Dati
Data: 22-09-2014 e 20-10-2015
Regione e provincia: Lombardia - Como
Località di partenza: Musso o Dongo (meglio)
Località di arrivo: Dongo
Tempo di percorrenza: 8-9 ore
Chilometri: 19
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: segnaletica inesistente fra Musso e Monte Corna e in valle Albano
Periodo consigliato: marzo-novembre
Segnaletica: a singhiozzo
Dislivello in salita: 1100 mt (900 al Sasso Tegano)
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 1350
Il Sasso Tegano è spesso indicato sulle carte con il classico simbolino del punto molto panoramico. Qui il punto esatto:
Il nome Sasso indica che si tratta di uno sperone roccioso alla base del monte Bregagno e quindi dovevo evitare di finire in qualche punto esposto attraversato da un sentiero.
Guardando la cartina e le immagini su Google Maps, ho visto che il percorso più sicuro era la salita da Musso. Purtroppo, come spesso accade sulla riviera lacustre, essendoci una carrozzabile che sale fin poco sotto la chiesetta di San Bernardo, i sentieri non vengono più utilizzati e si deve andare alla ventura.
Per questo decido di dedicare una giornata a fondo perso, per esplorare la zona e trovare una via di salita pedonale e poi proseguire nel tempo che avanza entrando un po' nella Valle Albano.
La giornata come vedete è la classica giornata settembrina limpida e ventosa, tipica dopo il passaggio di una perturbazione.
L'unico rischio è che il vento in quota sia più forte.
Trovo fortunatamente subito la mulattiera che parte da Musso.
Delle rovine di fortificazioni arroccate sui roccioni inferiori del Sasso Tegano. Il castello di Musso fu infatti distrutto nel Cinquecento al termine di una lunga serie di guerre che vedevano coinvolti Grigioni e Ducato di Milano.
La mulattiera sale fra le varie frazioni del paese.
Spesso sono presenti ampi gruppi di ulivi, a formare un angolino di Liguria… lacustre.
E ci sono anche le olive! Oddio, visto che il prezzo di quest'olio sembra arrivare a 25 euro al litro, vuol dire che la produttività è un po' scarsuccia.
La frazione di Croda...
... e la zucca di Croda!
Ecco come viene nascosto un sentiero che per fortuna era segnato (miracolosamente) sulla cartina del GPS. Dalla strada carrozzabile parte infatti una rampa che va al cancello di una villa. Vai a immaginare che subito a sinistra sale il sentiero giusto.
Si passa fra vari poderi, e lungo il sentiero ho potuto raccogliere parecchie noci cadute da alberi che sporgevano i rami "oltreconfine".
Comincia ad aprirsi il panorama.
Uno sperone roccioso, "ornato" dai tralicci dipinti di bianco, che finora ho visto solo qui.
Come vedete i motocrossisti qui non sono molto benvoluti.
Ecco spuntare la chiesetta di San Bernardo. Solo che il sentiero ben segnato che stavo seguendo assolutamente non voleva saperne di salire, quindi un certo punto (come si vede nel tracciato), decido di cambiare totalmente direzione seguendo una traccia di sentiero che, ovviamente, dopo un po' si perde completamente; così mi trovo a vagare in mezzo al bosco, finché non raggiungo una radura.
Da qui si comincia a vedere l'alto lago.
Il sentierino riprende ben segnato e molto gradevole da percorrere.
Ed ecco laggiù Dongo e Gravedona immerse nel verde (almeno per ora).
Il sentierino prosegue sfiorando i contrafforti del Sasso.
Finché si giunge a questa graziosa ed appartata baita.
E finalmente scopro di aver raggiunto il Monte Corna (mi sa che la baita era la sede italiana di Ashley Madison...)
In effetti la direzione dove sono arrivato io non è minimamente indicata, perché non esiste un sentiero. Però martedì scorso sono riuscito a percorrere il sentiero che parte da Dongo e che è indicato nel cartello. Ma mentre mi stavo fermando per qualche minuto, vedo arrivare due malcapitati turisti tedeschi che avevano perso le tracce come me, partendo da Musso.
Adesso il sentiero si fa abbastanza ripido e anche piuttosto sdrucciolevole, passando in mezzo alle rocce.
In lontananza il costone orientale del Bregagno.
Si passa su una specie di scala santa.
E si raggiunge un bel pianoro e un bel panorama.
Siamo alla base degli ultimi salti; in fondo spunta San Bernardo.
Da qui il lago si vede nella sua massima estensione verso Lecco.
Garzeno dall'altra parte della valle. La particolarità di questi posti è l'alternanza continua di "precipizi", come quello che c'è subito sotto, con pianori verdeggianti.
Siamo a 1000 metri circa, ma il paesaggio roccioso e l'erba bassa danno l'impressione di essere quasi a 2000.
Il vento per fortuna in alto non c'è, ma sul lago continua a soffiare provocando le increspature che vedete.
Appare in lontananza la catena dei Muncech.
Ed eccoci arrivati sul Sasso Tegano: uno sguardo a Nord con il cuneo del Monte Bassetta che fa da divisorio fra Valchiavenna e Valtellina.
In basso la chiesetta di San Bernardo.
Verso Sud il morbido e verdissimo costone del Bregagno.
Verso Sud Ovest si snoda tutta la "cordigliera" fino al pizzo di Gino (quello sperone in fondo).
Ad Ovest, la lunga e sinuosa valle Albano.
A Nord Ovest il Sasso Canale e la Corvegia.
Una foto di gruppo dal Monte Brusada a destra, fino al Cengalo-Badile a sinistra.
Un primo piano del Monte Cardinello, con la sua dolce via di salita meridionale.
Beh effettivamente il simbolino sulle cartine non è usurpato.
E adesso, sorbitevi lo stesso giro, ma con la neve caduta nei giorni scorsi sulle cime.
Proprio in cima al Sasso Tegano è stata piazzata questa stazione meteorologica, che ha meritoriamente ricevuto una menzione d'onore degli architetti ambientalisti, per la cura e l'attenzione con cui è stata ottenuta la piena compatibilità paesaggistica della struttura....
Superata la decorativa (questa sì) chiesetta, comincio a salire lungo il costone per raggiungere il sentiero che taglia all'interno della valle Albano.
Eccolo qua, quel che si dice un paesaggio bucolico.
Questo dovrebbe essere l'alpe Paravina;
il sentiero a volte è inerbito, ed io convinto che si dovesse scendere per raggiungerlo, taglio malamente verso il basso; mi accorgo di aver clamorosamente toppato e quindi devo risalire, come si vede dall'ansa impietosamente registrata dal GPS.
Poi riprende ben visibile.
Dopo l'Alpe il sentiero prosegue, anche se si vede che non è più stato percorso da tempo.
Spesso come vedete è affiancato dai cosiddetti sentieri delle capre.
Il torrentello che vedete ha reso assolutamente scivolose tutte le grosse pietre che lo attorniano ed era praticamente impossibile non dover mettere almeno un piede su una di esse; il volo sarebbe stato assicurato.
Dato che sembravano saponate, ho pensato che l'unica soluzione fosse tornare bambini. Quindi l'ho arditamente superato... gattonando (per fortuna non c'erano telecamere nascoste a immortalare l'impresa).
Beh, però è valsa la pena di andare avanti, come potete vedere.
Laggiù ecco San Bernardo e il Sasso Tegano, sormontati dall'imponente mole del Legnone.
In basso le diverse frazioncine abitate nel periodo estivo.
Ormai comincia a farsi tardi e quindi subito dopo questo crinale decido di arrivare fino all'abitato di Zeda e iniziare a scendere.
Questo il panorama da Zeda; verso il lago:
Verso la testata della valle:
Verso il motto di Paraone; dietro spunta il Marmontana; sono visibili sia il rifugio il Giovo, sia il rifugio Sant'Iorio:
Verso il Monte Cortafòn:
Dopo aver sbagliato un pezzo di sentiero, ed aver spaccato un gancio della cinta della macchina fotografica, riesco finalmente raggiungere la strada verso il fondovalle.
Purtroppo, come temevo, finisco per raggiungere la piccola diga di Reggea.
L'idea di passare su quella stradina era tutt'altro che invitante, dato che se fosse passata una macchina avrei dovuto appiccicarmi ad una delle due ringhiere; inoltre dovevo evitare di vedere il vuoto ai due lati.
Per far questo avevo due alternative: la prima era di camminare guardando in alto, però sarei sembrato alquanto altezzoso e mi sembrava un comportamento antipatico verso il gruppo di persone vicino alla casa dei custodi.
La seconda era quella di fare dei paraocchi con le mani, col rischio di essere catturato e spedito direttamente al reparto psichiatrico di Gravedona.
Fortunatamente il passaggio era al sole e io non avevo più gli occhiali scuri, quindi ho socchiuso gli occhi come se fossi terribilmente abbagliato e in tal modo sono riuscito a vedere solo una fessurina che mi ha permesso di superare senza problemi il passaggio (accompagnato da una buona dose di fortuna, visto che subito dopo è arrivata a tutto gas una Panda, che probabilmente mi avrebbe stirato se restavo in mezzo alla strada, come nei cartoni animati di Gatto Silvestro).
Superato il "terrificante" ostacolo arrivo a Garzeno, da cui do un'ultima occhiata verso il Bregagno...
... e San Bernardo.
Questa è la gita delle zucche.
Ecco come ci si riduce a mangiare lucertole.
Cammina cammina, si arriva a Dongo. Il borgo è noto per il famoso oro di Dongo, ma in effetti qui a dar da mangiare agli abitanti per lunghi decenni è stato il ferro, estratto dai monti vicini fino all'Ottocento e successivamente, chiuse le miniere, solo lavorato dalla ferriera dapprima e poi acciaieria. Uno stabilimento che raggiunse addirittura i 2500 addetti fino agli anni '70, salvo poi precipitare rapidamente, dopo la cessione da parte della Falck, a partire dagli anni '90 e finire in fallimento per mala gestione, con arresto di alcuni dirigenti e responsabili pochi anni fa.
Arrivando da Catasco si è accolti a Dongo da una spettacolare erba delle pampas.
Ultimo sguardo al Legnone, dopo una giornata con meteo da manuale.
Ciao
Roberto
Data: 22-09-2014 e 20-10-2015
Regione e provincia: Lombardia - Como
Località di partenza: Musso o Dongo (meglio)
Località di arrivo: Dongo
Tempo di percorrenza: 8-9 ore
Chilometri: 19
Grado di difficoltà: E
Descrizione delle difficoltà: segnaletica inesistente fra Musso e Monte Corna e in valle Albano
Periodo consigliato: marzo-novembre
Segnaletica: a singhiozzo
Dislivello in salita: 1100 mt (900 al Sasso Tegano)
Dislivello in discesa: idem
Quota massima: 1350
Il Sasso Tegano è spesso indicato sulle carte con il classico simbolino del punto molto panoramico. Qui il punto esatto:
Il nome Sasso indica che si tratta di uno sperone roccioso alla base del monte Bregagno e quindi dovevo evitare di finire in qualche punto esposto attraversato da un sentiero.
Guardando la cartina e le immagini su Google Maps, ho visto che il percorso più sicuro era la salita da Musso. Purtroppo, come spesso accade sulla riviera lacustre, essendoci una carrozzabile che sale fin poco sotto la chiesetta di San Bernardo, i sentieri non vengono più utilizzati e si deve andare alla ventura.
Per questo decido di dedicare una giornata a fondo perso, per esplorare la zona e trovare una via di salita pedonale e poi proseguire nel tempo che avanza entrando un po' nella Valle Albano.
La giornata come vedete è la classica giornata settembrina limpida e ventosa, tipica dopo il passaggio di una perturbazione.
L'unico rischio è che il vento in quota sia più forte.
Trovo fortunatamente subito la mulattiera che parte da Musso.
Delle rovine di fortificazioni arroccate sui roccioni inferiori del Sasso Tegano. Il castello di Musso fu infatti distrutto nel Cinquecento al termine di una lunga serie di guerre che vedevano coinvolti Grigioni e Ducato di Milano.
La mulattiera sale fra le varie frazioni del paese.
Spesso sono presenti ampi gruppi di ulivi, a formare un angolino di Liguria… lacustre.
E ci sono anche le olive! Oddio, visto che il prezzo di quest'olio sembra arrivare a 25 euro al litro, vuol dire che la produttività è un po' scarsuccia.
La frazione di Croda...
... e la zucca di Croda!
Ecco come viene nascosto un sentiero che per fortuna era segnato (miracolosamente) sulla cartina del GPS. Dalla strada carrozzabile parte infatti una rampa che va al cancello di una villa. Vai a immaginare che subito a sinistra sale il sentiero giusto.
Si passa fra vari poderi, e lungo il sentiero ho potuto raccogliere parecchie noci cadute da alberi che sporgevano i rami "oltreconfine".
Comincia ad aprirsi il panorama.
Uno sperone roccioso, "ornato" dai tralicci dipinti di bianco, che finora ho visto solo qui.
Come vedete i motocrossisti qui non sono molto benvoluti.
Ecco spuntare la chiesetta di San Bernardo. Solo che il sentiero ben segnato che stavo seguendo assolutamente non voleva saperne di salire, quindi un certo punto (come si vede nel tracciato), decido di cambiare totalmente direzione seguendo una traccia di sentiero che, ovviamente, dopo un po' si perde completamente; così mi trovo a vagare in mezzo al bosco, finché non raggiungo una radura.
Da qui si comincia a vedere l'alto lago.
Il sentierino riprende ben segnato e molto gradevole da percorrere.
Ed ecco laggiù Dongo e Gravedona immerse nel verde (almeno per ora).
Il sentierino prosegue sfiorando i contrafforti del Sasso.
Finché si giunge a questa graziosa ed appartata baita.
E finalmente scopro di aver raggiunto il Monte Corna (mi sa che la baita era la sede italiana di Ashley Madison...)
In effetti la direzione dove sono arrivato io non è minimamente indicata, perché non esiste un sentiero. Però martedì scorso sono riuscito a percorrere il sentiero che parte da Dongo e che è indicato nel cartello. Ma mentre mi stavo fermando per qualche minuto, vedo arrivare due malcapitati turisti tedeschi che avevano perso le tracce come me, partendo da Musso.
Adesso il sentiero si fa abbastanza ripido e anche piuttosto sdrucciolevole, passando in mezzo alle rocce.
In lontananza il costone orientale del Bregagno.
Si passa su una specie di scala santa.
E si raggiunge un bel pianoro e un bel panorama.
Siamo alla base degli ultimi salti; in fondo spunta San Bernardo.
Da qui il lago si vede nella sua massima estensione verso Lecco.
Garzeno dall'altra parte della valle. La particolarità di questi posti è l'alternanza continua di "precipizi", come quello che c'è subito sotto, con pianori verdeggianti.
Siamo a 1000 metri circa, ma il paesaggio roccioso e l'erba bassa danno l'impressione di essere quasi a 2000.
Il vento per fortuna in alto non c'è, ma sul lago continua a soffiare provocando le increspature che vedete.
Appare in lontananza la catena dei Muncech.
Ed eccoci arrivati sul Sasso Tegano: uno sguardo a Nord con il cuneo del Monte Bassetta che fa da divisorio fra Valchiavenna e Valtellina.
In basso la chiesetta di San Bernardo.
Verso Sud il morbido e verdissimo costone del Bregagno.
Verso Sud Ovest si snoda tutta la "cordigliera" fino al pizzo di Gino (quello sperone in fondo).
Ad Ovest, la lunga e sinuosa valle Albano.
A Nord Ovest il Sasso Canale e la Corvegia.
Una foto di gruppo dal Monte Brusada a destra, fino al Cengalo-Badile a sinistra.
Un primo piano del Monte Cardinello, con la sua dolce via di salita meridionale.
Beh effettivamente il simbolino sulle cartine non è usurpato.
E adesso, sorbitevi lo stesso giro, ma con la neve caduta nei giorni scorsi sulle cime.
Proprio in cima al Sasso Tegano è stata piazzata questa stazione meteorologica, che ha meritoriamente ricevuto una menzione d'onore degli architetti ambientalisti, per la cura e l'attenzione con cui è stata ottenuta la piena compatibilità paesaggistica della struttura....
Superata la decorativa (questa sì) chiesetta, comincio a salire lungo il costone per raggiungere il sentiero che taglia all'interno della valle Albano.
Eccolo qua, quel che si dice un paesaggio bucolico.
Questo dovrebbe essere l'alpe Paravina;
il sentiero a volte è inerbito, ed io convinto che si dovesse scendere per raggiungerlo, taglio malamente verso il basso; mi accorgo di aver clamorosamente toppato e quindi devo risalire, come si vede dall'ansa impietosamente registrata dal GPS.
Poi riprende ben visibile.
Dopo l'Alpe il sentiero prosegue, anche se si vede che non è più stato percorso da tempo.
Spesso come vedete è affiancato dai cosiddetti sentieri delle capre.
Il torrentello che vedete ha reso assolutamente scivolose tutte le grosse pietre che lo attorniano ed era praticamente impossibile non dover mettere almeno un piede su una di esse; il volo sarebbe stato assicurato.
Dato che sembravano saponate, ho pensato che l'unica soluzione fosse tornare bambini. Quindi l'ho arditamente superato... gattonando (per fortuna non c'erano telecamere nascoste a immortalare l'impresa).
Beh, però è valsa la pena di andare avanti, come potete vedere.
Laggiù ecco San Bernardo e il Sasso Tegano, sormontati dall'imponente mole del Legnone.
In basso le diverse frazioncine abitate nel periodo estivo.
Ormai comincia a farsi tardi e quindi subito dopo questo crinale decido di arrivare fino all'abitato di Zeda e iniziare a scendere.
Questo il panorama da Zeda; verso il lago:
Verso la testata della valle:
Verso il motto di Paraone; dietro spunta il Marmontana; sono visibili sia il rifugio il Giovo, sia il rifugio Sant'Iorio:
Verso il Monte Cortafòn:
Dopo aver sbagliato un pezzo di sentiero, ed aver spaccato un gancio della cinta della macchina fotografica, riesco finalmente raggiungere la strada verso il fondovalle.
Purtroppo, come temevo, finisco per raggiungere la piccola diga di Reggea.
L'idea di passare su quella stradina era tutt'altro che invitante, dato che se fosse passata una macchina avrei dovuto appiccicarmi ad una delle due ringhiere; inoltre dovevo evitare di vedere il vuoto ai due lati.
Per far questo avevo due alternative: la prima era di camminare guardando in alto, però sarei sembrato alquanto altezzoso e mi sembrava un comportamento antipatico verso il gruppo di persone vicino alla casa dei custodi.
La seconda era quella di fare dei paraocchi con le mani, col rischio di essere catturato e spedito direttamente al reparto psichiatrico di Gravedona.
Fortunatamente il passaggio era al sole e io non avevo più gli occhiali scuri, quindi ho socchiuso gli occhi come se fossi terribilmente abbagliato e in tal modo sono riuscito a vedere solo una fessurina che mi ha permesso di superare senza problemi il passaggio (accompagnato da una buona dose di fortuna, visto che subito dopo è arrivata a tutto gas una Panda, che probabilmente mi avrebbe stirato se restavo in mezzo alla strada, come nei cartoni animati di Gatto Silvestro).
Superato il "terrificante" ostacolo arrivo a Garzeno, da cui do un'ultima occhiata verso il Bregagno...
... e San Bernardo.
Questa è la gita delle zucche.
Ecco come ci si riduce a mangiare lucertole.
Cammina cammina, si arriva a Dongo. Il borgo è noto per il famoso oro di Dongo, ma in effetti qui a dar da mangiare agli abitanti per lunghi decenni è stato il ferro, estratto dai monti vicini fino all'Ottocento e successivamente, chiuse le miniere, solo lavorato dalla ferriera dapprima e poi acciaieria. Uno stabilimento che raggiunse addirittura i 2500 addetti fino agli anni '70, salvo poi precipitare rapidamente, dopo la cessione da parte della Falck, a partire dagli anni '90 e finire in fallimento per mala gestione, con arresto di alcuni dirigenti e responsabili pochi anni fa.
Arrivando da Catasco si è accolti a Dongo da una spettacolare erba delle pampas.
Ultimo sguardo al Legnone, dopo una giornata con meteo da manuale.
Ciao
Roberto
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