gLI INquIsItorI DI froNtE aLLa foLLIa:
NuovE tEstImoNIaNzE DoCumENtarIE
(XvI-XvII sECoLo)
Mariangela Rapetti*
Sommario. Nella ricostruzione storica dell’approccio alle malattie mentali la dimensione
inquisitoriale assume un ruolo importante, non solo in merito al dibattito sulla veridicità
delle possessioni demoniache e della stregoneria, ma per il possibile riscontro di qualsiasi
elemento ascrivibile alla sfera della malattia mentale e alla sua interpretazione. Visto il
numero di casi di stregoneria e il dibattito a essi conseguente nel XVI-XVII secolo, la presente ricerca è stata rivolta ai documenti di quest’epoca. In particolare, poiché la Sardegna
appare estranea a questi grandi dibattiti, viene da chiedersi se i processi sull’isola ne siano
stati in qualche modo inluenzati: quali informazioni sull’approccio alla malattia mentale
in Sardegna sono restituite dagli archivi dell’Inquisizione spagnola?
Abstract. Inquisition is very important for historical studies on dealing with mental
illness, not only for the debate over witchcraft and demonology, but for every data
concerning mental illness and its interpretation. In the 16th and 17th Century, an important debate over witches and witch-hunt engages European intellectuals, and
this research applies to documents of this period. In particular, Sardinia seems to
be foreign to intellectuals’ debate over witches: this paper aims to assess whether
Sardinian Inquisition trials were inluenced from this debate, and what kind of
‘Sardinian’ approach to mental illness emerges from Inquisition’s Archives.
1. Inquisizione, medici e demoni
Da secoli gli intellettuali si interrogano sulla possibilità che molti imputati dell’Inquisizione fossero in realtà melancolici ed emarginati 1. Il focus
1
Avvertenza: nelle pagine che seguono sono state utilizzate alcune sigle per indicare i
corrispondenti Istituti di Conservazione.
ASCA: Archivio di Stato, Cagliari
ACCA: Archivio Storico Comunale, Cagliari
AHN: Archivo Histórico Nacional, Madrid
Il saggio nasce nell’ambito di una ricerca sull’approccio alla patologia depressiva nella
storia del Mediterraneo (secc. XII- XVIII) inanziata dall’Agenzia Regionale del Lavoro
– Regione Autonoma della Sardegna, Programma Master and Back 2010/2011. Un
* Dottoranda in Fonti Scritte della Civiltà Mediterranea c/o Dipartimento di Storia,
Beni Culturali e Territorio, Università degli Studi di Cagliari. Assegnista di Ricerca c/o
Dipartimento di Sanità pubblica, Medicina clinica e molecolare, Università degli Studi
di Cagliari.
Theologica & Historica. Annali della Pontiicia Facoltà Teologica della Sardegna, xxiii (2014), pp. 269-294.
Mariangela Rapetti
della discussione si è orientato soprattutto sugli indemoniati e sulle streghe,
le quali «tendono spesso a suscitare curiosità morbose e letture deviate»
nonostante il tentativo di «un’ottica che si vuole il più oggettiva possibile»2.
Un recente saggio di Matteo Duni 3 illustra il dibattito sulla stregoneria
che ha impegnato inquisitori, teologi, medici, ilosoi e giuristi dell’età moderna, e che è alla base della cosiddetta ‘prima rivoluzione psichiatrica’4.
Duni dimostra come già dal Quattrocento si ipotizzava che la melancolia
fosse all’origine delle ‘immagini illusorie’ delle donne accusate di stregoneria 5: la medicina di tradizione galenica, basata sulla teoria umorale, attribuiva infatti le illusioni e i deliri alla presenza dei vapori melancolici, causati
cioè da un eccesso di bile nera 6.
2
3
4
5
6
doveroso ringraziamento va alla prof.ssa Cecilia Tasca, alla prof.ssa Bianca Fadda, al
prof. Mauro G. Carta e al prof. Salvatore Loi per gli indirizzi di ricerca, i materiali e i
preziosi consigli forniti.
N. Pasero, Introduzione a J. Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo, Parma 1994, 7. Scriveva
Caro Baroja: «la questione della stregoneria ha interessato in modo straordinario tutti
quelli che in un’epoca o in un’altra si sono occupati di stati psichici morbosi. Vuoi
perché erano specialisti in materie mentali, vuoi perché erano interessati ai nessi tra
psichiatria e medicina legale, vuoi perché si occupavano della cosiddetta psicologia
sociale», cfr. Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo, cit., 238. Sul ‘paradigma stregonesco’
cfr. A. Prosperi, Tribunali della coscienza: inquisitori,confessori, missionari, Torino 1996,
377-397. Sulle ricerche in merito alle credenze e alla repressione della stregoneria si veda
M. Duni, “Le streghe e gli storici, 1986- 2006: bilancio e prospettive”, in «Non lasciar
vivere la maleica». Le streghe nei trattati e nei processi (secoli XIV- XVII), a cura di D. Corsi e
M. Duni, Firenze 2008, 1-18.
M. Duni, “I dubbi sulle streghe”, in G. Ernst, G. Giglioni (cur.), I vincoli della natura.
Magia e stregoneria nel Rinascimento, Roma 2012, 203-221.
Quella che comunemente è detta ‘prima rivoluzione psichiatrica’ è rappresentata dagli
scritti di Agrippa (1486-1535), Paracelso (1493-1541), Girolamo Cardano (1501-1576) e Johann
Weyer (1515-1588), che proponevano descrizioni naturali del fenomeno stregonesco.
Quest’ultimo, in particolare, è il più famoso, anche perché fu contrastato da Jean Bodin,
che al suo Demonomania del 1580 allega sessantacinque pagine dedicate esclusivamente
alla confutazione del De praestigiis daemonum del Weyer, cfr. M. Valente, “La critica alla
caccia alle streghe da Johann Wier a Balthasar Bekker”, in «Non lasciar vivere la maleica»,
cit., 67-82. La discussione sulla malattia mentale delle streghe proseguì ino al XX
secolo: per un confronto tra le diverse posizioni vedi G. Zilboorg, G. W. Henry, Storia
della Psichiatria, Milano 1963, passim. Lo stesso Zilboorg è stato aspramente criticato dal
movimento dell’antipsichiatria, cfr.T. Szasz, I manipolatori della pazzia. Studio comparato
dell’Inquisizione e del Movimento per la salute mentale in America, Milano 1971, 126-131.
Duni, “I dubbi sulle streghe”, cit., 206-207.
La letteratura sulla melancolia è alquanto ricca. È disponibile una recente edizione del
trattato galenico in Galenus, Trattato sulla bile nera, a cura di F. Voltaggio, Torino 2003.
L’interpretazione della melancolia era inluenzata anche dall’opera di Ishàqibn ‘Imràn
(m. 903), conosciuta in Occidente grazie a Costantino l’Africano, cfr. Costantinus
Africanus, Della melancolia, traduzione e commento a cura di M. T. Malato, U. de
Gli inquisitori di fronte alla follia
Il fenomeno delle possessioni demoniache, in parte collegato alla stregoneria 7, era spesso ricondotto alla sfera della malattia mentale e la Santa
Inquisizione imponeva la presenza di un medico durante i riti di esorcismo,
limitandosi a intervenire solo nei casi che suscitavano più clamore 8. Sul
fronte medico, però, resisteva la tendenza a giustiicare come maleicium la
malattia diicile da diagnosticare e curare 9.
Le fonti sui processi dell’Inquisizione dimostrano una difusione disomogenea delle teorie scientiiche e dei conseguenti dubbi di medici e inquisitori 10.
Marc Duncan, medico ugonotto, intervenne in merito alla possessione
demoniaca delle orsoline di Loudun, nella regione francese Poitou-Charentes. Nel 1632 le suore afermarono di essere indemoniate per volontà del
sacerdote Urbain Grandier, che fu processato e condannato al rogo. Ipotizzando che le orsoline non fossero possedute e che non stessero simulando,
e basandosi sulla teoria umorale, Marc Duncan si domandò se all’origine di
tutto potesse esserci la follia:
7
8
9
10
Martini, Roma 1959. Per un approfondimento sull’evoluzione e la difusione delle teorie
si vedano: R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia: studi di storia
della ilosoia naturale, religione e arte, Torino 1983; J. Starobinski, Storia del trattamento
della Malinconia dalle origini al 1900, Milano 1990; G. Minois, Storia del mal di vivere. Dalla
malinconia alla depressione, Bari 2005.
Secondo Michel Foucault la strega normalmente è una povera abitante della campagna,
l’indemoniata è invece una religiosa che risiede in un monastero cittadino; la prima è
accusata da altri mentre la seconda confessa la sua colpa. Cfr. M. Foucault, “Lezione
del 26 febbraio 1975”, in Id., Gli anormali. Corso al Collège de France (1974-1975), Milano
2004, 179-205, in particolare 181-184.
A. Prosperi, Tribunali della coscienza, cit., 418-421. Le fonti mostrano che il consulto del
medico nei casi di stregoneria, in alcuni tribunali, era richiesto già nel XV secolo, cfr. C.
Reviglio Della Veneria, Un processo per stregoneria del XV secolo, Torino 1951. In materia
di possessione molti erano convinti che il diavolo potesse insediarsi nei corpi più deboli
e fragili, ovvero quelli dei melancolici o, secondo il monachesimo altomedievale, degli
accidiosi, cfr. Minois, Storia del mal di vivere, cit., 35-47; 84-85.
D. Weber, “La caccia alle streghe nei Paesi Baschi: esperimenti scientiici per
l’Inquisizione Spagnola”, in Rivista di Storia della Medicina, anno XXIII NS (XLIV), fasc. 1
(2013), 176-181, 180. In realtà già dai tempi di Ippocrate gli uomini di scienza combattevano
contro le diagnosi approssimative e soprattutto contro le teorie demonologiche, cfr.
Ippocrate, La malattia sacra, a cura di A. Roselli, Venezia 1996. Sulla medicina dell’epoca
moderna si rinvia a M. D. Grmek (cur.), Storia del pensiero medico occidentale vol. 2: Dal
Rinascimento all’inizio dell’Ottocento, Bari 1996.
Una sintesi sulle diferenti posizioni che ammettevano o dubitavano delle streghe è
presente in Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo, cit., 140-169. Caro Baroja, già prima di
Michel Foucault, aveva dato una deinizione ‘sociologica’ della stregoneria.
Mariangela Rapetti
«Il mio intento non è al presente di fare un’esposizione delle folli e stravaganti immaginazioni dei melancolici; basterà ricordare che Avicenna scrive
che qualcuno di essi crede di essere demone, e che Aezio [di Amida], antico
medico greco, ha rimarcato espressamente che qualcuno di loro crede di essere posseduto da demoni che sarebbero stati inviati dagli incantesimi dei loro nemici
[…] Questo capita facilmente agli spiriti disposti alla follia, se essi sono rinchiusi in un convento […]»11.
Vincenzo Lavenia ha illustrato un celebre caso dell’Inquisizione Romana
avvenuto poco dopo i fatti di Loudun e noto come ‘i diavoli di Carpi’12. Nel
1636 si difuse la notizia che una donna del monastero Santa Chiara di Carpi
era afetta da una malattia attribuita a maleici, e in seguito si veriicarono
numerosi episodi di possessione; l’inquisitore di Modena intervenne chiedendo la consulenza di esorcisti e medici e questi ultimi, pur riconoscendo i
tratti dell’umore melanconico, vollero procedere con gli esorcismi. Fu coinvolto il cardinale Barberini il quale, il 29 maggio 1638, rimproverò l’inquisitore modenese per non aver seguito la vicenda in prima persona,
«perché non è facile di dar giuditio se le monache siano veramente indemoniate, o siano oppresse da passione malenconica, o pure, che sarebbe il peggior male, siano fatte parer tali da gli esorcisti, è mente de la Sacra Congregatione che La faccia in maniera che nessuno di essi si accosti al monastero
per essorcizzare […], massime se fussero di quelli, che già la medesima Sacra
Congregazione sospese dall’esercitio […]. Le monache si dovran tenere […]
separate […] e dovranno esser […] osservate ne’ loro motivi, e quel che più
importa regolate da prudente […] confessore»13.
In questa seconda vicenda lo scetticismo non arriva dunque dai medici,
ma dalla Congregazione. Istituito nel 1542, il Santo Uizio romano assunse
11
12
13
M. Duncan, Discours de la possession des Religieuses Ursulines de Lodun, Jean Lesnier,
Saumur 1634, 13-14. Per un approfondimento sui fatti di Loudun e sulla posizione di
Duncan cfr. M. C. Dessì, “Il ruolo della melanconia nei casi di possessione demoniaca.
Marc Duncan e il processo di Loudun”, in Annali della Facoltà di Magistero dell’Università
di Cagliari, n.s.VI, I (1982), 163-209. Sia permesso segnalare che spesso la lettura ‘medica’
delle possessioni è stata data a posteriori, come nel famosissimo caso delle streghe di
Salem (New England, 1692). Marion Starkey, nella metà del secolo scorso, ha studiato gli
atti dei processi comparandoli con casistiche e diagnosi contemporanee, concludendo
che si trattò di isteria: all’origine della suggestione vi fu il sentimento di repressione
provato dalle donne, cfr. M. L. Starkey, The devil in Massachusetts. A modern enquiry into
the Salem witch trials, New York 1949.
V. Lavenia, “I diavoli di Carpi e il Sant’Uizio”, in Eretici, esuli e indemoniati nell’età
moderna,a cura di M. Rosa, Firenze 1998, 77-139.
In Lavenia, “I diavoli di Carpi”, cit., 108-109.
Gli inquisitori di fronte alla follia
sin dal primo momento una posizione scettica nei confronti della stregoneria, nel tentativo di limitare la recrudescenza delle iniziative locali e giungere così a sentenze equilibrate. Tra la ine del XVI e i primi del XVII secolo
fu emanata una direttiva che invitava gli inquisitori alla cautela, sollecitando
il rispetto delle normative in quanto la confessione ottenuta con la tortura
e con l’inganno non poteva essere considerata valida. La direttiva però non
ebbe larga difusione ino alla stampa uiciale, avvenuta solo nel 165714.
Era stata l’Inquisizione Spagnola, ben prima di quella Romana, a imporre delle direttive volte alla veriica delle imputazioni per stregoneria.
Notando come le accuse si intensiicavano in occasione dei processi, gli
inquisitori spagnoli introdussero una ‘politica del silenzio’, limitando in
questo modo sia le denunce che la paura 15. Il Consiglio della Suprema e
Generale Inquisizione Spagnola, nel 1614, deliberò le nuove istruzioni per
i casi di stregoneria 16, ispirate alle iniziative di Alonso de Salazar y Frías
(1564-1636), inquisitore della Navarra, noto con l’epiteto di ‘Avvocato delle
streghe’. Salazar aveva avviato un’inchiesta sui fatti dei Paese Baschi, recandosi personalmente nelle località coinvolte tra il maggio 1611 e il gennaio
1612. La vicenda è nota: tra i primi del Cinquecento e i primi del Seicento la
regione fu caratterizzata da violenti episodi di caccia alle streghe accusate
di avvelenamenti e infanticidio. I giudici ordinari ricorsero alla procedura
d’urgenza e senza appello, conducendo a morte numerose donne 17. Una
nuova ondata di persecuzioni si veriicò a partire dal 1608, dando vita ad
una caccia autogestita 18. Gli emissari della Suprema decisero di procedere
con gli interrogatori dei prigionieri secondo gli antichi questionari prescritti
per i casi di stregoneria: alcuni confessarono le loro colpe; altri, che ave14
15
16
17
18
Duni, “I dubbi sulle streghe”, cit., 220-221. Per la storia della Congregazione Romana
cfr. Prosperi, Tribunali della coscienza, cit. 35-116; E. Brambilla, La giustizia intollerante.
Inquisizione e tribunali confessionali in Europa (secoli IV-XVIII), Roma 2006, 65-77.
S. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna, Cagliari 2013, 399. L’Inquisizione spagnola fu
riorganizzata nel 1478 quando, a seguito del matrimonio fra Isabella e Ferdinando, fu
introdotta anche in Castiglia, dove l’Inquisizione papale medievale non aveva operato.
Sul Tribunale spagnolo, che non fu sottoposto alla giurisdizione romana, cfr. G.
Henningsen, L’avvocato delle streghe: stregoneria e Inquisizione spagnola, Milano 1990, 2937; Brambilla, La giustizia intollerante, cit., 79-100.
Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 290-291.
J. Pèrez, Breve storia dell’Inquisizione spagnola, Milano 2006, 82-83.
Una ragazza nativa del villaggio basco di Zugarramurdi rientra a casa dopo alcuni anni
di permanenza in Francia e racconta le esperienze fatte con alcune streghe francesi,
chiamando in causa anche alcune donne del villaggio. Gli abitanti si convincono della
veridicità dei fatti e cominciano ad avvistare streghe e stregoni sotto forma di animali
diversi, cfr. Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 21-27.
Mariangela Rapetti
vano precedentemente confessato, ritrattarono. Si concluse che le persone
avevano subito un forte impulso del demonio, e si arrivò nel novembre 1610
ad un Autodafé che coinvolse trentuno imputati. Il processo non segnò una
conclusione, anzi, sembrò preparare il campo ai processi di massa contro
tutti gli individui sospetti: migliaia di persone interrogate tra le voci di dissenso di numerosi esponenti del clero regolare e secolare 19.
Agli inizi del 1611 l’umanista Pedro de Valencia (1555-1620) ottenne licenza
di esprimere alla Suprema il suo punto di vista sulla vicenda, nel quale diede
un giudizio negativo sulla lettura pubblica delle sentenze in quanto a causa
di questa i delitti confessati – sorprendenti e pertanto irreali – assumevano
veridicità tale da essere emulati. Attraverso un continuo ricorso agli esempi
del paganesimo greco e romano, all’ipotesi dell’unguento allucinogeno 20 e
all’inganno del demonio, l’umanista spiegò che si trattava di un fenomeno
di cui era impossibile dimostrare l’esistenza o l’inesistenza. Aggiunse, però,
che il castigo doveva essere inferto a chi aveva intenzionalmente stretto un
patto con il demonio, ed esortò alla ricerca del corpus delicti, proponendo
inoltre di esaminare gli accusati al ine di veriicare il pieno possesso delle
facoltà mentali, «o se per demoniaci o melanconici o disperati sono privi di
senno», afermando che la cura migliore era quella delle frustate 21.
19
20
21
I fatti sono narrati, sulla base di fonti d’archivio, in Henningsen, L’avvocato delle streghe,
cit., 43-188.
Sull’unguento delle streghe era intervenuto qualche decennio prima Girolamo Cardano,
il quale nel De subtilitate del 1550 spiegava che non si trattava di una ‘stregoneria’, bensì
di un preparato a base di erbe con proprietà allucinogene, inluenzando con questa
teoria anche gli scritti di Giovanni Battista della Porta: cfr. Duni, “I dubbi sulle streghe”,
cit., 214-215; L. Bonuzzi, “Psicopatologia e criminalità. L’itinerario italiano”, in Psichiatry
on line Italia [rivista on-line], 5 ottobre 2012, http://www.psychiatryonline.it/node/2418,
(consultato il 1° aprile 2014). L’inquisitore Salazar aveva fatto delle indagini approfondite
al riguardo, cfr. Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 236-241, e Weber, “La caccia
alle streghe nei Paesi Baschi: esperimenti scientiici per l’Inquisizione Spagnola”, cit.
Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 193-196. Il discorso è stato pubblicato per la
prima volta in M. Serrano y Sanz (cur.), “Discurso de Pedro de Valencia acerca de
los quentos de la brujas y cosas tocantes a la magia…”, in Revista de Extremadura 2
(1900), 289-303 e 337-347, successivamente in P. de Valencia, Discurso acerca de los
cuentos de las brujas, a cura di A. Marcos Casquero e H. B. Riesco Alvarez, Léon 1997.
Gustav Henningsen esaminò il ms. 7579 della Biblioteca Nacional de España (Madrid),
contenente la copia del Discurso primero de Valencia, in particolare i f. 608v-629r. Lo
storico danese ha evidenziato che, fatta eccezione per la Sociologia, il Novecento non
ha fornito interpretazioni sostanzialmente diverse da quelle di Pedro de Valencia, ma il
suo discorso – benché esempio istruttivo di come gli umanisti fossero in condizione di
analizzare il fenomeno della stregoneria – è passato inosservato alla maggioranza degli
studiosi europei. Sulla igura di Pedro de Valencia cfr. L. Gómez Canseco, El humanismo
después de 1600: Pedro de Valencia, Siviglia 1993.
Gli inquisitori di fronte alla follia
Alonso de Salazar y Frías aveva cominciato a dubitare della veridicità
delle confessioni di streghe e stregoni già da qualche tempo. Durante il suo
viaggio nelle località interessate dalla grande caccia alle streghe esaminò la
documentazione dei processi e condusse nuovi interrogatori degli imputati 22. Le conclusioni non furono meno scettiche delle ipotesi iniziali, anche
a causa delle testimonianze incongruenti su fatti già di per sé inverosimili.
Salazar criticò aspramente le confessioni strappate con la tortura e accusò il
tribunale locale di aver occultato le direttive della Suprema. Arrivò a considerare il fenomeno come un caso di psicosi collettiva, una grave ‘epidemia
onirica’, un’isteria collettiva, «giacché non ci furono stregoni né stregati in
questi luoghi inché non si cominciò a trattare e a scrivere di loro»23e consigliò all’Inquisitore Generale di mettere a tacere la vicenda.
Salazar, inoltre, avendo messo mano alle comunicazioni inviate dalla Suprema nel corso del Cinquecento, constatò un importante scetticismo nei
confronti della stregoneria, come ad esempio un’aperta contestazione al
Malleus Maleicarum risalente al 1532 e che, secondo lo storico Gustav Henningsen, è un caso unico per l’epoca 24. A conclusione delle indagini, nel
1614, Salazar presentò una proposta per le nuove istruzioni sulla maniera
di procedere nei casi di stregoneria che il Consiglio della Suprema approvò
quasi interamente 25.
La studiosa Domizia Weber ritiene che furono proprio le intuizioni di
Salazar e l’esperienza dei Paesi Baschi a rendere fondamentale, per gli in-
22
23
24
25
Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 197-208.
Ivi, 254. Henry Charles Lea ha posto l’accento su come le torture isiche e morali attuate
durante i processi per stregoneria portassero gli accusati all’ammissione della colpa, cfr.
H. C. Lea, Histoire de l’Inquisition au Moyen Age, vol. I, Parigi 1902, 399-457. J. Caro Baroja
si è sofermato sul fatto che nei casi di stregoneria il peso maggiore è rappresentato da
chi si ritiene vittima dei maleici, piuttosto che da chi crede di poterli realizzare, cfr.
Caro Baroja, Le streghe e il loro mondo, cit., 236.
Nel 1484 la Bolla Summis desiderantes afectibus di Innocenzo VIII invita a «punire,
incarcerare e correggere» gli eretici. I domenicani tedeschi Heinrich ‘Institor’ Kramer
e Jacob Sprenger sono legittimati alla pubblicazione del Malleus Meleicarum (1486),
un manuale di inquisizione demonologica che avrà grande difusione in Europa. La
donna vi è presentata come essere superstizioso e soggetto all’inluenza del diavolo:
attraverso numerosi esempi si illustrano la sua malvagità e la sua concupiscenza, il suo
essere credula ed impressionabile, la sua imperfezione, la sua poca fede. Tutto questo
la rende un soggetto pronto a rinnegare la religione, caratteristica fondamentale delle
streghe. In quanto melancolica, inoltre, rende il suo corpo un veicolo per il diavolo, cfr.
H. Kramer, J. Sprenger, Il martello delle streghe: la sessualità femminile nel transfert degli
inquisitori, Venezia 1977.
Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 287-292.
Mariangela Rapetti
quisitori, il ricorso al consulto dei medici 26. Gli umanisti spagnoli, però,
avevano rivolto il loro interesse alla malattia mentale ben prima, a partire
dal valenzano Juan Luis Vives (1492-1540), che difuse le sue teorie anche in
Francia, nei Paesi Bassi e in Inghilterra: sono famosi i suoi consigli sul ricovero ospedaliero dei soferenti mentali, sulla loro corretta alimentazione,
sulla necessità di comprendere per ciascun paziente se la malattia mentale
avesse origine da un trauma o se fosse invece congenita 27.
Probabilmente i fattori che portarono gli inquisitori a richiedere il consulto dei medici furono molteplici, distinti certo per giurisdizione e area geograica, ma eredi di quei ‘dubbi’ che i medici dell’antichità e gli umanisti,
come si è visto, infondevano negli inquisitori. Per approfondire le rilessioni
in questo senso è doveroso rivolgersi direttamente alle fonti.
3. Inquisizione e malattia mentale: esempi ‘sardi’
a – Obiettivo e metodo
Lo studio nasce nell’ambito di una ricerca sull’approccio alle patologie
depressive nella storia del Mediterraneo che mira a evidenziare ainità e differenze in un arco cronologico individuato tra il XII e il XVIII secolo 28. Nella
ricostruzione storica dell’approccio alle malattie mentali la dimensione inquisitoriale assume un ruolo importante, non solo in merito al dibattito
26
27
28
Weber, “La caccia alle streghe nei Paesi Baschi: esperimenti scientiici per l’Inquisizione
Spagnola”, cit., 181.
Le opere di Juan Luis Vives più importanti in questo ambito sono il De anima et vita
(Basileae, in oicina Roberti Vvinter 1538), e il terzo capitolo del De subventione pauperum.
Sive de humanis necessitatibus libri II (Brugis, Typis Huberti de Croock 1525). All’epoca la
malattia mentale era ben nota grazie all’opera di Avicenna (980-1037). Del suo Canon
medicinae, circolato nel Tardo Medioevo nella traduzione di Gerardo da Cremona (m.
1187) e con i successivi commenti, si contano almeno 15 diverse edizioni in incunabolo,
mentre l’edizione revisionata da Andrea Alpago (1450-1521) fu stampata a Venezia nel
1527. Nell’opera di Avicenna le malattie cum alienatione mentis sono quattro: melancolia,
mania, letargia e frenesia. Queste deinizioni circolarono nell’Europa medievale
anche grazie alle opere a carattere enciclopedico, ma la igura del folle era inoltre nota
attraverso le opere letterarie, i sermoni e le prediche, cfr. J-M. Fritz, Le discours du
fou au Moyen Age, Parigi 1992; P. Serra, Il sen della Follia, Cagliari 2002; R. Casapullo,
“Le malattie della mente nel volgarizzamento mantovano del De proprietatibus rerum di
Bartolomeo Anglico (Libri I-IV, V, VII)”, in Quaderns d’Italià, 11 (2006), 29-53, G. Strinna,
Viandes esperiteiles. Sermoni del XIII sec. dal ms. BnF fr. 1822, Roma 2011, 19-20.
Il progetto triennale, inanziato dall’Agenzia Regionale del Lavoro- Regione Autonoma
della Sardegna nell’ambito del Programma Master and Back, segue e amplia una ricerca
inanziata dalla stessa Regione Autonoma ex L. R. 7/2007, condotta nel biennio 2010-2012.
Gli inquisitori di fronte alla follia
sulla veridicità delle possessioni demoniache e della stregoneria, ma per il
possibile riscontro di qualsiasi elemento ascrivibile alla sfera della malattia
mentale e alla sua interpretazione. Visto il numero di casi di stregoneria
e il dibattito a essi conseguente nel XVI-XVII secolo, la ricerca è stata rivolta ai documenti di quest’epoca. In particolare, poiché la Sardegna appare
estranea a questi grandi dibattiti, viene da chiedersi se i processi sull’isola ne
siano stati in qualche modo inluenzati: quali informazioni sull’approccio
alla malattia mentale in Sardegna sono restituite dagli archivi dell’Inquisizione spagnola?
Gli studi condotti da Salvatore Loi sull’Inquisizione spagnola in Sardegna,
pubblicati nell’ultimo decennio 29, hanno dato nuova luce a una realtà che,
fatta eccezione per alcuni storici 30, era stata totalmente trascurata. Afrontando distinti argomenti alla volta, ino alla ricostruzione della Storia dell’Inquisizione in Sardegna, Salvatore Loi ha tracciato le basi, raccogliendo la bibliograia e fornendo agli studiosi le indicazioni per la ricerca archivistica.
Ha avviato un attento lavoro di ricostruzione storica che è lungi dall’essere
concluso ma che ha posto i rilettori sulle decine di ambiti di ricerca che un
semplice documento può alimentare (basti citare le possibilità per gli studi
storici, linguistici e di folclore).
29
30
S. Loi, A. Rundine, Documenti sull’inquisizione in Sardegna, 1493-1713, Sassari 2004; S.
Loi, Inquisizione, magia e stregoneria in Sardegna, Cagliari 2003; Id., Sigismondo Arquer: un
innocente sul rogo dell’Inquisizione. Cattolicesimo e protestantesimo in Sardegna e Spagna nel ‘500,
Cagliari 2003; Id., Inquisizione, sessualità e matrimonio: Sardegna, secoli XVI-XVII, Cagliari
2006; Id., Streghe, esorcisti e cercatori di tesori, Cagliari 2008; Id., Storia dell’Inquisizione in
Sardegna, Cagliari 2013. L’attività dell’Inquisizione spagnola in Sardegna ebbe inizio a
Cagliari nel 1493. Da principio, l’azione si diresse contro i convertiti dall’ebraismo, in
un clima di ostilità da parte delle autorità locali e dei cittadini. Il tribunale fu trasferito a
Sassari nel 1564. Il declino dell’Istituzione iniziò nella metà del Seicento, ma il tramonto
deinitivo avvenne a seguito della guerra di successione spagnola e all’assegnazione
dell’isola a Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1720. Cfr. S. Loi, Storia dell’Inquisizione in
Sardegna, cit., 27-189.
G. Henningsen, J. Contreras, “La Inquisizione spagnola e le tradizioni popolari della
Sardegna”, in Linguagio musicale e linguagio poetico in Sardegna, Cagliari 1981, 57-60; M.
M. Cocco, Sigismondo Arquer. Dagli studi giovanili all’autodafé, Cagliari 1987; G. Sorgia,
Studi sull’Inquisizione in Sardegna, Palermo 1961; Id., L’inquisizione in Sardegna, Cagliari
1991; A. Borromeo, “Inquisizione e ‘conversos’ nella Sardegna spagnola”, in M. Luzzati
(cur.), L’Inquisizione e gli ebrei in Italia, Roma 1994, 197-216; A. Rundine, Inquisizione
spagnola: censura e libri proibiti in Sardegna nel ‘500 e ‘600, Sassari 1996; B. Anatra, “No
tenia de que pagar: i conti dell’Inquisizione sarda a ine Cinquecento”, in B. Anatra, F.
Manconi (cur.), Sardegna, Spagna e stati italiani nell’eta di Filippo II, Cagliari 1999, 417-433;
T. Pinna, Storia di una strega. L’Inquisizione in Sardegna: il processo di Julia Carta, Sassari
2000; Id., Il sacro, il diavolo e la magia popolare, Sassari 2012.
Mariangela Rapetti
Dalla lettura dell’opera di Salvatore Loi emergono costanti riferimenti
alla salute e alla malattia, alla medicina popolare e alle pratiche uiciali,
che si fanno punto di partenza per nuovi approfondimenti. Individuando
da questi lavori la documentazione archivistica apparentemente più ricca di
elementi salienti, e facendo tesoro dei preziosi consigli dell’autore, si è proceduto allo spoglio diretto della fonte, analizzando caso per caso le descrizioni, le inluenze esterne, i richiami e tutto quanto può essere ricondotto
alla sfera della malattia mentale – secondo gli occhi di chi oggi legge e, in
quanto è stato possibile, secondo gli occhi di chi allora aveva scritto. Con
questa inalità è stata inoltre analizzata la letteratura in materia conosciuta
all’epoca, saggi di medicina e manuali degli inquisitori, con un costante
confronto delle fonti relative alla circolazione dei saperi.
b – Le fonti
Le fonti sull’Inquisizione spagnola in Sardegna custodite presso gli archivi isolani sono poche e relative soprattutto all’amministrazione 31. Si
hanno testimonianze sull’archivio del tribunale sassarese risalenti al XVIII
secolo, ma di questi documenti non vi è più traccia 32. La maggior parte
delle fonti sul Tribunal de Cerdeña si trovano a Madrid, presso l’Archivo Histórico Nacional, Sección Inquisición, 1a División- Secretería de Aragón,Consejo
de Inquisición 33. Si tratta di corrispondenza, relazioni sulle visite, rendiconti
inanziari, atti dei processi e relazioni su questi ultimi. Gli atti dei processi
sono poco meno di una cinquantina, mentre le relaciones sono centinaia e
consentono di reperire le informazioni sui processi dei quali non è rimasta
altra fonte. All’interno della Serie 6, Relaciones de causas, sono presenti diversi Libros contenenti documenti sulla Sardegna: interamente dedicati al
tribunale sardo i Libros 782 e 783, che si è deciso di analizzare in questa sede.
Si tratta di due volumi cartacei contenenti le relaciones de causas che gli ufici di Sassari inviavano periodicamente alla Suprema 34. I contenuti non se31
32
33
34
ASCA, Segreteria di Stato, serie II, vol. 596, 597, 598; ACCA, vol. 451, Inquisizione (15221672).
Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna, cit., 258-259.
La Sección Inquisición oggi conosciuta si costituì solo nel 1914. I documenti dell’Inquisizione
furono conservati a Madrid ino al 1850; successivamente il fondo fu smembrato e
trasferito in parte all’Archivo General de Simancas, in parte all’Archivo General Central
de Alcalà de Henares. A partire dal 1896 i documenti furono gradualmente riportati a
Madrid. La Sección è costituita in totale da 3.621 Legajos e 1.342 Libros.
AHN, Inquisición (di seguito Inq.) L. 782 e L. 783. I manoscritti presentano una
numerazione coeva rispettivamente di 634 e 686 carte, ma sono stati riscontrati non
pochi errori. Per consentire un rinvio immediato alla fonte si è scelto in questa sede di
Gli inquisitori di fronte alla follia
guono una struttura uniforme: a volte si tratta di resoconti dettagliati, che
oltre a generalità, colpe dell’inquisito e pene assegnate, ci forniscono anche
le dichiarazioni dei testimoni e la difesa dell’imputato, nonché i giudizi dei
medici o dei qualiicatori (gli esperti in teologia); altre volte abbiamo sintesi
poco o per nulla argomentate, limitate esclusivamente alle generalità, alle
accuse e al verdetto del Tribunale. Le diferenze potrebbero essere dovute
a diversi fattori che oggi è diicile ricostruire, ma si può ipotizzare che derivino essenzialmente dalle esigenze del momento e dal metodo applicato
dal notaio incaricato volta per volta di redigere le relazioni. Nel complesso
ci troviamo di fronte a circa 850 processi discussi tra il 1569 e il 1688, ma
anche la suddivisione cronologica delle relazioni non segue una regola precisa: alcune riportano i processi dell’ultimo anno, altre corrispondono a un
determinato autodafé. In alcune rare occasioni troviamo un preciso riferimento cronologico all’interno del resoconto. Si aggiunga, inoltre, che non
sono state rilegate in ordine cronologico e che alcune relazioni si trovano
ripetute più volte.
Tra gli 850 casi esaminati, 47 appaiono suscettibili di analisi secondo gli
obiettivi di ricerca proposti e restringono l’ambito cronologico tra il 1578
e il 1679.Contrariamente a quanto si possa ipotizzare, non tutti questi casi
appartengono al reato di stregoneria. Sono stati infatti individuati elementi
che potrebbero ricondurre alla sfera della malattia mentale anche tra i processati per gli altri reati.
c – Gli inquisiti
Il primo fattore emerso dall’analisi della documentazione riguarda certamente l’assenza di importanti episodi maniacali di caccia alle streghe,
l’assenza di processi di massa e l’assenza di ‘epidemie’ di possessioni demoniache. Il dato rientra nel quadro già noto: l’Inquisizione spagnola non si
accaniva contro le streghe come avveniva nel centro Europa e molto raramente ricorreva al rogo – inoltre l’esecuzione competeva al foro civile e si veriicava in casi estremi quali omicidi, avvelenamenti, incendi e altri danni 35.
Tra le 850 relazioni, i processi per superstizioni, all’interno dei quali ricadono il reato di stregoneria e patto col demonio, sono 293, ma solo 22
35
indicare il numero di carta così come appare sul manoscritto.
J. Pèrez, Breve storia dell’Inquisizione spagnola, Milano 2006, 82-87; Brambilla, La giustizia
intollerante, cit., 133-147. Su stregoneria e patto con il diavolo in Sardegna, oltre a Loi,
Streghe, esorcisti e cercatori di tesori, cit., vedi Id.,Storia dell’Inquisizione in Sardegna, cit.,
388-401.
Mariangela Rapetti
presentano degli elementi utili alla nostra analisi; le altre 25 relazioni riguardano per la maggior parte il reato di blasfemia (13 casi), ma si hanno anche
musulmanesimo (2 casi), sospetto giudaismo (1 caso) e altri reati contro il
Santo Uizio (9 casi).
Per quanto concerne il reato di superstizione, gli elementi oggetto di
analisi si riscontrano in 21 streghe e 1 stregone segnalati nelle relazioni del
157836, 158337, 158538, 158639, 158740 e 159241.L’assenza di casi di stregoneria per
l’epoca successiva si giustiica con quanto detto in premessa sulle politiche
inquisitoriali della Suprema nel Seicento.
Gli inquisiti per superstizione sono soprattutto poveri, ma, a diferenza
del luogo comune che li vede sempre e comunque emarginati, sono quasi
tutti normalmente inseriti nei contesti sociali di appartenenza 42. Hechizera/o,
mazinera, bruxa, sortilega e maleica sono gli appellativi più ricorrenti. Le accuse contro di essi sono state pronunciate da testimoni oculari o sono state
mosse per pubblica fama di guaritore 43.
Due presunte streghe si ammalano e muoiono prima della ine del processo, vengono sepolte in un luogo segreto e le loro cause sono abbandonate 44. Degli altri, 15 ‘streghe’ e lo ‘stregone’ vengono penitenziati e puniti
prima della riconciliazione (abiura de levi, sospetto lieve), tre donne sono
condannate all’abiura de vehementi (grave sospetto di colpevolezza) e una,
Nina Porta di Masullas, viene assolta 45.
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45
Relazione dell’autodafé celebrato il 14 dicembre 1578. AHN, Inq. L. 782, cc. 97r- 100r.
Relazione delle cause sbrigate ino all’Autodafé del 14 agosto 1583, AHN, Inq. L. 782, cc.
159v, 163v-164r. Relazione sull’Autodafé celebrato il 14 agosto 1583. AHN, Inq. L. 782 cc.
203r-244r.
Relazione delle cause sbrigate dall’inquisitore Raya per l’autodafé del 11 giugno 1585.
AHN, Inq. L. 782, cc. 329v-332v, 336r-351v.
Relazione sulle cause sbrigate dall’11 giugno 1585 alla ine dell’anno 1586. AHN, Inq. L.
782, cc. 370r-373r, 383r-385v.
Relazione sull’autodafé del 21 settembre 1587 e altre cause di quell’anno. AHN, Inq. L.
782, cc. 389v-399v.
Relazione delle cause tenutesi dal 2 dicembre 1590 al 24 agosto 1592. AHN, Inq. L. 782,
cc. 544v-545r.
Cfr. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna, cit., 394-395.
La questione della validità della ‘pubblica fama’ come prova giuridica di un reato è al
centro di numerose dissertazioni e afonda le radici negli albori del processo inquisitorio.
Per un approfondimento cfr. J. Théry, “Fama. L’opinion publique comme preuve
judiciaire. Aperçu sur la révolution médiévale de l’inquisitoire (XIIe-XIVe siècle)”, in B.
Lemesle (cur.), La preuve en justice de l’Antiquité à nos jours, Rennes 2003, 119-147.
Antona Sirigo di Nurri e Antona Cabiddo di Arzana, AHN Inq. L. 782, cc. 159v, 163v-164r
(ante 1583).
AHN, Inq. L. 782, cc. 383v-385v (1585-86).Non si riscontrano molte informazioni su Nina,
unica ‘strega’ assolta. Nella relazione sul suo processo si legge che i testimoni furono
Gli inquisitori di fronte alla follia
La maggior parte delle accuse (e delle confessioni) richiama le descrizioni rese note dalla circolazione del Malleus Maleicarum o che afondano
radici nelle paure ataviche dell’uomo: sabba, voli, rapporti sessuali con il
demonio, infanticidio, sortilegi volti a causare impotenza e altre malattie
isiche o mentali. Gli inquisiti ammettono e ritrattano, negano, cambiano
versione, coinvolgono altre persone con le loro dichiarazioni 46. In alcuni
casi la confessione è successiva alla tortura o alla minaccia di essa, e spesso
viene invalidata dalle indagini ordinate dall’inquisitore 47. Tutti gli accusati
sono portati a chiedere misericordia ma c’è anche chi ammette di aver confessato il falso solo per paura del Sant’Uizio. Un donna in particolare, Clara
de Dominicon, appare forzata nella sua confessione, ma probabilmente non
fu l’unica 48.
La lettura di queste relazioni rivela alcuni aspetti afascinanti. In primo
luogo, i 22 accusati esaminati dichiarano di dedicarsi alle superstizioni e al
demonio con l’obiettivo di migliorare la loro vita, arricchirsi, proteggere
una persona cara, riportare in vita qualcuno. Un secondo aspetto – direttamente connesso agli obiettivi della ricerca – riguarda le descrizioni di quelli
che oggi ci appaiono come comportamenti alterati. Clara de Dominicon,
ad esempio, parla da sola e ride senza un motivo, si agita e probabilmente
si strappa da sola i capelli:
46
47
48
giudicati non attendibili, e che la donna si discolpava afermando di essere una buona
cristiana, ma spaventata. Fu richiesta dall’inquisitore una visita medica volta a veriicare
l’esistenza di una ferita sul piede che secondo un testimone Nina si era recentemente
procurata, ma i medici non trovarono alcun segno.
«In un primo momento si è portati a pensare che, data l’inverosimiglianza delle cose
raccontate, le confessioni siano state estorte. Colpisce, infatti, la sostanziale identità
delle descrizioni formulate dagli inquisiti con il concetto giuridico e teologico della
stregoneria allora imperante, cosa che sarebbe facilmente spiegabile se i processati
avessero fatto proprie le idee suggerite dai giudici. Eppure, a un’analisi più profonda,
le relazioni impongono un’altra lettura: le descrizioni rilettono congiuntamente le
credenze sia dei giudici sia degli inquisiti», cfr. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna,
cit., 395.
E’ il caso di Catalina Pira di Tertenia e Catalina Lay di Seui: ammisero di aver ucciso
dei neonati, ma fu provato che i bambini erano ancora in vita, cfr. AHN, Inq. L. 782, cc.
207v-220v, 227r-231v (1583). Nel caso della Lay si dice «Hiziéronse diligencias de oicio para
aver iguación de las criaturas que confessava aver muerto, y constó por ellas de algunas pero no
de todas»: alcune morti furono confermate, ma non tutte, cfr. ivi, c. 229r.
AHN, Inq. L. 782, cc. 231v-234r (1583). Gustav Henningsen sottolinea che l’isolamento
forzato dei prigionieri, l’annullamento della personalità del singolo, la tortura e la
gentilezza persuasiva non solo contribuiscono all’ottenimento di una confessione
falsa, ma «esiste anche la possibilità che l’accusato si identiichi talmente con le sue
dichiarazioni da arrivare a tradire la propria personalità e a dubitare della propria
identità», cfr. Henningsen, L’avvocato delle streghe, cit., 55.
Mariangela Rapetti
«[…] cada sábado, a la noche, entendía el testigo que venía el demonio adonde estava
la dicha Clara a media noche y que, aunque el testigo no lo veya, oya que la dicha
Clara estuvo pleyteando con el demonio. […] Y, diziéndole el testigo que cómo podía
entrar estando las puertas çerradas, la dicha Clara respondía que no buscasse essas
razones. Y que algunas noches le tirava los cabellos el demonio a la dicha Clara y que
por la mañana se hallavan los pelos esparzidos por la cárçel. Y otras vez es le dava
de golpes.»49
Nelle descrizioni mediche di malattia mentale del XVII secolo possiamo
trovare riscontro di simili comportamenti attribuiti a mania e melancolia:
«cominciò ad essere triste e ogni tanto muoveva tutte le parti del corpo […];
balbettava, piangeva, talvolta rideva, e digrignava i denti. […] questa giovane
sofriva anche d’insonnia e non aveva febbre; […] buttava all’aria tutte le coperte e non poteva stare distesa sul letto […] si muoveva senza tregua notte
e giorno […]»50
«delirava senza febbre, soprattutto rideva, talvolta piangeva, gridava, dava
spesso in escandescenza, agitava il corpo con vari e disordinati movimenti, talvolta guardava di traverso, non dormiva di notte […]. Diceva di avere davanti
agli occhi come le stelle […]. Reagiva bene alle cure, ma la malattia persisteva
e, come è consuetudine tra la gente del volgo, tutti subito dicevano che questa
giovane era posseduta da uno spirito maligno o da un maleicio […]»51
Clara de Dominicon non è l’unica a presentare una sintomatologia che
può essere letta oggi come disturbo mentale: Nina Porta è turbata e incoerente, Quiriga Deydda manifesta un delirio di persecuzione 52 e Catalina Lay,
che appare disperata e fuori di sé, aferma di incontrare i demoni dentro il
carcere 53. Nana Loni è invece descritta come confusa, disorientata e senza
giudizio 54.
Quattro delle accusate dichiarano di essere state esorcizzate in passato.
Un sacerdote pose sopra la testa di Catalina Escofera alcune scritture per
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AHN, Inq. L. 782, c. 232r (1583). E’ in corso l’edizione delle relazioni relative alle donne
processate dal tribunale inquisitoriale di Sassari. La pubblicazione sarà curata da Cecilia
Tasca e Mariangela Rapetti.
E. Ferdinando, Centum historiae seu observationes et casus medici, 1621, in A. Dini (cur.), Il
medico e la follia, Firenze 1997, 64.
Ibidem, 66.
AHN, Inq. L. 782, cc. 370r-373r (1585-86).
AHN, Inq. L. 782 cc. 226v- 231r (1583).
AHN, Inq. L. 782, cc. 393r-395v (1587).
Gli inquisitori di fronte alla follia
guarirla dalla sua malattia 55, stesso rimedio che si tentò di adottare con Nina
Porta 56 e Catalina Lay 57, mentre nel caso di Catalina Pira si descrive un rituale più elaborato 58. Tuttavia, solo nelle relazioni su Catalina Pira e Nina
Porta si dice espressamente che furono considerate indemoniate.
La perdita della ragione e la perdita di giudizio igurano come argomenti
di difesa adottati da molti tra i 47 imputati selezionati, e in alcuni casi compare anche l’espressione loco, pazzo. Sette tra gli imputati cercarono di dimostrare la propria innocenza attribuendo all’intervento del demonio la
temporanea perdita della ragione. Lo ‘stregone’ Sebastiano Zuca e Batista
Tronxi, accusato di falsa testimonianza, afermano di aver avuto un comportamento folle (lo hizo como loco), mentre il novantaquattrenne Leonardo,
accusato di ingiurie contro il Sant’Uizio, aferma di essere stato chiamato
pazzo dal demonio in persona 59.
Anche l’alcolismo e la malattia più in generale sono adottati dagli imputati come giustiicazione ai loro comportamenti. Francisco Manca dichiarò di essere collerico 60 e Baingio Foy, che alla collera aggiunse rabbia e
confusione mentale, asserì che questo stato confusionario era dovuto alla
fame patita in carcere, e i testimoni confermarono 61. Ancora: il giovane
Bartholom Orrù si inse pazzo e Perantonio Fortesa simulò un attacco di
mal caduco, ma entrambi furono smascherati dai medici 62.
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«[...] çierto saçerdote le hizo una escritura que se la puso en la cabeça, que dezían que estava
estropiada […] ella avía quedado tan enferma que dezían que dezía muchos disparates y que
cierto saçerdote le avía hecho dos escrituras para sanarla», AHN, Inq. L. 782, c. 235r (1583).
«[...] le levantaron que era endemoniada, y despues le procuraron algunos remedios y le hizieron
un escrito que llevava con sigo el qual dexava quando ayudava parir alas mugeres poruque era
maestra de parto», AHN, Inq. L. 782, c. 385r (1585-86).
«[…] y llamaron los clérigos y la llevaron a la yglesia y le pusieron unos escritos y le dixeron
oraciones», AHN, Inq. L. 782, c. 229v (1583).
«[…] parescía endemoniada. Y que por esto llamaron ciertos clérigos que fueron a su casa y le
hecharon agua bendita y le leyeron los psalmos y otras oraçiones y le pusieron libros en çima de
su persona; y de esta manera estuvieron ocho días.», AHN, Inq. L. 782, c. 220v (1583).
AHN, Inq. L. 782, cc. 336r-341v, 376r-377r, 379r-380v (1585-86).
AHN, Inq. L. 783, c. 78v (1602-1604).
AHN, Inq. L. 783 cc. 55v-56r (1598-99). La dietetica fu una branca della medicina sin
dalle origini. Ippocrate metteva in relazione le malattie anche con la dieta; una
dieta non equilibrata poteva portare uno squilibrio degli umori, con prevalenza di
bile e conseguente annebbiamento della mente. Il pensiero medico antico e le sue
rielaborazioni ‘medio-orientali’ continuarono a inluenzare in questo senso l’Occidente
per tutta la prima età moderna, cfr. L. Roscioni, Il governo della follia. Ospedali, medici e
pazzi nell’età moderna, Milano 2003, 228.
AHN, Inq. L. 783, cc. 90v-91r (1602-4); AHN, Inq. L. 782, cc. 382r-383r (1585-86).
Mariangela Rapetti
Pochi altri elementi richiamano la pazzia da parte degli imputati: Juanuario Vaca afermò che uno dei suoi accusatori era pazzo e ottenne l’assoluzione 63. Joan Baquis Caddeo, un ciarlatano di Cheremule, pretese di aver
curato una donna demente e furiosa con una pozione, e una delle streghe,
Sebastiana Porru di Gemussi, fu accusata di aver ridotto alla pazzia alcune
persone, una delle quali fu legata con delle catene poiché incontenibile 64.
d – L’attegiamento degli Inquisitori
L’esigenza di sintesi dei compilatori delle relazioni rende poca giustizia
alla realtà dei processi, ma allo stesso tempo fornisce elementi utili alla
comprensione dell’atteggiamento dell’inquisitore di fronte alla malattia e
del suo grado di consapevolezza. Se le dichiarazioni degli imputati riportate
nelle relazioni possono essere state in qualche modo manipolate o estorte, i
giudizi dei qualiicatori e le sentenze inquisitoriali dovrebbero invece essere
stati trascritti in maniera fedele.
Gli inquisitori incaricati nell’epoca presa in considerazione furono 46,
ai quali si aggiungono 7 visitatori esterni inviati dalla Suprema 65. In alcuni
casi, come si vedrà, è evidente la diferenza di approccio, e in particolare
è palese una diferenza di prospettive tra gli uiciali sardi e i funzionari di
Madrid.
Tra i 47 casi giudicati interessanti ai ini della ricerca, sono 15 quelli che
vedono una lettura della patologia da parte di inquisitori, qualiicatori o
visitatori. L’esiguità dei dati non consente di asserire con certezza un atteggiamento umanista: ad esempio Antonio de Raya, inquisitore tra il 1581 e
il 1590, benché riconoscesse in Nina Porta e Nana Loni un simile atteggiamento incoerente, confuso, e una scarsa capacità di giudizio, si ritrovò ad
assolvere la prima e condannare all’abiura de vehementi la seconda.
Non sempre il riconoscimento dell’assenza di giudizio equivaleva all’assoluzione, è probabile che il verdetto ne fosse condizionato ma la gravità
del reato e la presenza di prove potevano comunque portare alla condanna.
Il blasfemo Sadurino Arca fu assolto a causa della sua personalità collerica,
ragione per la quale furono sospesi i processi di un altro blasfemo, Marco
Lechis, e del sacerdote reo confesso Diego Esquinto, e che portò all’abiura
63
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AHN, Inq. L. 783, cc. 78v-79v (1602-4).
AHN, Inq. L. 783, cc. 310v-317r (1655); AHN, Inq. L. 782, c. 238v (1583).
Cfr. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna, cit., tav. 2, Elenco degli Inquisitori che hanno
operato in Sardegna, 469-477.
Gli inquisitori di fronte alla follia
de levi nel caso di Nicolas Cano, anch’egli blasfemo 66. Neanche la collera,
dunque, rappresentava una scusante certa 67.
Il giovanissimo Antoni Meli Agus, accusato di omicidio e falsa testimonianza e che confessò sotto tortura, si ritrovò a perdere il senno e fu descritto nella relazione come muy furioso e senza possibilità di miglioramento,
il suo processo fu sospeso ed egli fu aidato alla famiglia ainché se ne prendesse cura; solo in caso di guarigione, si disse, si sarebbe potuta riprendere
la causa 68. L’ottantenne Baingio Deyana, sacerdote, fu deinito pazzo, ubriacone e irregolare dal suo stesso vescovo, e anche il suo processo fu sospeso 69.
I casi che appaiono più signiicativi, visto il riscontro di diferente interpretazione e atteggiamento da parte di qualiicatori, inquisitori incaricati
e inquisitori in visita, sono solo due, e riguardano Nicolas de Blancafort,
cagliaritano, accusato di blasfemia giudaizzante, e le due sorelle Maria Antonia e Ana Graçia Ortu Querqui, di Bolotana, autodenunciatesi al Santo
Uizio per aver avuto visioni e rivelazioni da parte di Gesù.
Il primo processo a Nicolas de Blancafort si svolse nel 1602 e si concluse
con l’abiura de levi e il pagamento dei costi sostenuti dal tribunale. Nel 1604
66
67
68
69
AHN, Inq. L. 782, cc. 199r-199v (1578-82), 256r-256v (1583); AHN, Inq. L. 783, cc. 474v-475r
(1665), 510r-510v (1676-79).
Il termine ‘collera’, castigliano antico cólera, dal lat. cholĕra, a sua volta mutuato dal gr.
χολέρα, indicava all’epoca sia l’umore bilioso (o collerico, appunto) che l’ira. Secondo la
tradizione galenica il temperamento collerico era originato da un eccesso di bile gialla,
caratterizzato da scoppi d’ira e irritabilità. I medici medievali lo riconobbero tra le cause
di mania e/o frenesia, patologie cum alienatione mentis, e queste teorie furono difuse
anche dai compilatori di opere enciclopediche come Bartolomeo Anglico, autore del De
proprietatibus rerum (XIV secolo). La collera fu però anche oggetto di rilessione per il
monachesimo altomedievale, e fu vista come pensiero che ottenebra l’anima e confonde
la mente ad esempio da Evagrio Pontico (Trattato pratico, 12) e Gregorio Magno (Moralia
in Job, XXXI, 89), mentre Giovanni Cassiano la annovera nella sua personale lista dei vizi
capitali, cfr. G. Cassiano, Le istituzioni Cenobitiche, Bresseo di Teolo, 1989, libro V, p. 141.
«Salio de juyzio y lo esta y muy furioso y sin esperança de tener salud y assi no pudo ser condenado
en pena corporal ni peccuniaria porque no tiene bienes, se ha encomendado à sus parientes
que lo guarden y curen con auto que si en algun tiempo bolviere a cobrarel juyzio se pueda
acabar su causa», AHN, Inq. L. 782, c. 530v (1590). Nel Seicento il furioso, o maniaco,
è descritto come violento, incline alle minacce, alle liti, fa discorsi confusi. La causa è
individuata nell’eccesso di bile nera, i cui vapori annebbiano il cervello, e la spiegazione
è di dichiarata origine ippocratico-galenica: «I maniaci si riconoscono facilmente dalle
parole o dalle azioni confuse, assurde e inopportune, proferite o compiute senza timore
e pentimento, come temerarietà, loquacità, impeto e ira», cfr. L. Tozzi, Medicinae pars
altera (1687), in Opera Omnia, Venezia 1711, vol. I, 143-144, in Dini (cur.), Il medico e la follia,
cit., 95-96.
AHN, Inq. L. 783, c. 30r (1594). Per una visione quanto più comparativa possibile degli
elementi riscontrati, si rinvia alla tabella 1.
Mariangela Rapetti
fu nuovamente accusato di proposizioni scandalose pronunciate durante un
periodo di malattia, nonché di ingiurie contro il Santo Uizio. Le proposizioni furono esaminate dai qualiicatori sardi e inviate alla Suprema. Secondo i qualiicatori sardi, la maggior parte delle proposizioni contestate
non aveva qualità di eresia (arrojada y loca y de un hombre impatiente), ma le
poche giudicate eretiche furono ritenute suicienti per procedere alla reclusione, avvenuta l’11 giugno 1604. La Suprema incaricò un altro qualiicatore,
Pedro del Castillo, il quale rispose il 12 novembre 1604, da Vallodolid, che le
proposizioni erano abominevoli, scandalose, eretiche e piarum aurium ofensive, che l’accusato sembrava essere privo di giudizio (non compos mentis), ma
che se avesse avuto giudizio sarebbe stato colpevole. Il de Blancafort morì il
31 luglio 1605 e fu sepolto in terra non consacrata prima che il suo processo
fosse concluso, e a tal ine furono chiamati gli eredi. Il procuratore difese
l’imputato defunto afermando che «quando tenia los dolores de su enfermedad
hablava locuras y que casi le tenian por loco o frenetico», e la causa fu conclusa
solo l’11 agosto 1608 con l’inventariazione dei beni dell’imputato.
La combinazione dei termini loco e frenetico lascia intuire che il de Blancafort doveva aver manifestato temerarietà, furore e delirio, probabilmente
quella malattia che all’epoca era indicata come ‘mania furiosa’70.
Il 13 agosto 1614 l’inquisitore generale chiese un processo alla memoria
e fama di Nicolas, ma solo il 14 gennaio 1623 la consulta deliberò «que la
memoria y fama del dicho Nicolas Blancafort fuese absuelta de la instansia del
juisio»71.
La vicenda delle sorelle Ortu Querqui è stata anticipata da Salvatore Loi,
e si ripropone in questo contesto per la sua ainità con l’argomento trattato 72. Le due sorelle, Maria Antonia di 35 anni e Ana Graçia di 18, si erano
presentate spontaneamente la tribunale dicendo di avere avuto delle visioni
e di aver parlato con Christo Nuestro Señor. La relazione, compilata dal visitatore Manuel Monge y Amaurita nel 1665, riferisce che l’inquisitore locale le
aveva aidate a un teologo il quale, dopo averle esaminate, le giudicò donne
di spirito e serve di Dio, «lasciandole così nell’inganno in cui vivevano».
Il visitatore, invece, sentendo di queste visioni, ritenendole «sciocchezze
70
71
72
La descrizione della mania fu ereditata dalla medicina greca (da Celso in particolare),
ripresa dagli arabi e mantenuta per tutta l’età moderna. Numerosi esempi di osservazione
medica della mania si trovano in Dini (cur.), Il medico e la follia, cit., passim. Arnaldo da
Villanova (1240-1312) la deinì audacia temeraria et furiosa, cfr. A. Villanovanus, De parte
operativa, in Praxis medicinalis, Lyon, 1586, prima parte, 163.
AHN, Inq. L. 783, cc. 624r-633v.
AHN, Inq. L. 782 cc. 510v-511v. Cfr. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna, cit., 406-407.
Gli inquisitori di fronte alla follia
e illusioni», decise di esaminare la documentazione e di interrogare le due
sorelle:
«Reconozi que estava en muy malo estado las dichas mugeres y assi por medi del
mismo caliicador que las havia examinado hize que con secreto se tragessen al tribunal y haviendolas examinado separadamente y confessado ellas las dichas visiones
y revelaziones descubri con las repreguntas que les hize que todo era sueño y ilusiones
del demonio con un poco de hipocresia y que se originava de la abstinençia y falta
de sueño, con que las reprehendi severamente dandoles a entender su error en que
estubieron algo pertinazes si bien despues se sugetaron a la zensura del tribunal.
[…] En atenzion a que estas mugeres eran ignorantes, de poca edad y que havian
venido de su voluntad al tribunal suhentandose a su zensura, y estavan engañadas
del demonio, pareçio no se podia hazer con ellas otra demonstraçion que dirigirlas
al conozimiento de su error, desengañarlas y darles confessores doctos que las pudiessen encaminar por la senda de la virtud [...], ordenandoles que no saliessen desta
çiudad sin lizençia del tribunal y que comiessen y dormiessen competentemente y no
ablassen de las dichas visiones y revelaçiones con persona alguna sino solo con sus
confessores»73.
Le due relazioni dimostrano chiaramente che, per quanto gli indirizzi
fossero comuni, gli incaricati dal tribunale potevano dare un’interpretazione diversa dello stesso caso.
La vicenda di Nicolas de Blancafort lascia ipotizzare che egli fosse veramente afetto da qualche disturbo mentale, così come aveva suggerito il
teologo incaricato dalla Suprema e così come sosteneva il suo procuratore,
altrimenti non si spiegherebbe la volontà di riaprire un processo chiuso e
relativo a un imputato defunto.
La storia delle due sorelle desta ancora più curiosità, soprattutto perché
la lettura del visitatore Monge y Amaurita lascia trapelare la sua conoscenza
del sapere medico all’epoca più difuso in ambito cristiano: se l’indebolimento del corpo rende l’individuo facile preda degli inganni del diavolo, la
terapia è rappresentata da una buona dieta e il giusto riposo per il bene del
corpo e da una guida spirituale per il bene dell’anima 74.
73
74
AHN, Inq. L. 782 c. 511r.
Gli statuti degli ordini ospedalieri medievali, ad esempio, prevedevano per i malati
prescrizioni igieniche, dietetiche e conforto spirituale, cfr. J. Agrimi, C. Crisciani,
“Carità e assistenza nella civiltà cristiana medievale”, in J. Agrimi (cur.), Storia del
pensiero medico occidentale vol. 1: Antichità e Medioevo, Bari 1993, 217-259, 243. Sul corpo
debole come veicolo per il diavolo si era espresso il Malleus Maleicarum, cfr. supra.
Mariangela Rapetti
Tabella 1. Sintesi dei casi di ‘patologie’ riconosciute dai funzionari dell’Inquisizione
Imputato
(capo d’imputazione)
Sadurino Arca
(Ingiurie)
Francisco Serra
(Blasfemo)
Miguel Murgia
(Canonico che non
segue il precetto)
Valutazione
Marco Lechis
(Blasfemo)
Collerico e
senza giudizio
Batista Tronxi
(familiare del Santo
Uizio,testimone
incongruente)
Nina Porta
(strega)
Timido e senza
giudizio
Nana Loni
(strega)
Antoni Meli Agus
(correo in falsa
testimonianza e
omicidio)
Collerico
Senza giudizio
Tonto e privo
della capacità di
giudizio
Disorientata,
turbata e senza
giudizio
Confusa,
incostante e
non in completa
capacità di
giudizio
Perde il senno,
molto furioso e
senza speranza
di guarigione
Autorità
giudicante
Inquisitore
Antonio de Raya
Inquisitore
Antonio de Raya
Inquisitore
Antonio de
Raya, sentito
l’arcivescovo
di Oristano e i
consulenti
Inquisitore
Antonio de Raya
Sentenza
Anno*
Assolto perché collerico e 1582
anziano
Assolto per mancanza di 1583
prove
Privato della possibilità
1583
di dire messa; Abiura de
levi; risarcimento spese
Tribunale
Processo sospeso
perché le bestemmie si
ritengono «pronunciate
senza considerazione né
giudizio, essendo egli
estremamente collerico»
Inquisitore
Lavori forzati; privato
Antonio de Raya, della familiatura; non
in accordo con
si tiene conto delle sue
l’avvocato
testimonianze
Inquisitore
Assolta
Antonio de Raya
1583
1586
1586
Inquisitore
Frustate; abiura de
1587
Antonio de Raya vehementi, assoluzione
ad cautelam (sospetto
grave ma si accetta la
buona fede)
Inquisitori
Processo sospeso, aidato 1590
Antonio de Raya alla famiglia perché se ne
e Diego Osorio
prenda cura
de Sexas**
* Anno in cui è stata compilata la relazione.
** L’incarico di Antonio de Raya si concluse nell’agosto del 1590, Diego Osorio de Sexas
arrivò in Sardegna nel giugno di quell’anno, cfr. Loi, Storia dell’Inquisizione in Sardegna,
cit., 471. Il giovanissimo Antoni Meli Agus è l’ultimo imputato di una relazione che fu
compilata successivamente all’autodafé del 2 dicembre 1590 e riporta entrambi i nomi,
speciicando per il de Sexas dende que vino en este Reyno, cfr. AHN, Inq. L. 782 c. 530v. E’
ipotizzabile, ma non se ne ha certezza, che la causa di questo imputato sia stata presieduta da Diego Osorio de Sexas.
Gli inquisitori di fronte alla follia
Inquisitori Diego
Osorio de Sexas
e Alonso de la
Peña
Gli inquisitori
accolgono il
giudizio espresso
dal suo vescovo
Qualiicatori a
Sassari
Penitenza pubblica;
abiura de levi; frustate;
lavori forzati
1592
Processo sospeso
1596
Incarcerato
16021623*
Pedro del
Castillo,
qualiicatore
incaricato dalla
Suprema
Pazzo e
Visitatore
frenetico
Francisco
Melgossa con
l’ordinario
dell’arcivescovo
di Cagliari
Collerico e
Visitatore
senza mal animo Manuel Monge y
Amaurita
Donne di spirito Qualiicatore
locale
Punibile se si fosse
dimostrato uno stato di
salute mentale
Antonio Forteleon
(blasfemo)
Sembra avere
poco giudizio
Baingio Deyana
(sacerdote blasfemo)
Pazzo,
ubriacone,
irregolare e
fuori di sé
Uomo
impaziente
Nicolas de Blancafort
(Blasfemo, ingiurioso
e giudaizzante)
Folle,
sconsiderato,
non compos
mentis
Diego Esquinto
(sacerdote che si
autodenuncia)
Maria Antonia e
Ana Graçia Ortu
Querqui (due sorelle
che dichiarano di
avere avuto visioni
mistiche)
Nicolas Cano
(Blasfemo)
Sogno, illusioni
del demonio,
ignoranza
e ipocrisia,
astinenza e
mancanza di
sonno
Collerico
Assolto in memoria
Processo sospeso
1665
Ritenute serve di Dio
1665
Assegnati loro
Visitatore
Manuel Monge y dei confessori per
disingannarle; che
Amaurita
mangiassero e dormissero
e non parlassero delle
visioni con nessuno
Inquisitore
Joseph de Torres
y Jalon
Abiura de levi, multa,
esilio
1679
* Prima causa nel 1602, seconda nel 1603-1608, ma lui muore nel 1605. Nel 1614 l’inquisitore
generale richiede un processo alla memoria. L’assoluzione è concessa nel 1623. AHN,
Inq. L. 783, cc. 624r- 633v, cfr. supra.
Mariangela Rapetti
4. Alcune osservazioni sulle conoscenze mediche emerse dalle relazioni
Le relazioni dimostrano che si riconosceva la malattia, ma di norma il
compilatore non si sofermava sui dettagli, e i pochi esempi rinvenuti non
rivelano molto sulla medicina uiciale. Le veriiche mediche richieste
dall’inquisitore sono esigue,volte in generale alla ricerca delle prove isiche
(è il caso, ad esempio, della circoncisione), e non si riscontrano vere e proprie diagnosi di malattia mentale.
Nel XVI secolo il galenismo aveva raggiunto il suo culmine, frutto di una
lunga elaborazione accademica, e persisterà ancora lungo tutto il Seicento,
seppur con le opportune revisioni date dai nuovi studi anatomici e dalla
rilessione ilosoica 75.
Tuttavia, nelle carte esaminate i rinvii alle deinizioni mediche della follia
sono quasi inefabili e determinate espressioni – e conoscenze – dovevano
essere ormai difuse, senza per questo sottintendere un’approfondita conoscenza dell’argomento. Escludendo la parola loco, pazzo, le espressioni in
questione si riconducono a pochi termini quali collera/collerico; furioso/a;
demente; frenetico; inine melancolia, parola che si incontra una sola volta
in un’esortazione fatta da un’accusata all’altra (no tomasse malencolia)76.
Un altro elemento che deriva dalla tradizione medica, e che in quest’epoca faceva certamente parte delle conoscenze difuse, è la necessità di un
equilibrio isico dato dalla corretta alimentazione e dal giusto riposo. È infatti un consiglio ‘terapeutico’ dato dal visitatore Monge y Amaurita alle
sorelle Ortu Querqui, ma anche Baingio Foy, si è visto, considera la confusione mentale una conseguenza della fame patita in carcere. Altro elemento, molto debole ma non di poco conto, si riscontra nel caso di molte
delle presunte streghe: secondo le testimonianze, il demonio ‘arrivava’ alla
ine di giornate di digiuno o dopo faticosi lavori manuali (raccolta della
legna, preparazione del pane etc.), cioè quando le donne, debilitate, potevano essere soggette a incubi o allucinazioni.
Gli elementi più ricorrenti nelle relazioni riguardano, com’era prevedibile, la superstizione popolare e l’empirismo. È dato per scontato il fatto
che la popolazione avesse poca conoscenza della medicina uiciale, e se è
75
76
Il De humani corporis fabrica di Andreas Vesalio è del 1542, e nello stesso anno è
pubblicato il De naturali parte medicinae di Jean Fernel; gli studi di Andrea Cesalpino
sulla circolazione del sangue, e sul cuore come unico centro, risalgono alla seconda
metà del Cinquecento. In ambito ilosoico, il galenismo fu messo in discussione a
partire da Paracelso (1493-1541). Per un quadro sintetico cfr. G. Cosmacini, L’arte lunga.
Storia della medicina dall’antichità a ogi, Bari 2008, 234-292.
AHN, Inq. L. 782, c. 195r (1583).
Gli inquisitori di fronte alla follia
vero che dagli imputati vengono utilizzate espressioni come ‘collera’ e ‘melancolia’, le dichiarazioni richiamano soprattutto berbos 77 e rituali profani
per la previsione e la cura di malattie, in molti casi ritenute frutto di fattura.
Va segnalato che la medicina popolare non era ostacolata del tutto, ma solo
nei casi in cui prevedesse l’utilizzo di oggetti consacrati (sovente l’acqua benedetta, ma anche eigi di santi, croci, ostie e paramenti) o il patto esplicito
col demonio 78. Tra i rimedi illustrati da Pasca Serrau vi erano quelli contro
l’epilessia, il colpo di sole e altre malattie delle quali non si conosceva l’origine 79; alcune maleiche, come Maria Loy di Escolca, ammisero di praticare
la divinazione su malattie, morte e fertilità 80; Joan Baquis Caddeo ‘curò’ numerosi malati, tra i quali una donna demente e furiosa, con pozioni e riti 81.
Come ultimo esempio si riporta la descrizione del bagno puriicatore
preparato da Nana Loni dopo il suo patto col diavolo: acqua calda, rosmarino, erba di santa Maria, ruta e incenso, un emplastro di queste erbe sui capelli e inine profumazione del corpo con ruta, incenso e cera benedetta 82.
Un bagno puriicatore erede della tradizione popolare 83 ma che allo stesso
tempo richiama molte farmacopee. L’erba di san Giovanni, o iperico, è
molto difusa in Sardegna ed è conosciuta anche con il nome di erba di santa
Maria. Le sue proprietà furono enunciate da Dioscoride, Plinio il vecchio
e Galeno, in particolare per curare le ferite, le piaghe e le ustioni, ma nel
77
78
79
80
81
82
83
Il termine, dal lat. verbum, indica le parole usate nei rituali popolari, cfr. Loi, Streghe,
esorcisti e cercatori di tesori, cit., 111, nota 10.
Ne è prova il fatto che in occasione della pestilenza che colpì l’isola nella metà del
Seicento le autorità fecero ricorso, inutilmente, sia alle mediçinas des medicos che alle
medicine sardescas, cfr. F. Manconi, Castigo de Dios: la grande peste barocca nella Sardegna
di Filippo IV, Donzelli 1994, 97-109.
AHN, Inq., L. 782 cc. 220v- 226v (1583).
AHN, Inq., L. 782, cc. 390v-393r (1587).
AHN, Inq., L. 783, cc. 310v-317r (1655). Per un panorama completo sulle pratiche magiche
delle ‘streghe sarde’ si rinvia a Loi, Streghe, esorcisti e cercatori di tesori, cit., 108-141.
AHN, Inq., L. 782, c. 394v (1587). Emplastro dal lat. emplastrum, empiastro, unguento
farmaceutico.
La famosa hechizera Julia Carta, in carcere, ricorse ad un afumentu a base di cera,
incenso, rosmarino e acqua benedetta per curare dal dolor de cabeça (mal di testa) la iglia
dell’alcalde, il responsabile del carcere, cfr. T. Pinna, Storia di una strega. L’Inquisizione
in Sardegna: il processo di Julia Carta, Sassari 2000, 95, 396-399. S’afumentu (fumigazione)
è tramandato dalla tradizione popolare sarda, tra le altre cose vi si ricorreva quando
una persona subiva un trauma psicologico come uno spavento o un grande dispiacere,
cfr. N. Cossu, Medicina popolare in Sardegna: dinamiche, operatori, pratiche empiriche e
terapie magiche, Sassari, 1996, passim; Id., A luna calante: vitalità e prospettive della medicina
tradizionale in Sardegna, Lecce 2005, 164. Le fumigazioni erano consigliate dalla medicina
ippocratica in caso di isteria, e il procedimento, ottenuto bruciando erbe aromatiche, è
descritto in molte farmacopee europee.
Mariangela Rapetti
tardo Medioevo era dato come ingrediente importante in caso di melancolia, isterismo e mania 84. In Sardegna era utilizzato come sedativo in caso
di esaurimento nervoso e in particolare per curare i disturbi femminili, da
qui l’appellativo Frore ‘e Santa Maria 85.
Il rosmarino, secondo Dioscoride, aveva proprietà utili in caso di problemi mestruali, così come la ruta, che era consigliata anche per le contrazioni dell’utero, l’isteria, il mal di testa e altri disturbi: era una sorta di
panacea per tutti i mali. La ruta aveva inoltre una funzione contro gli spiriti
malvagi, nel Medioevo era considerata una pianta ‘scaccia demoni’86.
Le piante aromatiche sarebbero state usate per profumare il bagno e non
per preparare decotti ed estrarre oli essenziali, ma le loro proprietà potevano essere note. Pur lasciando da parte la malattia mentale come allora era
conosciuta, non si può non ricordare che l’isteria, da Platone all’Ottocento,
era considerata una malattia femminile con sede nella matrice 87. Poteva il
il rouge dei disturbi tipicamente femminili essere sfuggito al confessore che,
secondo Nana, aveva suggerito il bagno profumato?
Conclusioni
L’approccio alla stregoneria emerso dalla documentazione esaminata,
frutto certamente della politica degli inquisitori spagnoli, conferma che lo
scetticismo nei confronti delle streghe difuso dagli umanisti era presente
anche nei processi sardi. Nello speciico dell’approccio alla patologia mentale, anche in Sardegna si rintracciano possibili malati mentali tra gli imputati del Santo Uizio, ma il numero esiguo conferma la tendenza a sfatare il
mito che tutti gli inquisiti fossero afetti da disturbi mentali. Gli inquisitori
locali non sempre hanno riconosciuto le patologie: i casi del Blancafort e
delle sorelle bolotanesi lo confermano, ma la lettura con occhi attuali la84
85
86
87
L’utilizzo della pianta come antidoto alla melancolia è confermato dalla tradizione della
Scuola medica Salernitana: «si ergo ex naturali melancolia fuerit, purgabis eos cum ierapigra
aut theodericon ypericon, et eas sepes implices dabis, opiate etiam ut mitridatum, veltyriaca
date assidue mirabiliter confuerunt», cfr. S. De Renzi (cur.), Collectio Salernitana tomo II,
Napoli 1853, 127.
E. Campanini, Piante medicinali in Sardegna, Nuoro 2009, 234.
Delle proprietà mediche della ruta parla Dioscoride nel De materia medica (3, 45). Sugli
usi popolari cfr. E. Campanini, Piante medicinali in Sardegna, cit., 436-439; G. Paulis, I
nomi popolari delle piante in Sardegna, Sassari 1992, 229.
Sull’evoluzione del concetto di isteria cfr. C. Tasca, M. Rapetti, M. G. Carta, B.
Fadda, “Women and Hysteria in the history of Mental health”, in Clinical practice and
Epidemiology in Mental health, 8 (2012), 110-119.
Gli inquisitori di fronte alla follia
scia ipotizzare che alcune delle ‘streghe’ fossero afette da disturbi psichici.
Tuttavia, si è visto che in caso di sospetto grave la malattia non costituiva
un’attenuante.
Gli elementi raccolti, inine, dimostrano quelle che dovevano essere le
‘terapie’ più difuse in caso di malattia mentale: assistenza dei familiari,
dieta, catene, superstizione. Le prime due suggerite dagli inquisitori, le altre
individuate nelle dichiarazioni, tutte coerenti con il sapere difuso all’epoca
in ambito mediterraneo.