Il caso

Il viaggio inaugurale di Icon of the Seas, la nave più grande al mondo

La nuova creatura di Royal Caribbean salperà da Miami il 27 gennaio, ma le polemiche non mancano: dall'impatto ambientale di questi «mostri» al turismo di massa, ecco perché si sta parlando (di nuovo) di crociere
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Marcello Pelizzari
25.01.2024 18:45

La data, da tempo, è segnata in rosso sul calendario: 27 gennaio. L'Icon of the Seas, la nave da crociera più grande del mondo, lascerà il porto di Miami, in Florida, portandosi appresso migliaia e migliaia di passeggeri. Desiderosi, da un lato, di ammirare le meraviglie dei Caraibi e, dall'altro, di godersi tutto quel lusso e quel divertimento a bordo. La nave appartiene a Royal Caribbean e, fra le altre cose, dispone di sette piscine, un vero e proprio acquapark con sei scivoli, un simulatore di onde per fare surf, una parete per gli appassionati di arrampicata e perfino una pista per il pattinaggio su ghiaccio. Roba da matti, già. L'Icon of The Seas è talmente grande, leggiamo, che i crocieristi potranno cenare in otto «quartieri» diversi per un totale di quaranta opzioni. Per tacere delle cabine: ne esistono di tutti i tipi, fino a ventotto, con opzioni da 80 mila dollari a settimana. Di nuovo: roba da matti. 

Che le crociere piacciano, e piacciano sempre di più, non è una novità. All'apertura delle prenotazioni per il viaggio inaugurale dell'Icon of the Seas, aveva fatto sapere Royal Caribbean, i clienti si sono letteralmente «mangiati» i posti a disposizione. Mai, in 53 anni di storia della compagnia, c'era stata una richiesta simile. Così forte e massiccia. La nave, scrive Business Insider, rappresenta anche una sorta di rinascita per il settore. All'inizio della pandemia, quando i viaggi si sono improvvisamente fermati, molti analisti si erano posti la domanda: e se le crociere non tornassero più? Si sbagliavano, evidentemente. Non solo, in termini di passeggeri, sono stati stabiliti nuovi record, ma le vacanze su questi giganti del mare attirano anche, se non soprattutto, i più giovani. 

Lo tsunami di polemiche

Intendiamoci: il viaggio inaugurale dell'Icon of the Seas sarà accompagnato altresì da un vero e proprio tsunami di critiche e polemiche. Comunità portuali, attivisti ambientali, amanti dell'estetica volendo allargare il campo. Sono in molti, infatti, a vedere in queste navi delle mostruosità. Sia pensando al cambiamento climatico sia al sovra-turismo o al turismo di massa. Il punto, beh, è che da semplici mezzi per spostarsi da una destinazione all'altra le navi da crociera, con il passare degli anni e dopo aver superato una vera e propria crisi a metà del secolo scorso, sono diventate a loro volta una destinazione. Anzi, la destinazione. Parafrasando un vecchio slogan di Costa Crociere, una vacanza con dentro un'altra vacanza.

Le crociere come le intendiamo oggi, ribadisce Business Insider, sono nate negli anni Settanta. Grazie all'intuizione di un rampollo di una famiglia di armatori israeliani, Ted Arison, che commissionò un frettoloso riallestimento di una vecchia nave passeggeri ricavando lo spazio necessario per l'intrattenimento a bordo. Ribattezzata Mardi Gras, la nave salpò nel 1972 da Miami: fu la prima con l'iconico marchio Carnival. Da allora, praticamente ogni porto è stato battezzato e ogni itinerario è stato battuto. Da giganti del mare sempre più grandi. E sempre più onnicomprensivi. Negli anni, soprattutto, il carico di passeggeri è cresciuto in maniera esponenziale: dai 500 mila del 1970 ai 30 milioni del 2019. Se il porto di Miami, nel 1950, gestiva 61 mila passeggeri all'anno, nell'anno scorso ne ha gestiti 68 mila in un singolo giorno. 

Numeri superiori al 2019

Sembrano lontani, insomma, i tempi cupi della pandemia, quando una nave da crociera – la Diamond Princess – aveva fatto da incubatrice al virus. Sembra lontana anche l'estate del 2020, quando la citata Carnival perdeva un miliardo di dollari al mese. La ripresa, dicevamo, c'è stata. Ed è stata perfino più rapida di quanto potessero pensare gli stessi armatori. Nel 2023, ad esempio, il numero di passeggeri ha superato i livelli del 2019. 

Le crociere, appunto, piacciono. Sempre di più. Lo dicono i numeri, lo ribadiscono i sondaggi delle società specializzate. Dai quali emergono, altresì, i motivi per cui questo tipo di vacanza attrae una moltitudine di turisti: le crociere sono facili da organizzare e sono più rilassanti rispetto ad altri tipi di viaggi. Per tacere della possibilità di visitare più destinazioni in un colpo solo e, come detto, delle tante, tantissime attività a bordo. «Vent'anni fa, l'intrattenimento era estremamente limitato rispetto a quello attuale» ha dichiarato Sue Bryant, giornalista ed editor di crociere di lunga data, a Business Insider. «Quando la prima nave introdusse una parete da arrampicata, la cosa fu considerata rivoluzionaria. Ora ci sono teleferiche, scivoli d'acqua e spettacoli musicali di Broadway e del West End. Il prodotto è in continuo miglioramento». Il tutto all'insegna della comodità e, per certi versi, della prevedibilità. 

Le navi? Piacciono anche ai giovani

A sorprendere, per contro, è l'età di alcuni crocieristi. Forse perché tutti noi eravamo rimasti ancorati all'idea che questi viaggi fossero ideali per i pensionati. In realtà, molte compagnie hanno puntato e stanno puntando sui giovani adulti. Con offerte all-inclusive a prezzi contenuti. Virgin Voyages, in servizio dal 2021, si rivolge proprio a una clientela giovane: a bordo, per dire, non possono esserci bambini. I video che mostrano la vita in mare di un'altra nave targata Royal Caribbean, la Serenade of the Seas, protagonista di una crociera intorno al mondo di nove mesi, sono diventati virali su TikTok con oltre 350 milioni di visualizzazioni. I post, per la maggior parte, sono stati creati da influencer Millenial e Gen Z.  

A dominare il settore, oggi, oltre a Royal Caribbean c'è la citata Carnival, la compagnia fondata da Arison, la cui quota di mercato globalmente è vicina al 50%. I ricavi, grazie anche alle cosiddette bandiere di comodo, sono importanti. Proviamo a spiegare meglio: per aggirare le regolamentazioni statunitensi e, va da sé, le tasse, queste compagnie pur avendo sede a Miami registrano le proprie navi in un Paese straniero. Panama per Carnival, Bahamas per Royal Caribbean. Questo stratagemma era stato messo a punto durante il proibizionismo, affinché potessero essere serviti alcolici a bordo, mentre oggi garantisce ai grandi nomi delle crociere un maggiore spazio di manovra. Anche pensando alle leggi sul lavoro. Business Insider, al riguardo, ha raccolto testimonianze di ex dipendenti di queste società assunti ad appena 2 dollari l'ora.  

La questione ambientale

L'altro, grosso, anzi grossissimo problema, ne avevamo già parlato, è l'impatto ambientale delle crociere. Tradizionalmente alimentate con olio combustibile pesante, un tipo di carburante particolarmente economico ma tutto fuorché sostenibile, queste navi inquinano. E pure parecchio. Non parliamo solo di quantità incredibili di CO2, ma anche di altri particolati tossici che contaminano l'acqua e l'aria. Secondo uno studio del 2019 di Transport & Environment, un'organizzazione non governativa di Bruxelles, la flotta europea di Carnival emette una quantità di ossido di zolfo, un inquinante che danneggia il sistema respiratorio umano, dieci volte superiore a quella di tutti i 260 milioni di veicoli del continente messi insieme.

Le compagnie, dal canto loro, insistono sul fatto che la svolta o, meglio, la neutralità carbonica non solo è possibile ma ha addirittura una data certa: il 2050. Può darsi, ma intanto gli esperti sottolineano come le soluzioni «transitorie» siano inadeguate. Prendiamo il gas naturale liquefatto, che alimenta la maggior parte delle nuove navi, fra cui l'Icon of the Seas: genera meno emissioni di CO2, circa il 25%, ma produce quantità importanti di metano. Un gas serra potentissimo. Così Bryan Comer, direttore del programma marino dell'International Council on Clean Transportation: «Le emissioni di gas serra delle navi da crociera sono cresciute di oltre il 20% tra il 2012 e il 2018».

Il sentimento anti-crociere, unito alla lotta per contrastare il cambiamento climatico, ha prodotto comunque dei risultati importanti. Molti dei principali porti crocieristici, come Venezia, Dubrovnik e Amsterdam, hanno impedito a questi «mostri» di attraccare in centro città. Hanno pure imposto, pensando al turismo nel suo insieme, nuove tasse. 

La questione, ovviamente, è sentita. E dibattuta. Cruise Market Watch, dal canto suo, ha spiegato che entro la fine dell'anno saranno in servizio 360 navi da crociera in tutto il mondo. Meno dell'1% della flotta commerciale mondiale. Navi come l'Icon, dunque, per certi versi sarebbero soltanto un facile (e vistoso) bersaglio. Sia quel che sia, la conclusione di Business Insider è allo stesso tempo secca e inquietante: l'industria delle crociere, in questi anni, sta beneficiando e non poco di una mancanza di coscienza da parte della clientela. Della serie: questi giganti inquinano? Pazienza, io mi sto divertendo. Ventiquattro ore su ventiquattro. Sette giorni su sette.