Oggi vorremmo parlare dell’attesa, concetto ormai molto lontano dal tipo di società in cui viviamo.
Ormai siamo abituati a risolvere molte questioni con un click, a far passare gran parte dei nostri malanni con una pastiglia; l’arte dell’aspettare che un raffreddore se ne vada da se, generalmente, non ci appartiene più.
Così arriviamo al punto di pensare che la logica causa-effetto valga in ogni circostanza; ma, come è normale che sia, ad un certo punto ci scontriamo con la nostra finitezza, poiché non possiamo tutto e l’unica cosa che ci rimane di fare è attendere.
Attendere che passi, che si risolva o che comunque cambi.
Ecco che se non capiamo l’importanza dell’attesa e di coltivare una fiduciosa pazienza potremmo cadere in preda all’ansia, allo smarrimento degli eventi, alla perdita di senso… al cercare ossessivamente risposte a quesiti la cui unica, sensata, risposta è quella di aspettare.
Questo è un messaggio importantissimo da trasmettere a chiunque, anche ai nostri figli, ormai abituati a gestire il tutto alla velocità dei social, mondo virtuale che non corrisponde neanche lontanamente alla vita vera, snaturandola delle sue parti più belle come, ad esempio, l’attesa del corteggiamento.
Cosa possiamo fare allora per coltivare l’arte dell’aspettare?
La risposta è semplice: Meditare.
Attraverso la meditazione riusciamo a riposare nel momento presente, senza cadere in balia degli eventi, senza farci trasportare dalle ansie, dalle angosce e dal dover risolvere.
Provate a fermarvi un attimo, ovunque voi siate.
Fate tre respiri.
Dimorate nel QUI ED ORA.
Ascoltate cosa succede dentro di voi.
Buona vita!
“Lasciate ai vostri giudizi il loro proprio sviluppo indisturbato, che – come ogni progresso – deve venire dall’intimo profondo e non può esser da nulla represso o accelerato. Tutto è portare a termine e poi generare. Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d’un sentimento dentro di sé, nel buio, nell’indicibile, nell’inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l’ora del parto d’una nuova chiarezza: questo solo si chiama vivere da artista: nel comprendere come nel creare.
Qui non si misura il tempo, qui non vale alcun termine e dieci anni son nulla. Essere artisti vuol dire: non calcolare e contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e sta sereno nelle tempeste di primavera senz’apprensione che l’estate non possa venire. Ché l’estate viene. Ma viene solo ai pazienti, che attendono e stanno come se l’eternità giacesse avanti a loro, tanto sono tranquilli e vasti e sgombri d’ogni ansia. Io l’imparo ogni giorno, l’imparo tra dolori, cui sono riconoscente: pazienza è tutto!”
Rainer Maria Rilke, “Lettere a un giovane poeta-lettere a una giovane signora-su Dio”, 1903.

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