Africa. Un bimbo in foto funziona sempre. Ma non è quella la solidarietà

Bambini africani fotografati nudi, coperti di mosche, denutriti e ammalati: questa è la porngografia del dolore, ma non esistono regole per vietarla

In un’epoca in cui la lotta al razzismo è ormai divenuto un tema di stringente attualità, persiste, per molti turisti ma anche cooperanti o volontari pur animati dalle migliori intenzioni, la tentazione di farsi fotografare attorniati da bimbi africani. Foto che vengono poi prontamente condivise sui social network. Foto-ricordo di incontri fugaci, veloci. Senza che, di quei bambini, la persona che pubblica la foto sappia neppure il nome. Un “rito” cui, nello scorso mese di ottobre, non si è sottratta nemmeno la presentatrice inglese Stacey Jaclyn Dooley, durante un viaggio umanitario in Uganda. La donna ha postato, infatti, una foto con un bimbo africano che, in pochi minuti, ha subito ricevuto una valanga di like e di commenti ammirati. C’è però chi non ha apprezzato, come il parlamentare laburista David Lammy, di colore, che ha scritto su Twitter: “D’accordo con la solidarietà e la fratellanza internazionale, ma piantiamola con i cliché dei bianchi che soccorrono i piccoli africani bisognosi di aiuto”.

Foto con bimbo in Africa: una moda che purtroppo prosegue

Ma quella del “selfie” con bimbi africani al seguito è una moda che prosegue. Leggiamo infatti sulla rivista Africa di ottobre 2019 che “sono innumerevoli, infatti, i testimonial delle ONG che vengono ritratti in mezzo a bimbi africani”. E, d’altronde, “funzionano alla grande per le donazioni”, spiegano gli esperti del marketing umanitario. Ma le voci di dissenso stanno crescendo e, nella rete, spuntano i blog che stigmatizzano con irriverenza queste immagini e questa moda. I nomi sono evocativi: da “Failed Missionary” a “Humanitarians of Tinder” fino a “White Savior Barbie”.

“I diritti di tutela dell’immagine dei minori valgono solo in Europa o Stati Uniti – ha scritto sul tema il sito Afropunkmentre gli occidentali si sentono liberi di pubblicare foto di bimbi africani senza il consenso dei loro genitori”. Già, come se quei bimbi non avessero diritto. Come se fossero trofei, o souvenir. Come uno scatto sotto la Tour Eiffel a Parigi. O sul Canal Grande a Venezia. Scatti, quelli, che servono spesso a fare marketing territoriale. Quelle dei bimbi africani, invece, sostengono il marketing della solidarietà. Sempre di marketing si tratta. Cioè, come dice il termine stesso, della “vendita” di qualcosa. Ma l’accoglienza, quella di cui questi bimbi avrebbero bisogno, è qualcosa di molto, molto diverso.

Foto con bimbo in Africa: la pornografia del dolore

C’è poi il tema, altrettanto importante, della cosiddetta pornografia del dolore. Anche quella, che solitamente i bambini africani li mostra nudi, coperti di mosche e denutriti, è un modo di “promuovere” la solidarietà che non dovrebbe appartenere a chi, nella missione dell’accoglienza, intesa in senso lato, ci crede realmente. Ai.Bi. – Amici dei Bambini, da anni, chiede che questa pratica venga sanzionata. Per riuscirci servirebbe un codice etico per il Sostegno a Distanza e, in generale, la raccolta fondi a fini solidali. Un codice che, al momento, purtroppo manca.