 LM SCIS Paper di Storia della Società nel XX sec. Traccia 5 Tra le principali tesi emerse a partire dagli anni Novanta, contestualmente al collasso del blocco comunista, il dibattito sul nuovo corso che la storia avrebbe intrapreso vide contrapporsi la ‘Fine della storia’ prospettata da Francis Fukuyama e lo ‘Scontro delle civiltà’ di Samuel Huntington. Secondo Fukuyama, l’epilogo della guerra fredda avrebbe comportato la fine delle ideologie e l’universalizzazione del libero mercato e della democrazia liberale occidentale quale forma finale dell’evoluzione ideologica dell’umanità.1 In risposta a questa lettura, Huntington offrì un’interpretazione alternativa sul futuro del sistema, individuando nelle differenze tra le civiltà la fonte di conflitto nel mondo post-bipolare. Nel suo saggio, Huntington descrisse la civiltà come la più ampia entità culturale data dall’incontro di elementi oggettivi come la lingua, la storia, la religione, le istituzioni mediante il processo soggettivo di autoidentificazione dei popoli. Il mondo, in questa prospettiva, sarebbe diviso in nove grandi civiltà: occidentale, islamica, ortodossa, sino-confuciana, giapponese, indù, latinoamericana, buddhista e africana, le quali differiscono per importanza e rapporti reciproci. Pur riconoscendoli quali attori principali della scena internazionale, per Huntington gli Statinazione altro non sono che fenomeni visibili, i quali incarnano un conflitto più viscerale e profondo: quello tra culture. Non esiste una civiltà universale, ma vi sono distinti blocchi culturali, ognuno con il proprio sistema di valori, lungo le cui faglie Huntington previde quelli che sarebbero stati i fronti di battaglia nel futuro ordine globale.2 Se, da un lato, egli affermò come la consapevolezza tra le civiltà si fosse intensificata grazie alle crescenti interazioni tra le diverse culture, ai processi di modernizzazione economica e al cambiamento sociale, dall’altro ravvisò nel ruolo dell’Occidente, civiltà dominante, una delle possibili cause dello scontro. Infatti, l’ostinato tentativo occidentale di imporre i propri valori nel mondo si sarebbe scontrato con il tentativo opposto di espansione economica e militare da parte della civiltà cinese e islamica. Al riguardo, Huntington riconobbe quest’ultima come la civiltà più problematica, per via del fatto che tendenzialmente il mondo arabo non condivide le supposizioni generali del mondo occidentale.3 La cultura islamica è inospitale per alcuni ideali 1 Cfr. F. FUKUYAMA, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992, p. 7 2 Cfr. S.P. HUNTINGTON, The Clash of Civilizations?, Foreign Affairs, Vol. 72/3, Summer 1993, pp. 22-25 3 Cfr. ivi, pp. 33-34 1 EMANUELE D’ANGELO Matr. 919428 liberali come il pluralismo, l’individualismo e la democrazia. Il loro principale attaccamento è alla religione, non allo Stato-nazione. In riferimento al connotato religioso, elemento centrale nella visione di Huntington, si mise in evidenza la possibilità che ampie affiliazioni religiose (dettate, ad esempio, dalla comune radice cristiana tra civiltà occidentale, ortodossa e latinoamericana) avrebbero strutturato il futuro ordine mondiale. Huntington fu tra i primi osservatori a notare il ritorno della religione come forza emergente nella politica moderna,4 sebbene le asserzioni di identità nel mondo contemporaneo si basino su diversi tipi di solidarietà di gruppo, di cui la religione è solo uno dei tanti. Ad esempio, la modernizzazione socio-economica rappresenta un fattore altrettanto importante. Quella occidentale è stata la prima civiltà ad essersi modernizzata, guidando tutt’oggi il processo mondiale di acquisizione di una cultura pienamente moderna. Tuttavia, da ciò non segue l’identificazione tra civiltà moderna e civiltà occidentale, come se la prima dovesse necessariamente confluire nell’omogeneità della seconda. L’Occidente, infatti, non può rivendicare i suoi valori come i soli portatori di modernità, né come universali. La questione più importante che Huntington solleva investe proprio il tema dei valori universali. Egli non credeva che esistessero valori universali poiché ognuna delle grandi civiltà, dal suo punto di vista, è stata costruita attorno ad un certo insieme di valori condivisi le cui radici risiedono in un passato storico complesso. In particolare, Huntington sosteneva che non vi fossero valori universali alla base della democrazia liberale. Pertanto, non vi erano i presupposti per pensare che quest’ultima si sarebbe diffusa in altre parti del mondo culturalmente diverse, come invece prospettato da Fukuyama. Non si escludeva che le altre civiltà potessero prendere in prestito selettivamente strumenti dall’Occidente, ma questi prestiti sarebbero stati rielaborati attraverso le loro convinzioni, deviando dalla traiettoria occidentale (cd. riformismo). Questa prospettiva si discosta dalle idee di chi descriveva la modernizzazione come un’occidentalizzazione unilaterale del mondo. La modernizzazione, infatti, rappresenta un processo coerente che, per certi aspetti, non è determinato culturalmente data l’esistenza di forme universali di organizzazione sociale che hanno risposto ai bisogni funzionali delle diverse società. Per Huntington, il comportamento politico delle persone risulta fortemente modellato dalla cultura, pertanto queste preferenze culturalmente definite sono persistenti dinanzi alla modernizzazione socio-economica. A tal proposito, egli adottò un’argomentazione culturale anche per spiegare, dal suo punto di vista, la proliferazione delle democrazie liberali nel mondo dopo la caduta del muro di Berlino. Sotto quest’ottica, l’ondata democratica non sarebbe basata 4 Cfr. F. FUKUYAMA, Huntington’s Legacy, American Interest, Vol. 14/2, November/December 2018 2 EMANUELE D’ANGELO Matr. 919428 sull’ampia accettazione di un insieme di valori universali intorno alla democrazia, ma piuttosto sul fatto che le nuove democrazie in Sudamerica e nell’Europa orientale avessero un background culturale compatibile con quello occidentale.5 Nella misura in cui si può sostenere una tesi per l’universalismo di un certo insieme di valori, questa deve necessariamente essere collegata ad un più ampio processo storico. Universale appare oggi l’affermazione del libero mercato, anche se in nessun altro contesto si è tradotto in un sistema capitalistico senza regole unicamente affidato alle forze del mercato. Lo stesso Francis Fukuyama, convergendo sulle posizioni di Huntington, ha spiegato come la cultura condivisa sia stata la base per costruire alti livelli di fiducia sociale in determinati paesi e abbia contribuito notevolmente al loro successo economico.6 D’altro canto, al posto della divisione ideologica che ha caratterizzato la storia del XX secolo, ora lo spettro politico risulta organizzato sempre più attorno a questioni d’identità, molte delle quali sono definite dalla cultura. Questo spostamento, secondo Fukuyama, non è stato positivo per la salute della democrazia liberale e l’esempio numero uno di questa disfunzione sono gli Stati Uniti di Trump.7 Non solo il numero di democrazie è leggermente diminuito, ma si sono verificati importanti cambiamenti qualitativi. Ad esempio, grandi potenze autoritarie come la Russia e la Cina sono diventate più sicure ed assertive. Nel frattempo, le democrazie liberali esistenti hanno perso gran parte del loro fascino e soffrono di rivolte populiste che minacciano il pilastro liberale dei loro sistemi politici. Huntington percepì l’ascesa dell’immigrazione come uno dei principali fattori alla base del populismo e delle paure che la migrazione di massa ha alimentato per il cambiamento culturale. Pertanto, le cause dell’attuale recessione nei paesi occidentali sarebbero dovute agli effetti diseguali della globalizzazione, nonché da una rivolta culturale contro il gran numero di migranti che, travalicando i confini internazionali, sfidano le nozioni tradizionali di identità nazionale. L’identità è un concetto molto più ampio e flessibile con cui comprendere la politica contemporanea piuttosto che la cultura o le civiltà religiose. La politica dell’identità non ruota attorno alle richieste di beni o risorse materiali, ma al riconoscimento della dignità della propria etnia, religione, nazione. Visti in questa luce, sia il nazionalismo che l’islamismo possono essere intesi come diverse manifestazioni d’identità. Osservare questi fenomeni attraverso una lente identitaria si conforma meglio alle realtà odierne. Se, da un lato, Huntington sosteneva che le civiltà stessero diventando più coerenti a spese degli Stati-nazione, dall’altro le asserzioni di 5 Cfr. S.P. HUNTINGTON, La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX sec., Il Mulino, Bologna, 1995 6 Cfr. F. FUKUYAMA, Huntington’s Legacy, op. cit. 7 Cfr. ibidem 3 EMANUELE D’ANGELO Matr. 919428 identità tendono a spezzare le società in gruppi sempre più piccoli come accaduto, ad esempio, nel mondo musulmano, dove sunniti e sciiti si sono scomunicati a vicenda piuttosto che lavorare insieme. L’identità, al contrario del concetto di cultura di Huntington, è un miglior descrittore della politica odierna perché è sia socialmente costruita che contestabile. Le culture di Huntington sono invece fisse e quasi impossibili da cambiare. In relazione allo ‘Scontro delle civiltà’, la possibilità di scongiurare una guerra globale tra opposte civiltà dipende dalla disponibilità dei governanti ad accettare la natura ‘a più civiltà’ del sistema internazionale e a cooperare alla sua preservazione.8 A tal proposito, Huntington fornisce importanti chiavi di lettura per l’Occidente. In un contesto multipolare, le sue pretese universalistiche tendono ad entrare in conflitto con le rivendicazioni culturali di altre civiltà, in particolar modo con i protagonisti della rinascita islamica e con la Cina. Per decenni, la civiltà occidentale ha pensato che la modernizzazione potesse avvenire solo sulla base dei suoi valori, ma le civiltà non occidentali si sono modernizzate senza, per questo, diventare occidentali, conciliando la modernità con i loro valori. Secondo Huntington, l’Occidente avrebbe dovuto accogliere queste civiltà moderne non occidentali, mantenendo però la potenza economica e militare necessaria per proteggere i suoi interessi. Huntington mise in guardia l’Occidente, elaborando una primitiva teoria del disimpegno che Stati Uniti ed Unione Europea avrebbero dovuto seguire per evitare di alimentare tensioni pericolose con potenze ormai capaci di affrontare uno scontro aperto, come la Cina. Il pericolo più grave per la pace risiederebbe nell’ipotetica intromissione, prevista da Huntington, da parte dello Stato guida di una civiltà negli affari tra un altro Stato guida e un terzo Stato appartenente alla civiltà del secondo. A suo giudizio, per scongiurare lo ‘Scontro delle civiltà’ gli Stati guida dovrebbero osservare la regola dell’astensione, per cui gli stessi dovrebbero impegnarsi a non intervenire nei conflitti interni ad altre civiltà, e la regola della mediazione congiunta, che affida ad essi la mediazione nei conflitti interni alla propria civiltà. Inoltre, vi sarebbe una terza regola che Huntington pose come necessaria per la pace: la regola delle comunanze, in ragione della quale ogni civiltà dovrebbe cercare di trasmettere i propri valori e convivere con quelli delle altre. Tale principio permetterebbe la creazione di un sistema internazionale fondato sulle civiltà non più intese come elemento disgregante, ma come elemento di reciproca conoscenza ed accettazione. 8 Cfr. S.P. HUNTINGTON, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano, 2001, p. 15 4 EMANUELE D’ANGELO Matr. 919428 Bibliografia - F. FUKUYAMA, La fine della storia e l’ultimo uomo, Rizzoli, Milano, 1992 - S.P. HUNTINGTON, La terza ondata. I processi di democratizzazione alla fine del XX secolo, Il Mulino, Bologna, 1995 - S.P. HUNTINGTON, Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano, 2001 - S.P. HUNTINGTON, The Clash of Civilizations?, Foreign Affairs, Vol. 72/3, Summer 1993 Sitografia - F. FUKUYAMA, Huntington’s Legacy, American Interest, Vol. 14/2, November/December 2018, www.the-american-interest.com/2018/08/27/huntingtons-legacy [URL consultato il 05/04/2020] 5