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Il Disturbo dell’umore: cosa è, cosa fare

Aggiornamento: 16 feb 2023



Articolo di Marco PACIFICO


Nella recente intervista rilasciata dal Presidente dell’Ordine degli Psicologi David Lazzari (https://www.informazionesenzafiltro.it/david-lazzari-psicologo-di-base-psicofarmaci) si dichiara che in Italia le persone depresse sono circa tre milioni […]. Oggi nel nostro Paese circa il 6% degli adulti fra i 18 e i 69 anni soffre di sintomi depressivi, e in particolare i sintomi sono più frequenti tra le donne (che sono l’8% rispetto al 5% degli uomini), nelle persone fra i 50 e i 69 anni, tra le classi socialmente svantaggiate per difficoltà economiche, e tra chi soffre di patologie croniche (Fonte: sorveglianza epidemiologica “Passi”).   I militari, purtroppo, non ne sono esenti, e seppur selezionati, proprio per la loro continua esposizione ai fattori di stress, rappresentano un campione bersaglio per problematiche legate all’umore. Di seguito qualche informazione ripresa dal manuale edito da Sovera “Disturbo dell’Umore: dalla diagnosi DSM V al trattamento (Giusti.Pacifico, fiume, 20179 (Giusti, Pacifico, Fiume, 2017) a cui si rimanda per approfondimenti di dettaglio. 

Cosa sono i disturbi dell’umore?

I Disturbi dell’umore possono essere definiti come il male del secolo, con una diffusione così impressionante da dover necessariamente considerarli, almeno in alcune forme, come un’esperienza intimamente umana e non sempre classificabile come malattia, quanto piuttosto come disfunzione esistenziale. Questa commistione tra oggettivo e soggettivo rappresenta l’unicità e la specificità della Psicopatologia, scienza in continuo equilibrio tra due poli epistemologicamente (e ideologicamente) separati: le scienze della natura (Naturwissenschaften) e le scienze dello spirito (Geisteswissenschaf-ten), tra lo spiegare (Erklären) ed il comprendere (Verstehen), tra gli ordini causale e motivazionale. Questa sua doppia “anima”, determina che in Psicopatologia anche i concetti definiti con maggior precisione si riferiscono comunque a fenomeni che non sono esattamente e completamente definibili e quantificabili, dall’altra l’immensa ricchezza di riconoscere in ciascuna condizione di malessere l’unicità del vissuto, dei fattori predisponenti e talvolta anche di quelli precipitanti. Così come nel concetto di personalità si intersecano fattori genetici di tipo temperamentale con la propria individualità esperenziale, anche nella lettura clinica dei disturbi dell’umore appare indispensabile considerare una multicausalità del fenomeno che determina una complessità importante nell’identificazione delle cause e costringe ricercatori e clinici a considerare i diversi fattori genetici, biologici, psicologici e sociali. I disturbi dell’umore vedono contemporaneamente manifestazioni depressive e maniacali per periodi di tempo prolungati. La commistione di sintomi di opposta polarità si esprime nella tinta del tono affettivo, nel corso e nel contenuto del pensiero, nell’attivazione o nel rallentamento motorio. Aspetti caratteristici quali perplessità, labilità emotiva, eccitabilità, tensione, ansia ed agitazione, irritabilità, disforia, ostilità possono associarsi di volta in volta a manifestazioni meno costanti quali confusione, impulsività e sintomi psicotici, con contenuti ideativi e percettivi di opposta coloritura affettiva. La soggettività con la quale si presenta rende difficili gli inquadramenti nosografici e l’identificazione del trattamento che di volta in volta lascia il clinico a contatto con realtà molte diverse tra loro. 

Cosa fare?

Rivolgersi ad uno specialista esperto che attraverso l’osservazione, l’ascolto, la raccolta della storia clinica e personale, la conoscenza e il coinvolgimento dei familiari comprende in tutta la sua complessità il disagio che ha di fronte e fornisce corrette indicazioni terapeutiche. E’ necessaria una vasta competenza professionale e un'esperienza clinica con conoscenza approfondita dei contesti specifici, variabili determinanti nella gestione e nella lettura di uno spettro umorale assai multiforme. La capacità di individuare il disagio esistenziale, l’effetto dell’ambiente di riferimento, la sua gravità, la necessità di un supporto farmacologico, il rischio di condotte anticonservative necessitano di un equilibrio e di una direttività relazionale che non lascia spazio ad errori o a sentimenti di paura. 

Cosa ci dice la ricerca?

La ricerca è concorde nell’identificare l’integrazione tra farmacoterapia e psicoterapia, la modalità trattamentale più completa, capace sia di sostenere il senso di inadeguatezza e la gestione umorale che di ascoltare il dolore, dando un’identità personale a chi si è perso in un dolore profondo assolutamente nuovo e perlopiù sconosciuto. L’anima non è chimica e pertanto necessita di vivere in altri spazi che non nelle sinapsi neuronali. In questo modo viene a prodursi una grande varietà di quadri clinici che possono assumere forme più disparate, peraltro assai mutevoli. Nei principali sistemi diagnostici internazionali (DSM, ICD), mentre l’episodio maniacale e quello depressivo sono definiti mediante una serie di criteri operativi, lo Stato Misto viene caratterizzato genericamente dalla simultanea presenza di aspetti sindromici depressivi e maniacali. La mancanza di criteri diagnostici validi e specifici per lo Stato Misto ha reso più difficile lo studio dei rapporti fra queste condizioni e le altre polarità degli episodi affettivi, soprattutto quando la mania si presenta con umore disforico o la depressione si caratterizza per l’agitazione psicomotoria. La discussione sull’autonomia dello Stato Misto come terza polarità dei disturbi dell’umore riveste implicazioni importanti sul piano terapeutico. Allo stesso tempo anche il trattamento psicoterapico impone al clinico una maggiore attenzione alle fluttuazioni del tono dell’umore, talvolta sostenendo e talvolta contenendo il proprio paziente, lavorando direttamente sulla strutturazione di strategie comportamentali da attuare all’insorgere della sintomatologia specifica. L’approccio terapeutico deve dunque essere il più possibile complesso e restituire a chi chiede aiuto un’idea multidimensionale del disturbo attuale e delle possibilità di cura. Recentemente diversi autori hanno proposto di guardare ai disturbi dell’umore in modo dimensionale piuttosto che categoriale. L’approccio dimensionale guarda ad una caratteristica come ad un continuum lungo un asse su cui si situano sfumando tutti i gradi di quella variabile. In questo modo avremo gradi e tipi di vissuti depressivi e ansiosi. Il disturbo dell’umore considerato come una dimensione dell’esperienza umana può dunque andare da lieve abbassamento dell’umore fino agli abissi più profondi. 

“Prima si ha il coraggio di chiedere aiuto, 

prima ci si dà l’opportunità di migliorare la propria salute mentale”.


Bibliografia

Giusti E., Pacifico M., Fiume G., (2014) Disturbo dell'umore: dalla diagnosi DSM-5 al trattamento. Edizoni Sovera

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