Il paesaggio in prestito

Giugno 2014 – Che cosa posso scrivere d’interessante sul paesaggio, in relazione al giardino, che già non sia stato scritto o detto? Come accade nei casi in cui si decide di affrontare argomenti così ampi, il rischio è quello di ripetere ciò che paesaggisti ed esperti della materia hanno già esaustivamente dibattuto e documentato. E’ per questo che, senza la pretesa di aggiungere nulla di nuovo a tale tema, con un linguaggio direi emozionale, parlerò della mia personale esperienza, vale a dire del paesaggio in rapporto a me e al mio spazio verde. Quando ancora non c’era un giardino, ma solo pochi arbusti confusamente dislocati qua e là, imponeva già la sua presenza ed esercitava il suo prestigio. Come una spettatrice che prova ammirazione disinteressata per qualcosa non lo avevo, tuttavia, ancora accolto come “circostanza favorevole”. Non c’era possibilità alcuna che potesse passare inosservato, ma mi sfuggiva che potesse essere la chiave con la quale operare.

Era lì, come un dogma, a ricordarmi che non potevo non tenerne conto, ma era come se lo vedessi senza “ascoltarlo”.

Da totale inesperta della materia mi chiedevo quali fossero le piante, le regole, i canoni o le soluzioni progettuali a cui far riferimento allorché dal nulla ci si accingesse a creare un giardino;  lo sconcerto di chi senza alcun rudimento si trova di fronte uno spazio grande e vuoto, da trasformare in giardino assomigliava a quello dell’ analfabeta di fronte ad una pagina bianca. Che fare? Chiamare un professionista che con planimetria e misure ti propone il suo progetto?  Pensai che poteva essere la strada da percorrere, ma nessuno sapeva indicarmi una figura professionale ben definita. Con il senno di poi ho scoperto che in Italia si confondono tra loro le figure dell’architetto con quelle del paesaggista, se non addirittura con il vivaista, capace a volte solo di piazzare nella tua terra le ultime piante alla moda. Decisi, allora, di fare da sola, rispolverando una vecchia enciclopedia del giardinaggio, regalatami da una zia e affondando le mani nella terra. Da quel momento non mi sono più fermata. Sono arrivate le riviste specializzate, i libri, le notizie in rete, i forum di discussione e nel frattempo cominciava a prendere forma, anche se molto lentamente, un’idea di giardino con la consapevolezza, ormai, che il mio riferimento dovesse essere non un canone stilistico fine a se stesso, ma un principio ispiratore: il paesaggio.

Tutto ciò che mi circondava cominciò ad essere dunque un valido condizionamento:  pensai che le sagome tondeggianti degli olivi, visibili in lontananza, potevo ripeterle in una bordura di rosmarini e lavande potati in forma sferica, evitando la soluzione di una siepe squadrata e regolare. L’olivo, elemento fortemente connotante della mia zona, diventò motivo ispiratore anche in relazione al colore. Il grigio argenteo delle sue foglie lo si ritrova in moltissime piante a foglia grigia collocate in giardino come teucrium, elicriso, artemisie, cerastium, santoline ecc…; piante che si sono rivelate vincenti non solo dal punto di vista della rusticità e resistenza  (a fattori climatici estivi come forte insolazione, siccità e vento) ma anche perché rappresentano una sorta di leitmotiv dell’intero giardino.

Come afferma il paesaggista Giuseppe Baldi in un’intervista:”Quando il paesaggio entra in un’area destinata a giardino la condiziona. Solo quando il giardino è completamente indipendente e non ha contatti visivi col paesaggio esterno, c’è completa libertà d’azione…  Quando invece il giardino comunica con ciò che è fuori dalla recinzione bisogna prendere gli stimoli del paesaggio esterno e portarli dentro amplificandoli”.



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