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La registrazione: un dietro le quinte non sempre noto

Non so quanti di voi abbiano mai avuto modo di frequentare o mettere piede all’interno di uno studio di registrazione, ma coloro che ne avessero avuto occasione sono certo non avranno dimenticato la pletora di dispositivi a disposizione di chi si occupa della registrazione, del mixing e del mastering, ovvero le tre operazioni fondamentali al fine di ricavare il materiale musicale.

A ben vedere, infatti, se dovessimo stabilire un punto zero che funga da sorgente in senso assoluto, non potremmo far altro che riferirci alla registrazione dell’evento originale, vero e proprio attimo fuggente che da sempre si tenta di cristallizzare all’interno del supporto nel quale sarà riversata.

Si tratta dell’operazione base, vero e proprio big-bang dal quale si ottiene il materiale necessario alla nascita di un disco, analogico o digitale che sia.

La sala controllo di uno studio di registrazione: notare le numerose apparecchiature presenti

 

Non è un’operazione semplice, tutt’altro, richiede tempo ed esperienza al fine di captare al meglio l’evento musicale preservando quelle che sono le caratteristiche migliori dell’esecuzione, un insieme di aspetti talvolta in contrasto tra di loro che solo la maestria di chi effettua la registrazione è in grado di esaltare al meglio.


Basta riferirsi all’uso dei microfoni in relazione agli strumenti, operazione che consente di esaltare o distruggere letteralmente – ove non ben eseguita – quelle che sono le caratteristiche timbriche più evidenti e rilevanti, aspetti che non trattati nel giusto modo andranno persi per sempre.

Per fare un esempio – nemmeno tanto banale – è sufficiente immaginare come uno strumento produca il suono che lo contraddistingue: la tavola armonica di un pianoforte, inserita nella relativa cassa le cui corde sono percosse dai martelletti azionati dalla tastiera, martelletti che sono rivestiti in feltro e producono quindi un particolare suono, notevolmente diverso tra un modello verticale ed uno a coda, oppure da un clavicembalo, ove le corde sono invece pizzicate da una serie di plettri, qualcosa che meccanicamente parlando è parecchio diversa.

Un pianoforte verticale ed una a coda: caratteristiche e suono diversi

 

Oppure un violino, un contrabbasso, strumenti che sfruttano le risonanze del proprio corpo al fine di ottenere la particolare timbrica che li connota; si narra che il famoso liutaio Antonio Stradivari, al fine di ottenere il suono che desiderava, giungesse a mettere fino a 500 strati di lacca accordante sui propri capolavori, oggetti che non potrebbero essere definiti diversamente.

All’epoca ovviamente non esisteva l’elettronica, non c’era la possibilità di esaminare le risonanze della tavola armonica di un violino con un accelerometro oppure evidenziare eventuali criticità tramite un esame strumentale effettuato in laboratorio, occorreva avere orecchio, pure ben allenato, quello era lo strumento di misura per eccellenza a quei tempi.

Eppure sono nati veri e propri capolavori, strumenti che ancora oggi deliziano le nostre orecchie con il loro magnifico suono, timbricamente perfetto.

Uno splendido quanto raro esemplare di Stradivari

 

Col tempo, immancabilmente, l’evoluzione ha apportato migliorie consentendo di registrare tale meraviglia su un supporto che la renda fruibile facendoci rivivere il momento dell’esecuzione quando vogliamo, con la registrazione appunto, sorta di fermo immagine di momenti talvolta memorabili e perfino irripetibili.

Per sovrapposizione, potremmo alludere ai citati 500 strati di lacca accordante facendo un paragone con tutto ciò che tecnicamente sono gli aspetti più rilevanti di una registrazione: la giusta disposizione dei microfoni, l’ambiente ove avviene la presa del suono, la disposizione dei musicisti ed addirittura lo stato di grazia nel quale questi si trovano, circostanza che nel passato ha consentito, e consente tuttora, di realizzare veri e proprio capolavori.

Circa i microfoni, sono possibili differenti configurazioni, da quelle più semplici (tipo la nota X-Y che fa uso di due singoli esemplari) a quelle maggiormente complesse che vedono all’opera numerosi elementi al fine di captare un elevato numero di informazioni, aspetto questo che nasconde molte insidie e dev’essere considerato attentamente.

Idem dicasi per la posizione dei musicisti, che non sempre li vede disposti nel medesimo ambiente al momento della registrazione ma che anzi, talvolta, li vuole dislocati in ambienti diversi al fine di evitare mutue interferenze, qualcosa che sporcherebbe il suono rendendolo confuso.

Insomma, ottenere una registrazione perfetta non è affatto semplice, se non altro per la complessa interazione strumentale ed ambientale che accompagna inevitabilmente l’operazione.

Segue il missaggio, vera e propria opera di rifinitura che consente di affinare ulteriormente il suono dei singoli strumenti limando eventuali asperità che dovessero presentarsi, un certosino lavoro che renderà la timbrica ancora più vicina alla realtà, infine, a prodotto quasi ultimato, giunge il mastering, operazione che piuttosto che lavorare sui singoli aspetti prende in considerazione l’insieme affinando ulteriormente quanto fino a quel momento ottenuto.

Se avete letto qualcuna delle nostre recensioni musicali – ad esempio questa – sapete che cerchiamo da sempre di raccontarvi quanto di buono si nasconda nel supporto che ospita la registrazione presa in considerazione, una scelta per certi versi obbligata al fine di far rendere al meglio gli impianti degli appassionati, d’altronde qui si parla di alta fedeltà!

In conclusione – al pari di una raffinata ricetta – una registrazione di elevato livello è composta da molti ingredienti sapientemente miscelati tra loro onde evitare mutue interferenze, sapori eccessivamente prevalenti o troppo caratterizzanti, una vera e propria ars sonora che consente di (ri)vivere momenti emozionanti legati ad opere spesso seminali.

Come al solito, ottimi ascolti!!!

 

 

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