Gabriella dono di un parto in anonimato “Non voglio sapere chi era mia madre, ora sogno di adottare”.

Storia e ricordi di una donna venuta alla luce con un parto in anonimato. Un’intervista quella di Gabriella (nome di fantasia) al Corriere Torino che non lascia dubbi sulla tentazione di rintracciare la madre biologica “Diciamo che non l’ho sentito come una priorità, io una famiglia l’ho sempre avuta”

Gabriella è venuta alla luce nel 1969 nella clinica ostetrica di un istituto gestito dalle suore a Cuneo. A dieci mesi è stata adottata da una famiglia di Torino e oggi sostiene il diritto delle mamme biologiche, compresa la sua, a restare segrete. Nel cuore un sogno: adottare un bambino.
La mia adozione, racconta Gabriella, non è stata una scoperta o una rivelazione, l’ho sempre saputo. “I miei genitori hanno iniziato a raccontarmelo fin da subito con le parole adatte, quando ho iniziato a fare le prime domande, mostrandomi le foto del nostro primo incontro in cui ero già grandina”-  spiega Gabriella nella sua intervista a Chiara Sandrucci  – “e spiegandomi dove erano andati a prendermi dopo avermi aspettato tanto”.

E sulla storia della sua nascita e la sua mamma biologica, Gabriella, non pare aver dubbiNon è mai stato il mio chiodo fisso, poi però a 30 anni i miei genitori adottivi tra un trasloco e l’altro avevano perso dei documenti di cui avevo bisogno. E così sono tornata a cercarli. Al posto dell’istituto, nella stessa sede, c’erano uffici pubblici della Provincia che continuavano ad occuparsi di bambini e famiglie. Avevano conservato tutta la documentazione. Ho potuto avere una copia del fascicolo che mi riguardava, mentre quello di mia madre è rimasto segreto. Ancora oggi funziona così”. Nel suo fascicolo c’erano anche i dati sulla madre “C’è scritto che aveva 21 anni “  continua Gabriella “e che era di origine europea, informazioni che possono essere rese note. Sono riuscita a farmi un’idea, anche parlando con la funzionaria che ha gestito il mio fascicolo. Ho capito delle cose, va bene così. A volte succede invece che non venga annotato proprio nulla nel fascicolo del figlio, mentre è importante che qualcosa ci sia. Ho scoperto che dopo avermi partorito è subito andata via e non è mai tornata a cercarmi. Dopo averlo saputo mi sono messa il cuore in pace

Quindi non ha mai avuto la tentazione di rintracciarla? chiede la giornalista. Non lascia dubbi la risposta di Gabriella  Diciamo che non l’ho sentito come una priorità, io una famiglia l’ho sempre avuta. Però l’interrogativo ti accompagna, ti chiedi il perché dell’abbandono. Non è tanto un buco di identità, perché quella si definisce nella famiglia adottiva, quanto un anello mancante che rimarrà sempre. La perdita dei documenti per me è stata provvidenziale perché le informazioni che ho ricevuto mi hanno convinta ancora di più di non andarla a cercare. Mia madre non ha fatto come altre che si fermavano magari ad allattare o tornavano ogni tanto a vedere il bambino. Se fosse stato così, magari ci avrei pensato di più”. 

Altrettanto netta la posizione sul disegno di legge che mette in discussione la segretezza del parto in nome del diritto alle proprie origini dei figli Ho comunque sempre pensato che tra la mia curiosità e la violazione del segreto del parto, deve ancora prevalere questo diritto della madre. Anche se sono passati tanti anni, per una donna può essere molto spiacevole essere rintracciata dal tribunale. E sarebbe un forte deterrente contro la nascita sicura in ospedale”.