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No, la CO2 della gamma Tesla non supera quella dei taxi tedeschi…

Uno studio appena pubblicato dal Politecnico di Eindhoven è un’altra picconata alla teoria delle emissioni favorevoli alle auto convenzionali sul ciclo di vita completo dei veicoli

Di fronte al calo dei prezzi delle batterie e al miglioramento dell’autonomia, uno degli ultimi argomenti dello scetticismo sull’auto elettrica punta sulle emissioni: non quelle locali ovviamente, ma quelle dell’intero ciclo di vita di un veicolo spinto da energia elettrica, produzione e smaltimento compresi.

Uno studio del Politecnico di Eindhoven, nato su impulso dei Verdi tedeschi, sta ricevendo molta attenzione in queste ore perché sottolinea invece come le emissioni di CO2 prodotte dalle elettriche al 100% siano significativamente inferiori alle auto convenzionali anche nell’ambito LCA (ovvero life cycle assessment).

I numeri esaminati dagli esperti del TU Eindhoven hanno preso in esame produzione ed utilizzo di una Tesla Model 3, che produce emissioni di CO2 equivalente per 91 grammi a chilometro, ossia il 65% meno dei 260 grammi di una Mercedes C220d, uno dei modelli preferiti dai tassisti tedeschi.

Con questi parametri una Model 3, la cui produzione nel complesso produce più emissioni clima-alteranti del modello diesel, recupera il deficit iniziale dopo circa 30.000 chilometri percorsi.

La scelta dei modelli presi in esame non è casuale, visto che sono quelli scelti pochi mesi fa da uno studio pubblicato dall’IFO Institute che sosteneva che il bilancio complessivo di emissioni clima-alteranti dell’auto di Elon Musk fosse peggiore di quello della vettura a gasolio di Stoccarda.

L’IFO Institute, noto polo di ricerca tedesco sull’economia, non è né specializzato sull’ambiente né sull’automotive. La ricerca olandese è stata condotta da Auke Hoekstra, che all’ambiente e in particolare al debunking di bufale sull’ambiente si dedica con energia da anni (e che abbiamo già ospitato su AUTO21 con un guest post) e da Maarten Steinbuch, che al Politecnico dei Paesi Bassi ha creato il Master in Automotive Engineering.

Il loro studio intitolato “Comparison of Lifelong Greenhouse Gas Emissions from Electric Cars with Emissions from Vehicles with Gasoline or Diesel Engines” e che trovate con testo in inglese qui, assegna al processo manifatturiero del veicolo californiano 51 grammi a chilometro (23 grammi dei quali per la produzione della batteria).

In confronto, la guida genera 40 ulteriori grammi di CO2 al chilometro, portando al totale indicato nei paragrafi iniziali. Senza la batteria di trazione la produzione della Classe C si limita a 32 grammi di CO2, ma l’utilizzo del mezzo comporta 228 grammi al chilometro che spostano l’ago della bilancia della sostenibilità a favore della Tesla.

Secondo gli autori del Politecnico di Eindhoven la parità nelle emissioni complessive di Co2 tra una Model 3 e una Classe C diesel è raggiungibile già alla percorrenza di 30.000 chilometri

Hoekstra e Steinbuch ritengono che le proporzioni sul pareggio della fase di produzione di un veicolo elettrico non siano ristrette a berline di fascia medio-alta ma anche ad altri segmenti.

Se si prende la terza auto elettrica più venduta in Europa, la Volkswagen E-Golf, emette 78 grammi di CO2 equivalente, mentre una Toyota Prius grazie al sistema ibrido convenzionale si limita a 168 grammi al chilometro. Il pareggio in questo caso si situerà a 28.000 chilometri.

Se si avesse la curiosità di sapere dove il risparmio sulle emissioni risulta più significativo, questo risulta ovviamente nel segmento di nicchia delle sportive. Una Porsche Taycan dalla batteria con capacità di 93 kWh per il Politecnico olandese ha a che fare con valori di 140 grammi, dei quali 36 dovuti alla produzione del veicolo e 28 alla generosa batteria.

Le più esclusive vetture sportive, come la Bugatti Veyron prodotta quasi a richiesta e in numeri limitati, arrivano a 738 grammi, il che significa che il pareggio tra queste due auto per automobilisti ricchi e fortunati sopraggiunge dopo appena 11.000 chilometri.

Calcolare le emissioni di gas clima-alteranti emessi dai veicoli elettrici non è una missione complicata, sottolineano gli autori dello studio. Anzi, la formula è piuttosto semplice:

emissioni a chilometro =

emissioni produzione + emissioni guida

      

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chilometri percorsi

Le emissioni della produzione sono la somma di quanto emesso per produrre batteria di trazione ed il resto dell’auto; le emissioni della guida derivano dall’uso di energia espresso in kWh/km moltiplicato per le emissioni dell’elettricità per kWh.

Secondo Hoekstra, “la prima ragione per cui il nostro studio è positivo, è perché gli studi negativi usano tutti dati sulle emissioni per la produzione delle batterie obsoleti. Ad esempio il tristemente noto studio IFO usa un report del 2017 che afferma che ogni kWh corrisponde a 175 chili di CO2. Aggiornamenti del 2019 indicano invece 85 chili. E l’ultimo Impact Report Tesla mostra 77 chili nel 2019″.

Molti studi che lavorano sui temi di LCA dei veicoli elettrici fanno ricorso a un paper pubblicato nel 2017 dall’IVL, l’Istituto Svedese di Ricerca Ambientale, che assumeva un valore di 175 kg/kWh. Si trattava di un meta-studio e non di un lavoro di ricerca sperimentale, ovvero di una rassegna dei principali studi disponibili al momento della pubblicazione. La stessa IVL nel 2019 ha fatto un aggiornamento e i nuovi valori indicati dagli autori erano già scesi a 87 kg/kWh.

Dalla formula si può indovinare che un altro fattore che influenza in modo determinante il confronto tra emissioni nel ciclo di vita completo di auto elettriche e convenzionali sia la durata delle batterie.

Ad Eindhoven non hanno considerato nel paper le conseguenze delle scelte di Tesla e produttori cinesi di celle che puntano ormai a batterie di durata quasi generazionale. E nemmeno degli effetti che potrebbe avere il lancio dei servizi BaaS che con noleggio e sostituzione rapida potrebbero incoraggiare gruppi auto come NIO, BAIC, e altri a moltiplicare la vita delle celle tanto da metterne in dubbio il passaggio alla fase second life in cui passano alle attività di accumulo.

Ma il fenomeno di allungamento della vita delle batterie di trazione indica che sovrapporre la fine del periodo di garanzia della batteria (oggi tra 150.000/180.000 chilometri) alla fine della vita utile sia un eccesso di pessimismo.

Ha scritto Hoekstra: “la mia analisi dai dati europei mostra che le moderne auto elettriche durano in media oltre 250.000 chilometri. E lo stesso vale per i dati americani, tra l’altro”.

Un altro punto che è stata una costante ed ulteriore debolezza degli studi negativi sulle emissioni LCA dei veicoli elettrici è stato quello che riguarda il miglioramento pressoché costante della qualità dell’elettricità che li spingerà in futuro.

In un calcolo a lungo termine questo ha effetti significativi: si dovrebbe prendere ed inserire nell’equazione il valore del mix attuale di elettricità, ad esempio 400 grammi/kWh oppure stimare quello medio del periodo di vita del veicolo?

Qui gli esperti non sono concordi: uno dei primi a effettuare una revisione dello studio olandese, Christian Bauer del Paul Scherrer Institute, ritiene corretto il primo caso, mentre Hoekstra e Steinbuch propendono invece per il progresso costante delle rinnovabili adottando un valore di 250 gr/kWh.

Dopo aver fatto le sue considerazioni su questo aspetto al settimanale Spiegel che ha dato ampio spazio alla pubblicazione, Bauer ha peraltro precisato “lo studio è eseguito in modo lineare e spiega plausibilmente quanto grandi siano già i vantaggi dei veicoli elettrici”.

Un aspetto che vale la pena di sottolineare è come Hoekstra e Steinbuch per calcolare i valori di consumi dei veicoli convenzionali si siano serviti non dei parametri inseriti in base agli standard di omologazione WLTP, ma facendo riferimento a test sui consumi reali di entità indipendenti come, in Germania, spritmonitor.de.

Un aspetto che fuori dal dibattito sulle emissioni nel ciclo di vita completo delle auto elettriche richiama il sempre attuale dibattito sull’attualità degli standard dei consumi delle auto e sulla loro attendibilità. Malgrado la recente revisione europea che ha comportato il laborioso e zoppicante passaggio da standard NEDC a WLTP il pubblico non può ancora prenderli come oro colato.

E lo stesso vale in America, dove lo standard EPA pur meno discusso mostra la corda, tanto che la rivista Car and Driver nel suo ultimo numero auspica presto un metro di valutazione più veritiero, specie per le elettriche.

Credito foto di apertura: press kit Tesla