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237 ten between 1657 and 1662) is seen as evidence of the crisis of the adventurous-courtly novel which flourished in the Venetian area in the first half of the century, that tried to mix heroic-chivalric motives with contemporary history and politics. In "Motivi e schemi picareschi ne 'Il D. Antonio o il birba finto principe' " by Santi Nicoletti (a work published in Brescia in 1698 and 1699), the author analyzes resemblances and differences within the Picaresque tradition and the elements derived from the contemporary cultural and literary code. The plot of the novel (extremely simple when compared to the others) deals with the enterprises and crimes of the protagonist, who lives in a corrupt environment, displays a very utilitarian conception of life and soon understands the way to make use of his contemporaries' weaknesses. Full of physical and intellectual qualities but of poor and ambiguous morality, he declines throughout the novel into psychological and ethical degradation, elements which point to an ideal rather than an historical biography. The work, which anticipates several aspects of the eighteenth century novel, is still tied to the Baroque because of the author's partiality for sensational attitudes and situations, and because of his stylistic preference for metaphor, conceits, wordplays, etc. mixed with popular and dialect expressions. Finally a useful appendix provides the summaries of eight novels of the heroic-chivalric type, summaries that confirm, with the overlapping of many situations and different episodes involving a large number of characters, the very complex structure of this kind of literature, extremely difficult to follow and almost impossible to remember. Remarkable in this volume is the consistency of the critical attitude which led the author in his studies through so long a period of time. In a series of collected essays one seldom finds this kind of coherence, which shows Prof. Mancini's faithful and critically attentive dedication to his topic. Notwithstanding some minor, unavoidable repetitions, this stimulating book illustrates Prof. Mancini's wide research into original sources neither particularly exciting as reading nor easily accessible to and the quantity of the bibiographical references (often difficult to locate but very carefully updated) make this work a substantial contribution to the study of seventeenth century Italian literature. It is certain that Prof. Mancini's effort will be very much appreciated by all those who consider the study of the cultural context of literature révélant to a better understanding of historscholars. Also, the variety of authors discussed ical and literary movements. ANTONIO FRANCESCHETTI University of Toronto LAMBERTO PIGNOTTI, STEFANIA STEFANELLI. verbo-visiva. Le avanguardie del Novecento tra parola La scrittura e immagine. Milano: Espresso Strumenti, 1981. Pp. 224 Come si è visto sempre più spesso nei recenti saggi critici sulla neo- avanguardia italiana degli anni Sessanta e Settanta, la cosiddetta "avanguardia storica" del primo Novecento va ricordata e riveduta per molti dei suoi 238 aspetti innovativi rivoluzionari e interdisciplinari nella sperimentazione di tecniche di varie arti verbo-visive e sonore. Il testo di Lamberto Pignotti e Stefania Stefanelli, La scrittura verbo-visiva, pur non essendo specificamente un commento sull'influenza dell'avanguardia storica negli anni Sessanta (ma ovviamente il messaggio è implicito) è senz'altro un dal Futurismo ad oggi indispensabile studio diacronico in cui si mettono a fuoco degli esperimenti artistici e linguistici utilizzati soprattutto per i loro effetti verbo-visivi. Pignotti e Stefanelli documentano (con ampie illustrazioni) il rapporto complementare che corre tra parola e immagine: e cioè, come l'intero titolo del testo suggerisce, gli autori hanno voluto delineare le interrelazioni fra "parola" e "immagine" (ovin quanto, in tutte le arti, ogni percevero, fra letteratura e arti visive) zione ottica, orale e visiva, sembra mirare a una integrazione tra elemento — — — verbale e elemento iconico. La prima parte del testo, preparata dalla Stefanelli, traccia nei manifesti e nelle dichiarazioni programmatiche delle avanguardie storiche (quali il Futurismo, il Cubismo, il Dadaismo e il Surrealismo) degli esempi artistici di "sovrapposizione, rapporto o sintesi fra comunicazione verbale e altre forme forme forme comunicazione." Gli innumerevoli ed ottimi riferimenti alle varie comunicazione verbale che intendono anche "farsi vedere" e alle di comunicazione visiva che intendono "farsi leggere" mettono in luce i momenti "salienti delle ricerche artistiche connesse a una interazione con il linguaggio verbale" (p. 9). Lo studio storico della Stefanelli spiana la strada al poeta Pignotti (uno dei maggiori esponenti della poesia sperimentale degli anni Sessanta) il quale illustra numerosi di di . . . aspetti della "scrittura visuale" e della "poesia concreta e visiva" nella neo-avanguardia degli ultimi vent'anni. Aggiungiamo che gli interventi personali di Pignotti (quale poeta) rendono il discorso critico ancora più vivo. Se si volessero soltanto menzionare appaiono ne La nomi di artisti, scrittori e poeti che — dai giorni di Mallarmé, i e cioè da quella pietra miliare che è stata Un coup de dés (1897), fino ai giorni del Gruppo 63 e del Gruppo 70, e quindi fino all'esperienza dello stesso Pignotti avremmo bisogno di uno spazio molto più ampio di questo concesso ad una recensione. Comunque, per dare un'idea del ricco scrittura verbo-visiva — menzioniamo alcuni dei sottotitoli (almeno spiegano da sé) quali: "La teatralizzazione della poesia, La tipografia 'creativa,' La scrittura automatica, Il quadro da leggere, Il lessico visivo-verbale, Il collage, La parola significante vs significato, La scomposizione del significante, Il fonema nello spazio acustico, La scrittura manuale, Il Gruppo 70: ipotesi o proposte, Il sintagma verbo-visivo, La parola come immagine, L'immagine come parola, La parola nello spazio, Il codice sinestetico." L'intero saggio sembra confermare l'idea di D.S. Houédard, vale a dire che attraverso i tempi "tutta la scrittura trae origine dalla pittura" (la scrittura è fatta di parole dipinte) (p. 12Q). Infatti, le tecniche di "poesia a forma di," di "collage," di "poesia concreta" (poesia che comunica la propria struttura: struttura contenuto), di "poema cinetico"; i più svariati esperimenti nell'applicare la tecnologia moderna (si pensi all'uso dei computers nella materiale trattato dai Nostri, quelli più indicativi e/o che si poesia di Pignotti e Balestrini); i richiami alle tecniche del fumetto, ecc. ed altri esperimenti illustrano come si sia sempre cercato di accrescere la potenzialità espressiva della parola per suscitare sensazioni visive e sonore. ecc., questi 239 testo di Pignotti e Stefanelli sarà utile non solo a coloro che intendono iniziare uno studio della poesia della neo-avanguardia italiana, Il ma anche a chiunque voglia approfondire un discorso sulla letteratura sperimentale degli ultimi due decenni risalendo prima alla nostra "avanguardia storica." Per esempio, La scrittura verbo-visiva sarà di grande aiuto, se non proprio indispensabile (almeno ai non addetti ai lavori) per una comprensione di testi quali Viaggio al termine della parola (Feltrinelli, 1981) del noto critico Renato Barilli. Difatti, il conciso ed interessantissimo saggio introduttivo "Al di sopra e al di sotto della frase," come pure la breve antologia di sperimentazioni linguistiche nella nostra più recente poesia, diventano molto più chiari dopo una lettura de La scrittura verbovisiva. Concludiamo, quindi, con un invito alla lettura Pignotti e Stefanelli (nonché del saggio di Barilli) per comprensione di un momento del testo di una maggior della letteratura italiana fin troppo spesso più criticato che analizzato. ROCCO CAPOZZI University of Toronto MARIO B. Suzzati. Ravenna: Longo Editore, 1981. Pp. 145. MIGNONE. Anormalità e angoscia nella narrativa di Dino Su Buzzati rimaneva ancora qualcosa da dire. Dalle stroncature ai madornali fraintesi della critica degli anni '40 e '50 (Eurialo De Michelis, Emilio Cecchi, Paolo Milano, ecc.) fino agli ultimi, assodati (ma anche un po' gratuiti) consensi della critica degli anni '60 e 70, ci si accorgeva che di questo scrittore sfuggivano sempre la cifra intima, segreta della sua arte e uno studio testuale dettagliato, attento ai minimi dettagli delle opere minori, custodi esse pure di quel modo speciale di scrivere e di creare che era di Dino Buzzati. Sotto questo punto di vista il libro di Mario B. Mignone svolge bene soprattutto quest'ultima parte: legge con attenzione persino scrupolosa (tra pag. 107 e pag. 109 si accumulano ben 200 citazioni) ogni pagina dell'opera buzzatiana, rispondendo a precisi quesiti circa l'unità di quest'arte e, più importante, circa l'unità dell'ispirazione e della tematica che ha presieduto alla sua creazione. È da quest'analisi minuziosa del testo che nasce poi la conclusione, ovvero il discorso critico. Sotto questo punto di vista il Mignone non appare mai sprovvisto, ma anzi ad ogni definizione dell'arte di Buzzati arriva dopo pazienti analisi nelle quali fanno capolino non solo i testi del suo autore, ma anche gli argomenti della critica che l'ha preceduto. Ottimo il capitolo iniziale "Ideologia e tematica" dove si definisce la "intuizione emotiva, apprensiva, quasi onirica del reale" (p. 18) e "il significato e la motivazione che egli dà all'angoscia e alla paura" (p.20). E poi, in rapida successione, nelle due pagine che seguono, altre importanti conclusioni: "L'anormalità ... è l'intuizione-contenuto del mondo narrativo di Buzzati" (p. 21), "l'uomo di Buzzati è irrimediabilmente sopraffatto dalla angoscia," "l'uomo di Buzzati rappresenta une specie di antieroe" (p. 23).